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Dopo giorni di silenzio sull’offensiva di Donzelli e Delmastro contro il Pd, la premier scrive una lettera al Corriere e chiede a tutti di abbassare i toni, a partire da Fdi. Ma in realtà rilancia le accuse dei fedelissimi e li blinda: «Non ci sono i presupposti per le dimissioni». I dem: «Riattizza il fuoco». Cortei per Cospito, a Roma tre fermati

Dalla premier rimbrotto a Delmastro e Donzelli per i toni. Poi rilancia le accuse ai dem

La premier è stata di parola. Aveva promesso da Berlino che avrebbe fatto sapere ieri cosa pensa del caso Delmastro-Donzelli: nella mattinata scrive al Corriere della sera, procede come un trattore. Non che sia sguaiata come i due incontinenti guardiaspalle. Al contrario pesa parole e toni. Paga il dovuto obolo all’autocritica: «I toni si sono alzati troppo e invito tutti, a partire dagli esponenti di FdI, a riportarli al livello di un confronto franco ma rispettoso». Non ci si faccia ingannare dalla peraltro delicatissima rampogna. Ai suoi pupilli Giorgia Meloni non offre solo piena copertura. Riprende e rilancia tutte le loro argomentazioni.

Giorgia Meloni:

Trovo paradossale che non si possa chiedere conto ai partiti della sinistra delle loro scelte, quando all’origine delle polemiche si colloca la visita a Cospito

Di dimissioni non se ne parla proprio: «Non ritengo vi siano in alcun modo i presupposti». L’assoluzione da parte del guardasigilli Carlo Nordio sta lì proprio per essere citata e Meloni provvede. L’accusa mossa dallo scalmanato Donzelli in aula era «sicuramente eccessiva». Si sa come sono i ragazzi e chi è senza peccato scagli la prima pietra. Ma non potrà certo essere chi proprio contro di lei ha adoperato parole tanto forti come «mandante morale delle morti in mare».

LA DIFESA DEI DUE Fratelli era prevedibile, prefigurata dal silenzio dei giorni scorsi. La premier però non si ferma qui, si scaglia come loro contro il Pd. Le sembra «paradossale» che non si possa «chiedere conto ai partiti della sinistra delle loro scelte». Sul banco degli accusati ci sono loro perché all’origine del fattaccio «si colloca oggettivamente la visita a Cospito di una qualificata rappresentanza del Pd» proprio quando «il detenuto intensificava gli sforzi di comunicazione con l’esterno». E c’è di peggio: «Ben sapendo quanto alla mafia convenga mettere in discussione il 41 bis», pur messi al corrente dal solerte Donzelli «dei rapporti tra Cospito e i boss», autorevolissimi dirigenti del Nazareno «hanno continuato a chiedere la revoca dell’istituto per Cospito» fingendo di ignorare «le implicazioni che tale scelta avrebbe avuto nella lotta alla criminalità organizzata».

LA LETTERA DI MELONI è esplicita e volutamente chiara. La presidente non vuole correggere neppure una virgola. Conferma, ribadisce, rincara. Quelle di Donzelli non sono state parole dal sen fuggite. Sono una precisa strategia studiata per sottrarsi a ogni possibile critica per la scelta di mettere Cospito in pericolo di vita senza alcun motivo e per rovesciare le parti mettendo all’indice il Pd con l’accusa di favorire, se non per dolo almeno per superficialità, la mafia. Nonché di minare il santissimo articolo 41 bis. Non a caso ieri il capogruppo di FdI Foti ha presentato una mozione che impegna il governo a negare la sospensione del 41 bis a Cospito. Basterà mezzo voto in dissenso da parte della sinistra per ritrovarsi incollata addosso l’etichetta di amici dei mafiosi.

È UNA MANOVRA che sta riuscendo in pieno. Il Pd, dopo aver martellato per giorni chiedendo alla premier di esprimersi, replica, dopo troppe ore, con un comunicato che sembra battagliero ed è invece tutto sulla difensiva. Letta e le capogruppo Malpezzi e Serracchiani partono lancia in resta: «Una lettera che riattizza il fuoco invece di spegnerlo. Parole di un capo partito che difende i suoi oltre l’indifendibile e per farlo rilancia polemiche strumentali e livorose». Il resto del comunicato però il Pd lo spende per smentire le accuse della ex missina. Il Pd che «ha nel suo dna la difesa della libertà, della democrazia» etc. I «tanti caduti del campo, vittime della nostra intransigenza nei confronti del terrorismo». La «fermezza che teniamo oggi verso tentativi di sovvertimento dell’ordine costituito che non ci vedono e non ci vedranno mai ambigui». Da ogni riga, da ogni virgola trapela la paura che le calunnie di FdI facciano presa e il Pd passi, se non per amico dei mafiosi, almeno per non abbastanza intransigente.

È PRECISAMENTE il terreno su cui la premier e i suoi scherani, fuori di testa solo in apparenza, volevano portare il Pd, e dove i 5S già troneggiano. Un territorio nel quale chiedere di sospendere il 41 bis, senza alcun pericolo per le istituzioni, per un detenuto che rischia la vita diventa complicità con Cosa Nostra. Il sentiero lungo il quale il Pd insegue da sempre trafelato la destra. Con esiti puntualmente disastrosi