IL MARE È NOSTRO. Ferma le Trivelle
Al referendum del 17 Aprile ✗ VOTA SI
7 buone ragioni per farlo:
1 Il tempo delle fonti fossili è scaduto: in Italia il nostro Governo deve investire da subito su un modello energetico pulito, rinnovabile, distribuito e democratico, già affermato nei Paesi più avanzati del nostro Pianeta.
2 Le ricerche di petrolio e gas mettono a rischio i nostri mari e non danno alcun beneficio durevole al Paese. Tutte le riserve di petrolio presenti nel mare italiano basterebbero a coprire solo 7 settimane di fabbisogno energetico, e quelle di gas appena 6 mesi.
3 L’estrazione di idrocarburi è un’attività inquinante, con un impatto rilevante sull’ambiente, a partire dal problema della subsidenza che interessa particolarmente la costa Romagnola, e sull’ecosistema marino. Anche le fasi di ricerca che utilizzano la tecnica dell’airgun (esplosioni di aria compressa), hanno effetti devastanti per l’habitat e la fauna marina.
4 In un sistema chiuso come il mar Mediterraneo un eventuale incidente sarebbe disastroso e l’intervento umano pressoché inutile (Proprio pochi giorni fa, a 7 km dalla costa tunisina, c'è stata una fuoriuscita di petrolio al pozzo “Cercina 7”). L’incidente del 2010 avvenuto nel Golfo del Messico alla piattaforma Deepwater Horizon che ha provocato il più grave inquinamento da petrolio mai registrato nelle acque degli Stati Uniti.
5 Trivellare il nostro mare è un affare per i soli petrolieri, che in Italia trovano le condizioni economiche tra le più vantaggiose al mondo. Il “petrolio” degli italiani è ben altro: bellezza, turismo, pesca, produzioni alimentari di qualità, biodiversità, innovazione industriale ed energie alternative.
6 Oggi l’Italia produce più del 40% della sua energia da fonti rinnovabili, con 60mila addetti tra diretti e indiretti, e una ricaduta economica di 6 miliardi di euro.
7 Alla Conferenza ONU sul Clima tenutasi a Parigi lo scorso dicembre, l’Italia insieme con altri 194 paesi - ha sottoscritto uno storico impegno a contenere la febbre della Terra entro 1,5 gradi centigradi, perseguendo con chiarezza e decisione l’abbandono dell’utilizzo delle fonti fossili.
Fermare le trivelle vuol dire essere coerenti con questo impegno.
Prime adesioni locali:
Associazione Fuori dal Coro; CIF Comitato contro gli Inceneritori; Circolo Legambiente Lamone; Comitato Acqua Bene Comune di Faenza e Comprensorio; Comitato Ambiente e Paesaggio di Castel Bolognese; Eco Istituto Ecologia Scienza e Società Faenza; Gruppo Famiglie Rifiuti Zero; GAAF; Gruppo di Acquisto Solidale; Referente Rete Rifiuti Zero Emilia Romagna; Si Rinnovabili No nucleare.
Tra le altre iniziative locali per approfondire le ragioni del SI, ricordiamo:
- Mercoledì 30 marzo, ore 20,30 Prometeo vicolo Pasolini, 6 Faenza“Le ragioni del Si e del No” con: Gianni Bessi, Consigliere regionale del PD, Comitato per il No “Ottimisti e Razionali”; Giulio Kerschbaumer, Direttore regionale Legambiente, Comitato “Vota Sì per fermare le trivelle”;
- Sabato 2 aprile, banchetto informativo in piazza;
- Lunedì 4 aprile, ore 20 Cinema Italia, Lunedì Cult Movie presenta “Human” di Yann Arthus-Bertrand, saremo presenti con un banchetto informativo;
- 8-9-10 APRILE - MOBILITAZIONE IN TUTTA ITALIA 1000 PIAZZE, UN MARE DI SI.
Si sono chiusi sabato 26 marzo i lavori dell’Education Training organizzato dal Centro Ricerca Rifiuti Zero di Capannori, in collaborazione con Zero Waste Italy, Life Plus ECOPULPLAST e Ambiente e Futuro.
La tre giorni ha visto la partecipazione di un centianio fra attivisti, amministratori locali e rappresentanti di imprese da ogni angolo d’Italia, riuniti per condividere le proprie esperienze e per imparare dall’eccellenza di Capannori la strada delle buone pratiche verso un futuro a rifiuti zero.
La giornata di sabato, la più densa di interventi, si è aperta con il saluto del Sindaco di Capannori Luca Menesini. Al suo fianco l’Assessore all’Ambiente Matteo Francesconi e Maurizio Gatti, presidente Ascit della piana di Lucca, hanno illustrato i benefici, tanto ambientali quanto economici, della strategia rifiuti zero e i futuri obiettivi dell’amministrazione comunale. La presenza di rappresentanti di diverse altre realtà locali, fra cui il neoeletto Assessore all’’Ambiente di Livorno Giuseppe Vece e il Sindaco di Taggia (Imperia) Vincenzo Genduso, ha dimostrato le forti potenzialità di una strategia che negli anni continua a espandersi e migliorarsi attraverso il confronto fra diverse esperienze.
Nel pomeriggio gli interventi di Selene, Lucense e Lucart hanno mostrato come il coinvolgimento del mondo delle aziende – e per quanto riguarda Lucca quella cartaria nello specifico - sia fondamentale per stimolare la ricerca e il progresso nell’ambito della progettazione di materiali riciclabili.
Ma il corso è andato ben oltre la Lucchesia e la Toscana, con interventi di esperti come Paolo Contò, direttore del Consorzio Contarina, la società che gestisce i rifiuti di 50 comuni del trevigiano che ad oggi detengono il primato italiano per la raccolta differenziata. La parola non è andata solo agli esperti, ma anche a quei cittadini che dal basso creano nuovi esempi virtuosi di buone pratiche, come Linda Maggiori, che a Faenza coordina il progetto delle “Famiglie Rifiuti Zero”, mettendo in rete idee per uno stile di vita sostenibile.
Ambiente e Futuro
Centro di Ricerca Rifiuti Zero - Capannori
Zero Waste Italy
COMUNICATO STAMPA: Progetto per favorire la riduzione dei rifiuti nel territorio comunale
A Faenza si producono in media 630 kg di rifiuti procapite all'anno e 350 kg di rifiuti indifferenziati, una vera montagna di rifiuti il cui smaltimento è inquinante per l'ambiente e un costo per tutta la comunità.
Riciclare è importante ma non basta. Occorre ridurre tutti i rifiuti.
Bere acqua di rubinetto, portarsi il contenitore e la sporta da casa, comprare alla sfuso o alla spina, usare pannolini lavabili, fare vuoto a rendere, sono semplici azioni virtuose che vanno sostenute, promosse e incentivate dall' amministrazione. All'estero (Olanda, Germania...) si praticano già da decenni.
Anche in Italia molti Comuni Virtuosi sostengono progetti di questo tipo, seguendo la strategia Rifiuti Zero. L'esperienza pilota delle famiglie "Rifiuti Zero" che hanno monitorato e ridotto drasticamente i loro rifiuti, ci mostra che vivere a rifiuti zero è possibile.
Per questo chiediamo al comune di Faenza, in collaborazione con la Ausl e le associazioni di categoria, di promuovere, facilitare e incentivare tutte quelle attività e quei produttori che fanno vuoto a rendere, che vendono sfuso o alla spina, tutti quei bar e ristoratori che usano dosatori di zucchero (al posto delle bustine monodose) e danno acqua di rubinetto.
Chiediamo che il Comune sostenga e favorisca le scuole che tolgono i distributori di acqua in bottiglia, chiediamo che le feste scolastiche e la sagre siano sempre più all'insegna del riuso e della riduzione dei rifiuti, oltre che del riciclo. Chiediamo anche incentivi per l'acquisto di pannolini lavabili e che tutti gli acquisti dell'ente comunale siano vincolati al rispetto dell'ambiente (ad es. carta riciclata), secondo la Green Public Procurement.
E soprattutto, chiediamo tanta sensibilizzazione, a partire dalle scuole, in collaborazione con le organizzazioni promotrici.
Perché "rifiuti zero" è un obiettivo possibile.
Linda Maggiori referente del Gruppo Famiglie Rifiuti Zero e delle altre associazioni promotrici:
CIF Comitato contro gli Inceneritori Faenza; Comitato Acqua Bene Comune Faenza e comprensorio; Comitato ambiente e paesaggio di Castel Bolognese; Comitato Brisighella Bene Comune; Comitato Debito pubblico: decido anch'io; Circolo Legambiente Lamone di Faenza; Ecoistituto Ecologia scienza e società Faenza; Fuori dal Coro; Gruppo Famiglie Rifiuti Zero, Gruppo Acquisto Solidale di Faenza; Gruppo Allattando a Faenza; Referente Rete rifiuti zero Emilia Romagna; Si rinnovabili No nucleare.
DISIMBALLIAMOCI!
Progetto per la riduzione degli imballaggi
In occasione della Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti, 7a edizione della SERR, sotto l’Alto patrocinio del Parlamento europeo, Ecologicpoint, associazione di volontariato ambientale della Provincia di Terni, ha lanciato un’interessante iniziativa pratica, concreta di semplice applicazione e può essere replicato in tutto il territorio italiano: “Portati il contenitore da casa, aiutaci a diminuire gli imballi dei reparti di gastronomia”. Anche le recenti leggi regionali incentivano la riduzione dei rifiuti e l'economia solidale di prossimità: l.r 19/2014, l.r. 16/2015. Il recente collegato ambientale attiva una sperimentazione di 6 mesi per il vuoto a rendere di contenitori di acqua e birra.
Il Gruppo Famiglie Rifiuti Zero,il CIF Comitato contro gli Inceneritori Faenza; Comitato Acqua Bene Comune Faenza e comprensorio; Comitato ambiente e paesaggio di Castel Bolognese; Comitato Brisighella Bene Comune; Comitato Debito pubblico: decido anch'io; Circolo Legambiente “Lamone” di Faenza; Ecoistituto Ecologia scienza e società Faenza; Fuori dal Coro; il Gruppo Acquisto Solidale di Faenza, il Gruppo Allattando a Faenza, Referente Rete rifiuti zero Emilia Romagna; Si rinnovabili No nucleare;
si fanno promotrici anche nel Comune di Faenza di questo importante progetto rivolto alla riduzione graduale degli imballi nella spesa giornaliera.
Nella spesa quotidiana c’è uno spreco eccessivo di materiali da imballaggio (carta e poliaccopiati, bottiglie e contenitori in plastica e in polistirolo, shopper e tetrapak, ecc.) che finiscono fra i rifiuti domestici e, a causa della “contaminazione” subita dai cibi che li hanno contenuti, raramente vengono riciclati per essere smaltiti nella discariche e negli inceneritori dei rifiuti indifferenziati con tutti i danni conseguenti.
L’iniziativa in oggetto incentiva consumatori, negozianti e produttori a collaborare per la riduzione dei rifiuti.
In particolare tutte quelle attività (negozi, bar, farmacie, produttori diretti) che si impegnano a fare vuoto a rendere, che vendono prodotti sfusi o alla spina, che danno acqua di rubinetto, che riducono gli imballaggi, che incentivano i clienti a portarsi le sporte e i contenitori da casa, nel rispetto delle norme igieniche e sanitarie vigenti, avranno una vetrofania ad hoc.
In futuro sarà auspicabile un incentivo ai produttori e negozianti coinvolti, che a loro volta potranno fare un piccolo sconto ai clienti che si portano sporte e contenitori da casa.
Gli esercizi commerciali e i produttori aderenti saranno riconosciuti dalla presenza della vetrofania e nel sito http://famiglie-rifiutizero.blogspot.it/p/negozi-rifiuti-zero.html si potranno trovare i nomi e gli indirizzi aggiornati in tempo reale. Ecco un esempio di vetrofania:
Per rispettare l'ambiente, riduci i rifiuti: portati la sporta o il contenitore da casa, bevi acqua di rubinetto, compra sfuso o alla spina!
per info: www.famiglie-rifiutizero.blogspot.it
FLAI Federazione Lavoratori AgroIndustria
COMUNICATO STAMPA
Con il “governo più a sinistra della storia”, come ha sostenuto il Ministro Poletti, ora i furbetti e i caporali delle cooperative brinderanno e dormiranno più serenamente
Sono in vigore, dal 6 febbraio 2016, le norme di depenalizzazione introdotte dal decreto legislativo n.8 del 15 gennaio 2016. La norma trasforma in illeciti amministrativi i reati in materia di lavoro e previdenza obbligatoria puniti con la sola pena della multa o dell’ammenda, salvo le materie espressamente escluse dalla depenalizzazione (salute e sicurezza sul lavoro e immigrazione).
Quindi nella somministrazione di lavoro abusiva, utilizzazione illecita, appalto e distacco illeciti la tutela penale lascia il posto alle sanzioni amministrative per effetto della nuova depenalizzazione.
Nel caso di somministrazione abusiva di manodopera e negli appalti illeciti opererà la sanzione amministrativa pari a 50 euro per ogni lavoratore occupato e per ciascuna giornata di occupazione. La stessa sanzione opererà anche per l’utilizzatore, cioè chi impiega lavoratori forniti da soggetti non autorizzati come accade, ad esempio, con le false cooperative.
Tutte situazioni, quelle elencate, che spesso sono presenti negli appalti di manodopera in molte imprese della lavorazione delle carni e dei salumi del nostro territorio regionale, in particolare nel distretto modenese, spesso agli onori delle cronache di questi mesi. Tutte circostanze che la FLAI CGIL, da molti anni, ha denunciato pubblicamente e alle competenti istituzioni.
Ma la vera ciliegina sulla torta dell’innovazione legislativa è data dal fatto che la depenalizzazione riguarderà anche le situazioni irregolari accertate prima dell’entrata in vigore del Dlgs n.8/2016. I furbetti delle cooperative e i loro committenti possono dormire sonni tranquilli: nessuno li disturberà, al massimo se la cavano con una piccola sanzione amministrativa.
Da mesi leggiamo e ascoltiamo sindaci, parlamentari rappresentanti istituzionali e di associazioni sperticarsi nel denunciare il contrasto alle cooperative spurie, ma su questo provvedimento silenzio tombale. Vorrei evidenziare che la vicenda della Castelfrigo di Modena, che rappresenta la punta dell'iceberg della degenerazione del settore, modenese e non solo, germoglia nel brodo di coltura della somministrazione irregolare di manodopera.
Se si vuole veramente contrastare il caporalato e l’intermediazione illegale di manodopera, che creano concorrenza sleale fra le imprese e sfruttamento dei lavoratori, come quella che viene esercitata dalle false cooperative nel settore della macellazione delle carni e dei salumi, bisogna dire che quei Decreti legislativi non aiutano per nulla, anzi vanno in senso opposto. Bisogna dirlo senza tanti giri di parole.
Umberto Franciosi
Segretario Generale FLAI CGIL Emilia Romagna
Bologna, 18 marzo 2016
Ecco la mappa di Legambiente delle piattaforme e dei permessi entro le 12 miglia lungo la costa dell’Emilia Romagna
Ben 47 piattaforme collegate a 319 pozzi, ma tutte insieme coprono a malapena l’1,7% del fabbisogno di gas nazionale
Titoli già rilasciati entro le 12 miglia senza più scadenza: una normativa che non vale per nessun’altra concessione e lascia la possibilità di appropriarsi di una risorsa pubblica a tempo indeterminato
Il referendum del 17 aprile è un appuntamento di fondamentale importanza perché, per la prima volta dai tempi della scelta sul nucleare, i cittadini italiani hanno la possibilità di incidere sulle decisioni strategiche del Paese in materia di energia.
Votando Sì al quesito proposto, si abrogherà infatti la possibilità che la scadenza delle concessioni già in essere per l’estrazione e la ricerca di idrocarburi entro le 12 miglia marine dalla costa, venga estesa all’infinito. Una possibilità mai concessa prima, di cui il nostro Paese ha tutt’altro che bisogno.
Il governo, infatti, con un emendamento alla legge di Stabilità 2016 (che modifica il decreto legislativo 152/2006) ha sì vietato tutte le nuove attività entro le 12 miglia marine, ma ha deciso che i titoli già rilasciati possano rimanere vigenti “fino a vita utile del giacimento”.
Legambiente sottolinea invece che mettere una scadenza alle concessioni date a società private che svolgono la loro attività sfruttando beni appartenenti allo Stato, è una precisa regola comunitaria. Non si capisce quindi perché, in questo caso, le compagnie petrolifere debbano godere di una normativa del tutto speciale che non vale per nessun’altra concessione, perché azzera ogni scadenza temporale e lascia loro la possibilità di appropriarsi di una risorsa pubblica a tempo indeterminato.
Entro le 12 miglia, lungo le coste dell’Emilia Romagna ci sono ad oggi 15 concessioni di estrazione di gas (nessuna di petrolio) per un totale di 47 piattaforme collegate a 319 pozzi di estrazione. Un numero enorme, pari quasi alla metà di tutte quelle presenti sul territorio nazionale, che però contribuisce in maniera insignificante al fabbisogno nazionale e nulla potrebbe in caso di crisi energetica.
A QUESTO LINK la mappa interattiva con i dati e la posizione delle piattaforme in regione
Dati inconfutabili (e per questo mai confutati dalle società di estrazione) stimano che le riserve certe sotto i fondali italiani sarebbero sufficienti (nel caso dovessimo contare solo su di esse) a soddisfare il fabbisogno nazionale di petrolio per sole 7 settimane e quello di gas per appena 6 mesi.
La produzione di Gas degli impianti attivi entro le 12 miglia in Emilia Romagna, nel 2015, è stata infatti di solo 1,15 miliardi di Smc. Se si confronta il dato la quantità di gas estratto a livello nazionale, pari a circa 62 miliardi di Smc nel 2014, si evince che l’incidenza della produzione delle piattaforme regionali ricadenti nel quesito referendario, è pari a poco più dell’1,8% dell’intera produzione nazionale di gas, e copre non più dell’ 1,7% dei consumi nazionali lordi.
Oltre al loro contributo irrisorio per l’indipendenza energetica del paese, le attività estrattive nella zona dell’Alto Adriatico sono però la principale causa antropica del fenomeno della subsidenza, l’abbassamento del suolo dovuta alla perdita di volume del sedimento nel sottosuolo.
Gli effetti più rilevanti della subsidenza si registrano in particolare sulla fascia costiera dell’Emilia Romagna che negli ultimi 55 anni si è abbassata di 70 cm a Rimini e di oltre 100 cm da Cesenatico al Delta del Po.
Alcuni studi riportano come l'abbassamento di 1 centimetro all'anno comporta, nello stesso periodo, una perdita di 1 milione di metri cubi di sabbia su 100 km di costa, che significa spendere annualmente 13 milioni di euro per il ripascimento delle spiagge, contro i 7,5 milioni di euro all’anno ottenuti come Royalties dalle compagnie petrolifere. La subsidenza aumenta inoltre l’impatto delle mareggiate e delle piene fluviali, favorendo l’erosione costiera, con perdita di spiaggia ed effetto negativo sulle attività turistiche rivierasche.
Non vi è quindi alcun dubbio che il costo per la collettività sia di gran lunga maggiore del vantaggio che ne potrebbe derivare. Senza considerare il fatto che i consumi di questa fonte fossile negli ultimi dieci anni sono diminuiti del 21,6%, passando dai 86 miliardi di metri cubi del 2005 ai 67,5 miliardi del 2015.
Continuare ad estrarre le limitatissime risorse di gas presenti nei fondali della nostra significa, oltre che continuare ostinatamente sulla via dei combustibili fossili, sprecare denaro pubblico e mettere a rischio ecosistemi ed attività economiche legate al turismo. E’ importante sottolineare inoltre che se al referendum vincesse il Sì, la chiusura degli impianti sarebbe graduale e fondata sulla naturale scadenza delle concessioni, percorso che non causerebbe i tanto millantati effetti disastrosi sull’occupazione.
A questo link le tabelle con l’elenco completo delle concessioni in vigore e l’approfondimento di Legambiente.
Bologna, 18 marzo 2016
#STOPTRIVELLE
#VotaSI
Per dare una spinta al processo di riconversione ecologica dell’economia il 17 aprile si deve votare per l’abrogazione delle trivellazioni in mare.
Lo sviluppo sostenibile ha un maggiore impatto occupazionale ed è meno soggetto a delocalizzazione
Simona Fabiani è la prima firmataria di un appello – cui hanno aderito a titolo individuale oltre 400 sindacalisti della Cgil – a favore del referendum contro le trivelle, in cui si invita a votare sì il prossimo 17 aprile
Parlando del referendum contro le trivelle del 17 aprile il primo obiettivo deve essere quello di garantire la massima informazione ai cittadini, affinché siano messi nella condizione di esercitare il diritto costituzionale a esprimere la propria volontà. In questo momento, l’informazione sul referendum è pressoché assente e il governo, accorciando al massimo i tempi della campagna mira a impedire la libera espressione della volontà popolare, mortificando ancora una volta l’istituto referendario, proprio all’avvio di una grande stagione, di cui anche la Cgil sarà protagonista, sul versante del lavoro.
Il quesito del 17 aprile propone di abrogare la norma che consente alle società petrolifere, già titolari di una concessione entro le 12 miglia dalla costa, di cercare e di estrarre gas e petrolio per tutta la durata di vita utile del giacimento, andando oltre la scadenza delle concessioni in essere. Se si raggiungerà il quorum e vincerà il sì, le società petrolifere non potranno sfruttare i giacimenti di idrocarburi a ridosso della costa italiana dopo il termine della concessioni. Non si tratta quindi di una chiusura immediata di tutte le attività estrattive in corso entro le 12 miglia, ma di una chiusura delle singole concessioni a scadenza naturale delle stesse.
Questo per quanto riguarda il singolo quesito. Il referendum assume tuttavia una valenza politica importante, perché apre il dibattito sul modello energetico e sul modello di sviluppo per il futuro del nostro paese. La Conferenza sul clima di Parigi dello scorso dicembre ha ratificato l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura globale ben al di sotto dei 2 gradi, con l’impegno a sforzarsi per 1,5 gradi: questo significa che se vogliamo salvare la vita sul pianeta la maggior parte delle riserve di fonti fossili disponibili deve rimanere sotto terra. Per farlo occorre accelerare la transizione verso un nuovo modello energetico, democratico, decentrato, fondato su efficienza energetica e 100% rinnovabili.
I rischi correlati all’uso delle fonti fossili sono ben noti: cambiamenti climatici, guerre, devastazione ambientale, danni alla salute delle popolazioni e dei lavoratori, dipendenza energetica, ripercussioni negative sul turismo, sull’agricoltura, sulla pesca, enormi costi sanitari e di risanamento ambientale. A questo va aggiunto che in Italia le riserve sono irrilevanti e di scarsa qualità, che le royalty sono fra le più basse nel mondo e che il nostro paese continua a erogare consistenti sussidi alle fonti fossili.
Appare davvero miope voler perseguire con ostinazione una strada, quella delle fonti fossili, che non offre nessuna prospettiva per il futuro, nemmeno per i lavoratori diretti e indiretti, e che per il presente offre benefici solo ai petrolieri, e talvolta nemmeno a loro, come dimostrano le recenti rinunce alla ricerca di gas e petrolio nei mari italiani di alcune compagnie. Il nostro paese deve rivedere la strategia energetica nazionale e approvare al più presto un piano di decarbonizzazione, per garantire la giusta transizione dei lavoratori, per dare sostegno al reddito, riqualificazione professionale e ricollocazione ai lavoratori dei settori che devono essere dismessi o riconvertiti.
L’accelerazione della riconversione ecologica dell’economia offre una grande opportunità di sviluppo e occupazione. Lo sviluppo sostenibile ha un maggior impatto occupazionale ed è meno soggetto a delocalizzazione, basti pensare alle possibili opportunità occupazionali nella tutela del territorio, nella prevenzione del dissesto idrogeologico, nell’efficientamento energetico degli edifici, per lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia e dell’efficienza energetica, nella riduzione dei rifiuti e nel riuso dei materiali, nella bonifica dei siti industriali inquinati, nella tutela e nella valorizzazione dei beni culturali e artistici, nelle infrastrutture digitali, nei servizi alla persona, nell’istruzione, nella ricerca, nella sanità, oltre a tutti i relativi sviluppi nel settore della ricerca e dello sviluppo tecnologico. Per dare una spinta a questo cambiamento il 17 aprile dobbiamo andare a votare e votare sì al referendum contro le trivelle.
Simona Fabiani è responsabile ambiente e territorio della Cgil nazionale