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Incontro tra sindacati confederali e Conferenza territoriale socio sanitaria 

Liste d’attesa e aumenti delle rette Rsa sono stati al centro dell’incontro del 5 agosto scorso, richiesto dalle organizzazioni sindacali, tra ufficio di presidenza della Conferenza territoriale socio sanitaria e i sindacati confederali e delle rispettive categorie del pubblico impiego e dei pensionati. La direzione dell’Ausl di Reggio Emilia ha illustrato le azioni intraprese ad oggi nella provincia per lo smaltimento delle liste d’attesa, prima fra tutte l’adozione, a partire dal 28 giugno, di un sistema di pre-lista che risponde alla necessità di una reale presa in carico delle persone.

Con questa modalità, infatti, su tutte le prime visite specialistiche, nel caso in cui non vi sia nell’immediato la possibilità di avere un appuntamento, rivolgendosi agli sportelli Cup, Cuptel e nelle farmacie, la richiesta viene presa in carico e si viene successivamente contattati con un appuntamento rispettoso dei termini previsti dall’impegnativa. Rimangono esclusi al momento dalla procedura della presa in carico il Fascicolo sanitario elettronico e il CupWeb, per i quali si deve attendere l’adeguamento del sistema informatico regionale.

“Il sistema delle pre-liste – sottolineano Elena Strozzi Cgil Reggio Emilia e Nicola Maria Russo Uil Modena e Reggio – è un significativo avanzamento in ottica di trasparenza e semplificazione del rapporto tra cittadini e sistema sanitario e permette di avere un indice reale della mole di prestazioni richieste da parte dell’utenza e dell’effettiva congruenza nei tempi di risposta dell’Azienda. Da sempre, infatti, come organizzazioni sindacali abbiamo denunciato che a fronte di agende chiuse non fosse possibile avere contezza di quante prestazioni e richieste rimanevano inevase da parte del Servizio pubblico”.

Essendo questa solo la principale delle azioni che l’Ausl deve mettere in atto in applicazione alla delibera regionale in termini di smaltimento di liste d’attesa, le organizzazioni sindacali hanno richiesto ed ottenuto dalla Ctss un tavolo di monitoraggio e confronto, “affinché si possano verificare anche quegli impegni in termini di necessità di riorganizzazioni e di piani assunzionali, che dovrebbero portare in modo stabile ed a lungo termine ad una gestione migliore non solo delle liste d’attesa, ma della presa in carico complessiva delle persone, nella piena consapevolezza che un bisogno di salute non si riduce a solo bisogno sanitario”.

Durante l’incontro è stato fatto anche il punto sullo stato di attuazione dell’Accordo regionale per la calmierazione degli aumenti delle rette per gli ospiti delle Case Residenze per anziani su posti accreditati contrattualizzati. L’accordo prevede la possibilità di ricevere un rimborso sugli aumenti di tariffa applicati dal 1° febbraio 2024, in base all’Isee sociosanitario residenziale dell’ospite.

A fronte dello slittamento della consegna agli interessati della comunicazione contenente le modalità per ottenere i rimborsi e quindi dei tempi stretti rimanenti per la presentazione delle domande di rimborso prevista per il 5 ottobre, organizzazioni sindacali e Cactus hanno convenuto sull’opportunità di prorogare tale scadenza per permettere a tutti gli aventi diritto di richiedere il rimborso

Presentati i dati sul monitoraggio delle acque della costa emiliano-romagnola 

Goletta Verde, in Emilia-Romagna 2 punti su 11 campionati oltre i limiti di legge 

Eolico off-shore, ottima notizia l’ok dal MASE alla valutazione di impatto ambientale per due progetti da oltre 1000 MW complessivi al largo di Rimini e Ravenna 

 

Legambiente: “I dati emersi sono in linea con quelli degli ultimi anni, l’osservato speciale è il torrente Marano di Riccione che quest’anno è risultato a norma, ma negli ultimi 15 anni ben 12 volte è risultato inquinato. Bisogna sfruttare al meglio i progetti finanziati dal PNRR. L’Alto Adriatico dopo il granchio blu è stato colpito dalla mucillagine in mare, occorre correre presto ai ripari per tutelare il nostro mare e l’asset del turismo” 

38esima edizione di Goletta Verde, la storica campagna estiva di Legambiente che solca i mari in difesa delle acque e delle coste 

Qui la mappa interattiva del monitoraggio, con i punti di campionamento e i risultati delle analisi. 

 

Presentati da Goletta Verde di Legambiente i risultati del monitoraggio delle acque delle coste dell’Emilia-Romagna: su 11 punti campionati 2 sono risultati essere oltre i limiti di legge. Si tratta del punto presso la foce fiume Uniti a Ravenna, e alla foce del fiume Rubicone a Gatteo a Mare (Forlì Cesena). 

Questa mattina, nel corso della conferenza stampa tenutasi a bordo di Goletta Verde ormeggiata presso il Marina di Rimini, sono stati presentati i dati sulla qualità delle acque delle coste emiliano-romagnole. Al tavolo Giorgio Zampetti, direttore generale Legambiente, insieme a Stefano Raimondi, responsabile biodiversità Legambiente e portavoce Goletta Verde, che hanno illustrato i dati emersi dopo il prelievo e il campionamento delle acque ad opera dei volontari e delle volontarie di Legambiente. 

Presenti alla conferenza anche Davide Ferraresi, presidente Legambiente Emilia-Romagna, Cristina Mazziotti, responsabile Struttura Oceanografica Daphne ARPAE Emilia-Romagna, l’assessore all’Ambiente di Rimini Anna Montini, il sindaco di Ravenna Michele De Pascale, il vicesindaco di Cesenatico Lorenza Fantozzi, Alessia Merlo, responsabile Coordinamento dell’Area 2 –CONOU, l’assessore all’Ambiente di Misano Nicola Schivardi, Alessandro Cingolani, Capitano di Fregata, Comandante in seconda Capitaneria di Porto Rimini. 

Degli 11 campioni esaminati, 6 sono stati prelevati alla foce di fiumi o canali e 5 a mare. I due punti risultati oltre ai limiti di legge hanno ricevuto il giudizio di “inquinato” alle analisi microbiologiche effettuate da laboratori specializzati sul territorio: si tratta dei punti presso la foce fiume Uniti, al Lido di Adriano a Ravenna, e alla foce del fiume Rubicone a Gatteo a Mare (Forlì Cesena). 

Osservato speciale: l’osservato speciale da Goletta Verde in Emilia-Romagna è il punto di prelievo presso la foce del torrente Marano, a Riccione (Rimini). Gli “osservati speciali”, novità di quest’anno, sono quei punti storicamente critici per i quali Legambiente ha deciso di ripetere i prelievi anche nei mesi che precedono il passaggio della campagna, a supporto della fotografia scattata nei mesi estivi. Il punto attenzionato risulta essere fin dal 2010 oltre i limiti alle analisi effettuate da Goletta Verde, con le uniche eccezioni del 2019, 2022 e quest’anno. Nei campionamenti dei mesi scorsi, solo nel prelievo di aprile sono state riscontrate criticità.  

“Gli esiti del monitoraggio delle acque da parte di Goletta Verde sono in linea con quelli degli ultimi due anni con un solo punto campionato oltre i limiti di legge – dichiara Francesco Occhipinti, direttore di Legambiente Emilia-Romagna. Anche il nostro osservato speciale, il torrente Marano, è rientrato nei parametri ed è risultato a norma. Lo vogliamo prendere come un segnale indicativo di un cambio di tendenza, ma sia per il Marano sia per le foci di fiumi e canali continueremo ad avere la massima attenzione. In Emilia-Romagna abbiamo una doppia responsabilità, perché tutelare il mare vuol dire non solo salvaguardare l’ambiente e gli habitat marini ma anche l’asset economico più importante della regione. Quindi grazie al lavoro di Goletta, continueremo a monitorare la qualità delle acque delle nostre coste informando i cittadini e le cittadine sullo stato di salute del nostro mare”. 

“Per migliorare lo stato della balneazione è necessario che i progetti finanziati dal PNRR per l’efficientamento della rete fognaria e degli impianti di depurazione siano portati avanti in maniera spedita – il monito di Stefano Raimondi, portavoce di Goletta Verde e responsabile biodiversità di Legambiente. L’Alto Adriatico sta vivendo momenti davvero difficili, dall’emergenza granchio blu al fenomeno della mucillagine in mare che da decenni non si registrava. Tra le concause per la presenza di mucillagine in mare c’è anche l’eccessiva presenza di nutrienti, derivanti da agricoltura e allevamenti intensivi in Pianura Padana che arrivano attraverso il fiume dal Po. Abbiamo lanciato delle proposte al neocommissario Caterino per l’emergenza granchio blu: uso delle nasse per pesca selettiva, subìto gli indennizzi, favorire la ricerca scientifica”. 

In Emilia-Romagna ok dal MASE alla valutazione ambientale per i primi impianti eolico off-shore dell’Adriatico. Le energie da fonti rinnovabili, in particolare l’eolico off-shore, sono uno dei temi più importanti che viaggiano a bordo di Goletta Verde. Nelle ultime settimane è arrivato l’ok da parte del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica alla valutazione di impatto ambientale ai due progetti di eolico off-shore che potrebbero essere realizzati al largo di Rimini e Ravenna. “La nostra battaglia per l’indipendenza dalle fonti fossili e la transizione energetica fa segnare i primi punti con il semaforo verde a due progetti per l’eolico off-shore che forniranno di energia pulita l’Emilia-Romagna, con una potenza di oltre 1.000 MW – dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale Legambiente. Si tratta dei primi progetti che potrebbero prendere corpo al largo del mar Adriatico, un passo importantissimo per lo sviluppo sostenibile del territorio emiliano-romagnolo, speriamo che sia da apripista agli altri progetti in attesa di valutazione. L’iter non è concluso ma con Goletta Verde continueremo a chiedere un’accelerazione fino all’ok finale, allo scopo di avere un Paese indipendente dalle fonti fossili e con sempre più energia green”. 

Mucillagine in Alto Adriatico: il peso di agro-zootecnìa sulla salute dei mari. Sulle coste dei mari dell’Alto Adriatico, in particolare dalle Marche, Emilia-Romagna al Friuli-Venezia Giulia, sono visibili ad occhio nudo grosse chiazze di colore verde-marrone. Che cosa è? Si tratta della mucillagine prodotta dalle microalghe che emerge in superfice dai fondali marini. Da cosa deriva il fenomeno? Iniziamo col dire, sgombrando il campo da facili allarmismi, che si tratta di un fenomeno naturale e che non ha nessuna conseguenza diretta per la salute pubblica. È diventato imponente negli ultimi tempi – non si notava da decenni – a causa dell’eccessivo apporto di nutrienti, come azoto e fosforo provenienti dal bacino del fiume Po, che alimentano una maggiore secrezione delle microalghe presenti nei fondali del litorale Adriatico. A cosa è dovuto questo eccesso di nutrienti?  I nutrienti, come azoto e fosforo, sono una diretta conseguenza del loro uso in agricoltura e negli allevamenti di bovini e suini. Le forti piogge dei mesi scorsi in tutto il bacino del Po hanno di fatti dilavato i terreni agricoli di queste sostanze arrivate in Adriatico attraverso il fiume Po. Il peso dell’agro-zootecnia sul mare Adriatico? Secondo i più recenti dati pubblicati dall’ISTAT, le regioni del Nord si intestano un consumo di fertilizzanti che rappresenta il 62% del dato nazionale per l’azoto e del 58% per il fosforo. Stesso discorso per gli allevamenti intensivi: nel Nord si concentra il 67% di bovini e il 90% dei suini allevati in tutta Italia. Il tutto si traduce in un grosso peso per l’Adriatico, in termini di azoto e fosforo. Uno studio di Autorità di Bacino del Po e delle università di Ferrara, Parma e Torino ci dice che 251mila tonnellate di azoto finiscono ogni anno nei fiumi e nelle falde e da qui, nell’alto Adriatico mentre il quantitativo di fosforo ammonta a 73mila tonnellate all’anno. 

Partner principali della campagna sono: ANEV, CONOU, Novamont e Renexia, e la media partnership de La Nuova Ecologia.    

 Il CONOU, Consorzio Nazionale Oli Usati, sostiene da anni la campagna estiva di Legambiente, nella convinzione che sia assolutamente necessario agire collettivamente per la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. Il Consorzio è parte attiva in questo scenario: con la sua attività di raccolta e rigenerazione degli oli minerali usati è un esempio di eccellenza di economia circolare, non solo in Italia, ma addirittura in Europa. Raccogliendo l’olio lubrificante usato alla fine del suo ciclo di vita nei macchinari industriali, ma anche nelle automobili, nelle barche e nei mezzi agricoli, il CONOU fa in modo che questo rifiuto – altamente pericoloso se non gestito correttamente – si trasformi in una preziosa risorsa. Oltre il 98% dell’olio raccolto dal Consorzio viene infatti rigenerato e trasformato in nuova materia prima riutilizzabile, con benefici per l’ambiente e la salute grazie alla riduzione dell’utilizzo di risorse naturali e delle emissioni di gas serra e di altri inquinanti.   “Transizione energetica e soprattutto Economia Circolare sono le soluzioni alla Crisi Climatica e allo sfruttamento e dispersione di risorse. Il CONOU, operativo dal 1984, è un esempio concreto di eccellenza in Europa nel settore dell’Economia Circolare; oltre a raccogliere e rigenerare tutto l’olio usato in Italia, si impegna nel sensibilizzare cittadini di oggi e di domani affinché concorrano attivamente allo sviluppo sostenibile del nostro Pianeta. Immaginate come sarebbero queste coste e questo mare oggi se in quasi 40 anni avessimo lasciato che quasi 7 milioni di tonnellate invece che raccolte fossero state disperse a terra, nei mari e nei laghi” spiega Alessia Merlo, Responsabile CONOU Coordinamento Area Nord-Est. “La Goletta, con gli straordinari volontari di Legambiente, ci ammonisce e ci indica la strada che tutti dobbiamo percorrere”. 

Il monitoraggio scientifico      I prelievi di Goletta Verde vengono eseguiti da tecnici, volontari e volontarie di Legambiente. L’ufficio scientifico dell’associazione si è occupato della loro formazione e del loro coordinamento, individuando i laboratori sul territorio. I campioni per le analisi microbiologiche sono prelevati in barattoli sterili e conservati in frigorifero, fino al momento dell’analisi, che avviene lo stesso giorno di campionamento o comunque entro le 24 ore dal prelievo. I parametri indagati sono microbiologici (enterococchi intestinali, Escherichia coli). Il numero dei campionamenti effettuati viene definito in proporzione ai Km di costa di ogni regione.          

LEGENDA.       
Facendo riferimento ai valori limite previsti dalla normativa sulle acque di balneazione vigente in Italia (Dlgs 116/2008 e decreto attuativo del 30 marzo 2010) i giudizi si esprimono sulla base dello schema seguente:   INQUINATO = Enterococchi intestinali > 200 UFC/100 ml e/o Escherichia coli > 500 UFC/100ml.    FORTEMENTE INQUINATO = Enterococchi intestinali > 400 UFC/100 ml e/o Escherichia coli > 1000 UFC/100ml.       

 

L’Ufficio Stampa di Goletta Verde: Raffaele Cava | 339 797 3875 | golettaverde@legambiente.it 

 Legambiente Emilia Romagna – Paola Fagioli | 3471246903| ufficiostampa@legambiente.emiliaromagna.it 

 

Goletta Verde è una campagna di Legambiente: 

 

 

Goletta Verde: Video (archivio) 

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La storia di un uomo che dopo il licenziamento lavora con contratti a chiamata: 3-4 euro l’ora, turni massacranti e sempre sotto ricatto

Fabio Fiorani/Sintesi Fabio Fiorani/Sintesi

Achille ha 50 anni, è diplomato e dopo essere stato licenziato dal 2018 non riesce a trovare un lavoro vero, un tempo indeterminato con i contributi, la malattia, le tutele. Da sei anni va avanti con contratti intermittenti. In pratica lavora a gettone: lo chiamano, anche poche ore prima del servizio, e lui deve correre, altrimenti poi non lo chiamano più.

“Quanto mi pagano? 3-4 euro l’ora. Una miseria, per stare dodici ore in piedi, fermo, sotto il sole o fino all’una di notte”, racconta nella lettera che ha mandato a Collettiva per spiegare le storture di un sistema che vive in prima persona, sulla sua pelle.

Achille (ma il nome è di fantasia) è un precario addetto alla sicurezza agli eventi, ai concerti, allo stadio, di solito a Milano. Non ha sabati, domeniche, festivi, straordinari, nel senso che lavora anche in quei giorni ma non gli viene riconosciuta nessuna maggiorazione.

“I festivi mi vengono retribuiti come giornate normali – aggiunge –. Se mi fanno lavorare tutto il mese, tiro su 1.200 euro al massimo, ma non sempre ci arrivo. Anche perché vivo nella provincia di Como e quando mi chiamano per un servizio a Milano, 30 euro li guadagno ma 15 li spendo di benzina. Fatevi due conti su quanto mi resta in mano”.

Il contratto intermittente prevede pochi diritti e poche tutele. “Ho subìto un infortunio sul lavoro che sono riuscito a farmi riconoscere, anche se con non poche difficoltà – spiega –. Poi però la convalescenza è stata lunga, e dopo lo stop mi hanno scartato perché ho rifiutato diverse volte di fare servizio. Le condizioni comunque sono terribili. Garantire la sicurezza a un evento significa stare piantonato a un ingresso o in determinate aree anche per 12 ore di seguito. E se l’acqua e il cibo non te li porti da casa, nessuno te li fornisce. Una volta mi sono seduto perché ero stanco, faceva caldo e non c’era nessuno. Per questo mi hanno ripreso e mi sono arrabbiato. Se devo lavorare come un animale, me ne vado, gli ho detto. Sapete che cosa mi ha risposto il responsabile? Non te ne puoi andare, hai firmato un contratto e finché non hai finito resti qua. Un ricatto bello e buono”.

Achille ci confessa che ha mandato più di mille curriculum per tante posizioni diverse – addetto alle pulizie, sicurezza, magazziniere, impiegato – è riuscito a fare solo 4 o 5 colloqui, ma non sono andati bene.

“Questa è la mia storia, non c’è niente di inventato – conclude –. Sono un precario, convivo con la mia compagna ma non abbiamo figli. Come fai a pensare al futuro? È vergognoso che nel ventunesimo secolo ci siano realtà come questa, persone come me in queste condizioni, che a ben guardare non sono poi così lontane da quelle dei migranti che raccolgono i pomodori nei campi”.

 

Un’analisi della Cgil dimostra come Meloni faccia un uso di parte delle risorse del Pnrr. Procedure e risultati opachi, costi a fisarmonica, penalizzato il Sud

Fabio Fiorani/Sintesi Fabio Fiorani/Sintesi

Le risorse europee destinate all’Italia per finanziare il Pnrr sono quasi – come si sa - 200 miliardi, tanti davvero ma per una ragione precisa: il Belpaese è quello in Europa con i divari maggiori, allora servono molti soldi perché quei divari devono essere ridotti. A cominciare da quelli territoriali, oltre che quelli di genere e generazionali. Non è un caso allora che nel Piano originario furono inseriti un paio di vincoli: il 40 per cento dei finanziamenti al Sud, il 30 per cento dei posti di lavoro generati dai progetti riservati alle donne. Peccato che il governo di destra quei vincoli proprio non li condivida e non li sopporta. Ma anziché dirlo apertamente li disattende surrettiziamente.

INCENTIVI AMBIENTALI AL NORD

L’area Politiche dello sviluppo della Cgil ha elaborato uno studio sull’implementazione del cronoprogramma dei lavori finanziati con l’Ecobonus. “Rafforzamento dell’Ecobonus per l’efficienza energetica” è il titolo dell’investimento previsto dalla Missione 2 del Piano di ripresa e resilienza, l’obiettivo importante: ridurre di almeno il 40 per cento il consumo di energie e il miglioramento di due classi energetiche degli edifici residenziali. Una missione che tiene insieme piani diversi, innanzitutto la transizione ambientale, poi l’attenzione al clima, infine l’ammodernamento degli immobili utilizzando risorse pubbliche.

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POLEMICHE ANTI-EUROPEE SBAGLIATE

La campagna elettorale per le europee è finita, ma gli attacchi della Lega e non solo alle politiche green dell’Europa no. Proprio questa Missione sta a dimostrare come quegli attacchi e quelle polemiche sia infondate, basterebbe spendere bene le risorse. Magari rimanendo allo spirito del Piano, quello della riduzione dei divari, più investimenti al Sud, e magari più investimenti a favore di quegli edifici di residenzialità pubblica e situati nelle periferie, urbane e non.

LE FONTI AUTOREVOLI

Luigi Caramia, responsabile Pnrr della Cgil, si è affidato esclusivamente a fondi ufficiali e non contestabili: la pubblicazione del ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica (Mase) dell’elenco dei finanziamenti a carico del Piano nazionale di ripresa e resilienza relativi all’investimento 2.1. La fonte, quindi, è il governo e non possiamo che considerarla veritiera e autorevole. E siccome i numeri non mentono, quel che viene fuori è davvero assai poco coerente con i principi del Pnrr.

Christian Ferrari, segretario confederale della Cgil

UNA MALATTIA CHE VIENE DA LONTANO

Il punto è che le anomalie di spesa che si trovano in questa missione, sono probabilmente trasversali e tutto il Pnrr. La prima riflessione di Christian Ferrari, segretario confederale della Cgil, leggendo lo studio è precisa e impietosa: “I dati ufficiali sull’utilizzo della quasi totalità delle risorse del Pnrr per finanziare gli interventi dell’Ecobonus con detrazione al 110%, sono esemplari delle patologie che si stanno manifestando nell’attuazione del Piano. Come più volte denunciato dalla Cgil – aggiunge il segretario - i criteri di scelta degli interventi finanziati, con particolare riferimento a quelli che sostituiscono le risorse nazionali (cosiddetti progetti in essere), risultano opachi se non completamente oscuri”.

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L’ECOBONUS

Facciamo un passo indietro: le risorse dedicate dal Pnrr all’efficientamento energetico attraverso l’Ecobonus al 110% sono 13,95 miliardi di euro, di cui 10,255 miliardi sono a coperture di progetti in essere e quindi sostitutivi di risorse nazionali già stanziate. L’obiettivo è duplice: da un lato contribuire in misura significativa agli obiettivi di risparmio energetico e di riduzione delle emissioni fissati dal Piano nazionale integrato per l'energia e il clima dell'Italia per il 2030; dall’altro fornire un sostegno anticiclico al settore delle costruzioni e alla domanda privata per compensare gli effetti della flessione dell'economia.

IL TRADIMENTO DEL PNRR

Leggendo i numeri il tradimento è chiaro: i progetti finanziati sono 60.755. Le risorse complessivamente utilizzate sono pari a 13,726 miliardi di euro. Di queste poco meno di 3,617 miliardi di euro sono state spese nelle otto regioni del Mezzogiorno, ben al di sotto della soglia del 40% prevista dagli obbiettivi del Pnrr. I metri quadri oggetto di intervento sono oltre 17,5 milioni. Ma se oltre ai numeri assoluti si guardano i dettagli si scopre che in Lombardia e Veneto si spende quanto in tutto il Mezzogiorno: nella regione guidata da Fontana oltre due miliardi e 900milioni, in quella retta da Zaia quasi 1 miliardo e 600 milioni. Sarà un caso?

NON È UN CASO

Nulla accade se i partiti di governo non vogliono. Alla faccia della necessità di aumentare i poteri con l’Autonomia differenziata e il premierato. Nella distribuzione assai squilibrata di queste risorse l’impronta leghista è fortissima. Aggiunge Ferrari: “La quota destinata al Mezzogiorno, appena il 26%, è largamente inferiore a quella che il Pnrr dovrebbe ordinariamente destinare a quei territori. Le differenze dei costi medi, poi, per metri quadri appaiono in molti casi inspiegabili e potrebbero essere oggetto di severi controlli ex post”.

LA CONOSCENZA È POTERE

Vi è un secondo tradimento: quello della trasparenza e della partecipazione degli attori sociali alla governance e alle decisioni del Piano. Insomma, un tradimento alla democrazia. Afferma il dirigente sindacale: “Nessuna informazione viene fornita rispetto all’effettivo raggiungimento, per ogni intervento, dell’obiettivo del risparmio di energia primaria di almeno il 40%, a fronte anche di varie procedure di infrazione attivate dall’Ue in tema di qualità dell’aria. Viene inoltre del tutto ignorato il tema della salute e sicurezza dei lavoratori delle imprese che hanno effettuato gli interventi di efficientamento energetico, sul quale non risulta alcuna verifica”.

MANCANZA DI VISIONE

Con quei soldi cosa è stato finanziato? Si son fatti cappotti ai palazzi o si è provveduto a quel che l’economista Jeremy Rifkin sosteneva necessario già oltre un decennio fa, cioè dotare ogni edificio, a partire da quelli pubblici, di pannelli fotovoltaici o altri impianti di autoproduzione da fonti rinnovabili? Difficile a dirsi, ma pare proprio di no. Il segretario della Cgil aggiunge: “Abbiamo sempre sostenuto la necessità di finanziare gli interventi relativi alle migliori prestazioni; di prevedere l’obbligo, ove possibile, di installare impianti per l’autoproduzione da fonti rinnovabili, di introdurre criteri di equità, fondamentali per sostenere prioritariamente e in modo pieno gli interventi sul patrimonio di edilizia residenziale pubblica e a favore di coloro che altrimenti non sarebbero stati in grado di realizzarli”.

QUEL TRATTO DI PENNA CHE CANCELLA

Forse Ecobonus al 110% è troppo costoso. Forse si poteva rimodularlo, magari riducendo la percentuale e introducendo vincoli stringenti. E invece no, il decreto legge 39/24, sistemati gli edifici delle regioni del Nord, cancella l’Ecobonus e per di più il decreto Pnrr quater prevede venga fatta immediatamente una ricognizione sullo stato di avanzamento degli investimenti; se si trovano progetti per i quali non sono state assunte obbligazioni giuridicamente vincolanti, sono “definanziati”, tradotto anch’essi cancellati, e le relative recuperate saranno utilizzate per coprire i tagli al Fondo per lo sviluppo e la coesione, in caso di ulteriore avanzo per coprire i tagli ai ministeri. E la coerenza con gli obiettivi di Nex Generation Eu e del Pnrr viene definitivamente picconata.

LO STATO SONO IO

Meloni ha davvero un’idea proprietaria dello Stato, e antica del governare. “Faccio io, decido io”. È l’idea nemmeno troppo nascosta che ispira il premierato, vengo eletta e per cinque anni faccio quel veglio senza dover rendere conto ne mediare con nessuno. Anche nella gestione del Pnrr è questo il principio ispiratore, conclude quindi Ferrari: “Si conferma l’idea del governo Meloni di utilizzare il Pnrr come uno strumento di parte e non come un’opportunità per l’intero Paese. Una scelta che rischia di far naufragare l’intero Piano, o quanto meno di ridurne pesantemente gli aspetti positivi sulla crescita del Paese (che deve essere ambientalmente e socialmente sostenibile) e sul miglioramento delle condizioni di vita e lavoro dei cittadini, proprio nel momento in cui si entra nella fase più intensa e complessa della sua attuazione”.

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Si stanno accumulando 2-3mila quintali di spigole, cefali, orate e anguille morte alla foce sud di Ansedonia: il problema ora è sanitario. Turismo in ginocchio

Frida Nacinovich

Anche se sono stati già raccolti 700 quintali di pesce, l’odore della Laguna di Orbetello non invoglia a un bagno ristoratore. Quel che è peggio, lo scirocco è tornato a soffiare e continuerà a farlo. Quando tira il vento del sud gran parte della laguna va in crisi, si salva solamente la parte più a nord dello specchio d’acqua di ponente, quello gestito dal Wwf con una riserva naturale.

UN VERO E PROPRIO DISASTRO AMBIENTALE

Il resto invece è dominato dai fenomeni di ipertrofia che negli ultimi giorni hanno causato la morte per anossia di migliaia e migliaia di pesci. I pescatori, che conoscono la laguna palmo a palmo, sono disperati. “La moria è molto più grave di quella del 2015 – ricorda Paolo Rossi, segretario della Flai Cgil di Grosseto –, siamo di fronte a un vero e proprio disastro ambientale con gravi conseguenze sanitarie, figlio di decenni di sottovalutazione dei problemi e di soluzioni emergenziali che non hanno mai preso in considerazione la laguna come un ecosistema da gestire in modo unitario”.

IL MILIONE MESSO DALLA REGIONE, “UNA GOCCIA NEL MARE”

Dietro le parole di Rossi, la denuncia verso una politica che finora non è stata in grado di istituire un ‘ente laguna’ dotato di risorse adeguate per farsi carico della gestione del bacino. La Regione Toscana ha stanziato un milione di euro per l’emergenza, firmando lo stato di calamità. “Ma è una goccia nel mare, anzi nella laguna”, osserva il capo dipartimento pesca del sindacato, Antonio Pucillo.

Appena l’anno scorso eravamo qui a lamentarci dei granchi blu, infestanti e voraci, ora stanno morendo anche loro per la mancanza di ossigeno nelle acque. In quell’occasione avevamo già denunciato che c’era un ‘caso laguna’ da affrontare, purtroppo siamo stati buoni profeti”.

 
Anguilla ansedonia
 

“IO I PESCI VORREI PESCARLI, NON RACCOGLIERLI MORTI”

Un’anguilla che sta asfissiando compare a pelo d’acqua. Massimiliano Porti pescatore dal 1986, una vita, dice di non aver mai visto una situazione del genere. “Io i pesci vorrei pescarli, non raccoglierli morti”. Invece da una settimana a questa parte i pescatori della laguna fanno proprio questo, tirano su carcasse su carcasse e cercano di smaltirle il più velocemente possibile perché il puzzo di pesce marcio, si sa, è insopportabile. Lui in questo grande specchio d’acqua faceva anche il bagno, è la sua casa, e si sente stringere il cuore nel vedere che l’area di levante è diventata un mare morto.

 
Pescatore Ansedonia
 

Anche Leandro Moretti è socio lavoratore della cooperativa ‘La Peschereccia’, per lui l’anzianità di servizio a Orbetello è addirittura di mezzo secolo. “In città le esalazioni tossiche ammorbano l’aria, da giorni. Il problema principale ora è senza dubbio quello sanitario, perché si stanno accumulando 2-3.000 quintali di spigole, cefali, orate e anguille morte alla foce sud di Ansedonia, dove c’è lo sgrigliatore che trattiene i pesci putrescenti per evitare che finiscano in mare”.

“Stiamo caricando centinaia di sacchi per rifiuti speciali su camion sigillati che portano i pesci morti in un centro di smaltimento, ma non facciamo pari”. Insomma non riescono ad arginare l’emergenza, e sì che sono i professionisti più esperti che si possa immaginare.

"ABBIAMO PERSO TUTTO: LAVORO E RISORSA ITTICA”

Abbiamo perso tutto – denuncia Moretti –, lavoro e risorsa ittica sulla quale questo lavoro si regge”. Sono morti dagli avannotti a quelli di cinque chili. “Siamo così esasperati che abbiamo anche pensato di aprire gli sgrigliatori per far defluire i pesci morti in mare, lungo la spiaggia di Ansedonia, per costringere le istituzioni e la politica a farsi davvero carico del problema”.

Anche a livello locale nessuno ha aperto gli occhi per tempo, all’inizio il sindaco di Orbetello sminuiva il problema, in una riunione con i commercianti assicurava che erano morti appena 160 chili di pesce. Ora gli occhi li hanno aperti, anzi sgranati, perché l’emergenza non riguarda più solo i pescatori, notoriamente ultima ruota del carro, ma l’intero settore del turismo: le notizie corrono, è noto, e le immagini delle distese di pesci morti nella laguna sono state diffuse in mezza Europa.

PUCILLO, FLAI: “SERVE PROGETTO CHE METTA AL CENTRO LAVORO E AMBIENTE”

“Continuiamo a negare i cambiamenti climatici – tira le somme Pucillo – e questi sono i risultati. Basta con operazioni spot, è necessario un progetto che metta al centro lavoro e ambiente, quindi la Laguna e la sua economia”. Una ferita aperta vedere la Laguna di Orbetello in queste condizioni, si tratta di un’area protetta con una biodiversità incredibile, dove nidificano ad esempio i fenicotteri rosa, e tante altre specie animali. Porti mostra un video con i fenicotteri in volo, e per un attimo l’odore di morte si attenua. Fa caldissimo, e continuerà a farlo ancora per settimane. Per salvare la Laguna di Orbetello bisogna fare presto, prestissimo.

 

I contratti sono scaduti, per il 2022-24 i soldi il governo non li mette. Poche risorse per gli aumenti, nulla per le assunzioni. Se non mobilitazione cosa?

Marco Merlini

Esiste un numero che spiega il contrasto tra governo e Fp Cgil: riguarda la soglia di aumento previsto dall’Aran (agenzia governativa che si occupa della contrattazione per i dipendenti pubblici) per gli aumenti previsti per i rinnovi contrattuali dei lavoratori e delle lavoratrici pubblici. È 5,78%, peccato che questo incremento ipotizzato per i rinnovi del triennio 2022-24 non solo sia più basso dell’incremento previsto nel triennio precedenti, ma è assai lontano dal mero aumento del costo della vita, cui corrisponde la diminuzione del potere di acquisto delle buste paga, causato dall’inflazione galoppante.

Ecco, se solo si volesse recuperare il potere di acquisto precedente senza ipotizzare aumenti, l’incremento dovrebbe essere del 17%. Davvero una bella differenza. Il datore di lavoro governo pensa di cavarsela con meno di un terzo del recupero dell’inflazione. È ben chiaro, allora, come qualunque trattativa sia minata da quella cifra che fa velo su tutto il resto, a cominciare dalla parte normativa del contratto.

LE LAVORATRICI E I LAVORATORI PUBBLICI

Sono circa 3 milioni, come si sa rispetto ai colleghi degli altri Paesi europei percepiscono salari assai più bassi. Non solo: rispetto ai cittadini e alle cittadine residenti sono pochi, troppo pochi, quindi sottoposti a carichi di lavoro insopportabili. Pensiamo a medici e infermieri, ma anche agli assistenti sociali o a quanti lavorano nei Comuni, talmente pochi che per riuscire a sbrigare le pratiche legate al Pnrr molti enti locali hanno dovuto ricorrere ad assunzioni straordinarie a tempo determinato o ad avvalersi di professionisti esterni alle amministrazioni.

A INSAPUTA DEL MINISTRO?

Il professor Paolo Zangrillo da quasi due anni siede alla scrivania del ministero della Pubblica amministrazione, ma parla come se non fosse lui il responsabile di quei tre milioni di donne e uomini che garantiscono il funzionamento dello Stato.

Affermava il ministro pochi giorni fa: “Dobbiamo lavorare per l'attrattività della pubblica amministrazione. Noi perderemo, da qui al 2032, un milione di persone che andranno in quiescenza. È un problema, ma è anche una grande opportunità”. Ha aggiunto che “le nuove generazioni non si accontentano del posto fisso, dobbiamo creare una pubblica amministrazione che sia capace di valorizzare il suo capitale umano. Abbiamo bisogno di essere attrattivi anche dal punto di vista retributivo, riconoscendo il valore delle persone".

ZANGRILLO IN WONDERLAND

La risposta a queste - forse - improvvide affermazioni arriva da Serena Sorrentino, segretaria generale della Fp Cgil: “Il ministro parla come se il dicastero responsabile non fosse il suo e come se le scelte del Governo Meloni non stiano smembrando la pubblica amministrazione. Sono anni che rivendichiamo un piano straordinario di assunzioni per far fronte al fatto che la generazione degli anni Ottanta, entrata in massa nel mondo pubblico, sarebbe arrivata al pensionamento in questi anni creando un vuoto amministrativo che in alcune amministrazioni è una vera desertificazione con chiusure di sedi, uffici e esternalizzazioni a fare da unico rimedio”.

LA QUESTIONE? LE RISORSE

Questo il punto: le risorse stanziate con la scorsa legge di bilancio, così come Cgil e Fp più volte avevano sottolineato, sono assolutamente insufficienti, sia per il rinnovo del contratto sia per il necessario piano straordinario di assunzioni. E allora non è affatto peregrina la richiesta di tutta la categoria, che all’ultimo incontro ha sottolineato Florindo Oliverio, segretario nazionale Fp Cgil: “Aspettiamo a chiudere i contratti, non c’è alcuna fretta di farlo. Occorre prima leggere testi e tabelle della prossima legge di bilancio. Lì dovranno essere stanziate le risorse che mancano per il rinnovo 2022-24”.

LA TENDENZA ALL’AUTOREFERENZIALITÀ

I sindacati e la contrattazione sono ritenuti dal governo, se va bene poco rilevanti, se va male un impaccio. Non è un caso che i diversi ministeri procedano per atti unilaterali. È capitato a dicembre per i lavoratori e le lavoratrici in divisa, è successo per gli addetti delle funzioni centrali del Dipartimento della giustizia.

Aggiunge a tal proposito Oliverio: “Aumentare le retribuzioni dei dipendenti pubblici è la nostra richiesta dall’inizio delle trattative in corso, sia al ministero della Giustizia, dove la responsabilità del ministro è di non dare impulso per la definizione del contratto integrativo e per il definitivo passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento, sia per tutto il comparto delle funzioni centrali”.

MESSA IN DISCUSSIONE DEL CCNL

Forse è questo uno degli obiettivi di Meloni e dei suoi ministri: “Con i tanti atti unilaterali il governo conferma la volontà di mettere in discussione lo strumento del contratto collettivo nazionale di lavoro come autorità salariale e nella disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici. Conferma anche che il problema vero non è far parte o meno del comparto delle funzioni centrali o rientrare nel regime di diritto pubblico, ma avere a che fare con un governo, ministri e sottosegretari che hanno una visione proprietaria dello Stato e gestiscono le risorse pubbliche in maniera clientelare, dividendo le sorti delle lavoratrici e dei lavoratori fino al livello del singolo posto di lavoro, quando non addirittura erogando somme ad personam”.

DA COMPARTO A COMPARTO

Se dai ministeri, le agenzie statali e gli enti non economici si passa agli enti locali la musica non cambia. La segretaria nazionale Fp Cgil Tatiana Cazzaniga aggiunge: “Durante il terzo incontro con Aran dello scorso 11 luglio abbiamo ribadito che il 5,78% di aumento è totalmente insufficiente a garantire il riconoscimento dell’aumento del costo della vita dei dipendenti delle funzioni locali che sono, tra i dipendenti pubblici, quelli che percepiscono il salario più basso. Le risorse economiche stanziate, e in buona parte già erogate attraverso l’Indennità di vacanza contrattuale rafforzata, dovrebbero coprire indennità, produttività, incentivi, progetti, oltre al nuovo sistema di classificazione previsto nello scorso contratto e, visti gli scarsi finanziamenti, poco utilizzato. Se vogliamo rendere attrattivo lavorare in un ente locale bisogna investire: il contratto è una gamba, l’altra è un piano straordinario di assunzioni”.

E POI LA SANITÀ

La trattativa per il rinnovo del contratto di questo comparto è partita lo scorso marzo. Con una zavorra gravosissima: la profonda crisi del sistema sanitario nazionalela carenza di medici e soprattutto infermieri, nonché la fuga di quanti in servizio cercano sbocco nel privato o all’estero. Lunghe liste di attesa, poche prestazioni, servizi insufficienti. Che le risorse stanziane fossero poche lavoratrici e lavoratori lo hanno sostenuto fin dall’autunno scorso, addirittura scioperando. Ma anche per loro vale un solo numero: 5,78%. Nulla sul piano straordinario di assunzione, e solo con l’ultimo decreto – finto – sulle liste di attesa si comincia a ipotizzare, ma dal 2025 (se tutto andrà come deve), di far saltare il tetto di spesa per il personale.

Michele Vannini Fp Cgil

AMARI COMMENTI

Per il segretario nazionale Fp Cgil Michele Vannini quel 5,78% “chiude qualsiasi prospettiva di sviluppo di carriera legata al sistema degli incarichi introdotti con il precedente contratto, così come impedisce l’altrettanto necessario adeguamento delle indennità. Non ci sono quindi, a oggi, strumenti adeguati a fermare l’emorragia di professioniste e professionisti che abbandonano il servizio pubblico anche a causa dei carichi di lavoro insostenibili.

Per di più, prosegue Vannini, dalle proposte “portate dall’Aran al tavolo fino a questo momento, in materia ad esempio di orario di lavoro, emerge con chiarezza l’intenzione di far fronte alle carenze di organico spremendo ulteriormente il personale in servizio. Una situazione nel complesso intollerabile, contro la quale abbiamo già dichiarato l’intenzione di proseguire con la mobilitazione”.

PER I MEDICI VA PURE PEGGIO

Se per le funzioni centrali o per il comparto sicurezza una qualsivoglia trattativa è cominciata, per medici e sanitari non è stato nemmeno presentato l’atto di indirizzo per il rinnovo contrattuale. Afferma allarmato Andrea Filippi, responsabile nazionale medici Fp Cgil: “Il decreto sulle liste d’attesa prevede la flat tax anche per le prestazioni aggiuntive dei medici dipendenti, senza risorse aggiuntive, ma finanziato con quelle del Fondo sanitario nazionale, sottraendole quindi alle assunzioni di personale. Da tempo chiediamo risorse aggiuntive per i rinnovi contrattuali 2022/24 che, a tutt'oggi, sono definanziati rispetto all'inflazione del triennio. E invece il governo risponde detassando la libera professione”.

Per Filippi questa è “la rappresentazione plastica di una scelta politica e di una visione frammentata del servizio sanitario nazionale. Si sta andando sempre più verso un rapporto di lavoro libero-professionale, in cui anche i dirigenti medici e sanitari, con contratti fermi e inadeguati, devono diventare, secondo il governo, imprenditori di se stessi, lavorando di più a cottimo, a prestazione aggiuntiva agevolata dalla detassazione”.

SICUREZZA CERCASI

Tra le richieste che esulano dagli aumenti contrattuali ce n’è una che viene reiterata rinnovo dopo rinnovo senza che nulla accada. Può lo Stato garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici se non comincia dai suoi dipendenti? Poche settimane fa due vigili del fuoco sono morti mentre cercavano di spegnere un incendio, svolgendo la funzione per principale del loro lavoro. Nessuno ha ricordato che né loro né gli uomini e le donne del corpo della Polizia penitenziaria – pur svolgendo un lavoro pericoloso – hanno l’assicurazione Inail contro gli infortuni. Perché? 

NON RESTA CHE LA MOBILITAZIONE

Nessuna reale risorsa né per i rinnovi contrattuali né per le assunzioni, per non parlare di adeguamento del valore dei buoni pasto o dell’aumento dei congedi parentali, magari partendo dall’innalzare quelli per la paternità. Nessun reale investimento, non solo economico, in formazione per affrontare le sfide tecnologie inevitabili. E per di più la surrettizia messa in discussione del ccnl. Che altro se non la mobilitazione? Lo scorso 31 luglio sono scesi in piazza gli operatori e le operatrici del comparto sicurezza. Poi viene agosto, e con settembre, a fianco alla straordinaria mobilitazione per la sottoscrizione del referendum contro l’autonomia differenziata, che se entrasse in vigore sancirebbe la definitiva crisi delle pubbliche amministrazioni, assisteremo – probabilmente – anche a quelle delle lavoratrici e dei lavoratori pubblici.

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