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Fdi Si tratta di una vicenda prima che giudiziaria, tutta politica e di singolare gravità: un esponente del governo ha approfittato della sua posizione di potere per tendere una trappola agli avversari politici

Le confidenze degli amici geniali

 

Dagli alla sinistra e ai suoi torbidi traffici. E dagli alle toghe rosse. Si torna lì, al punto di partenza, a quando, gennaio 2023, Fratello Giovanni Donzelli si sgolava nell’aula di Montecitorio: «Questa sinistra sta con lo Stato o con i terroristi e con la mafia?».

Due anni dopo un altro Fratello, secondo Donzelli «una delle persone più intelligenti che esistono», quello che si vestiva da nazista e ora presiede il gruppo di Fdi alla Camera, insiste: «Perché i deputati del Pd sono andati a trovare i mafiosi? Cosa dovevano dire loro?».
A un’intelligenza così sopraffina non può sfuggire che visitare i detenuti rientra tra i compiti dei parlamentari. Forse il genio in questione, al secolo Galeazzo Bignami, sta cercando di spostare l’attenzione dall’altro amico geniale della truppa, il sottosegretario alla giustizia Delmastro, al Pd?

Perché la notizia è che il sottosegretario, meloniano tutto d’un pezzo, quello che ai detenuti vorrebbe togliere il respiro e agli occupanti di case prenderli «per la pelle del culo», è stato condannato a otto mesi di carcere per aver spifferato a Fratel Donzelli, che poi le usò come arma impropria contro le opposizione, conversazioni avvenute tra l’anarchico Cospito e alcuni mafiosi detenuti al 41 bis (qui il genio tocca il suo apice: per difendere il carcere duro dal lassismo del Pd il sottosegretario tutto d’un pezzo rivelò conversazioni che in base al 41 bis dovevano restare murate).

Sentenza di primo grado, figurarsi, «il garantismo è un principio fondamentale, che vale sempre e per chiunque», se la cava il moderato Maurizio Lupi. Peccato che malgrado lo «sconcerto» della premier per la condanna del suo pupillo il garantismo in questo caso non c’entri niente. A prescindere dal processo, dalla condanna in primo o secondo grado, dal numero di mesi comminati a Delmastro, si tratta di una vicenda prima che giudiziaria, tutta politica e di singolare gravità: un esponente del governo ha approfittato della sua posizione di potere per tendere una trappola agli avversari politici.

La destra paranoica sempre pronta a denunciare complotti immaginari ha messo in chiaro da allora e una volta per tutte – come confermavano ieri le dichiarazioni fotocopia di Fdi – qual è il suo stile di comando. Colpi sotto la cintura, regole calpestate, tentativo di ridimensionare se non assoggettare e delegittimare gli altri poteri dello stato quando considerati un intralcio al proprio. A Delmastro non auguriamo certo il carcere: rischierebbe di avere a che fare con uno come lui. O di ricevere una visita dai parlamentari dell’opposizione.