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Escalation per l'inferno

In Iran passa la linea dei pasdaran: 180 missili balistici su Israele per vendicare l’uccisione dei leader di Hamas e Hezbollah generano molto allarme e pochi danni. Unica vittima accertata un palestinese a Gerico. La risposta, promette Tel Aviv, sarà dura e immediata

Escalation per l'inferno Tel Aviv annuncia che reagirà con massima forza contro l’Iran. Morto un palestinese a Gerico. Attentato armato a Giaffa poco prima dei lanci: due palestinesi hanno ucciso sei israeliani

Missili di Teheran su Israele. Guerra regionale più vicina

L’allarme è scattato intorno alle 18.30. «Recatevi subito in un’area protetta, non uscite e aspettate il messaggio di cessato pericolo» era il testo apparso sullo schermo di milioni di telefoni cellulari israeliani. Quello di fine pericolo è arrivato un’ora dopo, al termine di almeno due ondate di missili balistici, in totale 180, lanciati dall’Iran verso Israele. Per molti minuti durante l’attacco, mentre l’urlo delle sirene squarciava il silenzio calato poco prima in tutti i centri abitati, il cielo è stato attraversato dalle scie e dalle luci generate dai missili inseguiti dagli intercettori. La seconda ondata è stata la più violenta, accompagnata da forti boati, anche a Gerusalemme, e dalle grida di persone spaventate. Le tv israeliane in diretta hanno mostrato i missili diretti su Tel Aviv e i suoi sobborghi. Nei video amatoriali postati sui social si sono visti missili che colpivano il territorio israeliano. Si sono registrati pochi danni materiali a Tel Aviv e minime sono state le conseguenze per i civili israeliani: solo due feriti leggeri. L’unico morto, secondo il bilancio aggiornato a ieri sera, è un lavoratore palestinese, Sami Asali, di Jabaliya. Sarebbe stato colpito in pieno dall’esplosione di un missile caduto su Gerico, nella Cisgiordania occupata.

Sei israeliani invece sono rimasti uccisi in un attacco compiuto con un’arma automatica e un coltello a una fermata di Giaffa della metropolitana leggera da due palestinesi di Hebron pochi minuti prima delle sirene per i missili in arrivo su Israele. Altre nove persone sono rimaste ferite. I due attentatori sono stati uccisi da agenti di polizia dopo un breve inseguimento. Ieri sera non era arrivata alcuna rivendicazione ma i due palestinesi potrebbero essere militanti di Hamas. Qualcuno ha anche ipotizzato un collegamento tra la sparatoria a Giaffa e l’attacco dall’Iran.   La Guardia rivoluzionaria iraniana ha spiegato il lancio dei missili come una risposta alle uccisioni compiute da Israele del capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, a fine luglio a Teheran, e del leader di Hezbollah venerdì scorso a Beirut. «Abbiamo colpito tre basi militari israeliane vicino a Tel Aviv», ha aggiunto. La televisione pubblica iraniana ha aggiunto che sono stati utilizzati missili ipersonici Fatah di fabbricazione iraniana.

L’attacco di ieri è stato più potente di quello dello scorso aprile, portato soprattutto con droni, che fu sventato quasi completamente dalle difese di Israele con l’aiuto decisivo degli alleati americani, francesi e arabi. Aiuto che c’è stato di nuovo ieri – anche da parte della Giordania – e che era stato assicurato da Joe Biden e dall’Amministrazione Usa quando il New York Times ha previsto l’attacco iraniano a Israele nel giro di poche ore al

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Far partire subito una serie di opere straordinarie, tra quelle inserite nei Piani speciali per la Ricostruzione, già presentati dalla Regione alla struttura commissariale a inizio luglio e in attesa di approvazione, anticipando l’avvio di un primo stralcio funzionale. Con fondi certi, previsti dal Governo nella prossima manovra, e procedure semplificate per lo svolgimento dei lavori e la messa in sicurezza strutturale del territorio, al di là degli interventi già conclusi e in corso.

Queste le richieste ribadite oggi dalla presidente facente funzione della Regione e commissaria all’emergenza per l’alluvione di una settimana fa in Romagna, Irene Priolo, nel corso dell’incontro con il Commissario straordinario per la ricostruzione, Francesco Paolo Figliuolo.

Le opere straordinarie interesseranno due ambiti: i bacini idrografici e fluviali e le infrastrutture, a partire dai ponti che costituiscono ormai un ostacolo conosciuto al regolare scorrimento delle acque. Nel primo ambito, vi saranno opere complesse come le casse di espansione, quelle relative alla tracimazione controllata in caso di bisogno, poi l’ampliamento delle arginature e delle aree golenali, infine, quelle dei Consorzi di Bonifica sul reticolo secondario. Un elenco di opere che la Regione porterà alla condivisione con enti locali e territori e che nel complesso richiederà risorse pari a circa 650 milioni di euro nel prossimo triennio.

Successivamente all’incontro con Figliuolo, la presidente Priolo ha incontrato i sindaci dei Comuni alluvionati del bolognese (Budrio, Molinella, San Lazzaro, Medicina, Castenaso e Pianoro), con cui ha fatto il punto della situazione. Priolo ha ricordato il Piano di interventi appena approvato da 20 milioni, che consentirà di attivare immediatamente i Contributi per l’autonoma sistemazione (Cas), e della richiesta di un “Cis raddoppiato” per chi è stato colpito dall’alluvione sia nel 2023, sia nel 2024. Un programma di intervento ribadito anche nell’incontro con i firmatari del Patto per il Lavoro e per il Clima, con i quali sono state condivise le priorità per l’immediata messa in sicurezza dei territori colpiti e l’assistenza alle persone nuovamente colpite dal maltempo.

“Non abbiamo tempo da perdere, ci aspetta l’inverno e dobbiamo farci trovare preparati: è indispensabile un cambio di passo- ha sottolineato Priolo-. Di fronte a comunità così pesantemente colpite, le istituzioni hanno il dovere di lavorare insieme e il più velocemente possibile per aiutarle a tornare a vivere in tranquillità. Tutto quello che potevamo fare, lo stiamo facendo, ma non è più sufficiente: dobbiamo adottare misure straordinarie e per questo abbiamo chiesto alla struttura commissariale di condividere la necessità di partire con un primo stralcio funzionale di opere da 650 milioni, già previste all’interno dei Piani speciali per la Ricostruzione. Interventi strategici, bacino per bacino, che noi abbiamo necessità vengano finanziate e realizzate con norme speciali”.

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Come si ricorderà dopo la seconda alluvione apparve internamente alla rotonda del Fontanone “E galet de paciugh”: l’allestimento rimase esposto alcuni mesi, si pensò poi di collocarlo in un luogo permanente a testimonianza dell’evento climatico, ma poi non si è saputo più nulla. Ebbene dopo il galletto e dopo la terza alluvione sono arrivate le colombe stilizzate che si sono posate sul muro di via Renaccio.

Il nuovo allestimento ha come obiettivo di ricordare le famiglie colpite dal disastro: 320 nella prima e seconda alluvione, rappresentate da colombe azzurre e bianche, e 170 nell’ultima (colombe rosse). Sono apparse a decoro del muro grigio su iniziativa di Luigia Carcioffi, ex consigliera dimissionaria di Faenza Coraggiosa e insegnante dell’Istituto comprensivo Carchidio.Strocchi.

“Le colombe sul fango” questo il titolo dell’opera sono piccoli manufatti in legno, frutto di un progetto nato un anno fa nella scuola media per raccogliere fondi a favore delle famiglie alluvionate. Sono state realizzate dagli alunni con l’aiuto degli insegnanti.

«Ora – riferisce Carcioffi - si sono posate sul muro per ricordare le famiglie costrette ad abbandonare le loro case: fino a quando tutti non vi torneranno non ci sarà pace né giustizia». La frase appare scritta anche su cartelli plastificati all’inizio del percorso artistico che prosegue per una lunghezza di oltre cento metri, proprio di fronte al parco di via Calamelli.

 

Il muro è quello costruito in sostituzione del vecchio manufatto in mattoni crollato a causa della seconda alluvione nel maggio 2023. Da quella rottura arrivò l’acqua che invase il quartiere Bassa Italia e il centro storico: nel vicino parcheggio “Faenza 1” raggiunse i quattro metri di altezza. Con la costruzione della muraglia il fiume stavolta non ha procurato danni, che si sono comunque verificati a causa del sistema fognario. F.D.

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Iniziate le incursioni di terra per entrare in Libano, i tank israeliani si ammassano al confine, «Netanyahu ci ha promesso un’invasione limitata» dicono gli Usa. Nessuno ferma più Tel Aviv, e Beirut diventa un campo profughi. L’Italia: lasciate subito il paese ma pagatevi l’aereo

Con permesso Nella città mediorientale il lungomare simbolo del neoliberismo estremo post-guerra civile si sta trasformando in un campo nomadi

Libanesi sfollati con gli occhi al cielo di Beirut, pieno di droni israeliani foto Getty Images/Murat Sengul Libanesi sfollati con gli occhi al cielo di Beirut, pieno di droni israeliani – Getty Images/Murat Sengu

Nei cieli di Beirut non si cerca un segno di Dio, ma l’elica di un drone israeliano. Notte e giorno sulla capitale libanese si sente un ronzio incessante che ricorda chi ha in mano la sorte di quanti camminano sulla terra in questa parte di mondo. Guardare verso l’alto assume così un senso nuovo, di fatale rassegnazione. È la guerra del terzo millennio che ha abbandonato i tamburi e si affida a un suono meno solenne per annunciare che la morte potrebbe venire da un momento all’altro.
Dal lungomare alla Piazza dei Martiri, Beirut è pervasa da un’attività febbrile di formicaio in emergenza. Motorini che sfrecciano ignorando ogni segnale stradale carichi di tappeti, materassi di gommapiuma e bustone tenute insieme dallo spago.

Famiglie intere che si spostano su due ruote rigorosamente senza casco e in ogni condizione possibile, dalle madri che danno il biberon ai neonati ai chi quasi sbanda con le bombole del gas o i boccioni di plastica dell’acqua. Non c’è dubbio: bisogna sbrigarsi. A tarda sera diversi media hanno dato l’allarme dell’inizio dell’invasione e il traffico è impazzito del tutto. Una parte degli sfollati ha scelto di cercare la salvezza in Siria, e secondo alcune stime sarebbero già in 100mila che hanno raggiunto il Paese confinante. Altri hanno solo cambiato quadrante di Beirut, spostandosi sul lungomare o sul piazzale antistante l’imponente moschea Al Amin.

L’ATTACCO di ieri nella zona di Cola, a poca distanza dal centro, ha però ricordato che non ci sono quartieri veramente sicuri a Beirut tranne, almeno per ora, Geitaoui, la parte cristiana a est della città. A ovest sono tutti sospettosi perché è evidente che gli israeliani sanno molto di più di quanto dovrebbero. Ad aiutarli ci sono i droni, gli Hermes 900, velivoli prodotti dalla Elbit di Haifa che hanno fino a 30 ore di autonomia e sono dotati dei più avanzati sistemi di monitoraggio, dalle videocamere ultrasensibili a diversi tipi di sensori e radar. Gli Hermes passano le informazioni direttamente ai satelliti di Tel Aviv e da questi il centro di comando operativo osserva tutto. Quando l’informazione è sicura viene dato l’ordine all’aviazione e, a seconda dell’obiettivo, si rade al suolo un intero isolato per Nasrallah o si fa saltare il piano di un palazzo per i membri del Fronte popolare di liberazione palestinese come ieri a Cola.

Senza bisogno di conoscenze tecniche o militari gli abitanti di Beirut, soprattutto quelli dei quartieri sciiti, hanno capito che

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Nella foto: Manifestazioni per la giornata internazionale dell’aborto libero, gratuito e sicuro a Città del Messico @Gerardo Vieyra/NurPhoto via Getty Images

Oggi un Lunedì Rosso che esplora le derive autoritarie.

Reprimere ciò che sfugge alla norma. A partire dall’infanzia, con la riforma del voto in condotta voluta dal ministro dell’Istruzione.

Chiudere gli spazi di agibilità politica per il dissenso. Questo il rischioso orizzonte a cui tende il nuovo ddl sicurezza, al vaglio del Senato.

E se dentro i confini nazionali il pericolo si presenta sotto forma di silenziamento, sullo scenario internazionale perdura il fragore delle bombe. Israele attacca Beirut e uccide il leader di Hezbollah. 

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i popolari ammettono la sconfitta. "Gli austriaci hanno fatto la storia. La popolazione si è espressa chiaramente a favore del cambiamento", ha detto il portavoce del partito della Libertà

In Austria si sono aperte le urne e sono circa 6,35 milioni i cittadini chiamati al voto per le elezioni parlamentari. Alla chiusura dei seggi sono attese le prime proiezioni dei risultati. Complessivamente ci sono 8.889 seggi elettorali in Austria. Secondo le previsioni, queste elezioni potrebbero portare a una vittoria dell'estrema destra. 

L'onda nera travolge anche l'Austria e mette all'angolo il cancelliere popolare Karl Nehammer grande sconfitto di questa tornata elettorale, definita dalla stampa austriaca come un "terremoto politico". Sulla scia della grande avanzata dell'Afd in Germania, l'estrema destra del Fpo non solo diventa il primo partito del Paese alpino ma mette a segno un risultato senza precedenti sfiorando il 30% dei consensi, ben oltre le attese della vigilia. E guadagnando addirittura il 13% rispetto alle scorse elezioni.

Crollano invece i popolari dell'Opv: il partito del cancelliere Karl Nehammer si ferma al 26,2% incassando, secondo le prime proiezioni diffuse alla chiusura dei seggi, una debacle di oltre 11 punti rispetto al voto di 5 anni fa. La sinistra tiene ma non sfrutta il clima di grande polarizzazione elettorale: Il Spo (Partito Socialista Austriaco) si attesta al 20,4%, in leggera flessione rispetto alle precedenti elezioni. Male anche i Verdi, finora al governo con l'Opv, che non vanno oltre l'8,6% e i liberali di Neos, anche loro al 9,1%.

Fpo: "Oggi gli austriaci hanno fatto la storia"

 "Grazie, grazie a ogni singolo elettore: oggi gli austriaci hanno fatto la storia". E' stato il commento a caldo del portavoce dell'Fpo (partito della Libertà), Michael Schnedlitz. "La popolazione si è espressa chiaramente a favore del cambiamento", ha aggiunto.

Nehammer (Ovp) ammette la sconfitta

 Il cancelliere austriaco Nehammer ha ammesso che la sua forza politica non è riuscita a colmare il divario con il partito della Libertà. Nehammer ha detto che l'Ovp deve mantenere le promesse fatte prima delle elezioni, senza precisare se tra queste vi sia anche la sua frequente affermazione che non entrerà a far parte di un governo di coalizione guidato dal leader dell'Fpo, Herbert Kickl.

Il confronto con le elezioni del 2019

 Rispetto alle elezioni del 2019, questo rappresenta un grande risultato per l'Fpo: allora il Partito della Libertà ottenne solo il 16,17%. L'Ovp ha perso pesantemente rispetto al precedente risultato del 37,46%. Nelle elezioni precedenti invece la Spo aveva ottenuto il 21,18%, i Verdi il 13,90% e Neos l'8,10%.

Che cos'è il Fpo, il Freiheitliche Partei Österreichs

 Fondato negli anni Cinquanta da ex ufficiali nazisti, il Fpo (Freiheitliche Partei Österreichs) ha vissuto diverse stagioni, negli anni '80 fu persino alleato dei Socialdemocratici, quando visse una fase moderata, ma dalla segreteria di Jörg Haider in poi milita su posizioni nettamente nazionaliste ed anti-Ue. 

Posizioni filorusse

 L'Fpo, poi, si caratterizza per le sue posizioni filorusse in materia di politica estera: la continuità territoriale di Vienna con la Slovacchi di Robert Fico e l'Ungheria di Viktor Orban costituirebbe un blocco populista molto omogeneo nel cuore dell'Europa centrale. Tutto però ruota intorno a Herbert Kickl, attuale leader dell'Fpo. Già ministro dell'Interno nel 2017, aveva mostrato il pugno di ferro sull'immigrazione, promettendo di trasformare l'Austria in una fortezza, e si era lanciato in un assalto frontale ai servizi di sicurezza, con il risultato che i partner occidentali avevano sospeso la condivisione dell'intelligence. I suoi piani furono interrotti dalla caduta del governo, sull'onda dell'Ibiza-gate: nel maggio 2019, infatti, era emerso un video, girato nell'isola spagnola, in cui l'allora leader dell'Fpo si offriva di vendere favori politici a una donna che si identificava come la nipote di un oligarca russo.

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