Libano Soldati israeliani vicino all’edificio, poi i razzi di Hezbollah. Onu: «Serve il cessate il fuoco». A Tiro uccisi cinque soccorritori libanesi, sono oltre 200 dall’8 ottobre 2023
Una colonna di fumo si alza dal quartiere Chiyah, a Beirut
Terzo attacco alla base militare di Chama nel sud del Libano in pochi giorni. E quattro militari italiani feriti in maniera lieve dopo il lancio di razzi probabilmente da parte di Hezbollah o di gruppi affiliati.
Andrea Tenenti, portavoce della missione Onu Unifil, non si sbilancia sull’intenzionalità o meno dell’attacco, ma invita per l’ennesima volta le parti al cessate il fuoco: «Non sappiamo al momento se quest’ultimo attacco a Chama sia intenzionale o no. Quello che però è importante è che cessino le ostilità per garantire la sicurezza dei caschi blu e soprattutto riportare stabilità nel sud del Libano», dice Tenenti al manifesto.
Sono state ore concitate quelle di ieri all’interno del contingente Unifil, la forza internazionale di interposizione Onu attiva in Libano dal marzo 1978 per garantire il ritiro delle truppe israeliane che avevano invaso il suolo libanese durante la guerra civile (1975/1990). La missione conta oltre 10mila militari da 48 paesi, di cui 1.200 italiani.
«QUELLO CHE SAPPIAMO al momento è che ieri mattina due razzi hanno colpito il settore ovest della base italiana del quartier generale di Unifil a Chama – spiega Tenenti – Quattro peacekeeper sono stati feriti e sono attualmente presso l’ospedale della base. Fortunatamente nessuno è in pericolo di vita. I razzi probabilmente sono stati lanciati da Hezbollah, o da gruppi affiliati, e ciò è deducibile dal tipo di razzo utilizzato (122mm, in dotazione di consuetudine a Hezbollah e non all’esercito israeliano, ndr). È stato colpito un bunker e un’area logistica militare utilizzata dalla polizia internazionale, causando gravi danni alle infrastrutture. Una struttura ha preso fuoco, ma l’incendio è stato domato dal personale della base. Si tratta del terzo attacco alla base di Chama in una settimana».
Trasversale la condanna. La presidente del consiglio Giorgia Meloni ha espresso ieri «profonda indignazione e preoccupazione». Il vicepremier e ministro degli esteri Tajani ha dichiarato: «Come abbiamo detto a Israele di prestare la massima attenzione, diciamo con altrettanta fermezza a Hezbollah che i militari italiani non si possono toccare».
Il ministro della difesa Crosetto si è impegnato a parlare con il suo omologo israeliano Israel Katz della questione «per chiedergli di evitare l’utilizzo delle basi Unifil come scudo». Il motivo: i soldati israeliani si sarebbero posizionati accanto alla base.
Intanto la visita dell’emissario statunitense Amos Hochstein a Beirut e poi a Tel Aviv per negoziare un cessate il fuoco, nonostante i segnali positivi che aveva mandato dal Libano, pare non sortire ancora nessun effetto. I bombardamenti israeliani a Beirut si susseguono notte e giorno con grande violenza. Tre in poco più di 24 ore nel cuore della capitale libanese tra domenica e lunedì senza alcun preavviso, fuori dall’ormai famosa Dahieh, la periferia a Beirut sud.
Ieri è stato colpito, tra gli altri, il quartiere di Chiyah, uno dei pochi ancora abitati, ancora una volta senza preavviso e senza dare la possibilità ai civili di evacuare, una consuetudine ormai tanto a Beirut quanto nel resto del paese. A Tiro, Baalbek, su tutto il sud e l’est del paese si intensificano i colpi dell’aviazione israeliana dopo il tentativo di Hochstein.
SOLO NELLA GIORNATA di ieri sono state uccise nei bombardamenti 62 persone in Libano, con il bilancio totale che sale a 3.645, secondo il ministero della salute libanese. Oltre 15mila i feriti. L’esercito israeliano ha annunciato che 1.018 soldati sono stati feriti e 83 uccisi dall’inizio delle operazioni di terra nel sud del Libano da Hezbollah, che continua a concentrare i lanci dei suoi missili quasi esclusivamente su postazioni militari e non civili nel nord di Israele.
Almeno cinque soccorritori del Comitato di sanità islamico, affiliato a Hezbollah, sono stati uccisi a Tiro e Jezzine ieri. Oltre 200 tra medici e paramedici sono stati ammazzati dall’inizio della guerra in Libano: in percentuale, molti di più di quelli morti nella guerra in Ucraina, ha evidenziato l’Organizzazione mondiale della Sanità in un rapporto di ieri.