Secondo uno studio della Cgia di Mestre, negli ultimi undici anni si sono persi oltre 400mila addetti manuali
Continua a scendere il numero complessivo degli artigiani presenti nel nostro Paese, ovvero di quelle persone che in qualità di titolari, soci o collaboratori familiari svolgono un’attività lavorativa prevalentemente manuale. Pertanto, per poter contare sulla copertura previdenziale devono iscriversi nella gestione artigiani dell’Inps. Se nel 2012 erano poco meno di 1.867.000 unità, nel 2023 la platea complessiva è crollata di quasi 410mila soggetti (-73mila solo nell’ultimo anno); ora il numero totale sfiora quota 1.457.000.
Sono i numeri forniti dall’Ufficio studi della Cgia che ha elaborato i dati dell’Inps e di Infocamere/Movimprese. In questi undici anni, prosegue la Cgia, “abbiamo assistito a una caduta verticale che si è interrotta solo nell’anno post Covid (+2.325 tra il 2021 e il 2020). Se questa tendenza non sarà invertita stabilmente, non è da escludere che entro una decina d’anni sarà molto difficile trovare un idraulico, un fabbro, un elettricista o un serramentista in grado di eseguire un intervento di riparazione/manutenzione presso la nostra abitazione o nel luogo dove lavoriamo”.
In tutto il Paese, segnala l’associazione, “si fatica a reperire nel mercato del lavoro giovani disposti a fare gli autisti, gli autoriparatori, i sarti, i pasticceri, i fornai, i parrucchieri, le estetiste, gli idraulici, gli elettricisti, i manutentori delle caldaie, i tornitori, i fresatori, i verniciatori e i batti-lamiera. Senza contare che nel mondo dell’edilizia è sempre più difficile reperire carpentieri, posatori e lattonieri. Più in generale, comunque, l’artigiano di domani sarà colui che vincerà la sfida della tecnologia per rilanciare anche i vecchi saperi”.
Secondo i dati Infocamere/Movimprese, anche il numero delle aziende artigiane attive è in forte diminuzione. Se nel 2008 (anno in cui si è toccato il picco massimo di questo inizio di secolo), in Italia le imprese artigiane erano pari a 1.486.559 unità, successivamente sono scese costantemente e nel 2023 si sono fermate a quota 1.258.079. Va comunque segnalato che questa riduzione in parte è anche riconducibile al processo di aggregazione/acquisizione che ha interessato alcuni settori dopo le grandi crisi 2008/2009, 2012/2013 e 2020/2021.
Purtroppo, questa spinta verso l’unione aziendale ha compresso la platea degli artigiani, ma ha contribuito positivamente ad aumentare la dimensione media delle imprese, spingendo all'insù anche la produttività di molti comparti; in particolare, del trasporto merci, del metalmeccanico, degli installatori impianti e della moda.
La Flc Cgil chiede l’intervento legislativo del Parlamento: “Sarebbe di grande valore civile e sociale”. Quasi un milione i bambini interessati
Nel dibattito intorno al diritto di cittadinanza ripartito in questi giorni, arriva la posizione della Flc Cgil. “Noi pensiamo che chi nasce in Italia è italiano e chi cresce in Italia è italiano. Lo ius scholae è molto meno dello ius soli, ma sarebbe importante, un passo in avanti. Stiamo parlando di quasi un milione di bambini e bambine ragazzi e ragazze con background migratorio che frequentano le nostra scuole”.
A dirlo all’Ansa è Gianna Fracassi, segretaria generale della Federazione dei lavoratori della conoscenza della Cgil. “È una tremenda ingiustizia e fonte di disagio – spiega – la condizione di questi studenti che sono divisi da barriere invisibili rispetto ai loro compagni di scuola. Sarebbe di grande valore civile e sociale un intervento del parlamento in questa direzione”.
Per Fracassi, “la scuola è il primo luogo di integrazione ed è il luogo dove si costruisce la cittadinanza attiva e consapevole: per questo come lavoratori e lavoratrici della conoscenza non possiamo che sostenere gli avanzamenti in questa direzione. Spiace che su un tema così importante si ripropongano eloquenti silenzi o le solite bandiere ideologiche retrograde dal tetto agli alunni con background migratorio alle classi differenziali: tutto il contrario dell’inclusività che caratterizza la scuola italiana”.
Le proposte di legge in materia di cittadinanza non sono mai mancate, ma nessun governo ha mai avuto la forza politica di farne approvare nemmeno una in via definitiva. Vediamo quali sono le proposte sul campo e le diverse strade possibili per ottenere, oggi, la cittadinanza.
Ius soli: la cittadinanza è acquisita per il fatto di essere nati sul territorio dello Stato nel quale si risiede. Una proposta di legge è arenata in Parlamento dal 2013 e introdurrebbe uno ius solis temperato, almeno uno dei genitori deve essere titolare del diritto di soggiorno permanente;
Ius sanguinis: la cittadinanza è acquisita per discendenza o filiazione, se i genitori immigrati hanno la cittadinanza anche i figli sono cittadini italiani (legge 91 del 1992);
Ius scholae: si acquisisce la cittadinanza al compimento di un ciclo di studi. Anche in questo caso il tema è oggetto di una riforma della legge sulla cittadinanza del 2018 che è ferma in Parlamento dal 2022 e che prevede il riconoscimento della cittadinanza italiana per i minorenni stranieri nati in Italia o arrivati prima del compimento dei 12 anni che abbiano risieduto legalmente e senza interruzioni in Italia, e che abbiano frequentato regolarmente almeno 5 anni di studio nel nostro Paese, in uno o più cicli scolastici;
Ius culturae: i minori stranieri nati in Italia, o entrati entro il dodicesimo anno di età, possono ottenere la cittadinanza dopo avere “frequentato regolarmente per almeno cinque anni uno o più cicli presso istituti scolastici del sistema nazionale, o percorsi di istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali”: un’altra proposta di legge approvata dalla camera nel 2015 e che ha avuto lo stop in Senato nel 2017
A colloquio con Alessandra Pioggia, docente di diritto sanitario: “Negli anni ’90 si è affermata un’idea distorta del servizio pubblico, bisogna uscire dal paradigma aziendale”
Una sanità che funziona deve costare sempre di più. No, non è un errore di battitura, il concetto è proprio questo: è necessario ed anche giusto che la sanità costi sempre di più, anno dopo anno. Questo, naturalmente, a patto che l’obiettivo resti quello di salvare vite, allungarle, migliorarne la qualità nel tempo, scoprire nuove malattie, sviluppare tecnologie innovative per la cura, etc. Purtroppo, la sanità pubblica italiana non va in questa direzione: nel 2023 il rapporto della spesa sanitaria rispetto al Pil nel nostro paese è sceso dal 6,8% al 6,3% e le previsioni sul 2024 e 2025, pur conteggiando i nuovi finanziamenti previsti dal governo, stimano che la spesa sanitaria non supererà il 6,5% del Pil, restando ben al di sotto della media Ue e della media Ocse, entrambe del 7,1% (Rapporto Gimbe 2023).
“La sanità italiana ha intrapreso, da tempo, una discesa che non sembra in via di recupero”, ci dice la professoressa Alessandra Pioggia, ordinaria di Diritto amministrativo presso il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Perugia ed esperta di diritto sanitario. Pioggia ha tenuto corsi di insegnamento in diversi ambiti del diritto pubblico e attualmente insegna Diritto sanitario e dei servizi sociali e Management e innovazione nella pubblica amministrazione. I suoi approfonditi studi in materia di sanità, l’hanno convinta che, prima ancora delle ragioni economiche, esistono profonde ragioni culturali alla base del declino che è in atto.
“Negli anni ’90, con la seconda riforma del sistema sanitario, dopo la 833 - spiega - si è affermata nel nostro paese un’idea di sanità come macchina produttiva di servizi. È stata sostanzialmente rimossa dal discorso pubblico la dimensione identitaria, collettiva e democratica della questione. La piena adesione ad un’idea di efficienza, a sfondo economico, ha finito per immiserire la concezione di servizio pubblico su cui si era fondata nel 1978 l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale”. Secondo la professoressa, infatti, le aziende sanitarie, nate proprio in quegli anni, sono state concepite come “apparati di produzione di prestazioni, pesate in termini economici”. Apparati di produzione da mettere in concorrenza fra loro e con i privati accreditati.
In pratica, come ha scritto la giurista in un suo recente articolo per la rivista Mondoperaio, “l’idea di mercato ha fatto il suo trionfale ingresso in un mondo che era stato pensato e poi progettato come produzione collettiva di benessere sociale (dalla società verso la società) fuori dal mercato, in cui prevenzione e partecipazione si saldavano fra loro in un progetto di collettività che, insieme alla salute, promuoveva conoscenza, informazione e controllo democratico sui servizi”. Così, nel pieno della sbornia neoliberista del “New public management”, la sanità pubblica è diventata sempre di più una questione “aziendale” e le scelte sulla sua organizzazione e sul suo funzionamento sono state presentate tutte come “tecnicamente dovute”, perché necessarie a rendere efficiente e sostenibile il sistema.
L’aziendalizzazione della sanità ha aperto poi la strada al concetto di “prestazione”, che si è progressivamente sostituto a quello di “cura”. Questo ha naturalmente favorito la crescita della sanità privata, che per vocazione eroga prestazioni con l’obiettivo del profitto. Spiega ancora la professoressa Pioggia: “È in questo clima culturale dei primi anni ’90 che la sanità privata viene messa in concorrenza con quella pubblica, nella convinzione che questo possa stimolare la crescita complessiva del sistema. La Lombardia in particolare è il terreno di sperimentazione di questo modello della ‘libera scelta’ tra pubblico e privato. Una sperimentazione che si rivela presto fallimentare, perché una grande offerta di prestazioni sanitarie ne aumenta la domanda, e questo rende ingovernabile la spesa”.
Tant’è che la stessa Lombardia fa presto marcia indietro e comincia a programmare – come avviene oggi in tutte le regioni – un tetto di spesa per la sanità privata convenzionata (cioè pagata dal pubblico). “Questo per dire che il privato non può mai essere messo al pari del pubblico – chiosa la professoressa Pioggia – ma può rappresentare in una prospettiva collaborativa e non competitiva, uno strumento attraverso il quale il pubblico può soddisfare appieno i bisogni della comunità. Resta però fondamentale che la logica e la regia del sistema siano saldamente pubbliche”.
E a proposito di progressiva privatizzazione della sanità, c’è un ultimo dato sul quale la professoressa Pioggia invita a riflettere. In Italia non sono mai stati condotti studi scientifici sull’effetto delle privatizzazioni in sanità in termini di salute della popolazione, ma in Gran Bretagna, dove esiste un sistema sanitario molto simile al nostro, sì. Nel 2022 un importante studio pubblicato dalla prestigiosa rivista The Lancet ha dimostrato che ad ogni punto percentuale di attività sanitaria privatizzata corrisponde un incremento della mortalità evitabile.
“Ritengo questo studio molto interessante – conclude Pioggia – perché ci dice: attenzione, il ricorso al privato, aldilà dell’erogazione della prestazione in sé, comporta il venir meno di una presa in carico complessiva, che è fatta anche di ciò che separa una prestazione dall’altra, e cioè di relazione e di contatto, tutti elementi che costituiscono appunto un rapporto di cura. Questo non può essere garantito se si ragiona in un’ottica puramente prestazionale. Ecco perché occorre uscire dal paradigma aziendale, in cui si ragiona per prestazioni, trascurando la dimensione complessiva della cura e restituire alla sanità il suo originario ruolo di strumento della democrazia”.
I rimborsi per i beni mobili, quindi sostanzialmente gli arredi andati perduti con l’alluvione che ha colpito la Romagna nel maggio del 2023, diventano legge. Il 9 agosto è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la l. 111/24 dove si conferma il riconoscimento di 6mila euro come cifra forfettaria di rimborso.
I comitati Borgo Alluvionato e Via Ponte Romano di Faenza non ci stanno e “formulano una ferma protesta per il riconoscimento da parte del Parlamento della somma assolutamente insufficiente di euro 6.000 come massimale per il ristoro forfettario dei beni mobili e per i soli beni siti nelle residenze, da descrivere e periziare su piattaforma sfinge, come stabilito in sede di conversione del decreto n. 76. 2024”, affermano i loro portavoce.
“Vengono completamente disattese le indicazioni dei comitati alluvionati che ben esposero la realtà dei danni in sede di audizione e con memorie presentate alla VIII commissione del Senato – proseguono dai due Comitati -. Per i beni mobili, vi sono stime ufficiali nel maggio 2023 di arredi ed elettrodomestici smaltiti in piramidi di rifiuti indifferenziati pari a 100.000 tonnellate…cioè 100 milioni di kg… risarcendo 10 euro al kg, cioè 40 euro una televisione e 400 euro un frigorifero, la stima del danno è di 1 miliardo di euro a fronte di 210 milioni stanziati complessivamente nelle zone alluvionate, una differenza enorme anche adottando una stima dei danni più prudenziale “.
“Non corrisponde al vero – aggiungono – che nelle alluvioni non siano stati in precedenza rimborsati beni mobili, come ribadito recentemente anche da altri comitati come Vittime del Fango di Forlì, con dati alla mano”.
“Si prende atto della volontà politica chiara, inequivocabile, incontestabile – chiudono dai Comitati faentini – di non risarcire. Si chiede di dismettere definitivamente lo stanco refrain del “risarciremo tutto al cento per cento”, perché è intollerabile ascoltare ancora questa presa in giro. Le forze politiche che rivendicano meriti, insieme (purtroppo) ad alcuni comitati a sostegno, per la conferma di questi 6.000 euro forfettari come massimale per i beni mobili alluvionati, mostrano di vivere in un mondo molto lontano dalla realtà dell’alluvione”
Incontro tra sindacati confederali e Conferenza territoriale socio sanitaria
Liste d’attesa e aumenti delle rette Rsa sono stati al centro dell’incontro del 5 agosto scorso, richiesto dalle organizzazioni sindacali, tra ufficio di presidenza della Conferenza territoriale socio sanitaria e i sindacati confederali e delle rispettive categorie del pubblico impiego e dei pensionati. La direzione dell’Ausl di Reggio Emilia ha illustrato le azioni intraprese ad oggi nella provincia per lo smaltimento delle liste d’attesa, prima fra tutte l’adozione, a partire dal 28 giugno, di un sistema di pre-lista che risponde alla necessità di una reale presa in carico delle persone.
Con questa modalità, infatti, su tutte le prime visite specialistiche, nel caso in cui non vi sia nell’immediato la possibilità di avere un appuntamento, rivolgendosi agli sportelli Cup, Cuptel e nelle farmacie, la richiesta viene presa in carico e si viene successivamente contattati con un appuntamento rispettoso dei termini previsti dall’impegnativa. Rimangono esclusi al momento dalla procedura della presa in carico il Fascicolo sanitario elettronico e il CupWeb, per i quali si deve attendere l’adeguamento del sistema informatico regionale.
“Il sistema delle pre-liste – sottolineano Elena Strozzi Cgil Reggio Emilia e Nicola Maria Russo Uil Modena e Reggio – è un significativo avanzamento in ottica di trasparenza e semplificazione del rapporto tra cittadini e sistema sanitario e permette di avere un indice reale della mole di prestazioni richieste da parte dell’utenza e dell’effettiva congruenza nei tempi di risposta dell’Azienda. Da sempre, infatti, come organizzazioni sindacali abbiamo denunciato che a fronte di agende chiuse non fosse possibile avere contezza di quante prestazioni e richieste rimanevano inevase da parte del Servizio pubblico”.
Essendo questa solo la principale delle azioni che l’Ausl deve mettere in atto in applicazione alla delibera regionale in termini di smaltimento di liste d’attesa, le organizzazioni sindacali hanno richiesto ed ottenuto dalla Ctss un tavolo di monitoraggio e confronto, “affinché si possano verificare anche quegli impegni in termini di necessità di riorganizzazioni e di piani assunzionali, che dovrebbero portare in modo stabile ed a lungo termine ad una gestione migliore non solo delle liste d’attesa, ma della presa in carico complessiva delle persone, nella piena consapevolezza che un bisogno di salute non si riduce a solo bisogno sanitario”.
Durante l’incontro è stato fatto anche il punto sullo stato di attuazione dell’Accordo regionale per la calmierazione degli aumenti delle rette per gli ospiti delle Case Residenze per anziani su posti accreditati contrattualizzati. L’accordo prevede la possibilità di ricevere un rimborso sugli aumenti di tariffa applicati dal 1° febbraio 2024, in base all’Isee sociosanitario residenziale dell’ospite.
A fronte dello slittamento della consegna agli interessati della comunicazione contenente le modalità per ottenere i rimborsi e quindi dei tempi stretti rimanenti per la presentazione delle domande di rimborso prevista per il 5 ottobre, organizzazioni sindacali e Cactus hanno convenuto sull’opportunità di prorogare tale scadenza per permettere a tutti gli aventi diritto di richiedere il rimborso
Presentati i dati sul monitoraggio delle acque della costa emiliano-romagnola
Goletta Verde, in Emilia-Romagna 2 punti su 11 campionati oltre i limiti di legge
Eolico off-shore, ottima notizia l’ok dal MASE alla valutazione di impatto ambientale per due progetti da oltre 1000 MW complessivi al largo di Rimini e Ravenna
Legambiente: “I dati emersi sono in linea con quelli degli ultimi anni, l’osservato speciale è il torrente Marano di Riccione che quest’anno è risultato a norma, ma negli ultimi 15 anni ben 12 volte è risultato inquinato. Bisogna sfruttare al meglio i progetti finanziati dal PNRR. L’Alto Adriatico dopo il granchio blu è stato colpito dalla mucillagine in mare, occorre correre presto ai ripari per tutelare il nostro mare e l’asset del turismo”
38esima edizione di Goletta Verde, la storica campagna estiva di Legambiente che solca i mari in difesa delle acque e delle coste
Qui la mappa interattiva del monitoraggio, con i punti di campionamento e i risultati delle analisi.
Presentati da Goletta Verde di Legambiente i risultati del monitoraggio delle acque delle coste dell’Emilia-Romagna: su 11 punti campionati 2 sono risultati essere oltre i limiti di legge. Si tratta del punto presso la foce fiume Uniti a Ravenna, e alla foce del fiume Rubicone a Gatteo a Mare (Forlì Cesena).
Questa mattina, nel corso della conferenza stampa tenutasi a bordo di Goletta Verde ormeggiata presso il Marina di Rimini, sono stati presentati i dati sulla qualità delle acque delle coste emiliano-romagnole. Al tavolo Giorgio Zampetti, direttore generale Legambiente, insieme a Stefano Raimondi, responsabile biodiversità Legambiente e portavoce Goletta Verde, che hanno illustrato i dati emersi dopo il prelievo e il campionamento delle acque ad opera dei volontari e delle volontarie di Legambiente.
Presenti alla conferenza anche Davide Ferraresi, presidente Legambiente Emilia-Romagna, Cristina Mazziotti, responsabile Struttura Oceanografica Daphne ARPAE Emilia-Romagna, l’assessore all’Ambiente di Rimini Anna Montini, il sindaco di Ravenna Michele De Pascale, il vicesindaco di Cesenatico Lorenza Fantozzi, Alessia Merlo, responsabile Coordinamento dell’Area 2 –CONOU, l’assessore all’Ambiente di Misano Nicola Schivardi, Alessandro Cingolani, Capitano di Fregata, Comandante in seconda Capitaneria di Porto Rimini.
Degli 11 campioni esaminati, 6 sono stati prelevati alla foce di fiumi o canali e 5 a mare. I due punti risultati oltre ai limiti di legge hanno ricevuto il giudizio di “inquinato” alle analisi microbiologiche effettuate da laboratori specializzati sul territorio: si tratta dei punti presso la foce fiume Uniti, al Lido di Adriano a Ravenna, e alla foce del fiume Rubicone a Gatteo a Mare (Forlì Cesena).
Osservato speciale: l’osservato speciale da Goletta Verde in Emilia-Romagna è il punto di prelievo presso la foce del torrente Marano, a Riccione (Rimini). Gli “osservati speciali”, novità di quest’anno, sono quei punti storicamente critici per i quali Legambiente ha deciso di ripetere i prelievi anche nei mesi che precedono il passaggio della campagna, a supporto della fotografia scattata nei mesi estivi. Il punto attenzionato risulta essere fin dal 2010 oltre i limiti alle analisi effettuate da Goletta Verde, con le uniche eccezioni del 2019, 2022 e quest’anno. Nei campionamenti dei mesi scorsi, solo nel prelievo di aprile sono state riscontrate criticità.
“Gli esiti del monitoraggio delle acque da parte di Goletta Verde sono in linea con quelli degli ultimi due anni con un solo punto campionato oltre i limiti di legge – dichiara Francesco Occhipinti, direttore di Legambiente Emilia-Romagna. Anche il nostro osservato speciale, il torrente Marano, è rientrato nei parametri ed è risultato a norma. Lo vogliamo prendere come un segnale indicativo di un cambio di tendenza, ma sia per il Marano sia per le foci di fiumi e canali continueremo ad avere la massima attenzione. In Emilia-Romagna abbiamo una doppia responsabilità, perché tutelare il mare vuol dire non solo salvaguardare l’ambiente e gli habitat marini ma anche l’asset economico più importante della regione. Quindi grazie al lavoro di Goletta, continueremo a monitorare la qualità delle acque delle nostre coste informando i cittadini e le cittadine sullo stato di salute del nostro mare”.
“Per migliorare lo stato della balneazione è necessario che i progetti finanziati dal PNRR per l’efficientamento della rete fognaria e degli impianti di depurazione siano portati avanti in maniera spedita – il monito di Stefano Raimondi, portavoce di Goletta Verde e responsabile biodiversità di Legambiente. L’Alto Adriatico sta vivendo momenti davvero difficili, dall’emergenza granchio blu al fenomeno della mucillagine in mare che da decenni non si registrava. Tra le concause per la presenza di mucillagine in mare c’è anche l’eccessiva presenza di nutrienti, derivanti da agricoltura e allevamenti intensivi in Pianura Padana che arrivano attraverso il fiume dal Po. Abbiamo lanciato delle proposte al neocommissario Caterino per l’emergenza granchio blu: uso delle nasse per pesca selettiva, subìto gli indennizzi, favorire la ricerca scientifica”.
In Emilia-Romagna ok dal MASE alla valutazione ambientale per i primi impianti eolico off-shore dell’Adriatico. Le energie da fonti rinnovabili, in particolare l’eolico off-shore, sono uno dei temi più importanti che viaggiano a bordo di Goletta Verde. Nelle ultime settimane è arrivato l’ok da parte del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica alla valutazione di impatto ambientale ai due progetti di eolico off-shore che potrebbero essere realizzati al largo di Rimini e Ravenna. “La nostra battaglia per l’indipendenza dalle fonti fossili e la transizione energetica fa segnare i primi punti con il semaforo verde a due progetti per l’eolico off-shore che forniranno di energia pulita l’Emilia-Romagna, con una potenza di oltre 1.000 MW – dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale Legambiente. Si tratta dei primi progetti che potrebbero prendere corpo al largo del mar Adriatico, un passo importantissimo per lo sviluppo sostenibile del territorio emiliano-romagnolo, speriamo che sia da apripista agli altri progetti in attesa di valutazione. L’iter non è concluso ma con Goletta Verde continueremo a chiedere un’accelerazione fino all’ok finale, allo scopo di avere un Paese indipendente dalle fonti fossili e con sempre più energia green”.
Mucillagine in Alto Adriatico: il peso di agro-zootecnìa sulla salute dei mari. Sulle coste dei mari dell’Alto Adriatico, in particolare dalle Marche, Emilia-Romagna al Friuli-Venezia Giulia, sono visibili ad occhio nudo grosse chiazze di colore verde-marrone. Che cosa è? Si tratta della mucillagine prodotta dalle microalghe che emerge in superfice dai fondali marini. Da cosa deriva il fenomeno? Iniziamo col dire, sgombrando il campo da facili allarmismi, che si tratta di un fenomeno naturale e che non ha nessuna conseguenza diretta per la salute pubblica. È diventato imponente negli ultimi tempi – non si notava da decenni – a causa dell’eccessivo apporto di nutrienti, come azoto e fosforo provenienti dal bacino del fiume Po, che alimentano una maggiore secrezione delle microalghe presenti nei fondali del litorale Adriatico. A cosa è dovuto questo eccesso di nutrienti? I nutrienti, come azoto e fosforo, sono una diretta conseguenza del loro uso in agricoltura e negli allevamenti di bovini e suini. Le forti piogge dei mesi scorsi in tutto il bacino del Po hanno di fatti dilavato i terreni agricoli di queste sostanze arrivate in Adriatico attraverso il fiume Po. Il peso dell’agro-zootecnia sul mare Adriatico? Secondo i più recenti dati pubblicati dall’ISTAT, le regioni del Nord si intestano un consumo di fertilizzanti che rappresenta il 62% del dato nazionale per l’azoto e del 58% per il fosforo. Stesso discorso per gli allevamenti intensivi: nel Nord si concentra il 67% di bovini e il 90% dei suini allevati in tutta Italia. Il tutto si traduce in un grosso peso per l’Adriatico, in termini di azoto e fosforo. Uno studio di Autorità di Bacino del Po e delle università di Ferrara, Parma e Torino ci dice che 251mila tonnellate di azoto finiscono ogni anno nei fiumi e nelle falde e da qui, nell’alto Adriatico mentre il quantitativo di fosforo ammonta a 73mila tonnellate all’anno.
Partner principali della campagna sono: ANEV, CONOU, Novamont e Renexia, e la media partnership de La Nuova Ecologia.
Il CONOU, Consorzio Nazionale Oli Usati, sostiene da anni la campagna estiva di Legambiente, nella convinzione che sia assolutamente necessario agire collettivamente per la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. Il Consorzio è parte attiva in questo scenario: con la sua attività di raccolta e rigenerazione degli oli minerali usati è un esempio di eccellenza di economia circolare, non solo in Italia, ma addirittura in Europa. Raccogliendo l’olio lubrificante usato alla fine del suo ciclo di vita nei macchinari industriali, ma anche nelle automobili, nelle barche e nei mezzi agricoli, il CONOU fa in modo che questo rifiuto – altamente pericoloso se non gestito correttamente – si trasformi in una preziosa risorsa. Oltre il 98% dell’olio raccolto dal Consorzio viene infatti rigenerato e trasformato in nuova materia prima riutilizzabile, con benefici per l’ambiente e la salute grazie alla riduzione dell’utilizzo di risorse naturali e delle emissioni di gas serra e di altri inquinanti. “Transizione energetica e soprattutto Economia Circolare sono le soluzioni alla Crisi Climatica e allo sfruttamento e dispersione di risorse. Il CONOU, operativo dal 1984, è un esempio concreto di eccellenza in Europa nel settore dell’Economia Circolare; oltre a raccogliere e rigenerare tutto l’olio usato in Italia, si impegna nel sensibilizzare cittadini di oggi e di domani affinché concorrano attivamente allo sviluppo sostenibile del nostro Pianeta. Immaginate come sarebbero queste coste e questo mare oggi se in quasi 40 anni avessimo lasciato che quasi 7 milioni di tonnellate invece che raccolte fossero state disperse a terra, nei mari e nei laghi” spiega Alessia Merlo, Responsabile CONOU Coordinamento Area Nord-Est. “La Goletta, con gli straordinari volontari di Legambiente, ci ammonisce e ci indica la strada che tutti dobbiamo percorrere”.
Il monitoraggio scientifico I prelievi di Goletta Verde vengono eseguiti da tecnici, volontari e volontarie di Legambiente. L’ufficio scientifico dell’associazione si è occupato della loro formazione e del loro coordinamento, individuando i laboratori sul territorio. I campioni per le analisi microbiologiche sono prelevati in barattoli sterili e conservati in frigorifero, fino al momento dell’analisi, che avviene lo stesso giorno di campionamento o comunque entro le 24 ore dal prelievo. I parametri indagati sono microbiologici (enterococchi intestinali, Escherichia coli). Il numero dei campionamenti effettuati viene definito in proporzione ai Km di costa di ogni regione.
LEGENDA.
Facendo riferimento ai valori limite previsti dalla normativa sulle acque di balneazione vigente in Italia (Dlgs 116/2008 e decreto attuativo del 30 marzo 2010) i giudizi si esprimono sulla base dello schema seguente: INQUINATO = Enterococchi intestinali > 200 UFC/100 ml e/o Escherichia coli > 500 UFC/100ml. FORTEMENTE INQUINATO = Enterococchi intestinali > 400 UFC/100 ml e/o Escherichia coli > 1000 UFC/100ml.
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