Tre anni dopo Ora che Volodymir Zelensky sta entrando nella lunga lista degli amici consumati e abbandonati dagli Stati uniti, è già pronta una nuova trappola logica per chi denuncia il vuoto di […]
Ora che Volodymir Zelensky sta entrando nella lunga lista degli amici consumati e abbandonati dagli Stati uniti, è già pronta una nuova trappola logica per chi denuncia il vuoto di politica e diplomazia che ha consentito tre anni di carneficina in Ucraina.
Se fin qui sarebbe stato un tradimento convincere il governo ucraino a negoziare per fermare la guerra – e fu dunque eroico far saltare ogni ipotesi di accordo già un mese dopo la brutale invasione russa, a condizioni migliori di quelle di oggi – adesso la pace di Trump andrebbe boicottata perché «pace imperiale».
Che sia tale non ci sono dubbi, ma non per questo è democratica la guerra portata avanti innanzitutto sulla pelle dei civili e dei soldati ucraini, oltre che di quelli russi. E non è irrilevante che, per quanto nobilissima e ardente possa essere stata la resistenza ucraina, ormai si calcolino 900mila tra renitenti alla leva e disertori: più di quanti stanno combattendo.
Scappare dalle trincee, come scappano anche i russi, persino fuggire da un paese che ha già perduto il 20% della sua popolazione sono scelte che meritano rispetto, quasi sempre obbligate. La guerra non è stata un episodio di autodeterminazione e non è dunque meno imperiale della pace che (non ancora e troppo tardi) si annuncia.
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Il vertice Usa-Russia a Riyadh, ora la guerra in Ucraina è un affareIl destino al quale Zelensky sembra irrimediabilmente avviato non fa che svelare l’inganno. Anche lui è una vittima della guerra per procura, subito dimenticati i tempi in cui viaggiava in trenta diversi paesi del mondo e appariva un po’ ovunque, da Cernobbio al festival di Cannes. Cinque mesi fa firmava le munizioni nelle fabbriche degli americani che adesso nemmeno lo ascoltano, mentre prova a chiedere un posto al tavolo dove si decide sulla sua testa. Tavolo dove la trattativa tra Usa e Russia non la conducono due funzionari o diplomatici, ma non a caso due uomini di affari come Witkoff e Dmitriev.
La guerra nel cuore dell’Europa è stata un affare per gli Stati uniti. Il fatto che la responsabilità dell’invasione sia tutta di Putin non cancella questo dato di realtà, casomai spiega perché dall’allargamento della Nato a Maidan e al non rispetto degli accordi di Minsk nulla è stato fatto per impedirglielo.
Tre anni di guerra oltre a devastare l’Ucraina hanno mortificato probabilmente per un lunga fase storica il ruolo politico dell’Europa. Che raccoglie quello che ha seminato, tenendosi sistematicamente lontana da ogni tentativo negoziale. Che la soluzione di un conflitto interamente sussidiato e armato dall’esterno dovesse essere lasciata nelle esclusive mani degli ucraini – ai quali si poteva tutt’al più consigliare di insistere (fino a sconfiggere la Russia?) – era un racconto tanto falso da crollare in poche ore. Adesso neanche della loro pace gli ucraini possono parlare.
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Il convitato di coccio: «Non riconosceremo mai i territori occupati dal Cremlino»E così il fatto che le intenzioni di Trump siano pessime non rende ottima la condotta tenuta da Biden in questi tre anni, né meno folle la scelta di Bruxelles, Roma o Berlino di seguirlo mentre le accompagnava verso il baratro.
Oggi gli europei pagano il gas in media cinque volte più degli Stati uniti (agli italiani va anche peggio) e comprano il doppio del gas americano rispetto a prima del conflitto.
Dovranno armarsi ancora di più, molto di più. E dovranno farlo sacrificando il welfare e comprando armi americane. Ma non è certo sostenendo la prosecuzione di una guerra che chiaramente poteva concludersi solo con un negoziato che ne usciranno. Perché è stata proprio l’ostinazione bellicista a condurre Macron, Meloni, Scholz e gli altri fin qui. In trappola.