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Vaticano Involontariamente, è Giorgia Meloni, in visita dal Papa al Gemelli, a smentire le vulgate più estremiste sulla salute di Bergoglio. La premier dice di aver trovato Francesco «vigile e reattivo. […]

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Involontariamente, è Giorgia Meloni, in visita dal Papa al Gemelli, a smentire le vulgate più estremiste sulla salute di Bergoglio. La premier dice di aver trovato Francesco «vigile e reattivo. Abbiamo scherzato come sempre. Non ha perso il suo proverbiale senso dell’umorismo».

A conferma del fatto che, seppure complesse, le condizioni fisiche di Bergoglio restano al momento stazionarie con un «lieve miglioramento», come ha comunicato ieri il Vaticano. Certo, il futuro è un’incognita, avendo il Papa 88 anni compiuti, ma nello stesso tempo le parole di Meloni spingono a pensare che la possibilità che si ristabilisca c’è e non è campata per aria.

Da tempo, tuttavia, si rincorrono voci sulla possibilità di dimissioni che aprano la strada a un nuovo conclave. Nelle scorse ore, addirittura, il rientro a Roma del cardinale Pietro Parolin dal Burkina Faso, è stato letto dai settori più anti bergogliani come un segnale di aggravamento della salute di Bergoglio, tralasciando tuttavia che l’agenda del segretario di Stato era già stata decisa da cinque mesi. E fra l’altro, ignorando il fatto che, in caso di sede vacante, non è il segretario di Stato a dover gestire l’eventuale post pontificato, ma rispettivamente il camerlengo e il decano del collegio cardinalizio, Kevin Joseph Farrell e Giovanni Battista Re.

Voci che coprono altre voci. Da giorni le diverse fazioni presenti nella Chiesa provano a tirare acqua al proprio mulino. Da una parte ci sono quelli che descrivono lo stato di salute di Francesco come ormai irreversibilmente compromesso per spingerlo alle dimissioni, forti del fatto che fu lo stesso Pontefice a dichiarare che si sarebbe fatto da parte se non fosse stato più in grado di svolgere pienamente le proprie mansioni.

Dall’altra, c’è chi minimizza e parla al massimo della necessità di una riduzione degli impegni nel caso di un ritorno a Santa Marta, senza però comprendere che Francesco decide da solo e che, insieme, difficilmente accetterebbe un ridimensionamento nelle proprie funzioni. Certo, nei prossimi mesi, se riprenderà in mano l’attività pubblica ordinaria, non è escluso che venga rimodulato il calendario delle presenze papali agli eventi giubilari in modo da impedire ricadute a quel punto assai pericolose.

Ma la rimodulazione sarebbe solo temporanea e non sarebbe in alcun modo un ridimensionamento.

L’antagonismo a Bergoglio ha radici lontane e non è una novità. Dall’inizio del pontificato c’è chi pensa al dopo, senza così fermarsi a cogliere e a comprendere la spinta di novità del suo magistero. All’inizio un’importante opposizione fu alimentata da una parte dell’episcopato nordamericano, vicino a un mondo repubblicano statunitense spaventato dall’imprevedibilità e dalla non controllabilità del primo Papa venuto dal Sudamerica, dalla sua visione sull’ambiente, le migrazioni, gli armamenti, e dalle sue aperture a Est, alla Cina soprattutto. Settori romani minoritari, ma combattivi, hanno cavalcato quest’onda antagonista, nel tempo tuttavia perdendo terreno.

L’arrivo a Roma di Victor Manuel Fernandez come prefetto dell’ex Sant’Uffizio, quello stesso Fernandez contro il quale durante il pontificato di Ratzinger erano stati costruiti dossier per bloccarne l’ascesa, ha sancito definitivamente e fragorosamente la vittoria di un’altra linea teologica: dai princìpi non negoziabili di ratzingeriana memoria alla «Chiesa per tutti», che accoglie senza chiedere patenti d’identità, di Francesco.

Che a primeggiare, oggi, sia questa visione lo dimostra anche quanto avvenuto recentemente negli Stati uniti. Dopo anni di ammiccamenti al mondo repubblicano, l’episcopato del Paese si è espresso pubblicamente contro le politiche migratorie di Trump facendo sentire nei palazzi che contano l’eco di una sola voce.

Francesco è stato comunque capace di aggregare un certo consenso anche nel mondo sulla carta a lui più ostile. Ricevendo a Santa Marta anche in forma privata diversi capi di Stato di destra, fra cui Meloni, e dicendo a tutti di lavorare al di là delle rispettive appartenenze politiche – «Quello è di sinistra, tu sei di destra, ma siete giovani ambedue, parlate», ha detto recentemente – si è smarcato dalle diverse fazioni che tendono a usarlo per i propri interessi. Gli intramontabili bergogliani e antibergogliani.

Giornalista della Radiotelevisione della Svizzera italiana, ha iniziato al Riformista, poi al Foglio, quindi inviato a Repubblica