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La giravolta sui dazi ha premiato i suoi protagonisti Regalo miliardario alle "7 sorelle" hi tech e a tutti i ribassisti. E il Trump Media Group sale del 19%. I democratici: ora inchiesta

Trader della borsa di New york ascoltano le dichiarazione di Trump Trader della borsa di New york ascoltano le dichiarazione di Trump foto Justin Lane /Ansa

Altro che operai: i dazi hanno fatto bene finora solo a chi vive di plusvalenze sui titoli azionari. Un’operazione di manipolazione del mercato in grande stile, coerente con la stagione di gangsterismo economico inaugurata dal nuovo inquilino della Casa Bianca.

Prima il post sul «grande momento per comprare» firmato “Djt” (le iniziali di Trump ma anche la sigla della sua società in borsa), e quattro ore dopo l’annuncio di uno stop di 90 giorni per le cosiddette «tariffe reciproche» (esclusa la Cina, per la quale i dazi sono saliti addirittura al 145%), con la regia del gestore di hedge fund promosso a segretario del Tesoro Scott Bessent, sentito il segretario al Commercio Howard Lutnick, già capo della società di servizi finanziari Cantor Fitzgerald, tra i 24 operatori «primari» che possono negoziare titoli di Stato con la Federal Reserve. Chi ha seguito il consiglio di The Donald, quando le quotazioni erano basse, ha realizzato così guadagni d’oro. Anche tra deputati e senatori, a quanto pare. «Qualunque membro del Congresso abbia acquistato azioni nelle ultime 48 ore – ha affermato al riguardo la deputata Alexandria Ocasio-Cortez – dovrebbe renderlo noto ora. Ho sentito delle cose interessanti in aula. È ora di vietare l’insider trading al Congresso». I democratici sembrano essersi svegliati e chiedono una vera indagine.

«Chi ha comprato azioni lo dica subito, stop all’insider tradingAlexandria Ocasio Cortez

IL RIMBALZO di mercoledì è stato, in ogni caso, una pasqua di resurrezione per banchieri e tecnologici, dopo lo tsunami dei giorni precedenti, quando sono andati in fumo quasi 10 trilioni di dollari. Un rialzo guidato soprattutto dai «Magnifici 7», i gioielli dell’hi tech che più di altri hanno investito nella rielezione del tycoon. I numeri sono davvero notevoli: +20% Tesla, +18% Nvidia, +15% Meta, +15% Apple, +12% Amazon, +10% Microsoft, +10% Alphabet. Elon Musk, il fustigatore dei dipendenti pubblici, ha raccolto in poche ore ben 6 miliardi di dollari per la sua nuova impresa xAI. Parliamo, comunque, di titoli già molto sopravvalutati rispetto ai fondamentali delle aziende, a proposito dei quali molti analisti hanno evocato la bolla speculativa dei Dot-com degli anni Novanta, legata non a caso alle nuove tecnologie informatiche.

FESTA ANCHE per i titoli del settore dei semiconduttori, come Broadcom, Amd, Micron e Applied Materials, con l’indice Phlx Semiconductor che è salito addirittura del 19%. Per non parlare di banche e fondi speculativi: +9% Citigroup, +8% JP Morgan, +6% Bank of America, +7% Wells Fargo. Tra questi, non tutti hanno recuperato ancora quanto hanno perso negli ultimi giorni, ma il rimbalzo ha premiato gli investitori scaltri, quelli che sanno approfittare dei crolli borsistici momentanei. Come chi ha comprato titoli di BlackRock, saliti in un solo giorno del 9,97%. Tra i miliardari che hanno beneficiato di questo rimbalzo, spicca Warren Buffett, ceo di Berkshire Hathaway, una delle holding più grandi del mondo, con un fatturato di oltre 250 miliardi di dollari. Le azioni di classe A di questa società hanno raggiunto il massimo storico due giorni fa, dopo aver guadagnato perfino nella tempesta dei giorni precedenti.

MA IL NOME che fa più rumore è proprio quello di The Donald. Le azioni di Trump Media & Technology Group hanno registrato un incremento del 19,3% dopo l’annuncio sulla sospensione dei dazi fatto non a caso su Truth Social, che dello stesso gruppo fa parte.

Cosa insegna questa vicenda? Che il problema della classe operaia e dell’industria americana non sono il vino italiano o la lana cinese, ma l’ipertrofia della «sovrastruttura finanziaria» rispetto all’economia reale. La capitalizzazione del principale indice di Wall Street, lo S&P 500, è pari al doppio del Pil del paese: sono le oligarchie finanziarie che tengono in pugno gli Stati Uniti d’America. Quelle che Trump mai e poi mai metterà in discussione, essendo egli stesso espressione di quel mondo.

IERI TUTTE le borse del mondo sono andate bene, tranne Wall Street, per i dati sull’inflazione. Ma non è un problema, per ora. La bolla è ancora molto grossa e per tanti, ancora una volta, sarà un’occasione per speculare. Resta il monito di Jeffrey Sachs: «Quella dei dazi è una guerra che tutti perderanno, miliardari compresi». Chissà.