Il silenzio-assenso della pubblica amministrazione varrà anche per l’installazione di impianti fotovoltaici di piccola dimensione nelle zone con vincolo paesaggistico, se non si riceve risposta entro 45 giorni dalla presentazione della richiesta autorizzativa.
Tale termine potrà essere sospeso una sola volta e per un massimo di 30 giorni “qualora, entro 15 giorni dalla data di ricezione dell’istanza, la Soprintendenza rappresenti, in modo puntuale e motivato, la necessità di effettuare approfondimenti istruttori ovvero di apportare modifiche al progetto di installazione”.
L’iter per l’Autorizzazione unica (Au) per impianti a fonti rinnovabili dovrà concludersi entro 150 giorni dalla ricezione dell’istanza di avvio del procedimento, e l’autorizzazione comprenderà anche la valutazione di impatto ambientale (Via), ove serva.
Inoltre, l’adozione del provvedimento di Via non sarà più “subordinata alla conclusione delle attività di verifica preventiva dell’interesse archeologico” (Vpia). Tale adempimento, infatti, potrà essere fatto “nel corso della conferenza dei servizi”.
Per i progetti non soggetti a Via, invece, il ministero della Cultura parteciperà al procedimento autorizzativo solo se le aree interessate sono vincolate e non più nelle aree “contermini”, cioè contigue.
Sono questi alcuni dei punti salienti delle semplificazioni per le rinnovabili introdotte col decreto-legge per l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), approvato ieri dal Consiglio dei Ministri.
Il comunicato
“Il provvedimento introduce nuove disposizioni di semplificazione per la diffusione di impianti alimentati da fonti rinnovabili. Tra queste, si annoverano misure per rendere più semplice e snello l’iter di installazione di impianti fotovoltaici in aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale, nonché in discariche e cave non più soggette a sfruttamento”, si legge in una nota del ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica (Mase).
È inoltre prevista “una misura volta a ridurre la fascia di rispetto (da beni o aree sottoposte a vincoli paesaggistici) per l’installazione di impianti eolici e fotovoltaici”, prosegue la nota.
In particolare, “l’attuale fascia di sette chilometri per gli impianti eolici è ridotta a tre chilometri, mentre quella di un chilometro per gli impianti fotovoltaici è ridotta a cinquecento metri. Inoltre, si prevede espressamente che, nei procedimenti autorizzatori, resta ferma la competenza del Ministero della cultura a esprimersi in relazione ai soli progetti localizzati in aree sottoposte a tutela”, si legge nella relazione descrittiva del decreto.
Nei casi in cui dalla verifica preventiva dell’interesse archeologico emerga l’esistenza di tale interesse, il termine fissato dal soprintendente per attuare le verifiche necessarie non potrà comunque andare oltre la data prevista per l’avvio dei lavori, si legge nella bozza entrata al Consiglio dei ministri.
Sarà poi la Soprintendenza speciale a svolgere le funzioni di tutela dei beni culturali e paesaggistici interessati dagli interventi previsti dal Pnrr, in sostituzione delle Soprintendenze archeologia, belle arti e paesaggio. Tale potere era già previsto, ma valeva solo in caso di necessità e per assicurare la tempestiva attuazione del Pnrr.
Poteri sostitutivi e superamento del dissenso
Confermate nella bozza più recente anche le anticipazioni circolate riguardo una gamma di poteri sostitutivi e di superamento del dissenso “al fine di assicurare il rispetto del cronoprogramma degli interventi”.
In caso di “mancata adozione di atti”, “ritardo, inerzia o difformità nell’esecuzione dei progetti o degli interventi, il Presidente del Consiglio dei ministri, ove sia messo a rischio il conseguimento degli obiettivi intermedi e finali del Pnrr, su proposta della Cabina di regia o del Ministro competente, assegna al soggetto attuatore interessato un termine per provvedere non superiore a quindici giorni”, si legge nella bozza di decreto.
“In caso di perdurante inerzia, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro competente, sentito il soggetto attuatore, il Consiglio dei ministri individua l’amministrazione, l’ente, l’organo o l’ufficio, ovvero in alternativa nomina uno o più commissari ad acta, ai quali attribuisce, in via sostitutiva, il potere di adottare gli atti o provvedimenti necessari ovvero di provvedere all’esecuzione dei progetti, anche avvalendosi di società… o di altre amministrazioni specificamente indicate, e degli interventi, assicurando, ove necessario, il coordinamento operativo tra le varie amministrazioni, enti o organi coinvolti”, prosegue il decreto.
Esenzioni dalla Via
Confermate anche le anticipazioni sulle semplificazioni in materia di Valutazione d’impatto ambientale (Via).
“Nei casi eccezionali in cui è necessario procedere con urgenza alla realizzazione di interventi di competenza statale previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza e dal Piano nazionale per gli investimenti complementari, il Ministro competente per la realizzazione dell’intervento può proporre al Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica l’avvio della procedura di esenzione del relativo progetto dalle disposizioni” di Via, indica l’Art. 18-ter della bozza di decreto.
In tali casi eccezionali, continua il decreto, “è ammesso l’affidamento di progettazione ed esecuzione dei relativi lavori anche sulla base del progetto di fattibilità tecnica ed economica… In tali casi, la conferenza di servizi… è svolta dalla stazione appaltante in forma semplificata… e la determinazione conclusiva della stessa approva il progetto, determina la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera…”.
Agrovoltaico
Circa le misure riguardanti l’integrazione fra produzione agricola ed energetica, ci sono delle conferme e delle novità rispetto alle ultime bozze circolate del decreto.
È stato confermato che gli impianti fotovoltaici in aree agricole, se posti al di fuori di aree protette o vincolate, “sono considerati manufatti strumentali all’attività agricola e sono liberamente installabili”, solo però se sono rispettate le seguenti due condizioni: “a) i pannelli solari sono posti sopra le piantagioni ad altezza pari o superiore a due metri dal suolo, senza fondazioni in cemento o difficilmente amovibili, b) le modalità realizzative prevedono una loro effettiva compatibilità e integrazione con le attività agricole quale supporto per le piante ovvero per sistemi di irrigazione parcellizzata e di protezione o ombreggiatura parziale o mobile delle coltivazioni sottostanti”.
La novità è che le condizioni di cui sopra varranno solo “previa definizione delle aree idonee di cui all’articolo 20, comma 1, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199″. Inoltre, tali impianti saranno considerati manufatti strumentali all’attività agricola e liberamente installabili non solo se sono realizzati direttamente da imprenditori agricoli, ma anche “da società a partecipazione congiunta con i produttori di energia elettrica alle quali è conferita l’azienda o il ramo di azienda da parte degli stessi imprenditori agricoli ai quali è riservata l’attività di gestione imprenditoriali salvo che per gli aspetti tecnici di funzionamento dell’impianto e di cessione dell’energia“.
È stata inoltre aggiunto che i sistemi agrovoltaici, oltre a dover garantire un’effettiva integrazione fra produzione agricola ed energetica, dovranno dotare gli apparati di irrigazione, ombreggiatura, ecc. di apparecchiature di monitoraggio, “sulla base di linee guida adottate dal Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, in collaborazione con il Gestore dei servizi energetici (Gse)“.
Infine, non compare più nel testo del decreto il passaggio che definiva gli impianti agrovoltaici come “infrastrutture strategiche nazionali”.
No Pas
È scomparsa dalla bozza anche la possibilità di ottenere il permesso per i grandi impianti fotovoltaici tramite una Procedura autorizzativa semplificata (Pas) nel caso gli operatori avessero accettato di vendere al Gestore dei servizi energetici l’elettricità prodotta per un periodo di 15 anni (vedere sia per la misura circa l’agrovoltaico che per la Pas: Fotovoltaico e agrivoltaico: nella nuova bozza di Pnrr semplificazioni che lasciano perplessi).
Mini-eolico
Varrà anche per gli impianti mini-eolici, cioè quelli “fino a 20 kW e altezza non superiore a 10 metri” in zone parco, e complessi caratteristici, inclusi i centri e i nuclei storici, il principio del silenzio-assenso negli stessi termini previsti per il piccolo fotovoltaico.
“La realizzazione degli interventi di installazione è consentita previo rilascio dell’autorizzazione da parte dell’autorità paesaggistica competente, entro il termine di quarantacinque giorni dalla data di ricezione dell’istanza, decorso il quale senza che siano stati comunicati i motivi che ostano all’accoglimento dell’istanza medesima… l’autorizzazione si intende rilasciata ed è immediatamente efficace”, si legge nel decreto.
Sviluppo rete
Compaiono anche misure di semplificazione per lo sviluppo della rete elettrica di trasmissione nazionale.
Una misura è volta a garantire che gli elementi emersi nell’ambito del procedimento di valutazione ambientale strategica (Vas) sul piano di sviluppo della rete possano essere acquisiti e considerati anche nell’ambito della Via dei singoli interventi previsti dal piano stesso, in modo da accelerarne i tempi.
L’altra misura è volta a facilitare la realizzazione degli aumenti di cubatura degli edifici destinati, in via esclusiva, alla collocazione di apparecchiature o impianti tecnologici al servizio delle stazioni elettriche.
Una volta pubblicato in Gazzetta, il decreto dovrebbe andare in Senato per iniziare l’iter di conversione.
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Il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica (Mase) è quello più in ritardo nell’adottare i decreti attuativi ereditati dalla precedente legislatura (la XVIII ha visto in carica tre governi: Conte 1 e 2 e poi Draghi), mentre il governo Meloni deve ancora adottare 135 provvedimenti attuativi riferiti alle sue iniziative legislative.
Questi, in sintesi, sono alcuni dei dati principali che emergono dal monitoraggio legislativo e amministrativo svolto dall’Ufficio per il programma di Governo, dall’insediamento del governo Meloni (23 ottobre 2022) al 10 gennaio 2023.
Per quanto riguarda gli atti normativi della XVIII legislatura, restano in totale 347 provvedimenti attuativi da adottare dalle singole amministrazioni; in testa, come anticipato, c’è il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica con 58 provvedimenti, seguito dal ministero della Salute (57) e da quello delle Infrastrutture e dei trasporti (37).
Ricordiamo che tra i decreti mancanti più attesi, in campo energetico, ci sono quelli del Mase attuativi del decreto legislativo 199/2021 che recepisce la direttiva europea sulle rinnovabili (Red 2), direttiva peraltro già in fase di revisione.
A fine gennaio erano arrivate indicazioni dal ministero sull’arrivo “entro marzo” di questi decreti.
Più in generale, tra i principali provvedimenti attesi dagli operatori delle energie rinnovabili figurano anche: le linee guida sulle aree idonee, il decreto sulle comunità energetiche, il bando Pnrr per l’agrovoltaico, decreto Fer 2 e decreto che sostituirà il Fer 1.
Nei primi tre mesi di attività, si legge poi nel rapporto di monitoraggio, la produzione legislativa del governo Meloni ha portato alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale di 16 provvedimenti, di cui sei provvedimenti sono “autoapplicativi” (cioè non hanno previsto il rinvio a successivi decreti attuativi) e dieci invece hanno rinviato, per la loro piena adozione, a 135 decreti attuativi.
Di questi ultimi, la maggior parte (116) è prevista dalla legge di Bilancio 2023, mentre i restanti 9 provvedimenti rinviano complessivamente a 19 decreti attuativi.
Dei 135 decreti mancanti, 40 spettano al ministero delle Finanze (30% del totale), mentre 17 spettano al ministero dei Trasporti e 10 a quello dell’Agricoltura.
In particolare, per quanto riguarda i 14 decreti legge deliberati dal Consiglio dei ministri, si osserva che circa un terzo di essi (4 provvedimenti) ha riguardato interventi di carattere emergenziale connessi alla crisi energetica.
Si tratta dei seguenti decreti legge:
Il decreto più oneroso è il 176/2022 che prevede di impiegare risorse finanziarie complessive, nel triennio 2022-2024, per circa 19 miliardi di euro.
Commenta (0 Commenti)CRISI UCRAINA. Il presidente della Cei a un anno dall'inizio della guerra tra Russia e Ucraina: «Le realtà sovranazionali come l'Onu costituiscono vie per la democrazia e la pace»
«Ad un anno dall’inizio della guerra» tra Russia e Ucraina, «non dimentichiamo che c’è una vittima e un occupante, non facciamo finta che sia tutto uguale, ma bisogna cercare disperatamente le vie della pace. Bisogna fare uno sforzo gigantesco, contemporaneo alla legittima difesa. Le realtà sovranazionali come l’Onu costituiscono vie per la democrazia e la pace».
Così il presidente della Cei, cardinale Matteo Maria Zuppi, è intervenuto a Bologna all’incontro della “Rete delle realtà cattoliche ed ecumeniche contro le armi atomiche nei conflitti”. «Se c’è il diritto ad una legittima difesa – ha osservato il capo dei vescovi italiani – va anche considerato legittimo il diritto alla difesa della pace, facciamo nostro l’appello di papa Francesco per non abituarci alla guerra»
Commenta (0 Commenti)EDITORIA. La proprietà della famiglia Agnelli, dopo L’Espresso, tratta altri giornali locali. Ma anche Repubblica può essere liquidata
Da quando a dicembre 2019 gli Agnelli si sono comprati Repubblica le cose vanno sempre peggio. Ieri i giornalisti dell’intero gruppo Gedi – oltre a Repubblica e La Stampa, le testate locali rimaste dalla già grossa sforbiciata all’ex impero Finegil di De Benedetti – erano in sciopero. Il secondo in meno di un anno: un ritmo che, sommato al tono allarmato dei comunicati dei lavoratori, ricorda la parabola che a l’Unità partì con la direzione De Gregorio e che portò alla chiusura del quotidiano fondato da Antonio Gramsci.
JOHN ELKANN COME EDITORE ha dimostrato capacità perfino peggiori di suo cugino Andrea Agnelli come presidente della Juventus, lasciata sul baratro della bancarotta e degli scandali giudiziari. Dalla scelta di nominare direttore di Repubblica Maurizio Molinari, uno che è di sinistra quanto Carlo Calenda e filoIsraele quanto Netanyahu – alle scelte editoriali, di management e di scelta degli acquirenti, come conferma quella di Danilo Iervolino, mister Pegaso e università online, per l’Espresso, per la quale il marzo scorso era stato proclamato il primo sciopero.
IL GRANDE RISCHIO ORA è che a essere venduta sia proprio Repubblica. «Il perimetro non esiste più, di fatto – sottolinea il Coordinamento dei comitati di redazione del Gruppo Gedi, dopo aver incontrato l’amministratore delegato Maurizio Scanavino.
Ai Cdr l’ad ha detto: «Dipende dall’offerta e dagli interlocutori», confermando che sono in corso contatti con gruppi interessati all’acquisizione delle storiche testate del Nordest – il Mattino di Padova, La Nuova di Venezia, la Tribuna di Treviso, il Corriere delle Alpi, Il Messaggero Veneto e Il Piccolo – a cui si aggiungerebbe la Gazzetta di Mantova.
Welfare e reddito: l’universalismo diventa sciovinismo
«Ma il principio può essere esteso anche a La Stampa, la Repubblica, Il Secolo XIX, la Provincia Pavese, la Sentinella del Canavese, Huffington Post, le radio: non c’è più il «perimetro di riferimento aziendale» che lo stesso ad aveva delineato solo a dicembre. «Quello che è stato il più grande gruppo editoriale italiano e che dalla sera alla mattina ha già venduto in tre anni testate storiche come la Nuova Sardegna e Il Tirreno, le Gazzette, La Nuova Ferrara, L’Espresso e chiuso Micromega, si apre nuovamente al mercato».
«La logica del vantaggio economico – affermano ancora i Cdr – si è rapidamente sostituita a quella dell’interesse per i territori e l’informazione, per la quale tutte le giornaliste e i giornalisti hanno lavorato in questi anni. In un libero mercato la proprietà ha certamente facoltà di vendere – pur assumendosi la responsabilità di disperdere l’eredità di un gruppo editoriale che ha fatto la storia dell’informazione in Italia – ma avendo ben chiaro che l’informazione libera e il pluralismo sono un bene sensibile essenziale alla democrazia. Serve massima trasparenza su chi ne avrà la futura proprietà e garanzie sul rispetto dei diritti di lavoro dei dipendenti», conclude il comunicato.
LA SOLIDARIETÀ DI TUTTE le forze politiche e del sottosegretario all’Editoria Alberto Barachini, pronto a incontrare i giornalisti, non cambia la sostanza: gli Agnelli stanno rovinando la storia del giornalismo italiano
Commenta (0 Commenti)CONGRESSI CGIL. All'assise della sua Fiom, un discorso inedito: «Serve un nuovo modello sociale, come dice il papa, la sinistra non l’ha mai perseguito, serve essere veramente confederali, le categorie categorie vanno superate»
Maurizio Landini parla al congresso della Fiom di Padova
Torna a casa, Maurizio Landini. Dal congresso della sua Fiom a Padova, il segretario generale della Cgil tiene un discorso a cuore aperto, molto più dei tanti tenuti nei vari congressi di categoria in corso in queste settimane.
Un Landini visibilmente teso e preoccupato per «una crisi della democrazia mai vissuta dalla nostra generazione» propone ai suoi metalmeccanici «di cambiare noi per primi, con più confederalità», «di aver coraggio e osare». Allargando «la marcia della dignità» con associazioni e movimenti lanciata giovedì da Michele De Palma , Landini difende la scelta di allearsi con papa Francesco – «come noi vuole cambiare il modello di sviluppo» – e i cattolici per mettere in discussione «il fordismo e il capitalismo», come «non ha mai fatto la sinistra con socialismo, comunismo e socialdemocrazia, e per questo è in crisi». E Giorgia Meloni che «sfrutta la crisi della democrazia» per «cambiare la costituzione», avendo «i numeri per farlo».
La disamina della situazione è cruda e mette in discussione lo stesso sindacato: «Domenica a Roma in alcuni municipi ha votato il 27%. Chi è che si astiene? Sono soprattutto le persone che stanno peggio, quelle che vogliamo rappresentate. Quelle stesse persone pensano che non serve a nulla scioperare». Dunque per Landini «la crisi della democrazia riguarda anche noi».
La risposta passa per una sola strada: «Noi abbiamo bisogno più di prima di praticare la democrazia: mettere nelle condizioni le persone di poter partecipare e decidere come
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Stop alla cessione del credito e allo sconto in fattura per il Superbonus e tutte le altre detrazioni fiscali per l’edilizia già da oggi, 17 febbraio 2023, con qualche eccezione per i progetti già avviati, e divieto per le pubbliche amministrazioni di acquisire i crediti fiscali, come tante Regioni avevano iniziato a fare per ridare liquidità alle imprese.
Con un inaspettato decreto legge adottato nel Consiglio dei ministri di ieri, già pubblicato in Gazzetta e dunque in vigore da oggi, il Governo entra a gamba tesa sui bonus edilizi, in un intervento che si preannuncia molto impopolare, motivato dalla tutela dei conti pubblici, mentre nello stesso provvedimento tenta di facilitare la circolazione dei crediti già ceduti, intervenendo sulla questione della responsabilità del cessionario.
Il decreto, battezzato Misure urgenti in materia di cessione dei crediti di cui all’articolo 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77. (testo in basso), ha come oggetto, sottolinea il comunicato di Palazzo Chigi, “non il bonus, bensì la cessione del relativo credito, che ha potenzialità negative sull’incremento del debito pubblico”.
Lo stop a cessione e sconto in fattura
Da oggi, data di entrata in vigore del decreto (con alcune deroghe per le operazioni già in corso, che vedremo sotto), non è più possibile per i soggetti che effettuano le spese incentivate con i bonus edilizi optare per lo sconto in fattura né per la cessione del credito d’imposta, mentre resta la possibilità di fruire direttamente della detrazione, ovviamente per chi ha un’adeguata capienza fiscale.
Stop dunque a cessione e sconto in fattura per la generalità dei lavori incentivati con Superbonus, Bonus Casa, Sisma Bonus, Bonus Facciate e con tutte le altre detrazioni citate al comma 2 dell’art 121 del dl 34/2020, come quelle per fotovoltaico, colonnine, barriere architettoniche.
Inoltre, intervenendo sul dl 63 del 2013, si abroga la possibilità di cessione del credito anche per detrazioni non citate dall’art. 121 del dl 34/2020: quelle per riqualificazione energetica e ristrutturazione importante di primo livello (prestazione energetica) per le parti comuni dei condomini, con un importo dei lavori pari o superiore a 200.000 euro e quelle per spese per riduzione del rischio sismico sulle parti comuni dei condomini o nei comuni nelle zone a rischio sismico 1, 2 e 3, mediante demolizione e ricostruzione di interi edifici, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare, che provvedano alla successiva alienazione dell’immobile.
Nel decreto non c’è invece il divieto, che in un primo momento si era ventilato, di cedere altri crediti fiscali come quelli sull’energia per le imprese.
Le deroghe
Come detto, il decreto contiene alcune deroghe per i progetti già avviati, per le cui spese si potrà continuare a cedere il credito o usufruire dello sconto in fattura.
Per gli interventi incentivati con il Superbonus, lo stop immediato non vale se ad oggi 17 febbraio (cioè all’entrata in vigore del decreto):
Per gli altri bonus edilizi la deroga vale invece se, sempre ad oggi, data di entrata in vigore del decreto:
Stop agli acquisti della PA e regole sulla responsabilità del cessionario
Come detto, il decreto vieta espressamente a tutte le pubbliche amministrazioni di acquistare crediti d’imposta relativi agli incentivi fiscali citati nell’articolo 121 del dl 34/2020: una scure sulla strada che alcune Province, Regioni ed enti locali stavano percorrendo per dare un po’ di ossigeno alle tante imprese a corto di liquidità, per i troppi crediti non monetizzabili accumulati.
Infine, il testo chiarisce il regime della responsabilità solidale di chi acquista crediti, cosa che invece dovrebbe facilitare la circolazione dei titoli ancora sul mercato.
Con le nuove norme, ferme restando le ipotesi di dolo, si esclude il concorso nella violazione, e quindi la responsabilità in solido, sia per il fornitore che fa lo sconto in fattura che per chi acquista il credito, se si è in possesso della documentazione utile a dimostrare l’effettività delle opere realizzate: titoli edilizi, notifica alla Asl, prove foto e video dell’esecuzione dei lavori, visure catastali, visti, asseverazioni.
L’esclusione opera anche per i correntisti che acquistano i crediti da una banca, facendosi rilasciare un’attestazione di possesso di tutta la documentazione.
Resta peraltro fermo – si specifica – che il solo mancato possesso della documentazione non costituisce causa di responsabilità solidale per dolo o colpa grave del cessionario, il quale può fornire con ogni mezzo prova della propria diligenza o non gravità della negligenza.
Il seguente documento è riservato:
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