Accedi Registrati

Login to your account

Username *
Password *
Remember Me

Create an account

Fields marked with an asterisk (*) are required.
Name *
Username *
Password *
Verify password *
Email *
Verify email *

“Il governo deve garantire la massima informazione e partecipazione dei cittadini”

IMAGOECONOMICA IMAGOECONOMICA

Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, per il Comitato Referendum sul lavoro, e Riccardo Magi, Deepika Salhan, Daniela Ionita, del Comitato Referendum cittadinanza, hanno inviato oggi una lettera al presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni, per chiedere un incontro finalizzato a garantire la massima informazione e partecipazione al voto. Per i comitati promotori è necessario che la data della consultazione elettorale, che, secondo quanto stabilito dalla legge, dovrà tenersi tra il 15 aprile e il 15 giugno prossimi, non sia fissata in momenti che rischino di aggravare il fenomeno dell’astensionismo invece che contrastarlo e che, laddove possibile, coincida con quella delle altre elezioni regionali e amministrative.

Per favorire la massima partecipazione al voto, i comitati promotori chiedono inoltre che “il Governo si attivi con urgenza per garantire la possibilità di votare presso il domicilio di quanti rischiano di essere nuovamente degli astenuti involontari, fenomeno che riguarda all’incirca 5 milioni di elettori fuorisede (cittadini che lavorano o studiano in una città diversa da quella di iscrizione nelle liste elettorali). Come altresì è fondamentale predisporre tutte le condizioni per agevolare il voto dei cittadini italiani residenti all’estero.

“Illustre Presidente – si legge nella missiva – a nome dei comitati promotori dei referendum sul lavoro e sulla cittadinanza le scriviamo per chiedere un incontro formale rispetto a questioni urgenti che il Governo deve affrontare al fine di garantire la massima informazione e partecipazione dei cittadini italiani al voto referendario della primavera prossima. Come ben sa, gli strumenti di democrazia diretta sono elementi fondamentali nell’architettura costituzionale del nostro Paese, in quanto permettono ai cittadini di decidere su questioni essenziali e possono essere anche importanti al fine di riavvicinare l’elettorato alla politica in un momento storico nel quale gli istituti di democrazia rappresentativa sembrano essere considerati dai cittadini puramente formali”.

“La Corte costituzionale, il 20 gennaio 2025 – prosegue la lettera – ha dichiarato l’ammissibilità di cinque quesiti referendari ex articolo 75 della Costituzione e, secondo quanto stabilito dalla legge 352/1970, la consultazione popolare dovrà tenersi in una data compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno prossimi. Come noto, l’astensionismo raggiunge a ogni tornata elettorale dimensioni sempre più preoccupanti, e questo è spesso aggravato dal cosiddetto ‘astensionismo involontario’, che riguarda all’incirca 5 milioni di elettori fuori sede; cittadini, cioè, che lavorano o studiano in una città diversa da quella di iscrizione nelle liste elettorali”.

“La Camera dei deputati, nella seduta del 4 luglio 2023 – ricorda la missiva – ha approvato una legge che delega al Governo l’adozione di uno o più decreti legislativi volti a disciplinare le modalità atte a garantire l’esercizio del diritto di voto degli elettori che si trovano in un Comune situato in una regione diversa da quella di residenza in occasione di consultazioni referendarie ed europee, ma ad oggi nessun decreto che vada in questo senso è stato approvato. Garantire la partecipazione dei cittadini rappresenta un preciso dovere istituzionale per garantire alla democrazia di inverarsi ed è di fondamentale importanza eliminare tutti gli ostacoli che la rendono impraticabile, il che implica anche favorire la più ampia e capillare informazione ai cittadini nonché garantire che la data del voto non sia fissata in momenti che rischino di aggravare il fenomeno dell’astensionismo invece che contrastarlo”.

“Il ministro dell’Interno, lo scorso 12 febbraio, alla Camera dei deputati, in risposta all’interrogazione n. 3-01728 – aggiunge la lettera dei comitati promotori dei referendum – ha affermato che ‘si procederà certamente a individuare la data per la celebrazione dei referendum nella predetta finestra temporale, tenendo conto della ricorrenza delle festività civili, di quelle religiose, delle necessità legate al calendario scolastico e dei tempi necessari agli adempimenti connessi al procedimento referendario, che prevedono anche il voto per corrispondenza dei cittadini italiani residenti all’estero’.

Per tutte queste ragioni, è urgente e necessario che il Governo garantisca, per quanto di competenza, la massima informazione ai cittadini per consentire la più ampia partecipazione e che consulti i comitati promotori sulla decisione della data in cui dovranno essere celebrati i referendum, in modo che sia lontana dalle festività, dalla chiusura delle scuole e che – laddove possibile – coincida con quella delle altre elezioni regionali e amministrative. Ed è fondamentale, altresì, che il Governo si attivi con urgenza per garantire la possibilità di votare presso il domicilio di quanti rischiano di essere nuovamente degli astenuti involontari, come già precedentemente fatto per la scorsa tornata delle elezioni europee. Come fondamentale è predisporre tutte le condizioni per agevolare il voto dei cittadini italiani residenti all’estero”.

“Su tutte queste questioni, Presidente, vorremmo richiamare la sua attenzione, con richiesta formale di incontro”, conclude la missiva.

L’aggressione russa all’Ucraina ha spinto, anche in Italia, a una corsa globale agli armamenti. Nel 2024, la spesa militare globale ha raggiunto i 2.443 miliardi di dollari, segnando un nuovo record in un contesto di crescente instabilità geopolitica. Dall’inizio dell’invasione russa nel febbraio 2022, l’Ue e i suoi Stati membri hanno mobilitato 124 miliardi di euro a sostegno dell’Ucraina, una cifra significativa rispetto agli investimenti previsti per il Green New Deal. Pur non potendo contare su un esercito comune, l’Unione Europea sta destinando sempre più risorse al settore militare, sostenendo in particolare le imprese del comparto. Come evidenziato nel documento di Mario Draghi sul “Futuro della competitività europea”, questa tendenza è destinata a rafforzarsi nei prossimi anni, spesso a discapito di investimenti in settori più performanti e sostenibili o attraverso il ricorso al debito sovrano.

L’aumento delle spese militari a livello globale accresce l’interesse anche delle banche italiane nel settore bellico, rendendo necessario un monitoraggio attento e costante. Diventerà sempre più importante registrare, misurare e valutare il coinvolgimento effettivo delle banche, anche italiane, nel comparto militare, utilizzando strumenti di analisi e monitoraggio mirati.

ZeroArmi promuove la trasparenza nel settore finanziario, analizzando e rendendo pubbliche le relazioni tra banche italiane e industria bellica. Questo strumento consente alle persone risparmatrici di acquisire maggiore consapevolezza sull’utilizzo dei propri fondi e stimola le banche ad adottare politiche più chiare e responsabili in relazione al finanziamento dell’industria delle armi.

ZeroArmi rappresenta un nuovo strumento di misurazione e valutazione, per la prima volta in Italia e in Europa, del coinvolgimento delle banche nel settore degli armamenti, anche attraverso un dialogo costruttivo con gli istituti bancari analizzati.

Il progetto, frutto della collaborazione tra Fondazione Finanza Etica e Rete Italiana Pace e Disarmo, si inserisce in un contesto in cui le banche giocano un ruolo strategico nel sostenere – o limitare – i settori più sensibili dell’economia. Questa iniziativa nasce in un momento in cui la trasparenza finanziaria è messa a rischio dalla proposta di revisione della Legge 185/1990, attualmente in discussione. Tale revisione potrebbe ridurre l’obbligo per le banche di rendere pubbliche le operazioni legate all’export di armi, ostacolando ulteriormente la capacità di cittadini e cittadine e organizzazioni di monitorare l’impatto del settore finanziario e delle scelte di risparmio delle persone e delle organizzazioni sull’industria bellica.

ZeroArmi diventa quindi uno strumento essenziale per colmare questo vuoto, garantendo alle persone risparmiatrici e alle realtà della società civile un mezzo per valutare e monitorare l’esposizione bancaria complessiva al settore degli armamenti.

ZeroArmi valuta il coinvolgimento delle banche attraverso una matrice di indicatori che considerano finanziamenti diretti, partecipazioni azionarie e supporto logistico all’export di armamenti. In questa prima edizione, l’analisi non prende in considerazione i fondi propri e di terzi collocati dalle banche prese in esame. La valutazione copre le nove principali banche italiane per flusso di cassa nel 2021. Al campione sono stati aggiunti il Gruppo Banca Etica, i gruppi bancari cooperativi ICCREA Banca e Cassa Centrale Banca, per la loro affinità con il modello operativo di Banca Etica, Banca Popolare di Sondrio, socia di Etica Sgr, la società di gestione del risparmio del Gruppo Banca Etica.

I risultati rivelano differenze significative: Banca Etica registra un coinvolgimento nullo, mentre altri istituti mostrano livelli variabili di interazione con l’industria bellica. In particolare, Intesa Sanpaolo e Unicredit risultano più esposte, con un punteggio che riflette un coinvolgimento significativo.

ZeroArmi si propone di diventare uno strumento stabile di monitoraggio, promuovendo la trasparenza e stimolando il dibattito pubblico sul coinvolgimento delle banche nell’industria bellica. Il progetto ha favorito una maggiore chiarezza sulle pratiche degli istituti bancari italiani. Il confronto aperto e costruttivo con le banche analizzate ha permesso di perfezionare la metodologia e di ottenere dati utili per rafforzare le future edizioni, favorendo un dialogo continuo e consapevole tra risparmiatori e risparmiatrici, istituti di credito e società civile.
 

Analisi complessiva dei risultati

La valutazione delle banche attraverso la matrice di ZeroArmi assegna punteggi in un intervallo da 0 a 75, suddiviso in fasce di 5 punti. Questa suddivisione consente di classificare il livello di coinvolgimento delle banche nel settore degli armamenti con precisione e linearità. Le banche con 0-5 punti mostrano un coinvolgimento nullo o minimo; tra 20 e 40 punti il coinvolgimento è moderato, mentre oltre i 40 diventa significativo. Sopra i 60 punti si registra un coinvolgimento pieno nel comparto militare.

Banca Etica si conferma l’unico istituto con un coinvolgimento nullo nel settore militare. Cassa Centrale Banca, BPER, Banco BPM e Cassa Depositi e Prestiti mostrano un coinvolgimento minimo, con punteggi tra 10 e 20, attribuibili alla loro storia, a scelte strategiche recenti e alla disponibilità a confrontarsi con ZeroArmi. La seconda fascia di coinvolgimento moderato (20-40 punti) è leggermente più numerosa: Banca Mediolanum e Crédit Agricole si posizionano nella parte bassa, mentre Mediobanca, ICCREA, di natura più tradizionale ma con strategie operative diverse, si collocano nella seconda metà; Banca Popolare di Sondrio si trova nella parte alta di questa fascia. Infine, le due banche tradizionali con il maggiore flusso di cassa, Intesa Sanpaolo e Unicredit, si posizionano all’interno della terza fascia (40-60)a conferma del loro storico ruolo di protagoniste strutturali nel settore, con un coinvolgimento significativo.

La matrice valutativa sviluppata da ZeroArmi ha permesso di delineare con maggiore precisione il livello di coinvolgimento delle banche nel settore militare, superando le precedenti analisi frammentarie e binarie, che tendevano a semplificare eccessivamente la realtà. Questo approccio ha consentito di differenziare meglio i comportamenti degli istituti e di offrire una visione più articolata e realistica del fenomeno. Pur essendo ancora in fase di affinamento, la metodologia ha già dimostrato la sua efficacia nel fornire una mappatura dettagliata delle scelte finanziarie nel comparto militare. Senza uno strumento di valutazione ampio e strutturato, sarebbe difficile distinguere tra gli istituti in base al loro grado di coinvolgimento nell’industria bellica.

Un altro elemento significativo emerso dall’esperienza di ZeroArmi è che le banche che hanno scelto di interagire in modo trasparente con il modello hanno in molti casi migliorato il loro posizionamento rispetto alla valutazione iniziale, basata esclusivamente su dati disponibili pubblicamente. Questo dimostra come un confronto aperto possa favorire maggiore trasparenza e consapevolezza sulle scelte strategiche nel settore finanziario. Infine, il modello di ZeroArmi è stato concepito con una prospettiva di crescita, sia geografica – includendo in futuro anche istituti non italiani – sia tipologica, estendendo l’analisi a operatori finanziari oltre il settore bancario.

 

Vai a questo link per scaricare il Report “ZeroArmi” in versione completa

"In un momento di folle corsa al riarmo, è in discussione in questi giorni alla Camera  la modifica alla Legge 185/90 recante nuove norme sul “Controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali d’armamento” già approvato dal Senato.

Il nuovo testo peggiora drammaticamente il portato della legge, introducendo norme che ne riducono l’efficacia e la trasparenza. 
Si elimina infatti l'obbligo del “Presidente del Consiglio dei Ministri di riferire al Parlamento con propria relazione” prevedendo semplicemente l’invio di un rapporto. La relazione non fornirà più una indicazione analitica “per tipi, quantità e valore monetario” dei materiali di armamento oggetto di transazione. Si limiterà a indicare i Paesi di destinazione con l’ammontare suddiviso per tipologia di armamento. Tale modifica rende la relazione molto più generica e di più difficile interpretazione e dunque meno trasparente.

Il nuovo testo reintroduce il Comitato Interministeriale (CISD), che però viene istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e attribuisce le funzioni di “segretario” ad un nuovo soggetto, rappresentato dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il CISD nella nuova composizione acquista più potere in quanto formula gli indirizzi generali per l’applicazione dell’intera legge e può inoltre stabilire i criteri generali relativi al divieto di transazione di specifici materiali di armamento.

In sostanza la nuova proposta di legge accentra tutte le decisioni più importanti presso la Presidenza del Consiglio dei ministri,che viene fortemente rafforzata nei suoi poteri, esautorando il Parlamento dal suo ruolo di controllo, anche sulle informazioni relative alle conseguenze applicative di tali  decisioni.

Contraddicendo il testo originario della legge, viene preclusa alle organizzazioni riconosciute dall’ONU e dall’UE, nonché alle ONG anche la semplice possibilità di fornire informazioni al CISD sul rispetto dei diritti umani da parte dei destinatari dei sistemi d’arma prodotti dalle nostre imprese o da loro associati.

Nonostante le disposizioni generali, la riconversione industriale del settore militare a quello civile non è mai stata concretamente portata avanti negli ultimi decenni.
Infine appare paradossale la norma che cancella l’obbligo di comunicare al Parlamento l’elenco delle banche che partecipano al finanziamento della produzione dei sistemi d’arma. Riteniamo particolarmente grave che il Parlamento sia escluso da informazioni che riguardano  l’impiego di risorse finanziarie, pubbliche e private, destinate a obiettivi di pubblica utilità.

Per tutte queste ragioni, l’ANPI esprime una profonda inquietudine e chiede con forza a tutti i parlamentari di respingere gli emendamenti che stravolgono pericolosamente il testo della Legge 185/1990, baluardo della legalità e della trasparenza nell’esportazione, importazione e transito dei sistemi d’arma"

La Segreteria nazionale ANPI 

Buon giorno a tutti.

Un rappresentante del nostro Comitato Borgo Alluvionato sarà presente a Bologna  il 10 febbraio 2025 ore 16 per incontro con il Commissario Curcio.

 

Il nuovo Commissario Straordinario ing. Curcio nell'incontro di ieri pomeriggio ha ascoltato molto e preso nota dei contributi dei 30-40 Comitati presenti. Quello che ha detto:

1) lui ha un ruolo e un ambito di competenze.  A lui non spetta la manutenzione ordinaria e straordinaria.  Queste cose spettano alla Regione. Quindi per il taglio degli alberi e cose simili, non è lui l'interlocutore giusto.

2) lui si muove dentro i limiti della legge 100 del 2023.

3) per lui i Comitati sono un interlocutore prezioso ma non sostituiscono le interlocuzioni con i Sindaci che sono, per legge, i diretti interlocutori.

4) aprirà uno sportello o una casella mail tipo URP per raccogliere direttamente le nostre segnalazioni e i nostri contributi.

5) ha compreso che per liquidare l'anticipo di Sfinge  firmare tre atti uguali nelle premesse RICOSCIMENTO CONCESIOSIONE ERIGAZIONE è uno spreco;

6) tenterà di rivedere l'Ordinanza beni mobili con una procedura semplificata estranea a Sfinge;

7) tenterà di semplificare Sfinge nella parte relativa alla ridondanza dei dati delle fatture e vedrà di eliminare la richiesta di estratto conto del proprio conto corrente;

8) credito d'imposta e anticipo del 50%: tenterà di agevolare queste possibilità aprendo contatti con ABI - Associazione Banche Italiane;

9) valuterà molto attentamente la possibilità di una procedura semplificata per danni fino a 20-30.000 euro;

10) ha molto apprezzato il fatto che la priorità non sono i ristori ma la messa in sicurezza del territorio;

11) per le opere strategiche di messa in sicurezza, si darà un criterio per stabilire delle priorità.

Sono 17 elementi della tavola periodica che servono per una vasta gamma di strumenti che utilizziamo anche quotidianamente. La Cina sfiora il monopolio, Donald Trump ha ingaggiato una battaglia per sottrarglielo e assicurare agli Usa gli approvvigionamenti necessari

 

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky offre agli alleati le terre rare contenute nelle migliaia di depositi minerari del suo Paese, contese in quest’area da Donald Trump e Vladimir Putin:  “Metteteci dentro i vostri soldi. Facciamo sviluppo insieme", dice. Questa è solamente una delle ultime notizie che riguardano la contesa in atto per l’accaparramento dei giacimenti di terre rare in una guerra principlamente tra Usa e Cina, in posizione quasi monopolistica rispetto all’estrazione e alla lavorazione di questi minerali. Le terre rare divengono così un elemento chiave nella strategia di Zelensky nell’ipotesi di una trattativa per la guerra con la Russia, anch’essa interessata allo sfruttamento dei giacimenti ucraini.  

Quelle terre preziose entrate nella nostra vita

Un oggetto del contendere che interessa quindi le principali potenze mondiali a causa del suo uso sempre più diffuso e cruciale ormai da tempo. Per capire meglio cosa siano questi 17 elementi della tavola periodica e quale sia il loro utilizzo, abbiamo consultato Andrea Melchior, professore associato presso il Dipartimento politecnico di Ingegneria e Architettura di Udine, il quale ci ha innanzitutto spiegato che le terre rare sono così chiamate “non perché sono tra gli elementi più rari sulla crosta terrestre, ma perché la loro disponibilità è presente solamente nelle rocce di alcune aree dove è economicamente conveniente sfruttarle”.

Si tratta di elementi chimicamente molto simili tra loro e “si trovano spesso insieme negli stessi frammenti di roccia, per cui è difficile la loro separazione. Il trattamento per arrivare al singolo minerale è laborioso e le terre rare sono oggi molto importanti perché entrano in gioco in numerosissime applicazioni legate soprattutto alla tecnologia. Noi, senza esserne consapevoli, li utilizziamo costantemente e quotidianamente. Abbiamo la loro presenza, ad esempio, nell'elettronica, ma un'applicazione per cui al giorno d’oggi sono diventate particolarmente critiche è quella dei magneti permanenti che vengono utilizzati nella mobilità elettrica”.

Le terre rare le troviamo anche nelle tecnologie satellitari dell’aerospazio, un settore nel quale gli investimenti sono in grande espansione (l’Italia ne è un esempio) e che è previsto raggiungeranno a livello globale i 1000 miliardi di euro nel 2030. Per quanto riguarda invece i motori delle automobili elettriche e ibride, Melchior ci ricorda che “uno dei motivi per i quali si è iniziato a parlare di terre rare è la transizione al green.

Le applicazioni sono però innumerevoli, persino nelle scope elettriche che usiamo in casa vi è una presenza di questi minerali, ma anche sulle banconote degli euro l'inchiostro anticontraffazione contiene una piccolissima percentuale di una terra rara (una ‘ricetta segreta’) che produce un'emissione di luce rossa quando viene esposta a un all'ultravioletto delle macchinette che servono alla verifica”.

Tra geopolitica e danni ambientali

Per quanto riguarda il loro commercio “la Cina oggi detiene più o meno il 90% del mercato dei materiali già trattati. I grossi giacimenti si trovano in Cina e Australia, in Svezia hanno iniziato l’estrazione”, perché nel 2023 hanno trovato quello che è stato definito il più grande giacimento di terre rare in Europa. "Ed è nei Paesi nordici che sono state fatte le prime scoperte di giacimenti”, precisa il professore. 

Jimmy Kets/Avalon/Sintesi
Foto di © Jimmy Kets/Avalon/SintesiLubumbashi, Congo, april 4, 2010, Congolese miners who work for Forrest group in Lubumbashi. (Jimmy Kets/Avalon/Sintesi)

C’è poi l’Africa, dove, sebbene i principali giacimenti siano di cobalto e tantalio, cinesi, russi, turchi e israeliani hanno rafforzato e continuano a rafforzare la propria presenza anche per lo sfruttamento dei giacimenti di terre rare. Anche nella guerra in corso in Congo i giacimenti hanno il loro ruolo. Altro continente ricco di ‘metalli tecnologici’ è il Sudamerica, particolarmente in alcune sue regioni.  

Ci sono poi i danni all’ambiente e per coloro che lavorano all’estrazione delle terre rare. Melchior conferma: “un rischio ambientale c’è, perché comunque l'attività mineraria è impattante. Poi c'è anche tutto il discorso del processamento, perché dal minerale, che è un sasso o una roccia, bisogna estrarre i materiali e purificarli con una serie di trattamenti chimici che producono degli scarti. I rischi, anche per i lavoratori, sono quindi legati a un'industria pesante come quella mineraria, soprattutto viste le trasformazioni alle quali vengono sottoposte le terre rare”. 

Chi si occupa di sostenibilità ha calcolato che la lavorazione di una tonnellata di terre rare produce circa 2000 tonnellate di rifiuti tossici e, insieme all’estrazione genera erosione del suolo, perdita di biodiversità, formazione di pozzi di assorbimento e inquinamento idrico.

Sul fronte dell’aumento del fabbisogno di terre rare, “possiamo dire che dipende da quali elementi parliamo – prosegue e conclude il chimico dell’Università di Udine -. Quelli legati alla mobilità elettrica ci si può aspettare che aumentino, perché ci si aspetta che aumenti il numero di auto elettriche, monopattini elettrici o comunque tutte le applicazioni che richiedono motori elettrici con magneti permanenti, ma è anche vero che si parla di rallentamenti sul fronte della mobilità elettrica in Europa. Il problema sta nel fatto che per ora i detentori delle materie prime sono quasi unici”.

Le mire predatorie trumpiane 

Quindi siamo difronte a una Cina vicina al monopolio e a un utilizzo dilagante di questi metalli, che va dai dispositivi elettronici come smartphone, computer e televisori alle batterie ricaricabili, dai motori elettrici alle turbine eoliche. Torniamo quindi all’argomento di apertura per vedere che il presidente statunitense Donald Trump nel dichiarare di volere annettere la Groenlandia non ha solo motivi strategici legati ai confini, ma punta ai suoi giacimenti di terre rare di cui è molto ricca e che da tempo Usa e Russia si contendono, tanto che i primi nel 2019 hanno firmato un memorandum sulla cooperazione in questo settore. Accordi ai quali si oppone la resistenza degli abitanti e del nuovo governo di sinistra. 

Anche in Sudamerica Trump pone le sue mire e c’è chi sostiene che la minaccia di imporre dazi alle merci Colombiane non avesse solamente lo scopo di ottenere da Bogotà il rimpatrio dei migranti espulsi dagli Usa, ma anche quello di avere una leva per l’utilizzo delle terre rare delle quali il Paese sarebbe ricco.

Lo stesso vale per la guerra dei dazi apertasi con la Cina, perché in un’era dove ormai quasi qualsiasi funzione umana è legata alla tecnologia avanzata, e sempre più sarà così (emblematico è lo strapotere di Elon Musk alla Casa Bianca), Trump, nella sua politica egoistico-affaristica celata dal “America first”, ha deciso per la lotta senza quartiere per gli approvvigionamenti energetici alla potenza asiatica, che non intende per altro mollare la presa.    

Un lavoro dignitoso e non precario è essenziale per la sostenibilità del sistema previdenziale. In sintesi tutti i tagli del governo, in barba alla promessa di superare la Monti-Fornero

IMAGOECONOMICA

Su Collettiva ce ne siamo occupati più volte: nonostante slogan e promesse elettorali, in tre esercizi di governo l'esecutivo Meloni è riuscito persino a peggiorare quella che probabilmente passerà agli annali come una delle leggi più odiate dagli italiani negli ultimi decenni: ovvero la riforma del sistema previdenziale targata Monti-Fornero.

L’obiettivo, neanche tanto velato, è quello di posticipare il pensionamento a 70 anni, senza alcuna risposta per giovani, donne, coloro che svolgono lavori gravosi e usuranti e nessuna valorizzazione per il lavoro di cura.

Il superamento di questa legge è stato tra i motivi più importanti alla base dello sciopero generale di Cgil e Uil dello scorso 29 novembre. Ora c’è un altro appuntamento fondamentale, una grande occasione di partecipazione che permetterà ai cittadini e alle cittadine di dire la loro: quello dei referendum promossi dalla Cgil e per i quali si voterà in primavera.

Lavoro stabile significa una previdenza certa

Se è vero che nessuno di essi è specificamente dedicato al tema pensioni, è altrettanto vero che, ancor di più in un sistema contributivo (l’assegno verrà calcolato in proporzione ai contributi versati) “il lavoro stabile e dignitoso è essenziale per la sostenibilità del sistema previdenziale. Votando sì ai referendum della Cgil possiamo fermare la precarietà, stabilizzare il lavoro, e costruire un futuro di diritti e sicurezza per tutte e tutti”. Questo si legge in un prezioso volantone che riassume in sintesi tutte le nefandezze che il Governo Meloni ha fatto in questi anni con unico obiettivo: tagliare risorse alla previdenza in barba al futuro di chi nel corso della sua vita ha lavorato e versato contributi per una pensione dignitosa.

L’azzeramento della flessibilità in uscita

Fa una certa impressione vedere questi tagli messi in fila. A cominciare dall’azzeramento della flessibilità in uscita, se è vero che nel 2024 registriamo un meno 15,7% delle pensioni anticipate rispetto al 2023. A essere azzeratata Opzione donna (con un taglio del 70,92% delle domande del 2024 confrontate con quelle del 2023) e nel 2025 il taglio sarà ancora più alto.

Drasticamente penalizzate anche Quota 103, prorogata, ma con il ricalcolo contributivo e dunque con un importante taglio sul calcolo della pensione. Per non parlare di Ape sociale, che è stata confermata, ma con l’incremento dell’età da 63 a 63 anni e 5 mesi.

La retorica sui giovani

Altro che pensione di garanzia come risposta alle difficoltà dei giovani nel mercato del lavoro. La direzione è opposta: dal 2030 per coloro che sono destinatari del sistema contributivo, viene innalzata a 3,2 volte l’assegno sociale la soglia per accedere al pensionamento anticipato a 64 anni (da 1.313 euro del 2022 si passerà almeno a 1.720 – con un aumento di 407 euro).

Leggi anche

In pensione sempre più tardi e più poveri

Non solo: dal 1° gennaio 2025 le pensioni saranno più povere con l’abbassamento dei coefficienti di trasformazione. Nel 2027 il requisito per andare in pensione aumenterà di 3 mesi e nel 2029 di 2 mesi, spingendo l’età pensionabile ancora più in avanti. L’Italia è l’unico Paese in Europa dove i lavoratori subiscono un doppio svantaggio: età pensionabile sempre più alta e assegni sempre più bassi.

La scure sui lavoratori pubblici

Vengono elevati i limiti ordinamentali a 67 anni, penalizzando ulteriormente le lavoratrici e i lavoratori pubblici, con un ulteriore allungamento per il sequestro del Tfs/Tfr. Confermati poi i tagli al calcolo delle pensioni anticipate: con la revisione retroattiva delle aliquote di rendimento, per coloro che sono iscritti alle gestioni Cpdel (enti locali), alla gestione Cps (cassa sanitari) o alla gestione Cpug (degli ufficiali giudiziari) o alla gestione Cpi (insegnanti di asilo o scuole elementari parificate).

Ancora: il possibile trattenimento in servizio per i pubblici fino a 70 anni, rischia di penalizzare ulteriormente le lavoratrici e i lavoratori, vista la discrezionalità delle amministrazioni a trattenere i lavoratori fino al 10% per attività di tutoraggio e affiancamento. Di pari passo non c’è nessun rilancio del sistema pubblico, con un taglio del 25% del turn-over occupazionale.

E per chi è già in pensione non va meglio

I tagli alla perequazione per il 2023 e il 2024 non saranno più recuperabili: per una pensione netta di 1.700 euro la riduzione, calcolando l’attesa di vita, è di circa 7 mila euro. Tutti motivi che fanno dire alla Cgil che “la vertenza sulle pensioni continua”.

E che, “nonostante gli slogan di superamento della legge Monti-Fornero e 41 anni di contributi per accedere al pensionamento, dopo tre leggi di bilancio il Governo è riuscito nell’impresa clamorosa di peggiorare quella legge così tanto criticata e allontanare il traguardo pensionistico per tutte e tutti”. I referendum entrano a pieno titolo in questa lotta.