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IMAGOECONOMICA IMAGOECONOMICA

Mentre metà dei lavoratori dipendenti attendono il rinnovo del contratto collettivo nazionale, il governo resta immobile, impegnato a difendere gli interessi di pochi privilegiati invece di garantire dignità a chi manda avanti il Paese. Operai, impiegati pubblici, infermieri, farmacisti, addetti delle telecomunicazioni: 6,6 milioni di lavoratori abbandonati a se stessi, ostaggio di un esecutivo pericoloso e inadeguato.

Nei prossimi sei mesi altri contratti scadranno e, nonostante lo storytelling rassicurante di Palazzo Chigi, il ticchettio della bomba sociale si fa sempre più pressante. I dati dell’Istat sono impietosi: a dicembre 2024 le retribuzioni contrattuali sono aumentate di un ridicolo 0,1%, mentre su base annua si registra addirittura un calo. Un disastro annunciato, conseguenza diretta dell’ostinazione di Meloni & co. a negare un’emergenza salariale sempre più drammatica. È bene ripeterlo fino allo sfinimento: siamo l’unico Paese Ocse con gli stipendi bloccati da almeno trent’anni.

Davanti a questo sfacelo, l’esecutivo non solo si rifiuta di agire, ma boicotta ogni soluzione possibile. Ha bocciato la proposta di un salario minimo a 9 euro l’ora e ha persino impugnato la legge della Regione Puglia che garantiva questa soglia. Una scelta ideologica, figlia di una precisa scelta politica: difendere rendite e privilegi piuttosto che garantire il diritto di milioni di cittadini a vivere dignitosamente.

Sui contratti siamo all’accanimento terapeutico. Il tempo medio di attesa per il rinnovo è salito a 22 mesi. Un’agonia insopportabile. I lavoratori della sanità privata scendono in piazza sotto il ministero della Salute, i metalmeccanici minacciano nuovi scioperi, altre categorie alternano stati agitazione a mobilitazioni ma l’esecutivo se ne frega, barricandosi dentro la sua bolla di arroganza e incompetenza.

Nel pubblico impiego la situazione è fuori controllo: i contratti del triennio 2022-24 sono bloccati e il ministro dell’Economia Giorgetti offre briciole. Meno di 42 euro per gli infermieri, poco più di 38 euro per gli operatori socio-sanitari, meno di 38 euro per i funzionari pubblici. Una vera e propria umiliazione, tanto che i sindacati hanno rispedito al mittente questa presa in giro.

Per non parlare dell’economia, impantanata nelle sabbie mobili dello zero periodico. Il 2024 si è chiuso con una crescita risibile dello 0,5%, mentre il 2025 è partito senza slancio. Invece di intervenire con politiche espansive, si insiste su tagli lineari e austerità mascherata, aggravando il declino industriale e occupazionale di un Paese in crisi di credibilità.

I soldi per invertire la rotta ci sarebbero eccome. Chiedere a chi detiene grandi profitti, evade le tasse o possiede grandi patrimoni. Ma anche qui l’esecutivo se ne frega e preferisce lisciare il pelo ai potenti, smantellare la Costituzione e picconare la magistratura. Tutte priorità di una destra sempre più infastidita dalla democrazia.