Come si ricorderà dopo la seconda alluvione apparve internamente alla rotonda del Fontanone “E galet de paciugh”: l’allestimento rimase esposto alcuni mesi, si pensò poi di collocarlo in un luogo permanente a testimonianza dell’evento climatico, ma poi non si è saputo più nulla. Ebbene dopo il galletto e dopo la terza alluvione sono arrivate le colombe stilizzate che si sono posate sul muro di via Renaccio.
Il nuovo allestimento ha come obiettivo di ricordare le famiglie colpite dal disastro: 320 nella prima e seconda alluvione, rappresentate da colombe azzurre e bianche, e 170 nell’ultima (colombe rosse). Sono apparse a decoro del muro grigio su iniziativa di Luigia Carcioffi, ex consigliera dimissionaria di Faenza Coraggiosa e insegnante dell’Istituto comprensivo Carchidio.Strocchi.
“Le colombe sul fango” questo il titolo dell’opera sono piccoli manufatti in legno, frutto di un progetto nato un anno fa nella scuola media per raccogliere fondi a favore delle famiglie alluvionate. Sono state realizzate dagli alunni con l’aiuto degli insegnanti.
«Ora – riferisce Carcioffi - si sono posate sul muro per ricordare le famiglie costrette ad abbandonare le loro case: fino a quando tutti non vi torneranno non ci sarà pace né giustizia». La frase appare scritta anche su cartelli plastificati all’inizio del percorso artistico che prosegue per una lunghezza di oltre cento metri, proprio di fronte al parco di via Calamelli.
Il muro è quello costruito in sostituzione del vecchio manufatto in mattoni crollato a causa della seconda alluvione nel maggio 2023. Da quella rottura arrivò l’acqua che invase il quartiere Bassa Italia e il centro storico: nel vicino parcheggio “Faenza 1” raggiunse i quattro metri di altezza. Con la costruzione della muraglia il fiume stavolta non ha procurato danni, che si sono comunque verificati a causa del sistema fognario. F.D.
Commenta (0 Commenti)Iniziate le incursioni di terra per entrare in Libano, i tank israeliani si ammassano al confine, «Netanyahu ci ha promesso un’invasione limitata» dicono gli Usa. Nessuno ferma più Tel Aviv, e Beirut diventa un campo profughi. L’Italia: lasciate subito il paese ma pagatevi l’aereo
Con permesso Nella città mediorientale il lungomare simbolo del neoliberismo estremo post-guerra civile si sta trasformando in un campo nomadi
Libanesi sfollati con gli occhi al cielo di Beirut, pieno di droni israeliani – Getty Images/Murat Sengu
Nei cieli di Beirut non si cerca un segno di Dio, ma l’elica di un drone israeliano. Notte e giorno sulla capitale libanese si sente un ronzio incessante che ricorda chi ha in mano la sorte di quanti camminano sulla terra in questa parte di mondo. Guardare verso l’alto assume così un senso nuovo, di fatale rassegnazione. È la guerra del terzo millennio che ha abbandonato i tamburi e si affida a un suono meno solenne per annunciare che la morte potrebbe venire da un momento all’altro.
Dal lungomare alla Piazza dei Martiri, Beirut è pervasa da un’attività febbrile di formicaio in emergenza. Motorini che sfrecciano ignorando ogni segnale stradale carichi di tappeti, materassi di gommapiuma e bustone tenute insieme dallo spago.
Famiglie intere che si spostano su due ruote rigorosamente senza casco e in ogni condizione possibile, dalle madri che danno il biberon ai neonati ai chi quasi sbanda con le bombole del gas o i boccioni di plastica dell’acqua. Non c’è dubbio: bisogna sbrigarsi. A tarda sera diversi media hanno dato l’allarme dell’inizio dell’invasione e il traffico è impazzito del tutto. Una parte degli sfollati ha scelto di cercare la salvezza in Siria, e secondo alcune stime sarebbero già in 100mila che hanno raggiunto il Paese confinante. Altri hanno solo cambiato quadrante di Beirut, spostandosi sul lungomare o sul piazzale antistante l’imponente moschea Al Amin.
L’ATTACCO di ieri nella zona di Cola, a poca distanza dal centro, ha però ricordato che non ci sono quartieri veramente sicuri a Beirut tranne, almeno per ora, Geitaoui, la parte cristiana a est della città. A ovest sono tutti sospettosi perché è evidente che gli israeliani sanno molto di più di quanto dovrebbero. Ad aiutarli ci sono i droni, gli Hermes 900, velivoli prodotti dalla Elbit di Haifa che hanno fino a 30 ore di autonomia e sono dotati dei più avanzati sistemi di monitoraggio, dalle videocamere ultrasensibili a diversi tipi di sensori e radar. Gli Hermes passano le informazioni direttamente ai satelliti di Tel Aviv e da questi il centro di comando operativo osserva tutto. Quando l’informazione è sicura viene dato l’ordine all’aviazione e, a seconda dell’obiettivo, si rade al suolo un intero isolato per Nasrallah o si fa saltare il piano di un palazzo per i membri del Fronte popolare di liberazione palestinese come ieri a Cola.
Senza bisogno di conoscenze tecniche o militari gli abitanti di Beirut, soprattutto quelli dei quartieri sciiti, hanno capito che
Commenta (0 Commenti)Nella foto: Manifestazioni per la giornata internazionale dell’aborto libero, gratuito e sicuro a Città del Messico @Gerardo Vieyra/NurPhoto via Getty Images
Oggi un Lunedì Rosso che esplora le derive autoritarie.
Reprimere ciò che sfugge alla norma. A partire dall’infanzia, con la riforma del voto in condotta voluta dal ministro dell’Istruzione.
Chiudere gli spazi di agibilità politica per il dissenso. Questo il rischioso orizzonte a cui tende il nuovo ddl sicurezza, al vaglio del Senato.
E se dentro i confini nazionali il pericolo si presenta sotto forma di silenziamento, sullo scenario internazionale perdura il fragore delle bombe. Israele attacca Beirut e uccide il leader di Hezbollah.
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i popolari ammettono la sconfitta. "Gli austriaci hanno fatto la storia. La popolazione si è espressa chiaramente a favore del cambiamento", ha detto il portavoce del partito della Libertà
L'onda nera travolge anche l'Austria e mette all'angolo il cancelliere popolare Karl Nehammer grande sconfitto di questa tornata elettorale, definita dalla stampa austriaca come un "terremoto politico". Sulla scia della grande avanzata dell'Afd in Germania, l'estrema destra del Fpo non solo diventa il primo partito del Paese alpino ma mette a segno un risultato senza precedenti sfiorando il 30% dei consensi, ben oltre le attese della vigilia. E guadagnando addirittura il 13% rispetto alle scorse elezioni.
Crollano invece i popolari dell'Opv: il partito del cancelliere Karl Nehammer si ferma al 26,2% incassando, secondo le prime proiezioni diffuse alla chiusura dei seggi, una debacle di oltre 11 punti rispetto al voto di 5 anni fa. La sinistra tiene ma non sfrutta il clima di grande polarizzazione elettorale: Il Spo (Partito Socialista Austriaco) si attesta al 20,4%, in leggera flessione rispetto alle precedenti elezioni. Male anche i Verdi, finora al governo con l'Opv, che non vanno oltre l'8,6% e i liberali di Neos, anche loro al 9,1%.
"Grazie, grazie a ogni singolo elettore: oggi gli austriaci hanno fatto la storia". E' stato il commento a caldo del portavoce dell'Fpo (partito della Libertà), Michael Schnedlitz. "La popolazione si è espressa chiaramente a favore del cambiamento", ha aggiunto.
Il cancelliere austriaco Nehammer ha ammesso che la sua forza politica non è riuscita a colmare il divario con il partito della Libertà. Nehammer ha detto che l'Ovp deve mantenere le promesse fatte prima delle elezioni, senza precisare se tra queste vi sia anche la sua frequente affermazione che non entrerà a far parte di un governo di coalizione guidato dal leader dell'Fpo, Herbert Kickl.
Rispetto alle elezioni del 2019, questo rappresenta un grande risultato per l'Fpo: allora il Partito della Libertà ottenne solo il 16,17%. L'Ovp ha perso pesantemente rispetto al precedente risultato del 37,46%. Nelle elezioni precedenti invece la Spo aveva ottenuto il 21,18%, i Verdi il 13,90% e Neos l'8,10%.
Fondato negli anni Cinquanta da ex ufficiali nazisti, il Fpo (Freiheitliche Partei Österreichs) ha vissuto diverse stagioni, negli anni '80 fu persino alleato dei Socialdemocratici, quando visse una fase moderata, ma dalla segreteria di Jörg Haider in poi milita su posizioni nettamente nazionaliste ed anti-Ue.
L'Fpo, poi, si caratterizza per le sue posizioni filorusse in materia di politica estera: la continuità territoriale di Vienna con la Slovacchi di Robert Fico e l'Ungheria di Viktor Orban costituirebbe un blocco populista molto omogeneo nel cuore dell'Europa centrale. Tutto però ruota intorno a Herbert Kickl, attuale leader dell'Fpo. Già ministro dell'Interno nel 2017, aveva mostrato il pugno di ferro sull'immigrazione, promettendo di trasformare l'Austria in una fortezza, e si era lanciato in un assalto frontale ai servizi di sicurezza, con il risultato che i partner occidentali avevano sospeso la condivisione dell'intelligence. I suoi piani furono interrotti dalla caduta del governo, sull'onda dell'Ibiza-gate: nel maggio 2019, infatti, era emerso un video, girato nell'isola spagnola, in cui l'allora leader dell'Fpo si offriva di vendere favori politici a una donna che si identificava come la nipote di un oligarca russo.
In Germania «Ricette semplicistiche per problemi complessi sono adatte agli imbonitori». Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha rilanciato l’allarme clima con decisione intervenendo a un seminario nel polo Onu di Bonn, […]
«Ricette semplicistiche per problemi complessi sono adatte agli imbonitori». Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha rilanciato l’allarme clima con decisione intervenendo a un seminario nel polo Onu di Bonn, nell’ultima giornata della sua visita in Germania. Mattarella ha spiegato come non ci sia alcuna alternativa ad una rapida de-carbonizzazione del pianeta, sferzando quanti, in Europa e in Italia, negano o sottovalutano la portata del problema.
«Per troppo tempo – ha detto il Capo dello Stato – abbiamo affrontato in modo inadeguato la questione della tutela dell’ambiente e del cambiamento climatico, opponendo artificiosamente fra loro le ragioni della gestione dell’esistente a quelle del futuro dei nostri figli e nipoti». Il Presidente della Repubblica ha anche ricordato che «l’intensificazione della frequenza delle catastrofi naturali condiziona ogni aspetto della vita; Le conseguenze dei nostri ritardi sono sotto gli occhi di tutti e sempre nefaste».
«Quello per combattere il cambiamento climatico è un progetto ambizioso che potremo realizzare – ha concluso Mattarella – solo accettando una maggiore cooperazione che ci consenta di muovere verso una Unione dell’energia».
Commenta (0 Commenti)Ground 2.0 Libano sotto choc dopo la conferma che il capo di Hezbollah è rimasto ucciso nel raid israeliano di venerdì. E la strage continua. Anche ieri attacchi pesantissimi sulla periferia sud di Beirut e la zona dell’aeroporto
Il leader di Hezbollah Hassan Nasrallah è sotto le macerie dei sei palazzi bombardati da Israele a Beirut. Bombardamenti continui sul Libano, movimenti di truppe, la guerra totale forse è già iniziata, il mondo tace attonito. Tranne Joe Biden: «È stata una misura di giustizia»
Il ritratto di Hassan Nasrallah ieri nelle strade di Beirut – foto Houssam Shbaro/Anadolu via Getty Images
«Appena arrivata la notizia si sono fermati tutti, la gente trema, piange, grida e si batte il petto… è impressionante», commenta a caldo un volontario di una ong locale che distribuisce beni di prima assistenza al centro di accoglienza allestito nel complesso messo a disposizione dal ministero dell’Educazione, nella periferia a sud-est di Beirut, Dekwaneh. Da lì venerdì le esplosioni sono state nettissime, come fossero nel cortile della scuola. La notizia, in quel momento ancora non confermata, ha fatto il giro del mondo ieri: Hassan Nasrallah è morto. Tutti sanno che le cose sono cambiate.
LA COMUNITÀ SCIITA è sotto choc in tutto il Libano. A Beirut, nei quartieri meridionali, ma anche nei centralissimi Bashoura, Zarif o Basta si sentono le grida e il pianto a singhiozzi di uomini, donne e bambini per la perdita di un leader, di una guida politica, religiosa, militare, di un punto di riferimento. Perché considerare Nasrallah solamente un capo è profondamente riduttivo. Saranno giorni difficili, imprevedibili, di dolore e risentimento. Si sentono slogan come «‘aysh, ‘aysh!» (vive, vive) o come «Labbayka ya Nasrallah!» (Ai tuoi ordini, Nasrallah!).
Condoglianze sono giunte da molta parte del mondo politico libanese: Michel Aoun (ex presidente e alleato di Hezbollah), Walid Jumblat (capo della comunità drusa), Saad Hariri (ex premier e leader sunnita) hanno espresso messaggi di stima. Le Forze Libanesi, destra conservatrice cristiana e avversario storico della milizia-partito, non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali. Ma venerdì sera nella sede del partito di Geitawe, Beirut est, roccaforte del partito nella capitale, dopo il violento attacco e la notizia della presunta morte di Nasrallah, l’aria era di festa, con musica a volume alto fino a tardi.
TUTTA LA NOTTE tra venerdì e sabato l’aviazione israeliana ha continuato a bombardare la Dahieh, come è chiamata questa parte di Beirut. La gente si è riversata per le strade ed è
Leggi tutto: Morto Nasrallah, tutto cambia - di Pasquale Porciello Beirut
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