A Latina per ricordare Satnam. Una morte che è sulla coscienza di chi continua a non vedere lo sfruttamento quotidiano di chi è schiavo in queste terre
Satnam Singh è la goccia che ha fatto traboccare il vaso. La tragedia del giovane migrante indiano, abbandonato moribondo davanti a casa, dopo un terribile incidente sul lavoro ha colpito il Paese intero. L’atroce dinamica del suo infortunio – un braccio staccato da una macchina agricola – è stata ripresa anche dalle agenzie di stampa internazionali e ha gettato un ulteriore fascio di luce, se ce ne era bisogno, sulla endemica insicurezza sul lavoro in Italia.
Per giunta le indagini sulla morte di Satnam hanno rivelato la patologica quotidianità del lavoro nei campi e nelle serre di un brutto Paese che sfrutta cinicamente il bisogno di lavorare di chi è arrivato nella penisola con mezzi di fortuna ed è costretto da una legge orribile come la Bossi-Fini ad accettare qualsiasi impiego, senza diritti né tutele, pur di sbarcare il lunario.
Anche per questo a Latina sono arrivati lavoratrici e lavoratori da tutta Italia. Comunità migranti che sentono sulle loro spalle il peso di una situazione insostenibile, spesso e volentieri condannate dalla burocrazia italiana a fare salti mortali per ottenere quel pezzo di carta che segna il confine fra i sommersi e i salvati. In piazza ora urlano la loro rabbia, il loro dolore per la perdita di un fratello, le loro sacrosante rivendicazioni di una vita regolare per poter lavorare con più sicurezza e più dignità. Anche la politica, o almeno parte di essa, è qui a
Leggi tutto: LA DENUNCIA: Nessuno più al mondo deve essere sfruttato - di FRIDA NACINOVICH
I rappresentanti dei comitati alla conferenza di oggi 21/6 alla Palestra Lucchesi
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Gli “alluvionati arrabbiati”, così si denominano nelle loro magliette, stanno preparando una serie di iniziative. La prima, rispettando le disposizioni previste, sarà il 30 giugno al passaggio del Tour de France a Faenza dove probabilmente sosteranno in piazzale Sercognani con le loro magliette e striscioni. E’ prevista una partecipazione di oltre 100 persone.
L’iniziativa parte dal comitato Borgo e Ponte Romano che, nella conferenza stampa di oggi, denunciano ritardi in tutte le procedure. Tutti possono liberamente aggregarsi e sostenere la protesta. Dai residenti nelle case popolari di via Ponte Romano, risulta che dopo 13 mesi manca ancora l’acqua calda.
I cittadini sono amareggiati e delusi anche dei 6000 euro promessi per i beni mobili che non sono sufficienti a recuperare nemmeno una minima parte dei danni avuti nelle abitazioni.
A pochi giorni dal voto, buona parte della politica italiana ignora il problema. Nonostante il Green Deal abbia funzionato, le politiche verdi sono a rischio
Crisi ambientale, questa sconosciuta. Mentre le alluvioni continuano a colpire la Penisola, prosegue la serie record dei mesi più caldi di sempre, è alle porte l’ennesima estate di siccità e mentre ci avviciniamo alle elezioni per il Parlamento europeo, nella giornata mondiale dell’ambiente scopriamo che buona parte della politica italiana ignora il problema e le azioni necessarie per affrontarlo.
Eppure il Green Deal, il patto verde lanciato da Ursula Von der Leyen nel 2019 per ridurre le emissioni e arrivare alla neutralità climatica nell'Ue nel 2050, dovrebbe essere al centro di questo voto. Anche perché ha funzionato. Secondo l'analisi del progetto scientifico indipendente Climate Action Tracker, il pacchetto di politiche approvate per aiutare gli Stati membri a raggiungere gli obiettivi ha "migliorato significativamente" le prestazioni dell'Ue nell'affrontare il cambiamento climatico. Gli esperti sostengono anche che l’Unione europea dovrebbe implementare ulteriori politiche per allinearsi con l'Accordo di Parigi.
Decarbonizzazione, transizione ecologica, fonti rinnovabili, risparmio, efficienza, cura dell'ambiente non sembrano però essere ai primi posti degli impegni e dei programmi dei partiti. Anzi: a fronte di una parte dei candidati che chiede il rafforzamento delle misure a tutela della natura, del suolo e del clima, ce n’è un’altra parte che le vuole smontare.
A stilare pagelle e dare voti è stata la recente analisi condotta dall’organizzazione Italian Climate Network e dal blog Climalteranti: un gruppo di venti scienziati ed esperti super partes ha valutato gli impegni all’azione nei programmi presentati dai partiti, assegnando a ciascuno un indice di impegno climatico per le elezioni europee 2024.
Il quadro che emerge è una situazione molto polarizzata tra chi prende veramente sul serio la questione climatica e chi invece punta a delegittimare la recente politica climatica europea. “Rispetto alla scorsa edizione – spiegano da Italian Climate Network -, in cui nei programmi delle forze politiche spiccava una generale assenza di posizioni critiche, si assiste ora a una seppur lieve inversione di tendenza. Escluse le tre forze politiche con più alto indice di impegno climatico, in generale si tende a enfatizzare i pericoli e i costi della transizione energetica e dichiarare, in numerosi programmi, che è ormai tardi per affrontare il riscaldamento climatico”.
A conclusioni simili è giunto il monitoraggio realizzato dall’Osservatorio di Pavia per Greenpeace Italia sulle dichiarazioni di 11 principali leader politici italiani su Facebook, tg, talk show e programmi Tv di approfondimento nel periodo dall’1 al 14 maggio.
“Nella fase iniziale della campagna per le elezioni europee, il clima è il grande assente nel dibattito – dichiarano gli studiosi Monia Azzalini e Mirella Marchese nel report -: solo nell’8 per cento delle dichiarazioni dei principali leader si fa almeno un accenno alla crisi climatica, ma quelle realmente dedicate al riscaldamento del pianeta sono appena il 4 per cento e includono anche le dichiarazioni contrarie alle azioni per il clima. Se comprendiamo anche i temi ambientali non collegati alla crisi climatica, la quota di dichiarazioni arriva a poco meno dell’11 per cento”.
Secondo l’analisi, i rappresentanti del governo italiano nella loro comunicazione hanno “messo in discussione le politiche del Green Deal europeo e rivendicano una ‘via italiana’ alla transizione ecologica, fortemente connotata da resistenze spesso pretestuose alla transizione energetica”.
Per questo Greenpeace e altre 145 associazioni del continente appartenenti alla società civile hanno mandato una lettera aperta ai decisori europei che chiede di fermare lo smantellamento delle misure ambientali comunitarie.
“Negli ultimi mesi la commissione europea guidata da Ursula von der Leyen ha allentato le norme sull’inquinamento per le aziende agricole industriali, abbandonato i piani per una produzione alimentare sostenibile, abbandonato gli obiettivi di riduzione dell’uso dei pesticidi e accantonato gli sforzi per garantire un approvvigionamento idrico resiliente” denuncia tra le altre cose la lettera, che si conclude invocando un cambio di passo “prima che sia troppo tardi”.
“Il Green Deal, la strategia dell’attuale commissione che ora verrà sostituita da quella nuova eletta, ha perso la forza originaria nel corso del tempo – commenta Simona Fabiani, responsabile Cgil politiche per il clima, il territorio, l’ambiente e la giusta transizione -. Dopo le proteste dei trattori, negli ultimi mesi è stato un crescendo di passi indietro. E il piano verde è diventato un argomento di cui si discute sempre meno, fino ad essere accantonato. Il suo posto lo ha preso la guerra. Non si parla più di investimenti comuni per la transizione ecologica e digitale ma di finanziamenti per la difesa e gli armamenti. Noi non condividiamo assolutamente questa politica ma continuiamo a chiedere l’attuazione del Green Deal e investimenti per farlo. Perché se non accompagni gli obiettivi con risorse adeguate, questi non si realizzano”.
Sempre in vista delle elezioni, l’associazione ambientalista Wwf ha pubblicato uno studio dal titolo emblematico “Il tuo denaro può essere speso meglio?”, che denuncia: l’Italia e gli altri Stati membri usano i ricavi ottenuti dalle tasse pagate dai cittadini europei per finanziare attività che danneggiano l’ambiente.
Fino al 60 per cento dei finanziamenti della politica agricola comune, per un totale di 32,1 miliardi di euro l’anno, viene speso dai Paesi in attività che “incoraggiano pratiche agricole dannose per la biodiversità”. Al contempo, i sussidi della Pac “non sono equamente distribuiti: oltre agli effetti negativi sulla natura, i sussidi europei vanno a vantaggio di poche grandi aziende agricole e non favoriscono i piccoli agricoltori e le pratiche agro-ecologiche”.
“Con l'avvicinarsi delle elezioni del 2024, gli analisti prevedono una svolta a destra nella politica dell'Ue – scrive il blog specializzato Carbon Breif, che ha effettuato una valutazione degli impegni assunti dai principali gruppi del Parlamento europeo nei manifesti elettorali -. Un aumento degli eurodeputati di estrema destra potrebbe a una coalizione di maggioranza di destra, cosa che potrebbe a sua volta mettere a rischio la prossima fase delle ambizioni climatiche dell'Ue, compresi i negoziati sulla proposta della Commissione europea di ridurre le emissioni del 90 per cento entro il 2040”.
“Se già con questa maggioranza si fanno passi indietro, non c’è da aspettarsi una svolta positiva dopo le elezioni – conclude Fabiani -. Dobbiamo continuare a rivendicare le politiche ambientali comuni che danno un senso all’Unione e allo spirito dell’Europa, nata non per fare la guerra ma la pace, per creare insieme solidarietà e collaborazione tra gli Stati”.
Stefano Morea, Flai Cgil Roma e Lazio: “Bene ma bisogna agire sulla prevenzione per contrastare lo sfruttamento”
Maxi operazione anticaporalato dei Carabinieri nelle campagne del Lazio. 16 le aziende agricole ispezionate e rilevate come irregolari, 4 sanzionate con la sospensione delle attività imprenditoriali per gravi violazioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e per impiego di lavoro nero e di personale di origine indiana senza i documenti in regola.
L’operazione si è svolta sul territorio di Fiumicino, in particolare Maccarese, Anzio, l’area di Lavinio, Fondi, Terracina, Pontinia, Aprilia, Viterbo, Montalto di Castro e Acquapendente. A mettersi in moto il Comando Gruppo Carabinieri per la Tutela del Lavoro di Roma, con la collaborazione del Comando Gruppo Tutela del Lavoro di Napoli e del Comando Tutela del Lavoro di Roma, dei militari dei Comandi Provinciali Carabinieri di Roma, Latina e Viterbo e con il concorso degli ispettori del lavoro dell'Ispettorato d'Area Metropolitana di Roma e degli Ispettorati Territoriali del Lavoro di Latina e Viterbo. 120 persone coinvolte, 90 militari e 30 ispettori dell'Inl.
In tutto sono state 40 le ispezioni effettuate. Nel mirino aziende produttrici di ortaggi e frutta (in particolare fragole, pomodori, carote, meloni, coltivazioni in serra, prodotti animali, filiere di stoccaggio di frutta), allevamenti di ovini e bufale e viticoltura. Tra le irregolarità contestate, violazioni sulla sicurezza del lavoro, precarie condizioni igieniche, container fatiscenti e privi di bagni, seppur adibiti all’uso di alloggi per i braccianti. Le sanzioni comminate ammontano a un totale di 75mila euro, con ammende per 52 mila euro complessivi.
“L’azione condotta su tutto il Lazio dai Carabinieri del lavoro di Roma che ha rilevato condizioni di lavoro e di alloggio inumane e fuori da ogni regola, dimostra come i fenomeni di sfruttamento e caporalato, condizioni alloggiative estreme sono fenomeni che riguardano tutto il nostro territorio”. Così Stefano Morea, segretario generale Flai Cgil Roma e Lazio.
“Quella che denunciamo e contrastiamo da anni, andando nei campi e parlando con i lavoratori che a noi si rivolgono, è una realtà troppo spesso presente nella agricoltura laziale che pure rappresenta un pezzo di Pil importante e un fiore all’occhiello della regione. Tuttavia denunciamo anche oggi che le condizioni di lavoro di troppe persone non rispettano le regole e i contratti per un lavoro dignitoso e sicuro. Inoltre, l’operazione dei Carabinieri, cui plaudiamo, dimostra che sulla prevenzione c’è ancora tanto da fare. Un passo importante può essere la istituzione della Sezione territoriale del lavoro agricolo di qualità che chiediamo da tempo”
La proposta di Oxfam rilanciata da 134 economisti e dal presidente Lula per il G20 Finanza. Un’imposta sui grandi patrimoni per finanziare chi sta peggio
Un’imposta progressiva da applicarsi ai patrimoni di chi occupa posizioni apicali nella distribuzione della ricchezza netta nei Paesi Ue come strumento per arrivare al superamento delle pesanti diseguaglianze esistenti. La proposta, in sostegno della raccolta di firme proposta da Oxfam Italia e Patriotic Millionaires a supporto di un’agenda Tax the rich, è sottoscritta da un nutrito gruppo di economiste ed economisti italiane, come anche rilanciata dal presidente Brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, il quale ha annunciato, allo scorso G7 Finanze, che la porrà sul tavolo del prossimo G20 a Rio de Janeiro.
In Italia, ricorda Oxfam, la ricchezza posseduta dallo 0,1% degli italiani più ricchi (meno di 50.000 persone) è circa tre volte superiore a quella nelle mani della metà più povera della popolazione (25 milioni). Il Manifesto redatto e sottoscritto da 134 economiste ed economisti autorevoli spiega gli scopi dell’obiettivo di una Agenda italiana Tax the rich.
In testa compare l’aumento dell’equità del sistema fiscale italiano, quindi la garanzia di maggiore sostenibilità alle finanze pubbliche, il reperimento delle risorse necessarie per stimolare una crescita sostenibile ed inclusiva e il supporto a politiche di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici. Tutto ciò anche attraverso il finanziamento di investimenti nella transizione ecologica giusta, nei beni pubblici essenziali come sanità ed istruzione e nel contrasto all’ampliamento dell’area della vulnerabilità ed esclusione sociale.
Entrando nel concreto delle richieste, il Manifesto propone per il breve periodo, quindi misure da applicarsi nell’immediato, l’introduzione di un’imposta progressiva sui grandi patrimoni da applicarsi allo 0,1% più ricco dei cittadini italiani, titolari di patrimoni netti superiori a 5,4 milioni di euro. Una proposta in linea con l’Iniziativa dei Cittadini Europei su cui è in corso la raccolta di firme coordinata da Oxfam Italia attraverso la campagna LaGrandeRicchezza.
Segue l’aumento del prelievo sulle grandi successioni e donazioni per ridurre il regime di sostanziale favore sulle risorse ereditate o ricevute in dono, che hanno scarse giustificazioni di merito contribuiscono a divaricare le opportunità e riducono il dinamismo dell’economia; infine l’introduzione di ulteriori scaglioni ed aliquote marginali Irpef per redditi più elevati.
Nel medio periodo viene invece previsto l’ampliamento della base imponibile dell’imposta sui redditi delle persone fisiche a tutti i redditi da lavoro e ai redditi da capitale finanziario, con la conseguente abolizione dei regimi sostitutivi. Questo comporterebbe il passaggio a una tassazione personale onnicomprensiva, e assicurerebbe, visto l’elevato grado di concentrazione dei redditi finanziari, una maggiore equità distributiva.
Tra le proposte messe in campo anche la revisione del prelievo sui redditi e sui patrimoni immobiliari per aumentarne l’equità verticale e orizzontale. Un punto per il quale l’aggiornamento del catasto, annoso problema del nostro Paese, è dato come precondizione necessaria, perché oggi il valore di mercato degli immobili è, nella media nazionale, di circa 3 volte superiore al valore catastale, con un rapporto più alto in aree ricche del paese e per immobili dal valore di mercato più elevato.
In Europa sono circa 215 mila le firme già raccolte in due mesi per chiedere alla Commissione europea l’istituzione di un’imposta europea sui grandi patrimoni. L’obiettivo è quello del milione di sottoscrizioni entro il prossimo ottobre e sarebbe un nuovo traguardo, dopo quello raggiunto con l’accordo del 2021 tra oltre 140 Paesi per la revisione delle regole di tassazione delle multinazionali al minimo del 15%, benché indebolito dalle numerose scappatoie escogitate dai diretti interessati.
La proposta che Lula porterà al G20 è supportata tecnicamente dall’economista francese Gabriel Zucman, direttore dell’Osservatorio fiscale dell’Ue, il cui recente rapporto ha evidenziato che aliquota minima sul patrimonio dei miliardari pari al 2% del loro patrimonio combatterebbe questa evasione e genererebbe quasi 250 miliardi di dollari tassando meno di 3.000 individui. Si potrebbe pensare a un contributo in fondo minimo, ma senza dubbio sarebbe un passo avanti se si pensa che le stime dicono che attualmente i miliardari globali abbiano aliquote fiscali effettive pari allo 0% - 0,5% del loro reddito. Una sproporzione senza pari se si pensa ai prelievi fiscali che un lavoratore trova mensilmente nella sua busta paga.