L’angoscia e l’orrore per guerra israelo-palesinese dei giovani di LƏA, il Laboratorio ebraico antirazzista
"LƏA, Laboratorio ebraico antirazzista, formato da giovani ebree ed ebrei italiani, esprime angoscia e orrore per la situazione in Palestina e Israele. In questo momento di dolore e di devastazione, in cui piangiamo persone amate sia israeliane sia palestinesi, chiediamo la fine del massacro a Gaza e il rilascio immediato degli ostaggi israeliani".
Così inizia un comunicato che si distingue per la sua provenienza e per i suoi contenuti. Bruno Montesano, uno dei giovani componenti del Laboratorio, ci dice infatti che LƏA prende origine “dall’esigenza di disarticolare il discorso tendenzialmente schiacciato sul sostegno acritico alle politiche del governo israeliano, che facevano e fanno le comunità ebraiche e che oggi produce una strage di civili innocenti e, nel contempo, dalla difficoltà di attraversare alcuni spazi a sinistra che, purtroppo, sono ancora imbevuti di forme di antisemitismo consce e inconsce che hanno reso ad alcuni di noi difficile frequentarli, anche quando non ci si doveva occupare di Israele e Palestina”.
“Siamo ancora sgomenti per la carneficina di Hamas del 7 ottobre – si legge nel comunicato –: niente può giustificare la strage e la cattura di civili inermi. A questo lutto si è aggiunto l’orrore per la violenta campagna militare israeliana volta a punire collettivamente il popolo palestinese. A Gaza, oltre due milioni di persone sono assediate e bombardate dall’aviazione israeliana, private di cibo, acqua, corrente elettrica e corridoi umanitari. Un crimine di guerra non ne giustifica un altro. Chiediamo al governo italiano e all’Unione Europea di attivarsi con urgenza per porre fine allo spargimento di sangue e per raggiungere un cessate il fuoco”.
Montesano spiega che il comunicato è stato redatto anche per affrontare un doppio problema che si ripropone: “Da un lato la punizione collettiva contro gli abitanti di Gaza viene legittimata nel frame dello scontro di civiltà dal discorso pubblico giornalistico e politico maggioritario, dall’altro lato una minoranza ingigantita nella rilevanza pubblica dai media (ossia pezzi della sinistra radicale) seleziona chi meriti di essere ricordato e degno di lutto, dal momento che l’attacco di Hamas è stato letto come un atto di liberazione con dei danni collaterali, quando invece è un crimine di guerra”.
I giovani del Laboratorio ebraico antirazzista sono “inorriditi dall’uso che l’estrema destra di governo fa della questione israelo-palestinese per legittimare tanto il proprio razzismo islamofobo quanto l’antisemitismo”. Lo sguardo cade poi sul lungo periodo e Montesano ci dice che “sarebbe importante porre fine alla discriminazione istituzionale dei palestinesi che configura un regime di apartheid in Israele, Cisgiordania e Gaza. Bisognerà poi ragionare su quali forme di coesistenza siano possibili al di là della forma dello stato-nazione, affinché israeliani ebrei e palestinesi possano vivere insieme con eguali diritti”.
Per questo LƏA si propone di “organizzare incontri, partecipare a mobilitazioni e rilanciare altre voci palestinesi ed ebraico-israeliane contro l’occupazione. “Voci che esistono e vengono silenziate nella diaspora e in Israele/Palestina. Ci sono, ad esempio, l’associazione palestinese Al Haq, quella dell’attivista Issa Amro, le associazioni Breaking The Silence e B’Tselem in Israele che parlano di apartheid da tempo, o Na’amod in Regno Unito: vorremmo incunearci in questo spazio stretto tra una comunità ebraica purtroppo schiacciata a destra e una parte della sinistra radicale che, giustamente, difende i diritti dei palestinesi, ma allo stesso tempo, in parte, contiene forme di antisemitismo che non riconosce”.
Montesano invita a non dimenticare “che siamo di fronte a un aumento di episodi di antisemitismo e, parallelamente, alla sua strumentalizzazione allo scopo di silenziare le voci critiche palestinesi o di solidarietà con la Palestina. Inoltre, i nostri governi, già profondamente implicati in politiche razziste e islamofobe usano quanto avviene in Israele/Palestina, attraverso la lente dello scontro di civiltà, che è in realtà uno scontro tra barbarie, per accentuare i tratti discriminatori dei propri discorsi e delle proprie politiche".
E l’appello del Laboratorio ebraico antirazzista conclude: “La Nakba, i decenni di occupazione militare della Cisgiordania, le politiche di colonizzazione, apartheid e l’embargo su Gaza sono tra i fattori che impediscono di immaginare un futuro insieme. Come lo sono gli attacchi indiscriminati sui civili. La comunità internazionale è complice delle ripetute violazioni del diritto internazionale da parte di Israele e della distruzione fisica e morale di tutte le comunità che vivono nella regione. Chi è sul campo ha bisogno dell’aiuto e della pressione di tutti gli attori coinvolti per fare spazio a una soluzione politica che comporti la fine dell’occupazione e la dignità per tutti i popoli. Non c’è altra via d’uscita”
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I sindacati avviano un percorso di scioperi di 8 ore a livello territoriale e regionale. Obiettivo: cambiare la legge di Bilancio. Si comincia il 17 novembre dalle Regioni del Centro, il 24 per tutte le regioni del nord
Da novembre inizierà un lungo mese di scioperi. Obiettivo: cambiare la proposta di legge di Bilancio e le politiche economiche e sociali fino a ora messe in campo dal governo Meloni. L’hanno deciso oggi Cgil e Uil – come si legge in un comunicato unitario delle due organizzazioni – “dando seguito ai mandati ricevuti dai propri rispettivi organismi statutari e dopo gli ultimi confronti di carattere organizzativo interni ai due singoli sindacati”. Si apre quindi un “percorso comune di mobilitazione con scioperi di 8 ore o per l’intero turno, strutturato su base territoriale e regionale”.
L’obiettivo – spiegano Cgil e Uil – è “sia di sensibilizzare l’opinione pubblica, nel modo più capillare e diffuso possibile, sulle gravi criticità della manovra economica, sia di chiedere al governo e alle istituzioni territoriali di assumere provvedimenti, a partire da quelli in materia di lavoro (salari, contratti, precarietà) e di politiche industriali, sicurezza sul lavoro, fisco, previdenza e rivalutazione delle pensioni, istruzione e sanità, necessari a ridurre le diseguaglianze e a rilanciare la crescita”.
Venerdì 17 novembre, per 8 ore o per l’intero turno di sciopero, si fermeranno le lavoratrici e i lavoratori delle Regioni del Centro. Nella stessa giornata, inoltre, le lavoratrici e i lavoratori delle categorie del trasporto e di tutto il pubblico impiego sciopereranno sempre per 8 ore o intero turno, ma su tutto il territorio nazionale.
Il 20 novembre a scioperare sarà la Sicilia, mentre la Sardegna dovrebbe scioperare il 27.
Venerdì 24 novembre, le 8 ore o l’intero turno di sciopero riguarderanno tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori delle Regioni del Nord.
Infine, venerdì 1° dicembre a incrociare le braccia per 8 ore o per l’intero turno saranno tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori delle Regioni del Sud.
Il prossimo 2 novembre, alle ore 15, presso la sede nazionale della Uil, in via Lucullo 6, Maurizio Landini e Pierpaolo Bombardieri terranno una conferenza stampa per illustrare, nel dettaglio, le ragioni e gli obiettivi della mobilitazione
In risposta all’attuale escalation di violenza in Israele e nei Territori palestinesi occupati, Amnesty International Italia e l’Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale (AOI) hanno lanciato un appello congiunto al governo e alle istituzioni italiane per porre al centro dell’azione politica il rispetto dei diritti umani e della vita delle popolazioni civili.
Le due associazioni, insieme ad altre organizzazioni della società civile, scenderanno in piazza il 27 ottobre a Roma e in altre città per chiedere alle istituzioni italiane, all’Unione europea e alla comunità internazionale, di affrontare con urgenza la crisi umanitaria a Gaza e le violazioni dei diritti umani.
Venerdì 27 ottobre a Ravenna una “Camminata per la pace” contro la violenza tra Palestina e Israele
Il ritrovo è alle 17,30 nel piazzale della stazione dei treni da dove i partecipanti raggiungeranno piazza Anita Garibaldi
L’iniziativa rientra nell’ambito della mobilitazione per chiedere la pace in Palestina e Israele. Gli
organizzatori invitano a esporre unicamente bandiere della pace: “Scenderemo in piazza per
chiedere il rispetto dei diritti umani, la protezione dei civili e l’avvio di percorsi di nonviolenza e
pacificazione per i popoli israeliano e palestinese”.
L’iniziativa a Ravenna è promossa da: Cgil Ravenna, Comitato salviamo la Costituzione, Libertà e
giustizia, Libera, Coordinamento per la democrazia costituzionale provincia di Ravenna, Comitato
in difesa della Costituzione, Federconsumatori, Arci, Auser, Idee per la sinistra, Comitato per il
ritiro di ogni Autonomia Differenziata Ravenna, Anpi, Arcigay Ravenna, Movimento consumatori
Ravenna, Sunia, Coordinamento per la pace Bagnacavallo, Comitato per la difesa e la
valorizzazione della Costituzione di Faenza, Legambiente Lamone Faenza, Acli Ravenna, Udi
Ravenna, Emergency Ravenna, OverAll Faenza, Il terzo mondo ODV Ravenna, Femminile
maschile plurale, Casa delle Donne e Donne in nero Ravenna.
La manifestazione assume i contenuti del documento “Israele-Palestina: fermiamo la violenza,
riprendiamo per mano la Pace”, promosso dalla coalizione “Assisi Pace Giusta” e dalla Rete
Italiana Pace e Disarmo col quale si chiede di rafforzare la pressione sul Consiglio di Sicurezza
delle Nazioni Unite, affinché assuma la propria responsabilità di organo garante del diritto
internazionale chiedendo alle parti l’immediato cessate il fuoco, il rilascio degli ostaggi e dei
prigionieri, il rispetto del diritto umanitario per evitare ulteriore spargimento di sangue. Si chiede
inoltre di convocare, con urgenza, una Conferenza di pace che risolva, finalmente, la questione
palestinese applicando la formula dei “due Stati per i due Popoli”, condizione che porrebbe fine
all’occupazione israeliana ed alla resistenza armata palestinese, ristabilendo così le condizioni per la
costruzione di società pacifiche e democratiche.
Ci ha lasciato ieri mattina il compagno Beppe Casadio, lascia un dolore grande e un vuoto immenso in tutti quelli che lo hanno conosciuto e che hanno camminato insieme a lui in una vita spesa per lottare per i diritti e la dignità dei lavoratori. Un abbraccio forte a Milena, ai figli Chiara e Simone e a tutti i suoi famigliari.
Per chi volesse porgere un ultimo saluto a Beppe, sarà alla camera ardente dell’ospedale di Faenza da giovedì mattina alle 10:00 fino a venerdì mattina alle 10:00, quando la salma partirà per la tumulazione in forma privata a Granarolo.
BIOGRAFIA
Giuseppe Casadio, “Beppe”, classe 1946, è nato il Primo Maggio. Coincidenza significativa, considerando il ruolo svolto come dirigente sindacale a livello locale, regionale e nazionale.
Si laurea in Pedagogia all’università di Urbino con una tesi su Dietrich Bonhoeffer, prestigiosa figura di intellettuale antinazista. Fonda la Cooperativa “Centri Rousseau”, ispirata a concezioni pedagogiche antiautoritarie e partecipa al movimento studentesco del ’68. Contemporaneamente inizia l’attività di insegnamento nei licei classici.
La sua attività sindacale lo porta a ricoprire prima l’incarico di segretario della Cgil-Scuola di Brescia, poi di segretario generale della Fiom di Ravenna.
Nel ’76 entra nella segreteria della Camera del lavoro di Ravenna di cui viene poi eletto segretario generale. Nell’88 è eletto segretario regionale della Cgil Emilia-Romagna e nel 1996 entra nella segreteria nazionale della Cgil.
Il cordoglio della segretaria generale della Cgil di Ravenna, Marinella Melandri, e del Sindaco di Faenza Massimo Isola
La Cgil piange la scomparsa di Giuseppe “Beppe” Casadio che è stata una figura di riferimento per il sindacato, sia a livello locale che nazionale. In questo momento di dolore, la Cgil esprime le più sincere condoglianze ai familiari e ricorda il grande impegno che Casadio ha dedicato, per tutta la vita, al sindacato e ai temi sociali.
“Beppe Casadio – ricorda la segretaria generale della Cgil di Ravenna, Marinella Melandri – ha saputo coniugare, nei diversi incarichi che ha ricoperto dentro la Cgil, doti umane e grande capacità politiche e di analisi, sostenute da una solida base culturale, tutti elementi che hanno lasciato in chi lo ha conosciuto un’impronta profonda. Ha guidato la nostra Camera del Lavoro in anni difficili, segnati da crisi occupazionali e di redditività e dal declino della chimica, affrontando la sfida imposta dalle ricette del neoliberismo. Il suo impegno non si è mai fermato, anche negli anni della malattia, offrendo sempre un lucido contributo alla lettura del nostro tempo e indicando la strada dell’impegno collettivo per ridisegnare il futuro”.
Casadio, di origini faentine, ha mosso i primi passi all’interno del sindaco nella categoria della Cgil Scuola. Dopo avere conseguito la laurea in Pedagogia, si era infatti dedicato all’insegnamento. Nel giro di qualche anno, la sua attività sindacale lo porta alla Fiom di Ravenna diventandone in seguito segretario generale. Nel 1979 entra nella segreteria provinciale della Camera del lavoro di Ravenna-Lugo di cui viene eletto segretario generale nel 1980. Nel 1986 approda alla segreteria regionale della Cgil, diventandone il segretario generale nel 1988. Eletto nella segreteria confederale nazionale Cgil, nel 1996 si trasferisce a Roma mantenendo l’incarico fino al 2004. In quell’anno entra a far parte del comitato celebrativo del Centenario del sindacato e, in quello successivo, del Cnel, Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (VIII legislatura, 2005-2010), ricoprendo l’incarico di presidente della Commissione politiche del lavoro e dei settori produttivi, nella quale è riconfermato nella IX legislatura (2010-2015).
La figura di Casadio si è distinta anche per le varie pubblicazioni. Dal 1996 al 2004 ha prodotto numerose prefazioni e introduzioni a saggi e atti della Cgil nazionale su temi quali il mercato del lavoro, l’occupazione giovanile e femminile, il lavoro dei migranti e il diritto al lavoro per i diversabili; pubblica altresì relazioni e prefazioni a convegni sui temi ambientali e della tutela del territorio, promossi dalla Cgil nazionale, o da strutture territoriali del sindacato; pubblica anche analoghi interventi sui tema della legalità e della lotta alla criminalità organizzata. Nel 2009 firma un saggio sugli infortuni sul lavoro e le malattie professionali presentato anche alla Camera dei Deputati.
Nella giornata di oggi, martedì 24 ottobre, è scomparso il faentino Giuseppe Casadio, figura fondamentale nel panorama nazionale del mondo del lavoro e della didattica. “Beppe Casadio è stata una grande personalità e un fine intellettuale che ha dato, ai massimi livelli, un forte contributo allo sviluppo del mondo del lavoro e sui diritti dei lavoratori. – lo ricorda il Sindaco Massimo Isola – Beppe è nato e cresciuto nella nostra comunità e qui è ritornato al termine di importantissime esperienze che lo hanno visto ai vertici di istituzioni nazionali, della Cgil e nella segreteria nazionale confederale dei sindacati. Per tutta la vita si è battuto affinché il nostro Paese facesse davvero suo l’Articolo 1 della Carta Costituzione per fare in modo che il lavoro fosse sì un diritto ma anche una possibilità di emancipazione e di inclusione sociale. È per questo che il suo contributo nel mondo del lavoro attraverso il sindacato, il suo impegno e le tante pubblicazioni sul tema sono stati passi fondamentali, questo a testimonianza della profondità delle sue analisi sul tema. Nel 2021 Faenza gli attribuì l’onorificenza di ‘Faentino sotto la Torre’ e, malgrado non intervenne alla cerimonia per problemi di salute, ricordo la sua commozione il giorno nel quale gli comunicammo la notizia. Faenza, con la sua scomparsa perde una figura chiave. Il mio pensiero va ora ai familiari, alla moglie Milena e ai figli Chiara e Simone, ai quali va il mio più caro abbraccio per l’enorme perdita”.
Giuseppe Casadio, Beppe come era conosciuto da tutti, classe 1946, dopo la Laurea in Pedagogia all’università di Urbino con una tesi sul teologo luterano tedesco Dietrich Bonhoeffer, negli anni ’60 entrò in contatto con la sezione italiana del Cemea (agenzia internazionale di pedagogia e didattica) e fondò la Cooperativa ‘Centri Rousseau’, impegnata nel gestire le comunità di vacanza per adolescenti, ispirate a concezioni pedagogiche antiautoritarie partecipando al movimento studentesco del ’68. Contemporaneamente iniziò l’attività di insegnamento in storia, filosofia e materie letterarie nei licei classici di Conegliano e Vittorio Veneto (Treviso), quindi nelle scuole medie di Susegana (Treviso), Carpanedolo e Rezzato (Brescia) e a interessarsi all’attività sindacale, che lo portò a ricoprire, prima l’incarico di segretario della Cgil-Scuola di Brescia, poi della Fiom di Ravenna a tempo pieno diventandone segretario generale provinciale.
Nel ’76 entrò nella segreteria provinciale della Camera del lavoro di Ravenna per la quale venne eletto segretario generale e nella segreteria regionale della Cgil, diventandone il segretario regionale nell’88. Eletto nella segreteria confederale nazionale Cgil, nel 1996 si trasferiì a Roma mantenendo l’incarico fino al 2004. In quell’anno entrò a far parte del comitato celebrativo del Centenario del sindacato e, in quello successivo, del Cnel, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (nella VIII legislatura, 2005-2010), ricoprendo l’incarico di presidente della Commissione politiche del lavoro e dei settori produttivi, nella quale è riconfermato nella IX legislatura (2010-2015).
Tra le altre attività di Casadio va segnalata quella pubblicistica. Dal 1996 al 2004 ha prodotto numerose prefazioni e introduzioni a saggi e atti della Cgil nazionale su temi del mercato del lavoro, l’occupazione giovanile e femminile, il lavoro dei migranti e il diritto al lavoro per i diversabili. Fu anche autore di relazioni e prefazioni a convegni sui temi ambientali e della tutela del territorio, promossi dalla Cgil nazionale, o da strutture territoriali del sindacato; pubblicò anche analoghi interventi sui tema della legalità e della lotta alla criminalità organizzata. Dal 2004 al 2008 ha curato moltissime pubblicazioni e cataloghi su produzioni artistiche e di eventi culturali, storici e di attualità, sul lavoro e sulla sua rappresentazione nelle arti (musica, cinema, arti figurative, fotografia, fumetto, narrativa). Nel 2009 firmò un saggio sugli infortuni sul lavoro e sulle malattie professionali presentato anche alla Camera dei Deputati.
"In una recente circolare delle prefetture indirizzata ai sindaci e agli uffici scolastici provinciali si sollecitano tutte le scuole a dar vita a iniziative “per diffondere la conoscenza” della “spirale di violenza che esplose all’indomani della firma dell’armistizio e che, per i successivi quattro anni, si scatenò su molti italiani inermi e incolpevoli, residenti nei territori ad est di Trieste, con durissime e atroci rappresaglie dai contorni di una vera e propria pulizia etnica”.
Queste sollecitazioni rappresentano una gravissima forzatura della verità storica, delle leggi vigenti, della stessa autonomia scolastica. Non è certo in discussione la condanna e la giusta memoria delle foibe, ovvero della tragedia dell’esodo, di cui alla legge sul Giorno del ricordo. Ma non è vero che le foibe riguardarono solo gli italiani, che pure furono i più colpiti, e non è vero che si trattò di pulizia etnica. La circolare inoltre ignora colpevolmente e consapevolmente “la più complessa vicenda del confine orientale”, così nominata all’articolo 1 della legge stessa. Si ignora cioè l’aggressione italiana alla Jugoslavia del 6 aprile 1941, la repressione bestiale della resistenza locale a tale invasione da parte dei comandi militari italiani, le stragi dei civili in particolare sloveni, le colpe dei criminali di guerra italiani, il ruolo dei partigiani per la liberazione dell’Italia dall’invasore nazista, il lager triestino della Risiera di San Sabba, i crimini della X MAS sul confine orientale, i campi di concentramento fascisti in Italia, a Gonars e Visco, dove erano internati croati e sloveni. Così facendo e così ignorando, si deforma la storia.
È sconcertante che si invitino le scuole alla conoscenza e all’approfondimento di questi temi che riguardano il Giorno del Ricordo, cioè il 10 febbraio, e non ci sia analogo invito per la Giornata della Memoria, istituita con legge 211 del 2000 “al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”. Il silenzio su tale giornata, che peraltro avviene il 27 gennaio, cioè prima del Giorno del Ricordo, a fronte dell’invito a ricordare le sole foibe, rivela la natura faziosa e strumentale dell’operazione didattica, funzionale soltanto a una narrazione delle tragedie di quegli anni tesa a screditare la Resistenza.
Per di più nella circolare dei Prefetti si chiede di contabilizzare tali iniziative scolastiche “entro e non oltre il 20 ottobre prossimo” su richiesta del Consiglio dei Ministri e del ministero dell’Interno. In sostanza le scuole devono comunicare alle prefetture, cioè al governo. Insomma, è una forma di costrizione e di controllo del governo stesso sull’attività delle scuole, mettendo così in discussione i principi dell’autonomia scolastica e della libertà di insegnamento di tutti i docenti.
Per queste ragioni chiedo al governo e al Ministro dell’Interno di ritirare la circolare e recedere da questa pratica faziosa e pericolosa".
Gianfranco Pagliarulo
#memoriaattiva