Al Movimento 5S non basta un voto online, ne serve un secondo. Grillo usa il suo potere di (ancora) «garante» e ottiene di rifare tutto. Spera nell’astensione per far cadere Conte. Ma la presa dell’ex premier sul partito è ormai salda, meno chiaro è dove lo porterà
Il Conte 2 Arriva la mossa finale del garante: dispone che le consultazioni hanno cancellato i suoi poteri si ripetano. L’avvocato accetta la sfida
Tutto da rifare. Beppe Grillo, il grande capo ferito dalla votazione digitale i cui risultati sono stati annunciati domenica scorsa alla fine dell’assemblea costituente del Palazzo dei congressi, esercita l’ultima delle sue prerogative e chiede che le urne virtuali si riaprano per ripetere la consultazione degli 89 mila iscritti al Movimento 5 Stelle.
LA MOSSA era in qualche modo attesa da Giuseppe Conte. Il quale annuncia, da avvocato e leader del nuovo M5S: «Beppe Grillo ha appena avviato un estremo tentativo di sabotaggio. Ha chiesto di rivotare, invocando una clausola feudale che si trascinava dal vecchio statuto». «Potremmo contestare questa vecchia clausola e vincere con le nostre buone ragioni un contenzioso legale – prosegue Conte rivolgendosi agli iscritti – Ma il ruolo dell’azzeccagarbugli lo lascio a Grillo. Noi preferiamo ancora e sempre la democrazia, la partecipazione, la vostra libertà di scelta. Per questo, dateci qualche giorno, e torneremo a votare sulla rete i quesiti sullo Statuto impugnati da Grillo».
CIÒ CHE trapela da via Campo Marzio, il quartier generale pentastellato, è l’ennesima disapprovazione per le scelte del quasi ex garante. Secondo i vertici, Grillo in questo modo sconfessa ulteriormente il suo percorso, tradisce la cultura della democrazia diretta al quale si richiama. Soprattutto, proseguono i ragionamenti, annulla un voto regolarmente espresso soltanto per difendere le sue prerogative personali e medievali. Come a dire: da una parte ci sono le oltre cinquantamila persone che hanno votato, dall’altra ci sei tu che difendi la tua carica. Un modo per sostenere che l’«ultimo giapponese», questa l’immagine che il fondatore aveva appioppato all’ex premier colpevole a suo dire di non rassegnarsi alla fine del M5S, è Grillo e non Conte.
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Il sollievo di Pd e Avs: «Ora avanti con la costruzione dell’alternativa»SI POTREBBE guardare la vicenda da questo punto di vista: Beppe Grillo ha salvato Giuseppe Conte. Se, come ha raccontato uno ben introdotto nel mondo dei 5 Stelle come Marco Travaglio, il presidente M5S era pronto a dimettersi all’indomani del flop delle elezioni europee dello scorso mese di giugno, allora è vero che il garante ha già commesso l’errore clamoroso (tanto più per u uomo di comunicazione) di trasformare l’assemblea costituente in una lotta per liberarsi delle zavorre del passato più che in una (nel migliore dei casi) seduta di autocoscienza collettiva per indagare le ragioni della sconfitta elettorale. Il che testimonierebbe per l’ennesima volta che Grillo ha perso il tocco magico: continua a sbagliare proprio sul terreno della tattica mediatica che Gianroberto Casaleggio gli aveva appaltato, trasformandolo ormai quindici anni fa nel più efficace testimonial di un brand politico della storia della Repubblica.
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M5S, la zavorra dei sospetti e l’illusione dell’egemoniaDAL M5S sostengono che la votazione online verrà riconvocata a stretto giro, giusto il tempo di attendere le esigenze tecniche. Grillo gioca tutto sul calo di attenzione, e sul fatto che non si raggiunga di nuovo il quorum della maggioranza dei votanti. Conte spera che la mossa gli si ritorca contro. Il braccio di ferro prosegue