La Cgil lancia una piattaforma in dieci punti per salvare Il Servizio sanitario pubblico. Barbaresi: “Rivendiamo il diritto alla salute per persone e comunità”
Misure “necessarie e urgenti”, quelle elaborate dalla Confederazione di Corso d’Italia per evitare l’assassinio del servizio sanitario, la violazione dell’articolo 32 della Costituzione, la privatizzazione della sanità. Un vero e proprio decalogo che trae origine e forza da un’analisi approfondita e dettagliata dei dati elaborata dall’Area Stato sociale e diritti della Cgil nazionale. Però, è bene sottolinearlo, la fonte dei dati elaborati non è il sindacato ma sono l’Istat, l’Inps, il ministero della Salute, la Corte dei Conti e gli istituti di statistica europei. E la fotografia scattata è sconcertante e preoccupante. Soprattutto in vista della imminente legge di bilancio.
La salute pubblica dell’Italia rischia grosso. Questa la sintesi di quanto messo nero su bianco dal governo nella Nota di aggiornamento del Def presentata in Parlamento nelle scorse settimane. Non solo nessuna risorsa aggiuntiva per quest’anno come richiesto, oltre che dalla Cgil, dalle Regioni tutte, che non riescono a far fronte alle spese. Ma dal 2023 c’è una vera e propria riduzione del Fondo sanitario nazionale. Si legge nello studio della Cgil: “Oltre alla revisione al ribasso dello stanziamento per l’anno in corso (-1,3 miliardi, pari a -1,0%) a cui si aggiunge un ulteriore taglio per il 2024 (-1,8 miliardi, pari a – 1,3%), che si conferma al 6,2% del Pil per il 2024, e torna a scendere al 6,1% nel 2026, la Nadef conferma la volontà di disinvestire e, quindi
CRISI UCRAINA. Gli sforzi delle realtà della società civile e dei gruppi di coordinamento territoriale di Europe For Peace convergeranno poi verso il grande appuntamento della Manifestazione Nazionale di Roma "La Via Maestra", in programma per sabato 7 ottobre
Centinaia di eventi in decine di Paesi di tutto il Mondo: dall’Austria agli Stati Uniti, dal Belgio alla Spagna, dalla Germania alla Francia, dal Canada ai Paesi Bassi… e ovviamente arrivando anche all’Italia. Ma senza dimenticare le iniziative in Nigeria, Messico, Filippine, Kenya, India… tra gli altri. Sono queste le iniziative che stanno caratterizzando la Settimana di mobilitazione internazionale per la Pace, iniziata il 30 settembre e che durerà fino all’8 di ottobre, lanciata e stimolata dal lavoro collettivo della società civile nel Summit per la Pace di Vienna dello scorso giugno. In quella sede ricordando che “Il cammino verso la Pace deve basarsi sui principi della sicurezza comune, del rispetto internazionale dei diritti umani e dell’autodeterminazione di tutte le comunità” si era decisa questa forma di mobilitazione per richiedere un cessate il fuoco immediato e negoziati di Pace capaci di mettere fine alla guerra in Ucraina e a tutte le guerre. Sempre nell’ottica di un percorso di Pace che sia definito e raggiunto con “mezzi pacifici”, come evidenziato nella Dichiarazione di Vienna che moltissime organizzazioni in tutto il mondo stanno oggi rilanciando in eventi numerosi e dalla diversa natura.
In Italia le azioni collegate alla Settimana hanno già preso avvio nello scorso fine settimana in particolare con iniziative a Torino (la consueta presenza di Pace in piazza e un convegno su come uscire dal sistema di guerra e costruire una politica di pace) e a Roma (in particolare con un momento di confronto sulla Costituzione che ripudia la guerra nell’ambito del Festival “Generazione Diritti” promosso dalla Conferenza Nazionale Enti Servizio Civile). E proseguiranno nei prossimi giorni con importanti momenti tra gli altri aFirenze (presidio in piazza), Verona (
Gli sforzi delle realtà della società civile e dei gruppi di coordinamento territoriale di Europe For Peace convergeranno poi verso il grande appuntamento della Manifestazione Nazionale di Roma “La Via Maestra”, in programma per sabato 7 ottobre. Un momento in cui, proprio per rispondere all’appello lanciato da Vienna dai movimenti per la pace di tutto il mondo, tutti i pacifisti e le pacifiste sono state chiamate a ritrovarsi per la pace in Ucraina e in tutto il mondo, per i diritti, per la giustizia climatica e sociale, per la democrazia, per il futuro dell’umanità intera. A partire dai contenuti della Costituzione che “memore delle due guerre mondiali, nega alla radice che la guerra – anche quella di difesa – possa essere considerata un mezzo per risolvere le controversie internazionali. La difesa, dice la Costituzione, è un sacro dovere ma la affida a noi cittadini, non alle armi e agli eserciti. La Difesa civile, non armata e nonviolenta ripudia la guerra e difende i principi fondamentali della Costituzione con mezzi compatibili con la pace”.
Tutta la Coalizione Europe For Peace, e la Rete Italiana Pace e Disarmo con essa, pensa che cessare il fuoco sia la sola condizione per consentire, senza ulteriori inutili stragi, le iniziative diplomatiche, le trattative negoziali necessarie ad affrontare alla radice le cause del conflitto e porre le basi per un futuro comune. Restiamo convinti che nel diritto internazionale, lavorando su un sistema di sicurezza reciproca, condivisa per tutti gli Stati e rispettando il diritto allo sviluppo e all’identità di tutte le popolazioni sia possibile risolvere, con la partecipazione di tutti i paesi del mondo, questo come altri conflitti. Per questo ci ritroveremo tutti e tutte in Piazza San Giovanni a Roma sabato 7 ottobre unendosi alla mobilitazione che ci sarà in decine di altri Paesi per dire che l’unica vittoria è la Pace!
***Rete Italiana Pace e Disarmo
Bologna, 3 ott. - "Nessuna azione reale del Governo contro l`inflazione: dopo i cartelli con il prezzo medio dei carburanti, arriva il patto anti-inflazione".
Boccia così in Emilia-Romagna Federconsumatori, prendendo di mira il `carrello tricolore` del Governo Meloni e non solo. Premesso che "i prezzi di tutti i beni venduti nei supermercati ed ipermercati italiani sono aumentati ben oltre i già complicati dati, rilevati da Istat, e nell`arco di un paio di anni fare la spesa costa almeno il 25/30 in più", l`associazione targata Cgil lamenta pochi controlli ("Nessuno prima, durante e dopo") ad esempio sul fatto che il prezzo scontato non fosse già stato incrementato, nei giorni precedenti alla campagna nazionale.
Tirando le somme, boccia l`associazione regionale: "Si agisce tardi e male, imitando l`iniziativa francese dello scorso marzo, chiedendo nei fatti clemenza sui prezzi alle aziende del settore.
L`effetto sarà il medesimo dei cartelli con il prezzo medio dei carburanti: una iniziativa inutile, anzi dannosa".
(Red/ Dire15:46 03-10-23 .NNNNDelivered by @telpress http://nr1.dire.telpress.it/nT/index.php?u=5668&c=8949&t=20231002
Continuano slogan e bluff. L'unica certezza è che non c'è nessuna intenzione di intervenire sulla Fornero. Ghiglione, Cgil: motivo in più per essere in piazza il 7 ottobre
Nulla e poi ancora nulla: solo bugie. Il governo continua a nascondere le sue intenzioni sulle pensioni coprendole di slogan – da “aboliremo la Fornero” ad “aumenteremo le pensioni minime tagliando quelle dei ricchi” fino a “allargheremo Opzione donna" – che si stanno rivelando per quello che sono, cioè dei bluff. Per questo “il 7 ottobre saremo in piazza anche per la previdenza – dichiara Lara Ghiglione, segretaria confederale della Cgil – che, insieme agli altri grandi temi, è al centro della nostra mobilitazione”. Poche speranze, dunque, perché, incalza la sindacalista, “nonostante le promesse elettorali questo esecutivo sulle pensioni non farà nulla”.
Proviamo, nonostante le tante reticenze, con l’aiuto di Ezio Cigna, coordinatore delle Politiche dei diritti e della previdenza della Cgil, a capire cose bolle in pentola. “Tra i 31 collegati alla Nadef ve ne è uno sulle pensioni che è ancora sconosciuto. Non ci aspettiamo nulla di particolare. Le scelte che verranno portate avanti con la legge di bilancio saranno semplici ritocchi del sistema attuale, attraverso proroghe di misure, alcune di queste assolutamente inutili, come quota 103”.
Quindi, nulla sui giovani: altro che pensione di garanzia. E nulla sulle donne: “Non ci sarà nessuna marcia indietro su Opzione donna – attacca Cigna –. Non è stata fatta nel 2023, nonostante le promesse della ministra. Nel migliore delle ipotesi si lavorerà per una misura all’interno dell’Ape sociale, ma con requisiti di età molto lontani dai 58 anni di età – come originariamente previsti (58 anni e 35 di contribuzione)”. E nulla, ancora, sulla flessibilità dell’età pensionabile, ma una proroga di “quota 103”, con tutti i paletti già previsti lo scorso anno.
“Verrà probabilmente prorogata l’Ape sociale senza alcun allargamento della platea – come da noi richiesto – e senza alcun abbassamento del requisito contributivo, che è il vero sbarramento per i lavori gravosi”, aggiunge l’esperto.
E poi la chicca: l’esecutivo sta guardando con molta attenzione a un ulteriore taglio alla rivalutazione delle pensioni per fare cassa e potrebbe ancora una volta ipotizzare un’ulteriore riduzione, come già fatto appena eletto con una strumentalizzazione insostenibile, quella secondo la quale il taglio sarebbe servito ad aumentare le pensioni più basse. “Ma non è stato affatto così – rileva Cigna – visto che l’aumento delle pensioni minime ha impegnato poco più di 400 milioni nel 2023, mentre il taglio sulla perequazione per le pensioni superiori a 4 volte il trattamento minimo ha determinato un taglio per lo stesso anno pari a 3,5 miliardi”.
Insomma, la possibilità che il governo intervenga con una profonda revisione della legge Fornero sono nulle. Riprende Ghiglione: “La ministra del Lavoro prende tempo per capire le risorse precise che avrà a disposizione per il capitolo previdenza. In realtà sappiamo bene che, anche a causa delle politiche sbagliate del governo, il paese non cresce. In questi mesi si sono tenuti incontri finti e inutili, che non hanno determinato alcun risultato, ma nel frattempo con il decreto lavoro è aumentata la precarietà, in particolare per i giovani”.
È utile, per capire la linea perseguita dal governo Meloni, ripercorrere brevemente quanto fatto dallo stesso nel suo primo anno di governo con la scorsa legge di bilancio. Di sicuro c’è stato, come detto, un taglio pesante della rivalutazione delle pensioni: 3,5 miliardi in meno nel solo 2023, 17 miliardi in meno nel triennio. Tagli che avranno effetti sulla pensione non dei ricchi, come ha sostenuto la presidente del Consiglio, ma sugli assegni di impiegati e operai specializzati che hanno lavorato e versato contributi per 40 e più anni. Opzione donna è stata praticamente azzerata, da un lato con l’innalzamento del requisito anagrafico di 2 anni (conferma dei 35 anni di contributi ma con 60 anni di età) e, dall’altro, con la forte contrazione della platea di coloro che potranno accedere alla misura attraverso la previsione di nuove e ulteriori condizionalità: un’invalidità almeno del 74%; assistere un familiare con handicap grave; essere lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione di crisi aziendale.
Altro che 41 anni di contributi per tutti. La condizione del possesso di almeno 62 anni di età per il 2023 ha fatto sì che una misura che secondo il governo doveva permettere a 40 mila persone di lasciare il lavoro, invece – come correttamente aveva stimato l’Osservatorio previdenza della Cgil e della Fondazione Di Vittorio – è stata utilizzata da circa 11 mila persone, solo 3 mila delle quali donne.
La proroga dell’Ape sociale ha riguardato solo il 2023 senza alcun allargamento della platea, nemmeno per coloro che svolgono attività gravose, con ancora alcune professioni inopportunamente escluse. Il governo stima 20 mila uscite, ma le analisi dell’Osservatorio previdenza della Cgil e della Fondazione di Vittorio, ne calcola 13 mila.
Viene ridotto il limite di spesa per i lavoratori precoci, per cui il diritto al trattamento pensionistico anticipato è riconosciuto con un requisito contributivo ridotto (pari attualmente a 41 anni di contribuzione laddove sussistono determinate condizioni). La riduzione prevista è di 80 milioni di euro per il 2023, 90 milioni per il 2024 e di 120 milioni dal 2025 in avanti. Insomma: altro che 41 anni di contributi per tutti.
Viene ridotto il limite di spesa per i lavoratori usuranti: di 100 milioni di euro per l’anno 2023 e di 80 milioni di euro dall’anno 2024. Anche in questo caso, come detto per il taglio al fondo precoci, si interviene riducendo la capienza del fondo per i lavoratori usuranti complessivamente per 180 milioni nel biennio 2023-2024, anziché prevedere un potenziamento della misura.
Viene prevista per i lavoratori dipendenti che abbiano maturato i requisiti di quota 103 la possibilità di proseguire l’attività lavorativa e beneficiare direttamente in busta paga della contribuzione a carico del lavoratore (pari al 9,19%), con conseguente esonero del relativo versamento da parte del datore di lavoro e del relativo accredito contributivo. Una misura che, per la Cgil, altera la logica interna del sistema previdenziale e che rischia di determinare differenze tra i lavoratori.
Il governo dimostra che non c’era alcuna volontà di introdurre strumenti di flessibilità in uscita, nemmeno per coloro che potrebbero essere accompagnati alla pensione a seguito di determinati requisiti di età dipendenti di piccole e medie imprese. Vengono infatti sottratti 550 milioni nel triennio, che si sommano alle altre risorse sottratte sul capitolo previdenziale e utilizzate per altro
Difficile dunque aspettarsi qualcosa di diverso. “L’intenzione del Governo – conclude la segretaria confederale della Cgil – è chiara: proseguire con le bugie sulle pensioni. Non c’è alcuna volontà di confrontarsi con il sindacato e sulla nostra piattaforma unitaria che gli abbiamo presentato da mesi. Motivo in più per scendere in piazza il 7 ottobre”
Dalle pagine di Repubblica, il segretario generale della Cgil critica l'operato dell'esecutivo e lancia la manifestazione di sabato a Roma. "La nostra Via Maestra per la Costituzione e la pace, contro la precarietà e per un futuro diverso"
Una manovra “senza coraggio e visione”, che “non toglie le ragioni della nostra mobilitazione a partire dalla manifestazione di sabato” a Roma con 200 associazioni. “Indicheremo la Via Maestra per la Costituzione e la pace, contro la precarietà e per un futuro diverso”, dice il segretario generale della Cgil Maurizio Landini intervistato da Repubblica.
Per il numero uno di Corso Italia il taglio del cuneo “è una nostra richiesta, conquistata con il governo Draghi. Ma qui viene riconfermato quel che già c'è, non si possono vendere la stessa operazione due volte, come Totò con la Fontana di Trevi”. Tra l'altro “la misura non è strutturale, dura solo un altro anno. I salari devono crescere per recuperare il potere d'acquisto perso, le detrazioni non sono indicizzate all'inflazione, le pensioni sono dimenticate anzi tagliate in questi anni del 10%da una rivalutazione parziale”.
Per Landini “tutte le misure spot non
Leggi tutto: Landini: «In piazza contro gli spot del governo»