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Non c’è nessuna tregua in Ucraina, nessun accordo Usa-Russia e nessun piano europeo se non armarsi fino al collo. A vuoto anche la nuova riunione dei «volenterosi» di Starmer e Macron: senza l’impegno di Trump non si può andare avanti. Ammesso che qualcuno ancora gli creda

Stallo e strisce Ieri vertice Washington-Mosca a Istanbul e coalizione per l’Ucraina a Bruxelles. Oggi gruppo di contatto Nato a Ramstein. Ufficializzate le dimissioni di Bridget Brink, ambasciatrice americana a Kiev. Kallas: «Dobbiamo chiarire i nostri obiettivi, perché un conto è il peace-keeping, un altro la deterrenza»

La coalizione dei volenterosi riunita al Palazzo dell’Elysee a Parigi a marzo foto Ludovic Marin/Ansa La coalizione dei volenterosi riunita al Palazzo dell’Elysee a Parigi a marzo – Ludovic Marin /Ansa

Senza la copertura degli Stati uniti la coalizione dei volenterosi è su un binario morto. È questa la vera notizia uscita dal vertice che si è tenuto ieri al quartier generale della Nato di Bruxelles al quale hanno partecipato i ministri della Difesa di 30 Paesi. Un gruppo riunito da Francia e Gran Bretagna, fondatori e presidenti di questo formato, che si è dato come obiettivo la difesa dell’Ucraina post-bellica. Ma a quale prezzo? Domanda amletica, alla quale gli alti funzionari riuniti ieri non sono riusciti neanche stavolta a dare una risposta.

«DOBBIAMO chiarire quali sono i nostri obiettivi in Ucraina perché un conto è una missione di peace-keeping, un altro il monitoraggio o la deterrenza: i vari Paesi hanno sensibilità diverse su questo punto» ha dichiarato Kaja Kallas, l’Alto rappresentante dell’Ue per la politica estera. Il piano che porta il suo nome per l’invio di forniture militari a Kiev su base volontaria si era già arenato durante l’ultima riunione del gruppo e ieri non se ne è parlato per niente.

Ma il punto resta: se l’Ue, Parigi e Londra non avranno assicurazioni da Washington, i «volenterosi» dovranno sciogliersi, o perlomeno ridimensionarsi fortemente. Non sarebbe una novità, si tratta di una pratica che in inglese si definisce Backstop, ovvero, come si legge sul sito della Treccani, «Il sistema di sicurezza e di garanzia costituito dall’attività militare e di intelligence statunitense a sostegno di truppe appartenenti a nazioni europee, impegnate in operazioni di pace o di stabilizzazione in un contesto di conflitto internazionale».

In altri termini: la Casa bianca accetterà di condividere le informazioni provenienti dai suoi satelliti con il comando della coalizione? Gli altri mezzi «strategici» saranno messi a disposizione dei reparti occidentali e in caso di attacco russo scatterà la copertura aerea dell’aeronautica e del sistema missilistico a stelle e strisce? Se si passeranno tutte le linee rosse, Trump si impegnerà in una guerra diretta con Mosca? Tutte domande alle quali, al momento, la Casa bianca non ha

dato risposta ma che, secondo Bloomberg, riceveranno per la maggior parte un sonante diniego.

Soldato ucraino a Pokrosk
Soldato ucraino a Pokrosk, foto Kostiantyn Liberov/ Getty Images

L’unica vera mossa di ieri dell’amministrazione Usa è stata quella di annunciare le dimissioni dell’ambasciatrice in Ucraina, Bridget Brink, senza fornire particolari spiegazioni. «I nostri piani sono dettagliati, sostanziali e reali. Ma ci sono alcune incognite ben note che non possono essere risolte fino a che non saranno conclusi i negoziati di pace fra russi e americani» ha detto il ministro della Difesa britannico, John Healey. Tra i presenti anche Canada e Nuova Zelanda, ai quali Von der Leyen ha rivolto ringraziamenti diretti e auspici per una collaborazione più stretta.

INTANTO a Istanbul, in Turchia, le delegazioni di Usa e Russia si sono incontrate di nuovo. Niente Ucraina sul tavolo stavolta, almeno non ufficialmente, ma «importanti questioni bilaterali». Relazioni diplomatiche e ambasciate, in particolare. Gli uomini di Trump hanno espresso agli omologhi le loro preoccupazioni per il personale dell’ambasciata americana, come ha specificato in una nota il dipartimento di Stato. Si è certamente parlato di affari, terre rare russe, gas e idrocarburi, ma su questo i funzionari non hanno voluto dire nulla. Ciò che è certo è che le aperture continuano: ieri gli Usa si sono ritirati dal gruppo per l’istituzione del Tribunale speciale per il crimine di aggressione contro l’Ucraina. Ora restano Kiev e il Consiglio d’Europa, che però ha fatto sapere che non processerà Putin in contumacia.

OGGI A RAMSTEIN, nella base Nato in Germania, si incontrerà di nuovo il gruppo di contatto per l’Ucraina. Sarà la prima riunione non presieduta dagli Usa (messaggio più che chiaro della volontà di disimpegno in Europa del tycoon) ma, a quanto pare e fino all’ultimo sembrava che da oltreoceano avessero intenzione di disertare totalmente l’incontro. In serata, tuttavia, la stampa ucraina ha scritto che il segretario alla Difesa degli Usa, Pete Hegseth, parteciperà in video-collegamento.

Sul versante internazionale continuano le polemiche tra Cina e Ucraina per le accuse di Kiev sulla «presenza di 155 soldati di Pechino sul campo». I rappresentanti di Xi Jin Ping hanno definito le affermazioni di Zelensky «irresponsabili».