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Ambiente Sei anni dopo il primo sciopero, il movimento è tornato a manifestare in tutta Italia: «La pandemia e poi la guerra hanno portato l’ambiente in fondo all’agenda politica»

Fridays for future in piazza: «Resistiamo per il clima» Manifestazione di Fridays for Future a Roma – Marco Di Gianvito/Zuma Press

428cf640-f09e-451a-a1b1-5b5a71915cf4.jpeg Manifestazione dei Fridays for Future a Faenza

Sono passati oltre sei anni da quando il 15 marzo 2019 Fridays for future conquistò per la prima volta le piazze di tutto il mondo, Italia compresa. Decine di scioperi dopo, ieri sono tornati a manifestare, mentre gli sconvolgimenti globali che hanno attraversato il pianeta da quel primo venerdì hanno ridisegnato l’agenda politica. «La cornice generale del presente è l’instaurazione di un’economia di guerra» hanno scritto gli attivisti nel comunicato di lancio della mobilitazione, elencandone i punti focali: no al riarmo, transizione energetica pianificata dal basso e stop alla repressione e al consumo di suolo.

«SIAMO A UN GIRO DI BOA indubbiamente per il movimento, le questioni sociali attuali impongono anche a noi un ripensamento, di collegare sempre di più il globale e il locale» spiega Marzio Chirico, rappresentante nazionale di Fridays for future. Prima la pandemia e poi la guerra hanno gettato la transizione ecologica non solo in fondo alle agende dei decisori politici, dal cui pantano difficilmente e in rari casi erano riuscite a emergere, ma anche al dibattito pubblico: «Se per un momento l’ambiente è stato sempre a pagina uno nel dibattito, è lentamente scivolato dietro fino quasi a scomparire. Per questo manifestiamo ancora, per mostrare che resistiamo e che dobbiamo tornare a occuparcene» prosegue Chirico.

MANIFESTAZIONI si sono avute in tutta Italia, ognuna con le proprie specificità locali nella cornice più ampia della giustizia climatica. Come hanno spiegato insieme agli operai della Gkn di Campi Bisenzio alla vigilia delle manifestazioni, «la convergenza è nelle cause della catastrofe». «Sicuramente la questione ha perso popolarità e appeal mediatico, ma i fenomeni meteorologici estremi aumentano e continuano a peggiorare la vita delle persone, mentre i governi di ultradestra aggravano il tutto», dice Letizia De Simone dei Fridays di Roma. Qui per riportare a terra le istanze ambientali il movimento ha scelto di imbracciare una campagna contro il consumo di suolo, che rischia di aumentare con le nuove norme di attuazione al piano regolatore e la costruzione dello stadio della Roma sul parco di Pietralata, a nordest della Capitale.

MA LE BATTAGLIE sposate sono state diverse in tutto il paese: dall’Ilva della manifestazione di Taranto, alla cementificazione del parco di Cibali a Catania, alla nuova autostrada Pedemontana tra Milano e la Brianza. A Torino ha partecipato al corteo anche la Fiom Cgil: «Nella battaglia che stiamo facendo per il rinnovo del contratto ci sta anche l’idea di uno sviluppo giusto, equo e sostenibile, che sono le vostre parole d’ordine» ha detto Edi Lazzi, segretario della Fiom torinese, intervenendo davanti alla sede dell’Unione degli industriali. Il corteo è poi passato davanti al grattacielo di Intesa Sanpaolo, dove attivisti di Extinction rebellion si sono tinti di vernice nera petrolio e hanno strisciato fino davanti l’ingresso: «Siamo oppressi e sommersi» hanno gridato, protestando contro gli investimenti nell’industria fossile del gruppo bancario.

OGGI LE PROTESTE continueranno a Torino e Bologna. Dal capoluogo piemontese la manifestazione si sposterà a Chieri, pochi chilometri di distanza, dove è in programma la costruzione di un nuovo tratto di tangenziale, opera giudicata «anacronistica oltre che ambientalmente devastante». A Bologna andrà in scena invece il Climate Pride, animato da decine di realtà, tra cui Legambiente e Greenpeace, dopo la prima apparizione a Roma nei giorni della Cop29 a novembre.