Venerdì 31 maggio a Faenza, presso la sala Laura Ziani, in via Laderchi, alle 20:45 si terrà l’incontro “Due anni di Kiev. Un’esperienza di cooperazione sociale in tempo di guerra“. Ad organizzarlo Acli Faenza e Rete Acli Faenza in collaborazione con la Rete Overall. Collabora all’evento anche la Consulta del Volontariato Faenza.
Saranno presenti i rappresentanti dell’associazione Communitas di Pratovecchio (AR), da due anni impegnata in un progetto sociale di aiuto e sostegno alla popolazione civile in Ucraina.
Mentre i media informano quotidianamente sull’andamento del conflitto, generalmente solo tramite le posizioni ufficiali dei due fronti, poche notizie vengono diffuse sulle enormi difficoltà che la gente comune è costretta ad affrontare per sopravvivere.
Communitas è una delle poche associazioni italiane che opera, tra mille difficoltà, ma con impegno e costanza, in Ucraina attraverso progetti di cooperazione sociale e di sostegno umanitario ed è in grado di fornire una testimonianza diretta sulle terribili conseguenze del conflitto sul tessuto sociale ed economico ucraino e anche sulla reale dialettica sociale e sulle posizioni pacifiste che, seppur minoritarie, esistono in entrambi i fronti.
Il programma della serata
h 20, 45: Saluti dell’Amministrazione Comunale, Diocesi Faenza e rappresentante della Rete Overall
h 21,00: Presentazione progetti e attività COMMUNITAS
Il segretario generale della Cgil a Brescia per i 50 anni dalla strage: “Realizzare i principi della Carta è il modo migliore per ricordare chi ha perso la vita”
Da Piazza della Loggia arriva un messaggio chiaro: “Il mondo del lavoro è sempre per la pace, contro ogni guerra e contro il massacro di ogni popolo, compreso il popolo palestinese”. Così il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, parlando dal palco di Brescia in occasione della commemorazione per i cinquant’anni della strage.
“Lo diciamo in modo molto chiaro – ha aggiunto il leader Cgil –: è il momento che la politica in Italia e in Europa torni a sviluppare la sua azione. È il momento della diplomazia e della pace, non della guerra, della violenza e della cultura fascista che abbiamo sconfitto e che non vogliamo più fare ritornare”.
Livio Melgari, Spi Lombardia, era in piazza della Loggia a Brescia cinquant’anni fa. Il suo racconto dell’attentato e delle ore che seguirono
ELENA PERACCHI
RIPRENDERE LA LEZIONE DI 50 ANNI FA
L’anniversario è stato l’occasione per ricordare le lotte di ieri, che si saldano con le lotte di oggi. Così Landini: “Le ragioni per cui le persone cinquant'anni fa erano in questa piazza erano proprio l’applicazione e la difesa della nostra Costituzione. Volevano sconfiggere definitivamente il fascismo e la cultura della violenza e della sopraffazione”.
Ora è fondamentale guardare proprio a quell’esperienza: “Quella memoria, la capacità che questa città ha avuto di reagire e di riaffermare questi valori di democrazia devono essere oggi un insegnamento per tutto il Paese, non solo per Brescia”.
Dalla piazza bresciana allora va ribadito con forza il valore della Costituzione. “Mai come adesso credo che sia importante rimettere al centro i valori e i principi della nostra Costituzione”, così il segretario, soprattutto “di fronte a una crisi della democrazia che in questi anni è cresciuta. È assolutamente importante non solo non dimenticare, ma recuperare quelle lotte, quei valori e quegli insegnamenti per costruire un futuro diverso per il nostro Paese”.
“Non fu permesso cinquant’anni fa di sconvolgere la nostra Costituzione e non glielo permetteremo neanche oggi”, ha detto.
Anche in questo caso occorre parlare “in modo esplicito”: “La nostra Carta non va cambiata: va realizzata in tutte le sue parti e in tutti i suoi principi. Noi vogliamo unire il Paese, non dividerlo, non siamo d’accordo con l'autonomia differenziata né con chi pensa di trasformare la nostra democrazia con la democrazia del capo”.
Proprio per la difesa dei principi costituzionali, ha concluso, passa il ricordo di chi ha perso la vita: “Penso che sia il modo migliore per ricordare chi ha perso la vita e chi in questi anni si e battuto per affermare quei diritti e quei valori”.
Il segretario generale Cgil conclude la Via Maestra a Napoli. “Fermare le guerre, costruire l'Europa dei diritti, applicare la Costituzione”
“Noi vogliamo applicare la Costituzione per cambiare il Paese, perché la vera rivoluzione è applicare i principi e i valori che sono contenuti nella Carta”. È con queste parole che il segretario generale Cgil Maurizio Landini ha concluso oggi (sabato 25 maggio) a Napoli il suo intervento alla manifestazione nazionale “La Via Maestra. Uniti per la Costituzione”. Una manifestazione cui hanno partecipato decine di migliaia di persone, e che ha visto dal palco di piazza Dante gli interventi di docenti universitari e lavoratori, giornalisti e scrittori, ambientalisti e personalità della società civile.
LA VIA MAESTRA
“La maggioranza del Paese chiede di cambiare, di essere ascoltata”, spiega Landini: “Il percorso della Via Maestra non è iniziato ieri, ha alle spalle manifestazioni che vanno avanti da due anni. Abbiamo cominciato quando il nostro Paese si è trovato di nuovo davanti alla guerra, con la grande manifestazione del 2022, quando abbiamo detto basta alle guerre, basta a investire nelle armi, chiedendo invece alla diplomazia e alla politica di tornare al comando”.
Ma dopo due anni, continua, siamo “in una situazione disastrosa, con un incremento delle spese militari e un’escalation delle guerre. E con troppa facilità di parla di allargamento delle guerre. Qui bisogna essere convintamente dalla parte del Papa, sostenendo il suo a cessare il fuoco ovunque ci sia un conflitto. La stessa Corte dell’Aja dice che la guerra porta solo a crimini di guerra e non alla pace. Allora va fatta una richiesta alla politica, all'Europa, di tornare a svolgere un ruolo di diplomazia”.
Un percorso che poi “ci ha portato in piazza per difendere la sanità pubblica, e che ci porta oggi a Napoli per dire che, dalla capitale del Mezzogiorno, c'è bisogno di unire e non di dividere il Paese, di costruire quell'Europa che non c'è, ossia l'Europa sociale, l'Europa dei diritti, non quella della moneta e della finanza”.
Per il leader sindacale la Via Maestra “non è la mera sommatoria di tante associazioni, ma la costruzione di un percorso comune. Noi non abbiamo paura di accogliere le differenze, lavoriamo affinché tutte le culture si possano unire nel nome della Costituzione, della democrazia, della libertà delle persone”.
Per Landini questo “è un messaggio molto importante, e il fatto che assieme alla Cgil ci siano centinaia di associazioni laiche, cattoliche, reti di cittadinanza e singole persone, ci dice che siamo sulla strada giusta. Non abbiamo alcuna intenzione di fermarci, non siamo disponibili ad accettare che venga manomessa la Costituzione”.
LA DIFESA DELLA COSTITUZIONE
“La Costituzione non va cambiata, va applicata”. Per il segretario generale Cgil questo governo “la vuole radicalmente modificare e non la sta assolutamente applicando. Ma c’è di più: questo governo fa parte di quella cultura che non ha partecipato alla costruzione della democrazia e della Costituzione, ma se oggi è al governo è proprio grazie alla democrazia che abbiamo costruito”.
Landini rimarca che “la democrazia va praticata, non è eleggendo il capo che si risolvono i problemi. Abbiamo bisogno di una democrazia partecipata, in cui i cittadini possano non solo votare ma anche partecipare, controllare quello che si fa e dare il proprio contributo”.
La nostra Costituzione, aggiunge, parla di “un fisco giusto e progressivo. Abbiamo bisogno che i diritti fondamentali, a partire dal diritto al lavoro, che non deve essere precario, ai diritti alla salute e all'istruzione, debbano essere garantiti. Per fare questo ci vogliono investimenti e bisogna andare a prendere i soldi dove sono”.
GLI ATTACCHI ALLE LIBERTÀ
"L’attacco alla libertà di informazione di questi giorni mette in discussione la libertà di tutti”, rimarca Landini, citando anche la Rai, che è “un servizio pubblico, ma che diventa di volta volta servizio di chi comanda”. Per il segretario generale “il diritto a esprimere le proprie idee va garantito a tutti, in particolare ai giovani e agli studenti, che non stanno facendo alcunché di violento, se non esprimere il proprio punto di vista”.
LA PRECARIETÀ
"La nostra Repubblica non è più fondata sul lavoro, ma sulla precarietà e sullo sfruttamento”, dice Landini: “Abbiamo quattro milioni di lavoratori in part time involontario, che non arrivano a 20 ore a settimana, di cui il 70% donne e l’80% nel Mezzogiorno, con uno stipendio che non supera i 10 mila euro annui”.
E ancora: “Tra contratti a termine, a chiamata, in somministrazione, abbiamo altri cinque milioni di lavoratori. E poi ci sono le false partita Iva, o chi è costretto a fare lavoro autonomo. Questo livello di precarietà è inaccettabile, c’è una legislazione balorda che va cambiata. Una legislazione che non è nata ieri: sono leggi fatte da 25 anni, da tutti i governi che si sono succeduti”.
I QUATTRO REFERENDUM
"Sono convinto che i nostri quattro referendum parlino a tutto il Paese”, illustra il leader sindacale: “Che futuro vogliamo lasciare ai nostri figli? Dover andare all’estero, lavorare in nero, essere precari a vita? Questa è una battaglia da fare tutti assieme, proprio per cambiare il Paese e applicare la Costituzione, affinché anche i giovani precari siano cittadini con pari dignità”.
Il referendum, continua Landini, “non è un voto che delega qualcun altro: è il cittadino che decide direttamente se abrogare o mantenere quella legge, è una pratica di democrazia. Per questo è necessario andare a firmare oggi per i quattro referendum e poi lavorare per convincere i 25 milioni di italiani ad andare a votare. Noi questa forza la abbiamo perché non abbiamo ambizioni di potere, a noi non ci compra nessuno”.
IL REDDITOMETRO
“Quella fatta dal governo è una marchetta elettorale, per continuare a dire a quelli che le tasse non le pagano che possono continuare a non pagarle”. Così Landini, commentando la decisione dell’esecutivo di ritirare il provvedimento sul redditometro: “È una follia, in un Paese che ha 90 miliardi di evasione fiscale, dove il 90% dell'Irpef lo pagano i lavoratori dipendenti”.
Il leader Cgil evidenzia che non varare il redditometro “vuol dire far pagare sempre i soliti. Ma non è solo una marchetta elettorale, è anche un messaggio sbagliato, perché un cittadino in Italia deve avere il dovere di pagare in base a ciò che ha e a quello che prende. E se questo non avviene, aumentano solo le diseguaglianze e le ingiustizie sociali”.
L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA
“L'autonomia differenziata va ritirata, non è ciò che serve all’Italia”. Landini evidenzia che “il Paese è già povero, la gente è povera pur lavorando, le diseguaglianze sono aumentate. Proprio per questo c'è bisogno di fare sistema, non di dividere l'Italia”.
Per Landini l’autonomia differenziata “mette in discussione la solidarietà: bisogna unire il Paese, non spezzarlo. I diritti fondamentali, il diritto al lavoro, alla salute, all'istruzione, vanno garantiti a ogni cittadino a prescindere da dove è nato, dove abita, come si chiama o di chi è amico”. Occorre andare a “prendere le risorse dove sono, combattendo l'evasione fiscale e facendo quelle scelte fondamentali che sono dentro la Costituzione”.
Alle Regioni il leader sindacale chiede di “ricorrere alla Corte costituzionale, di usare tutti gli strumenti democratici a disposizione per impedire leggi di questa natura”. E all’esecutivo ricorda che “governare non vuol dire comandare: il governo ha vinto le elezioni con 12 milioni 300 mila voti, i non votanti sono stati 18 milioni, mentre in 15 milioni hanno votato altre forze politiche. Il governo, dunque, non ha il diritto di usare i numeri che ha in Parlamento per cambiare la Costituzione, perché non rappresenta la maggioranza del Paese”.
STATUTO E RAPPRESENTANZA
"Dobbiamo lanciare una grande campagna per un nuovo Statuto dei diritti di tutti i lavoratori”, annuncia dal palco di Napoli: “I diritti non debbono essere legati al rapporto di lavoro che hai in quel momento, ma ogni persona che lavora deve avere sempre gli stessi diritti e le stesse tutele”. Landini sottolinea anche l’urgenza di una legge sulla rappresentanza sindacale: “I sindacati debbono contare per quello che valgono, per quanti iscritti hanno e quanti voti prendono”.
MORTI SUL LAVORO
“Se si vuole fermare questa strage bisogna cambiare il sistema di fare impresa, a partire dalla cancellazione della logica del subappalto, del massimo ribasso, e cancellando la precarietà nel lavoro”. Per Landini questa “è la battaglia che va fatta”.
Il segretario Cgil sottolinea che “a uccidere sono il sistema di fare impresa, gli appalti, i sub-appalti, il lavoro precario. Su questo non si sta intervenendo, anzi, si continua ad allargare il sistema degli appalti, introducendo addirittura per legge il subappalto a cascata, proseguendo a non investire nella formazione e nella prevenzione”.
Riprendiamo il discorso sullo spopolamento ripartendo dai suoi effetti, come la maggiore incidenza delle persone anziane sul totale della popolazione, per giungere poi ai rimedi. Tra questi, quello fornito dal governo e dall’Unione europea, un Pnrr che è però di difficile utilizzo nelle aree interne, dove questo è reso ancor più complicato dall’impoverimento delle risorse umane nelle amministrazioni locali. Vi è poi il sindacato che mette in campo le sue proposte.
IL DANNO
Veniamo quindi all’importanza negativa dello spopolamento delle aree interne, con Luisa Corazza, direttrice del Centro di ricerca sulle Aree Interne e gli Appennini (ArIA), che parla di “fenomeno grave perché è in un contesto generale di emergenza demografica, come accade anche in altre zone, ma anche perché i residenti se ne vanno e quindi si crea uno spopolamento che accelera la perdita di abitanti, ma soprattutto di persone in età giovane. Accade quindi che in queste aree rimangano solamente gli abitanti anziani, i quali necessitano di assistenza, per altro, non può essere offerta proprio per l’assenza dei giovani.
Si ha dunque una serie di effetti a catena su quello che accade in quel territorio. Prima di tutto perché alcuni tipi di servizi, ad esempio la scuola, sono richiesti dalla popolazione giovane: le scuole perderanno gli studenti e con i criteri di accorpamento di efficienza che oggi sono richieste per sopravvivere agli istituti scolastici in determinati territori rischiano di chiudere. Senza considerare poi che noi dobbiamo guardare verso il futuro e, se in un territorio non ci sono giovani, quando anche gli anziani verranno meno quel territorio rischierà di essere disabitato”.
Un caso di regione a rischio spopolamento con forte incidenza del fattore-invecchiamento è la Liguria. Il problema in sè riguarda il 29% dei suoi comuni, 68 su 234, ma la vera criticità è l’elevata presenza di anziani e di ultraottantenni e nella classifica si pone seconda dopo il Molise, come ci spiega nel podcast il segretario generale della Cgil Liguria, Maurizio Calà.
QUALI POLITICHE
Maurizio Calà, nell’intervista, solleva il problema dell’insufficienza delle politiche messe in campo per fermare il fenomeno dello spopolamento. Quindi, analizzate cause ed effetti, con Luisa Corazza passiamo a trattare proprio le strategie necessarie per fermare l’emorragia. “Qualcosa è già stato fatto – afferma – ed è il caso della Strategia nazionale delle aree interne che è stata sicuramente uno spartiacque nell'approccio. Fino a quel momento c'erano delle politiche di coesione territoriale che però non avevano un fuoco specifico su questi territori, perché prevedevano investimenti sul piano dello sviluppo economico dei territori per rivitalizzarli.
Con la Snai, invece, l’ottica è stata ribaltata, partendo dai servizi: si è detto che le aree si spopolano perché non ci sono i servizi, le persone se ne vanno perché non hanno la scuola, la sanità, la mobilità e questo secondo me è stata un approccio molto rivoluzionario. Certamente ora siamo in una fase nuova nella quale questa strategia deve essere portata avanti è c'è una grande occasione che ci proviene dall'Europa”.
PNRR BELLO E IMPOSSIBILE
L’occasione citata dalla direttrice del Centro ArIA è quella del Next generation Eu, che in Italia è stato trasfuso nel Pnrr, “offrendo un'occasione che è abbastanza irripetibile”. Luisa Corazza vede però “la principale criticità nel fatto che, essendo il Piano strutturato per bandi, richiede da parte dei territori che vogliono usufruire delle risorse una capacità attrattiva delle risorse stesse che non sempre le zone delle aree interne, i comuni piccoli, hanno. Preparare un bando che sia vincente non richiede personale e competenze che il piccolo o piccolissimo centro difficilmente è in grado di mettere in campo”.
Luisa Corazza: criticità per l'uso del Pnrr per le aree interne
E di Pnrr ha parlato anche il segretario confederale della Cgil nazionale, Christian Ferrari, a margine di un convegno a Orvieto che aveva come oggetto proprio le misure di contrasto alla marginalizzazione del territorio, in questo caso umbro, e il progressivo declino demografico. Per Ferrari il rilancio delle aree interne deve avvenire attraverso una strategia di sviluppo locale, che coinvolga le comunità locali e faccia uso non solamente delle risorse straordinarie, ma soprattutto di quello derivanti dal bilancio ordinario.