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Unifil è un bersaglio. Israele spara ancora sulla missione Onu in Libano, feriti altri due soldati. Usa ed Europa costretti a indignarsi di nuovo. Biden: vorrei la smettessero. Francia, Spagna e Italia: attacchi ingiustificabili. Ma Netanyahu va avanti: i caschi blu se ne vadano

Omissione di pace Biden: «Basta sparare ai peacekeeper». Nabih Berri, terza carica dello Stato, parla con Blinken e si incarica della mediazione

Unifil torna al centro del mirino. 22 morti  e 90 feriti a Beirut Caschi blu spagnoli della missione Unifil a Marjayoun, sud del Libano – Afp

«C’è bisogno di una presa di coscienza mondiale che metta fine a questa aggressione» ha dichiarato ieri Najib Miqati, primo ministro ad interim del Libano, in seguito all’ennesimo attacco sull’esercito libanese il quale nel pomeriggio ha confermato che due dei suoi soldati sono stati uccisi e altri tre sono rimasti feriti in un attacco israeliano che «ha colpito un posto di blocco» a Kafra, Bint Jbeil, nel sud del Libano, sud-ovest di Tiro.

LE REAZIONI di indignazione trasversali per l’attacco al contingente Unifil, che è continuato anche ieri, non hanno inciso in maniera significativa sul conflitto in Libano. «Questi attacchi costituiscono violazioni gravi del diritto internazionale e devono cessare immediatamente» le parole di condanna del ministro degli affari esteri francese Barrot, mentre convocava l’ambasciatore israeliano in Francia. «Torno a condannare quanto accaduto. Non è accettabile, viola la risoluzione 1701 dell’Onu. Stiamo «assolutamente» chiedendo a Israele di smettere di sparare ai peacekeeper, ha detto ieri il presidente statunitense Joe Biden alla stampa, ribadendo quanto già dichiarato dal segretario della Difesa Lloyd Austin nel suo dialogo con l’omologo israeliano Yoav Gallant.

L’esercito israeliano ha colpito ieri mattina una torre di sorveglianza Unifil all’altezza di Naquoura, sul mediterraneo a sud di Tiro, dopo gli attacchi di giovedì, in cui due soldati della missione di interposizione internazionale erano rimasti feriti.

LA MATTINATA di ieri è passata a Beirut contando i morti e i feriti degli attacchi sui quartieri di Ras-Nabaa e di Basta, centralissimi, fuori dalla Dahieh, la Beirut sud epicentro dei bombardamenti israeliani nella capitale. E questo è già il terzo fuori dal perimetro della Dahieh. 22 morti e circa 90 feriti nell’attacco nel cuore di Beirut. Metà di loro, sfollati provenienti dal sud, civili. Il target di Israele era Wafic Safa, responsabile dell’unità di coordinazione di Hezbollah, che dice di aver ucciso. Hezbollah non ha confermato. I quartieri di Ras-Nabaa e di Basta sono quartieri popolari, ad alta densità abitativa, in cui vivono anche sunniti e cristiani, oltre alla comunità sciita.

GIOVEDÌ il bombardamento annunciato in serata su

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 L’arrivo è previsto il 14 ottobre con 43 persone a bordo (foto Fiorentini)

Ravenna Porto di sbarco nuovamente per la Nave Ocean Viking con a bordo 43 persone recuperate.

Come comunicato da bordo nave l’arrivo è previsto per lunedì 14 ottobre alle ore 8 quasi certamente alla banchina del Terminal crociere di Porto Corsini, mentre dove saranno effettuate le visite sanitarie e gli adempimenti dei servizi Sociali del Comune e quelli di Polizia, si deciderà nel pomeriggio. Si tratta del quarto sbarco presso il porto cittadino della nave ONG. “Ocean Viking” SOS Mediterranee che sta già facendo rotta su Ravenna ed è ora a circa 800 miglia nautiche.

Il Prefetto Castrese De Rosa ha immediatamente informato le autorità cittadine ed insieme hanno concordato per le 16.30 una prima riunione di coordinamento in Prefettura con tutti gli Enti interessati per stabilire tempi e modalità per l’accoglienza dei 43 migranti. Sarà il 15° sbarco di navi ONG nel Porto di Ravenna, a partire dal 31 dicembre 2022. In totale fino ad ora saranno sbarcati al Porto di Ravenna 1513 migranti

 

 

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Spari sul quartier generale Unifil a Naqoura, in Libano. L’Onu: attacco «intenzionale». Crosetto convoca l’ambasciatore di Tel Aviv: «Inaccettabile, possibile crimine di guerra». Nessuna scusa da Israele: «Spostatevi 5 km più a nord, il nostro esercito farà ciò che è necessario»

Levatevi di mezzo Attacco intenzionale di Israele alle postazioni del contingente Onu nel sud del Libano. Due caschi blu feriti. Militari italiani sotto tiro

Blindati dell’Unifil nel sud del Libano foto Ansa Blindati dell’Unifil nel sud del Libano – foto Ansa

Ne avevamo parlato poche ore prima nell’ufficio di Unifil che domina Beirut fino al mare. «La situazione è imprevedibile e il rischio che i caschi blu siano interessati dagli scontri a fuoco lungo la Linea Blu è reale» ci aveva spiegato Andrea Tenenti, portavoce e capo della comunicazione della missione dell’Onu che gestisce le forze di interposizione tra Israele e Libano dal 2000. Poche ore dopo è successo.

UN CARRARMATO MERKAVA delle forze armate israeliane ha sparato verso una torre di osservazione del quartier generale dell’Unifil a Naqoura, «colpendola direttamente» e facendo cadere i due caschi blu indonesiani che in quel momento erano di vedetta. La dichiarazione di Unifil non lascia adito ad alcun dubbio: i colpi sono stati sparati su quell’obiettivo. Non c’è stato errore di mira, nessun incidente, si è trattato di un attacco intenzionale.

Per i due militari di Giacarta «le ferite sono fortunatamente, questa volta, non gravi, ma rimangono in ospedale». I soldati israeliani hanno anche aperto il fuoco sulla base di Ras Naqoura, dove si trovano i soldati italiani, che in codice è indicata come Unp 1-31. Qui hanno colpito l’ingresso del bunker e hanno danneggiato dei veicoli e un sistema di comunicazione. Subito dopo, mentre i militari si dirigevano verso i rifugi, un drone dello stato ebraico è stato avvistato all’interno della base mentre effettuava ricognizioni e seguiva il percorso dei peacekeepers fino all’ingresso nel rifugio. Il livello d’allerta è stato portato ai massimi gradi e i caschi blu sono rimasti per diverse ore nei bunker.

UNO DEI MILITARI ITALIANI ha raccontato la propria esperienza all’Ansa senza rivelare il proprio nome per ragioni di sicurezza: «Ero sotto la torretta. C’è stato un primo colpo che ci ha sfiorato. E poi quello che ha preso in pieno il posto di osservazione. Non è possibile che sia stato un errore. Il carro armato ha puntato

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È terminata all’imbrunire la giornata del generale Francesco Paolo Figliuolo fra Premilcuore e Portico i due comuni dell’alto appennino che ancora non aveva visitato dopo l’alluvione del maggio 2023 portano a 90 il numero di quelli complessivamente visitati. <Ho trovato tanto calore umano e pur con tutti i problemi dovuti all’esito di un’alluvione senza precedenti una grande voglia di continuare a ricostruire. Ho visitato due comuni virtuosi che hanno effettuato ormai quasi tutte le somme urgenze. Adesso è iniziata la fase di ricostruzione in cui come struttura assistiamo i comuni con la cosiddetta committenza ausiliaria. Questa giornata è stata importante anche per la possibilità di chiarire alcune tematiche sulla rendicontazione>.

Durante la visita il generale ha voluto chiarire anche i confini e le incombenze del suo ruolo. <Sono commissario alla ricostruzione legata agli eventi alluvionali del maggio 2023. In questo ambito ho inizialmente fatto un’integrazione con protezione civile con commissario allora delegato all’emergenza Bonaccini e ad oggi sono stati resi disponibili 2,7 miliardi per il territorio con circa 7 mila interventi. Poi abbiamo cercato di fare attività di prospettiva dando una mano ai comuni con la committenza ausiliaria con interventi presi in carico da Sogesit o da altre società in house Anas o Rfi. Finanziato anche opere di progettazione di ponti e di tratti di viabilità importanti ma per fare queste opere ci vuole tempo>.

Poi di nuovo una seconda alluvione lo scorso mese di settembre. <Sono solidale con coloro che hanno avuto danneggiamenti ma per quella c’è il commissario delegato per emergenza che è la presidente facente funzioni Priolo. Più avanti tornerò in quelle zone ma non ci sono andato perché in quei giorni ho coordinato dalla sala operativa gli aiuti delle forze armate ad intervenire nell’immediato. Il compito del commissario delegato è quello di effettuare lavori di somma urgenza. Ho partecipato alla videoconferenza in cui sono stati stanziati 20 milioni per lavori somma urgenza e questi fondi sono gestiti dalla Regione. Nel prossimo futuro occorrerà decidere anche come fare per i comuni che sono stati alluvionati due volte>. Riguardo alla situazione dei due comuni ha detto: <Sono presidi importantissimi ma occorre ripopolare questi territori perché altrimenti diventa difficile fare la regimazione delle acque, poi le conseguenze si pagano a valle. Questa è una regola base. A Premilcuore e Portico caratterizzati da numerosissime frane gli interventi di somma urgenza sono stati realizzati adesso ci sono quelli strutturali e quelli del Pnrr da terminare entro il 2026>

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Regionali Per Renzi si tratta di un passo indietro rispetto ai roboanti annunci di pochi giorni fa («Ci saremo col nostro simbolo»), ma in realtà è un grosso vantaggio: le altre forze moderate, da Azione a +Europa, hanno già una loro lista e non volevano i renziani

Il sindaco di Ravenna Michele De Pascale (Pd) l sindaco di Ravenna Michele De Pascale (Pd), foto Ansa

«Imminente» l’accordo nel centrosinistra in Emilia Romagna per definire il perimetro della coalizione, annuncia il candidato presidente Michele De Pascale. Dopo il veto di Giuseppe Conte a una alleanza che comprenda la lista di Italia Viva (e l’annuncio di Renzi di una lista del suo partito), la palla è passata nelle mani di De Pascale, che lunedì a Roma ha visto Conte per due ore nella sede del M5S.

Secondo fonti emiliane la soluzione dovrebbe essere l’ingresso di alcuni renziani nella lista civica del presidente. De Pascale da mesi aveva assicurato che non avrebbe preso in lista esponenti politici, ma solo civici: ma la lite furibonda tra Renzi e Conte l’ha indotto a una retromarcia per non sfasciare la coalizione larghissima che è un suo punto d’onore. E così alcuni esponenti legati a Iv doverebbero trovare posto nella sua civica (salvo sorprese dell’ultimo minuto): si parla dell’assessore uscente alla Cultura Mauro Felicori, del coordinatore regionale di Iv Stefano Mazzetti e della consigliera regionale Giulia Pigoni.

Per Renzi si tratta di un passo indietro rispetto ai roboanti annunci di pochi giorni fa («Ci saremo col nostro simbolo»), ma in realtà è un grosso vantaggio: le altre forze moderate, da Azione a +Europa, hanno già una loro lista e non volevano i renziani. E presentare una lista in solitaria era una operazione piuttosto difficile. Con l’attuale legge elettorale, per i renziani sarà più facile eleggere uno o due consiglieri dentro la lista di De Pascale.

E del resto domenica scorsa a Bologna, alla presentazione del programma, erano presenti sia esponenti del M5S sia di Iv. E Conte ha ribadito che intende sostenree l’attuale sindaco di Ravenna. «Io rivendico di aver lavorato da luglio a livello regionale e dal 2020 a livello locale per avere la credibilità di tenere insieme cose che hanno una loro diversità», dice De Pascale. «Le vicende nazionali e della Liguria si sono scaricate anche sull’Emilia-Romagna, ma io credo che la giornata di domenica abbia dimostrato che la mia impostazione iniziale era quella giusta»

 

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Davanti agli occhi Scuole e ospedali svuotati, l'Onu costretta a sospendere gli aiuti. Msf: «Un deserto senza vita». E fonti israeliano spiegano l'obiettivo: «Assumere il controllo della zona»

In fuga dai raid israeliani su Jabaliya AbacaPress/Mahmoud Issa In fuga dai raid israeliani su Jabaliya – AbacaPress/Mahmoud Issa

L’obiettivo della rinnovata offensiva di terra israeliana «è assumere il controllo del nord di Gaza». Il (prevedibile) fine della combinazione di raid aerei e assedio terrestre delle comunità settentrionali della Striscia lo conferma alla nota agenzia di informazione Walla una fonte dell’esercito di Tel Aviv. Aggiunge: «Se andrà secondo i piani, saremo in grado di controllare un’area ampia di Gaza».

L’offensiva israeliana è ripresa con estrema durezza la scorsa settimana, in concomitanza con i nuovi ordini di evacuazione inviati alla popolazione, circa 400mila palestinesi. Tanto dura che ieri l’Unrwa, l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, ha annunciato su X la sospensione obbligata di tutti i servizi salvavita che forniva. Sette scuole, usate come rifugi dagli sfollati, si sono svuotate. Nel solo campo profughi di Jabaliya sei pozzi d’acqua su otto sono inutilizzabili.

LANCIA l’allarme anche Medici senza Frontiere: «L’ultima mossa di spingere con forza e violenza migliaia di persone dal nord di Gaza verso sud sta trasformando il nord in un deserto senza vita e aggrava la situazione nel sud, dove più di un milione di persone sono già state schiacciate in una piccola porzione della Striscia», ha spiegato ieri Sarah Vuylsteke, coordinatrice dei progetti di Msf a Gaza. L’organizzazione denuncia poi l’assenza di aiuti umanitari: il transito «non viene autorizzato (da Israele) dal primo ottobre».

La ragione sta nelle pratiche militari messe in campo, le stesse dei primi mesi di guerra: ai bombardamenti si unisce l’avanzata, metro per metro, dei carri armati e dell’artiglieria pesante. Intere comunità – Jabaliya, Nuseirat, Beit Lahiya, Beit Hanoun – sono circondate e sotto assedio. Ieri la protezione civile di Gaza riportava di strade chiuse che impediscono ai soccorsi di entrare nelle zone colpite: l’assedio va avanti da quattro giorni, spiega il direttore Ahmad al-Kahlut, e «l’esercito spara su chiunque si muova».

Tante le chiamate ricevute dalla protezione civile, richieste di aiuto che non sono esaudibili. E i cadaveri si accumulano. Di alcuni si ha notizia, del cameraman di al Jazeera, Fadi al-Wahidi, ferito da un cecchino, di 15 palestinesi uccisi nelle loro tende dopo un bombardamento a Jabaliya, di altri 20 morti la notte precedente, di un altro giornalista – Mohammed Tanani di Al Aqsa Tv – ucciso nel campo.

Le vittime continuano a moltiplicarsi: oltre 42mila dal 7 ottobre 2023, più di 52mila se si tiene conto dei dispersi. «Siamo qui all’angolo tra Jabaliya al-Balad e il campo di Jabaliya, le forze israeliane sparano su chiunque si muova – scriveva ieri il reporter Anas al-Sharif – Si sentono i rumori degli spari. Decine di persone sono state uccise, nessuno riesce a recuperare i loro corpi. Le strade sono state rase al suolo e gli israeliani hanno creato barriere con cumuli di terra per impedire qualsiasi movimento».

AL CAOS e al terrore si aggiunge il collasso della sanità. Gli ordini di evacuazione colpiscono anche gli ospedali. L’Al-Ahli di Gaza City ha dichiarato lo stato di emergenza per l’eccessivo numero di feriti in arrivo, il Kamal Adwan e l’al-Awda a nord sono di fatto inaccessibili: i medici sono fuggiti dopo l’ordine di evacuare, ne sono rimasti pochissimi a seguire i pazienti che non si possono spostare.

In serata una nuova incursione israeliana con agenti sotto copertura a Nablus, nella Cisgiordania occupata, ha lasciato dietro di sé cinque palestinesi uccisi; secondo Tel Aviv si tratta di membri delle Brigate Martiri di Al-Aqsa (Fatah). Intanto al Cairo riprendono i colloqui tra Hamas e Fatah per un futuro governo di unità, gli ultimi si erano tenuti a luglio a Pechino

 

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