INTERVISTA AL SEGRETARIO FILLEA CGIL. A Modena parte il congresso: «Ottenuti risultati importanti che la destra vuole cancellare su appalti, sicurezza e bonus 110%»
Il segretario generale della Fillea Cgil Alessandro Genovesi davanti a storici cartelli di lotta sindacale
Alessandro Genovesi, segretario generale della Fillea Cgil, oggi comincia a Modena la tre giorni del vostro congresso nazionale, come ci arrivate?
Con circa 100 mila lavoratori che hanno votato al 99% la mozione di maggioranza “Il lavoro crea il futuro”. Soprattutto arriviamo con una serie di positivi risultati, contrattuali e normativi: dal Durc di Congruità alla parità di trattamento e contratto nazionale tra lavoratori in appalto e sub appalto, dall’obbligo di applicare i contratti edili se vuoi gli incentivi pubblici al rilancio delle nostre Casse e scuole fino alle norme contro il sotto inquadramento. Conquiste che vanno praticate diffusamente, anche per difenderle meglio. Nei settori dei materiali abbiamo avuto buoni risultati soprattutto salariali, anche se l’alta inflazione se li sta mangiando. Molto rimane però da fare per una categoria al centro della transizione energetica, della trasformazione urbana, della realizzazione del Pnrr, in settori dove convivono imprese di qualità e caporali, innovazione e sfruttamento.
Il governo Meloni e in particolare il ministro Salvini hanno come priorità la modifica del Codice degli appalti. Le semplificazioni annunciate comportano rischi per la sicurezza e i diritti in cantiere?
I rischi sono legati alla liberalizzazione dei livelli di subappalto (oggi è permesso solo un livello di subappalto) e all’aumento degli affidamenti senza gara. Perché sarà più difficile per tutti far applicare concretamente le tutele conquistate e verificarle e perché così incoraggeremo ulteriormente il nanismo aziendale e la frammentazione nei cantieri, con tutti i rischi sulla sicurezza che ne derivano. Inoltre tra affidamenti senza gara e sub appalti infiniti i rischi di infiltrazione criminale aumenteranno. I problemi sono altri: qualificare le stazioni appaltanti, ridurre i tempi amministrativi. Insomma dobbiamo spendere presto ma anche bene, qualificando di più lavoro e imprese.
Anche nel 2022 si è superata la quota di 1.000 morti sul lavoro, nonostante le assunzioni di ispettori e le nuove norme. Nel frattempo Meloni ha liquidato il presidente dell’Itl Bruno Giordano.
I morti sul lavoro non sono frutto del caso ma di pessima organizzazione, orari e ritmi massacranti, violazione dei contratti, anziani sulle impalcature o nei magazzini, migranti sfruttati. Le norme ci sono così come i meccanismi premiali, ma serve anche “il bastone”, cioè il presidio del territorio. Giordano lo aveva capito bene. Confido che ciò che sta funzionando sia mantenuto e implementato.
«In Cgil serve essere ancora più uniti con Cisl e Uil per affrontare la riconversione ambientale e digitale senza lasciare nessun lavoratore indietro»
La polemica sui costi eccessivi del Bonus 110% si porta dietro effetti negativi sulle imprese e sull’occupazione e anche sull’ambiente: qual è la vostra posizione?
Se vogliamo centrare gli obiettivi Onu e Ue su risparmio energetico e riduzione di Co2 servono incentivi strutturali e che durino nel tempo. Poi la percentuale massima (il 100%) e la cessione del credito vanno destinate a condomini e redditi più bassi. Se prima la misura aveva il limite che dava tutto a tutti, ora il governo Meloni, portandola al 90% ma bloccando la cessione del credito (quindi devi anticipare tutto e poi riprendi il 90% in 5-10 anni in detrazioni se hai capienza fiscale) la destina solo ai ricchi. Però sono i redditi più bassi che vivono nelle case più vecchie, energivore e con bollette più care.
Il Pnrr è partito con il freno tirato dei bandi andati deserti per l’aumento dei costi delle materie prime. Nel 2023 le cose miglioreranno?
Se ci sarà un aggiornamento automatico dei prezzi sul modello francese si. Altrimenti il caro materiali, più l’alta inflazione che mangia i salari e scoraggia di più rispetto a lavori pesanti e la mancanza di 150 mila operai e tecnici, bloccheranno il Pnrr. Sia le grandi opere che la rigenerazione urbana. A dimostrazione che i problemi si risolvono investendo di più sul lavoro e i saperi, non svalorizzandoli.
Il congresso nazionale della Cgil a marzo è sostanzialmente unitario. Lei quattro anni fa appoggiava Colla, tanta acqua è passata sotto i ponti del primo sindacato italiano…
Altro che acqua. Tra pandemia, guerra, crisi climatica e inflazione è un uragano. Se poi aggiungiamo i post-fascisti al governo è evidente che l’agenda va riscritta per tutti. Per la Cgil che deve essere ancora più unita, più concentrata sulla contrattazione e che deve fare tutto il possibile per l’unità con Cisl e Uil. Per tutte le parti sociali e le istituzioni che devono insieme affrontare la riconversione ambientale e digitale del nostro apparato produttivo, governare la più grande trasformazione del manifatturiero degli ultimi anni senza lasciare indietro nessuno, anzi creando nuova occupazione, più stabile e di qualità. Il tutto contrastando un’inflazione che mangia salari e capacità di consumo. Altrimenti assisteremo a dismissioni senza precedenti. E quando la gente sta male, tra rabbia e solitudine, tra rassegnazione e populismo soffre la democrazia e si riduce la libertà. Questa la sfida che abbiamo davanti
CONGRESSI CGIL. Prima giornata del congresso Flai Cgil a Roma. «Il ministro Lollobrigida non ha neanche risposto all'invito, comincia male»
La relazione di Giovanni Mininni al congresso Flai Cgil
«Contrattare la sostenibilità ambientale». È la sfida innovativa lanciata dal segretario generale della Flai Cgil Giovanni Mininni nella relazione che ha aperto il VIII congresso della categoria che dal 1988 ha riunito i braccianti con i lavoratori dell’industria agroalimentare.
La tre giorni, aperta dai toccanti interventi delle giovani Samira, originaria dell’Iran, e di Maryam, rifugiata afghana, e dedicata «a tutte le donne uccise per femminicidio», è stata l’occasione per fare il punto dei quasi quattro anni di segreteria di Mininni, eletto per il passaggio di Ivana Galli in segreteria confederale da Maurizio Landini.
Mininni è stato il primo a portare Landini in udienza da papa Francesco per l’impegno della Flai come «sindacato di strada» nella lotta al caporalato e per i diritti dei braccianti migranti il 15 giugno del 2019. Nella sua relazione Mininni («pur non essendo credente») ha più volte citato l’impegno comune con le associazioni cattoliche e la richiesta di papa Francesco «a fare rumore», auspicando una nuova mobilitazione contro la guerra.
Ma il centro del suo discorso, pacato ma fermo, è stato il tema ambientale: «La filiera agroalimentare produce il 36% delle emissioni – ha spiegato Mininni – dobbiamo farcene carico impegnando le imprese a cambiare modo di produzione con energie rinnovabili tramite la contrattazione».
Mininni ha chiesto ai 400 delegati riuniti al Marriot park hotel di Roma di fissare altre due «priorità» nel documento congressuale: «rafforzamento del salario e lotta alla precarietà visto che in agricoltura si sta assottigliando la quota già del solo 10% di contratti a tempo indeterminato».
La situazione nel settore non è semplice. Il contratto nazionale dell’industria alimentare del luglio 2020 è «stato conquistato dopo scioperi e mobilitazioni in piena pandemia con la spaccatura delle organizzazioni datoriali». Tre su 12 non lo hanno mai firmato e ora, in vista del rinnovo, Assica (organizzazione delle aziende delle carni e salumi) chiede un nuovo contratto, appoggiata da Confindustria. «Risponderemo unitariamente con Fai Cisl e Uila (criticati per le loro «autoproclamazioni» su rappresentanza e bilateralità, ndr) alla lettera di disdetta di Confindustria, ma Assica sappia che così di va dritti dritti verso 12 contratti specifici: è inaccettabile perché significa dividere i lavoratori con contratti di serie A e B».
Ultima stoccata per il ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare Lollobrigida: «Lo abbiamo invitato al congresso e non s’è nemmeno degnato di rispondere. Ce ne faremo una ragione ma così comincia male», avverte Mininni
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ROMA. 60 associazioni e 150 tra artisti e intellettuali promuovono un appello per l'abolizione dei due istituti
La presentazione della campagna
È stata presentata ieri nella capitale «Morire di pena», piattaforma nata due settimane fa a Napoli per sostenere l’abrogazione di 41 bis ed ergastolo. 60 associazioni e 150 tra artisti e intellettuali hanno firmato un appello per il superamento dei due istituti inserendosi nel dibattito sul carcere aperto dallo sciopero della fame del detenuto anarchico Alfredo Cospito. Primo obiettivo è sottrarlo alla china assunta negli ultimi dieci giorni quando alcune azioni anarchiche controproducenti, prevedibilmente utilizzate dal governo, e l’iniziativa forcaiola delle forze politiche di maggioranza (con sponde tra i 5S) hanno messo all’angolo chi critica il regime detentivo speciale.
Il filosofo del diritto Luigi Ferrajoli ha sottolineato «l’asimmetria tra l’inciviltà del crimine e la civiltà del diritto» che dovrebbe caratterizzare l’agire istituzionale, il cui primo obiettivo deve essere la tutela della vita umana. Al contrario, continua Ferrajoli, di quello che sta facendo l’esecutivo Meloni su Cospito e di quanto è avvenuto in Italia negli ultimi 30 anni. In questo lasso di tempo si è generato un paradosso: diminuiscono i reati ma aumentano detenuti e «sofferenza penale». Una spia, secondo il filosofo, dell’imbarbarimento del dibattito pubblico «che minaccia il futuro della democrazia». L’ex magistrata Laura Longo ha duramente criticato la deriva afflittiva del 41 bis che, soprattutto con le riforme del 2002 e 2009, si è espanso nel tempo e nelle tipologie di reati, snaturandone la funzione originale: interrompere i contatti tra detenuto e organizzazioni criminali esterne.
Tra gli interventi l’ex senatore Luigi Manconi, l’avvocata Caterina Calia, il giurista Franco Ippolito, la scrittrice Elena Stancanelli e l’attore Ascanio Celestini. «Morire di pena» è anche il tentativo di liberare il caso Cospito e il dibattito sul carcere dalla spirale dello scontro Stato-anarchici, che difficilmente potrà giovare alla vita dell’uno o all’efficacia dell’altro, attraverso la promozione di un fronte garantista. Necessario, seppur minoritario nel paese
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La cerimonia ad Adria (Rovigo) - Ansa
Mentre ieri ad Adria il governo italiano celebrava la consegna a Tripoli di una nuova motovedetta le agenzie di stampa battevano la notizia del tentato sequestro di alcuni pescatori siciliani da parte dei libici. Il fatto è avvenuto venerdì scorso.
Andiamo con ordine. Nel cantiere navale in provincia di Rovigo il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha ricevuto l’omologa del Governo di unità nazionale libico Najila el Mangoush e il Commissario europeo per l’allargamento e la politica di vicinato, l’ungherese Olive’r Va’rhelyi. La cerimonia segue la visita di Meloni del 28 gennaio scorso in cui le autorità dei due paesi, oltre a siglare un accordo sul gas da 8 miliardi tra Eni e la libica Noc, hanno stretto un patto che prevede la consegna di cinque mezzi navali. Due motovedette classe Corrubbia, come quelle già in uso a Tripoli, e tre classe 300 di nuova costruzione. Mezzi specializzati per le attività di ricerca e soccorso che però nelle mani dei libici funzionano come strumento di cattura dei migranti in fuga, che una volta riportati a terra finiscono nei terribili centri di detenzione.
«La consegna fa parte della strategia a lungo termine per contrastare i traffici illegali di esseri umani. Vogliamo che il Mediterraneo non sia più un cimitero di migranti», ha detto Tajani. Per Va’rhelyi: «Aiutiamo la Libia a proteggere i loro e i nostri confini». In disaccordo gli attivisti di Mediterranea, Adl Cobas, centri sociali del nord-est e cattolici veneti che hanno lanciato uova piene di vernice rossa, simbolo del sangue dei migranti, e mostrato le foto di persone torturate nei centri libici. «È una cerimonia dell’orrore. Il governo celebra la violazione sistematica della Convenzione di Ginevra consegnando in pompa magna una motovedetta per la deportazione nei lager libici», afferma Luca Casarini di Mediterranea. Gli fa eco David Oliver Yambio, leader dei Refugees in Libya riuscito ad arrivare in Europa, che ha vissuto sulla propria pelle l’orrore della detenzione: «L’Italia continua a violare i diritti umani in Libia e lungo le sue frontiere. È un fallimento dell’Ue e di tutta la comunità internazionale».
Sul fronte pesca, invece, è stata resa pubblica la notizia che venerdì scorso, 80 miglia a nord di Tripoli, una motovedetta libica ha tentato di sequestrare tre pescherecci di Mazara del Vallo (Pegaso, Giacomo Gancitano e Twenty Three) e il motopesca di Pozzallo Vincenzo Ruta. Episodio simile a quello del 2020 quando 18 pescatori rimasero sequestrati, ma nella Cirenaica di Haftar, per 108 giorni, L’esito diverso è dipeso solo dal pronto intervento della marina italiana, con la nave San Marco e il suo elicottero. «Mentre il nostro governo discute con le autorità libiche sulle problematiche che attanagliano il Mediterraneo, gli stessi libici tentano il sequestro», attacca Vito Gancitano, presidente del consiglio comunale di Mazara del Vallo. «Solo una settimana fa Meloni, Tajani e Piantedosi sono andati a Tripoli. Evidentemente non hanno toccato l’argomento pesca», afferma Giovanni Di Dia, segretario della Flai Cgil di Trapani
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Chi ha paura della biblioteca degli anarchici? Federico Mollicone, presidente della commissione Cultura della Camera in quota FdI, vede del marcio a Imola, dove ha sede l’Archivio Storico della Federazione Anarchica Italiana: «Arriva fino ai giorni nostri, con tutta la campagna a favore di Cospito, contro il 41 bis e contro lo Stato. Chiederò una verifica sui contenuti al ministro Piantedosi per valutare se ci sono testi inneggianti all’omicidio o al terrorismo», ha detto qualche giorno fa in tv.
Il gioco è ad accomunare la Federazione Anarchica Italiana (organizzazione ormai storica e nata nel 1945) alla Federazione Anarchica Informale, quella di cui Alfredo Cospito è accusato di far parte: l’equazione diventa così anarchico uguale terrorista, con tutto quello che ne consegue. Ovviamente un archivio storico ha il preciso compito di conservare più carte possibile a scopo di studio, cosa ben diversa dalla propaganda e dal dibattito politico. Spiegarlo può apparire superfluo, ma evidentemente siamo in un periodo in cui è necessario ribadire anche l’ovvio.
Che un esponente di Fratelli d’Italia sia spaventato da una biblioteca dovrebbe sorprendere solo fino a un certo punto, così come è chiaro che l’attacco all’Asfai sia solo l’ennesimo tassello della narrazione complottista in base alla quale il Pd starebbe offrendo copertura politica a una banda di criminali che vuole portare l’attacco dritto al cuore dello Stato. Già, perché l’archivio di Imola, dal 2010, è «bene di interesse storico» per la Sovrintendenza della Regione Emilia Romagna, da sempre governata dal centrosinistra.
Fa niente se parliamo di un archivio bibliotecario tra i più importanti d’Europa, con circa 8mila tra volumi e opuscoli, riviste italiane e straniere, raccolte complete delle principali testate libertarie del secondo dopoguerra, manifesti, bandiere storiche, film, documentari, registrazioni audio, materiale autografo di vario genere che coinvolge personaggi del calibro di Pietro Nenni, Sandro Pertini, Piero Calamandrei, Adriano Olivetti, Ignazio Silone, Amelia Rosselli, Enzo Tortora.
La Federazione Anarchica Italiana negli ultimi giorni ha valutato l’ipotesi di rispondere a Mollicone, ma poi ha (comprensibilmente) deciso di lasciar perdere per evitare di immischiarsi nel dibattito delle ultime settimane, infiammato dal caso Cospito e capace di partorire perle di rara assurdità come l’inesistente saldatura tra anarchici e mafiosi sotto l’egida di un gruppo di parlamentari del Pd capeggiati da Andrea Orlando (è la tesi gridata la settimana scorsa alla Camera dall’onorevole Donzelli).
Dall’area anarchica, comunque, in difesa dell’Asfai è arrivato un comunicato del Centro Studi Giuseppe Pinelli, che bolla la polemica come una «marea di livorose imbecillità» e aggiunge che «si confonde il lavoro culturale degli archivi con la propaganda politica. Se gli archivi non potessero preservare tutti i documenti esistenti in merito a un movimento politico, o riferiti a un certo periodo storico, che tipo di storia si finirebbe a fare? Forse lo sappiamo: come emerso da alcune parti del discorso inaugurale del nuovo governo, appare evidente la passione per cancellare o riscrivere le pagine di storia italiana non gradite».
Mollicone però non si dà per vinto e, anzi, si dice stupito dallo scalpore destato dalla «semplice» richiesta di inviare gli ispettori all’Asfai. Lo stesso scalpore che aveva destato l’uscita che gli regalò un altro quarto d’ora di celebrità, quando vide Peppa Pig e chiese l’intervento della Rai perché un personaggio ha due mamme.
Commenta (0 Commenti)Oltre 3mila le vittime del sisma che ieri ha devastato il confine tra Turchia e Siria, ma il numero dei morti è destinato a crescere. Colpita la zona dove da anni sopravvivono decine di migliaia di profughi siriani. Le responsabilità del governo sul dilagare dell’edilizia senza regole e sugli allarmi inascoltati
TERREMOTO. Speculazione edilizia e urbanizzazione sfrenata in un’area a fortissimo rischio sismico. Parla Huseyin Alan, presidente dell’ordine degli Ingegneri geologici turchi
La Turchia, nelle prime ore del 6 febbraio, è stata colpita da uno dei terremoti più grandi della sua storia, con una potenza pari a 7.7 della scala Richter. Sono state colpite dieci città e centinaia di villaggi nel sud est del Paese. Nelle ore successive un secondo terremoto ha colpito la stessa zona, stavolta secondo i sismografi la potenza era di 7.4.
L’epicentro del terremoto sarebbe la città di Maras, e i principali centri colpiti in modo pesante sono Antep, Urfa, Diyarbakir, Adana, Hatay, Kilis e Adiyaman. Si tratta di una zona popolata da circa tre milioni di persone e si trova al confine siriano e iracheno. Infatti anche dall’altra parte del confine, sul territorio siriano, ci sono numerose vittime: poche ore dopo i terremoti i morti erano già più di 1.500.
In un comunicato stampa, il Sindacato dei Lavoratori dell’Impiego Pubblico (Kesk), a proposito delle cause di questo bilancio tragico sottolinea come sia molto diffusa in tutto il Paese la cultura della speculazione edilizia insieme a una sfrenata urbanizzazione, frutto di un rapido abbandono delle
Leggi tutto: «L’allarme dei geologi non è stato ascoltato» - di Murat Cinar
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