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Dopo la Consulta Quale che sia la decisione della Cassazione e quindi della Corte costituzionale nel giudizio di ammissibilità, resta che attraverso il referendum o altre forme, la mobilitazione deve continuare per impedire che risorga sotto mutate forme e per costruire un regionalismo solidale

Manifestazione a Montecitorio contro l'autonomia differenziata Manifestazione a Montecitorio contro l'autonomia differenziata

Il regionalismo costituzionale è solidale e la Consulta nella decisione sulla legge Calderoli ha richiamato i principi di unità, solidarietà, uguaglianza, garanzia dei diritti. Individuando profili di incostituzionalità e sancendo interpretazioni costituzionalmente orientate.

La qualifica della legge Calderoli come attuazione incostituzionale della Costituzione risulta confermata e la legge colpita nei suoi assi portanti. Ne discende che non possono essere trasferite materie (e tanto meno tutte e 23 le materie), ma solo singole funzioni e che la regione non può sottrarsi dal concorrere agli obiettivi di finanza pubblica, così come è chiarita la necessità, quando sono in questione diritti, di definire i livelli essenziali anche nelle materie cosiddette non-Lep.

Altro cardine della sentenza (da quanto si evince dal comunicato) è la riaffermazione del ruolo del parlamento contro un procedimento all’insegna della verticalizzazione del potere. Alle Camere, ridotte dalla legge 86 a organi consultivi e di ratifica, si restituisce un potere sostanziale. La centralità del parlamento è ribadita sia in ordine alla determinazione dei Lep sia in ordine alla procedura di stipula dell’intesa; spetta, inoltre, al parlamento intervenire per colmare i vuoti derivanti dall’accoglimento delle questioni di costituzionalità così «da assicurare la piena funzionalità della legge» (funzionalità che, dunque, per inciso, al momento non risulta garantita).

Un passaggio – quello sulle camere – che travalica la questione concreta e si pone in senso ampio come richiamo alle corrette dinamiche della forma di governo parlamentare a fronte di un premierato di fatto sempre più aggressivo. Una pronuncia, in sintesi, che situa il tema autonomia e regionalismo nel contesto della forma di stato e della forma di governo disegnate nella Costituzione.

La domanda è: come procedere ora sulla via del regionalismo solidale? La Corte indica il parlamento come organo deputato a colmare le lacune e ricorda che le stesse leggi di differenziazione possono essere oggetto del suo controllo. Esercitando un sano pessimismo della ragione, il contesto politico consiglia di non sottovalutare il rischio che la pronuncia della Corte sia interpretata al ribasso. L’autonomia potrebbe assumere forme meno distruttive e disgregatrici ma sempre deleterie per l’uguaglianza e la garanzia dei diritti. La direzione, cioè, potrebbe essere quella di un regionalismo competitivo soft, e non la via del regionalismo solidale: una autonomia competitivo-cooperativa, più razionale, più coerente alle esigenze di efficienza economica, meno evidentemente “nordista”, in grado magari di incontrare favori oltre la compagine governativa e un maggior gradimento nel mondo imprenditoriale. Dovrà, dunque, essere esercitata una intensa vigilanza, in parlamento, come da parte delle forze politiche e sociali.

L’ufficio centrale per il referendum presso la Cassazione scioglierà il nodo della trasferibilità del quesito abrogativo. In proposito si può rilevare come, da un lato, la legge sia profondamente mutata nella ratio e nel contenuto, a seguito dell’eliminazione di alcune parti e della rilettura costituzionalmente orientata del resto, e sospesa, in attesa degli interventi del parlamento; dall’altro, come permanga comunque sul piano formale una disciplina, per cui la Cassazione potrebbe trasferire il quesito sulla normativa residua, che seguiterebbe ad essere oggetto del quesito abrogativo totale (al netto, ovviamente, di quanto dichiarato incostituzionale).

Quale che sia la decisione della Cassazione e quindi della Corte costituzionale nel giudizio di ammissibilità, resta che attraverso il referendum o altre forme, la mobilitazione, forte dello svuotamento dell’autonomia differenziata à la Calderoli, deve continuare per impedire che risorga sotto mutate forme e per costruire un regionalismo solidale.

Occorre proseguire nel disseminare l’eccedenza della campagna referendaria, la voce di parole espulse dal discorso dominante o confinate tra i concetti irenici e illusori: i principi richiamati dalla Corte, uguaglianza, solidarietà, e ancora, diritti sociali, servizi pubblici, redistribuzione delle risorse, stato sociale. Occorre far crescere la consapevolezza che i diritti esistono, che si possono esigere, che non è segnata la strada per la loro regressione, che rivendicare altro è possibile.