Sono consigliere comunale, membro della Commissione che si occupa di servizi sociali, vice presidente dell’Unione dei Comuni della Romagna faentina e mi tocca apprendere dai giornali che è stata prorogata di tre mesi la convenzione con la Fondazione Romanì.
Era stato assicurato che il percorso intrapreso dalla stessa Fondazione sarebbe stato oggetto di verifica, anche attraverso una relazione presentata in Commissione.
Personalmente avevo chiesto – e mi erano state fornite assicurazioni in tal senso dagli assessori Gatta e Luccaroni – che i gruppi rappresentati in Commissione fossero coinvolti, così da condividere un progetto capace di avviare a soluzione un problema che da vent’anni fa discutere ed è al centro di ricorrenti polemiche.
La relazione non s’è vista, il coinvolgimento non c’è stato, anziché discusse e assunte nelle sedi deputate le decisioni si vengono a conoscere attraverso la stampa.
A titolo personale e a nome della forza politica che rappresento in Consiglio comunale, L’Altra Faenza, esprimo disappunto e irritazione per questo modo di procedere.
Sono irritato perché riscontro che chi si riempie la bocca di partecipazione e democrazia in realtà pratica metodi poco trasparenti e tali da escludere anziché coinvolgere.
Sono irritato perché a otto mesi dall’inizio del mio impegno in Consiglio comunale e in altre sedi istituzionali sono costretto a elemosinare ciò che ritengo essere un mio diritto: disporre di uno spazio nel quale incontrare i faentini, ricevere puntualmente informazioni e dati, potermi fidare di chi prende impegni senza poi disattenderli.
E’ bene che i faentini sappiano e diano a Cesare quel che è di Cesare.
Faenza, 22 febbraio2016
Edward Eddy Necki
consigliere comunale de L’Altra Faenza
Il recente raid americano indica che la guerra è alle porte? Quali obiettivi e quali pericoli in un intervento militare sull'altra sponda del Mediterraneo? Un gruppo di lavoro tira le somme sulla nebulosa libica e fa luce su un quadro che resta confuso e denso d’incognite. In un video lo storico Del Boca mette in guardia su un ennesimo errore dopo il conflitto che spodestò Gheddafi.
Udine 20 gennaio 2016 – Il nostro Paese corre un grosso rischio in un eventuale intervento in Libia: il quadro politico locale resta confuso, la catena di comando è incerta, le incognite e le variabili sono numerose, la possibilità di perdita di vite umane sul terreno e tra la forza militare internazionale è molto elevata, le alleanze infine fanno riferimento a obiettivi e agende differenti. E' quanto emerge da un documento presentato oggi a Udine all'interno del seminario nazionale “Conoscere e spiegare le guerre dei nostri giorni” (Centro di accoglienza Ernesto Balducci di Zugliano - Udine) organizzato dalla Regione Friuli Venezia Giulia, dall’Ufficio Scolastico Regionale per il Friuli Venezia Giulia, dal Coordinamento Nazionale e regionale degli Enti Locali per la pace e i Diritti Umani, dalla Tavola della pace e dal Centro di accoglienza Ernesto Balducci di Zugliano.
Preparato per la Tavola della pace da un gruppo di ricercatori, studiosi, giornalisti con una lunga esperienza in Libia e alla luce degli ultimi avvenimenti in drammatico divenire, il documento è accompagnato da un'intervista ad Angelo Del Boca, registrata a Torino martedì scorso nella quale lo storico dell'Italia coloniale, già contrario al conflitto che ha spodestato Gheddafi, si dice certo di un fallimento se l'Italia partecipasse a un'iniziativa armata unilaterale. Per Del Boca, così come per il documento, non ci sono le condizioni, politiche e militari, per un intervento dagli obiettivi confusi e che, dice Del Boca, richiederebbe l'impegno di «almeno 300mila soldati».
Il documento, frutto di un lavoro durato alcuni mesi e
Leggi tutto: L'Italia e la Libia tutti i rischi dell'intervento - di Tavola della Pace
Un anno fa il Jobs Act del governo ha cancellato lo statuto dei lavoratori: «così – dicevano – si cancella la preacarietà, si combattono disoccupazione e povertà». Il risultato è che la precarietà è aumentata e la disoccupazione resta altissima, il lavoro è più povero, senza diritti e meno libero. Più libere sono solo le imprese, di licenziare o delocalizzare.
La Fiom e la Cgil hanno manifestato e scioperato contro questi provvedimenti. Avevamo detto che non ci saremmo fermati anche dopo il varo del Jobs Act, perché i diritti non vanno cancellati ma allargati, per modificare vent'anni di leggi sul lavoro sbagliate e cambiare l'intera politica economica del governo.
Oggi andiamo avanti: il 2016 sarà per la Fiom l'anno dei diritti e della partecipazione. Per conquistare i diritti del lavoro, ricostruire il contratto nazionale, estendere i poteri di partecipazione de lle lavoratrici e dei lavoratori. Con la Carta dei diritti universali del lavoro e con i referendum abrogativi di leggi ingiuste.
In questi giorni inizia una consultazione straordinaria tra gli iscritti della Cgil e tra i lavoratori: per votare sulla «Carta dei diritti universali del lavoro» – che sarà sostenuta da un progetto di legge di iniziativa popolare – e per dare il via libera alla raccolta di firme per i referendum abrogativi di provvedimenti come quelli contenuti nel Jobs Act.
Pubblichiamo di seguito il testo integrale della "Carta dei diritti universali del lavoro - Nuovo statuto di tutte le lavoratrici e di tutti i lavoratori", presentato dalla Cgil.
La «Carta dei diritti universali del lavoro» affronta i cambiamenti del mondo del lavoro riscrivendone un «nuovo» diritto per cancellare e ridurre vecchie e nuove diseguaglianze, discriminazioni e divisioni tra lavoratrici e lavoratori. Per ripristinare ed estendere a tutti il reintegro in caso di licenziamento senza giusta causa. Per garantire la rappresentanza sindacale applicando l'articolo 39 della Costituzione, la contrattazione nazionale, il diritto di voto su contratti e accordi.
Uno statuto nel quale siano sanciti diritti costituzionali garantiti a tutti i lavoratori, dall'azienda principale agli appalti. Perché un lavoro senza diritti diventa una merce e i diritti devono essere esigibili attraverso l'esercizio della rappresentanza. Qualsiasi lavoro si faccia, in qualunque modo si svolga la propria attività, qualsiasi contratto si abbia, devono esserci questi diritti sempre riconosciuti e accessibili.
La Fiom ritiene sia molto importante la consultazione indetta dalla Cgil sulla «Carta dei diritti universali del lavoro» e sulla possibilità d'indire referendum abrogativi delle leggi ingiuste al fine di trasfromare in legge la «Carta». Perciò invitiamo tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori a partecipare e ad approvare queste proposte.
Conquistiamo i nostri diritti. Cancelliamo le loro ingiustizie
La nuova legge regionale 16/2015 dell'Emilia Romagna "Disposizioni a sostegno dell’economia circolare, della riduzione della produzione dei rifiuti urbani, del riuso dei beni a fine vita, della raccolta differenziata e modifiche alla legge regionale 19 agosto 1996 n. 31 (Disciplina del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi)" introduce molte innovazioni, ed è un riferimento nel dibattito nazionale e di altre Regioni.
Il principio principale della legge, per passare da una economia lineare ad una circolare*, è quello della massima riduzione degli sprechi, ossia ridurre la produzione dei rifiuti e il riciclaggio di tutti quelli prodotti, che si traduce nel criterio principale di giudizio di efficienza nella gestione: ridurre al massimo i rifiuti non riciclati. A questo criterio corrisponde un obiettivo al 2020 di un massimo di rifiuti non riciclati ad abitante di 150 kg, rispetto ai 289 attuali. Altri obiettivi di legge sono la raccolta differenziata che deve passare dal 58,2% (Faenza è al 54,5%) al 73%, la riduzione della produzione per abitante/anno del 20-25% dai 673 del 2011; il riciclaggio dal 51% attuale al 70%.
La riduzione delle quantità di rifiuti da smaltire comporterà una minor necessità, e quindi la chiusura, di inceneritori e discariche, sulla base dell'autosufficienza regionale nello smaltimento dei rifiuti.
È previsto un premio economico automatico ai Comuni che producono meno rifiuti non riciclati per abitante, che può portare ad una riduzione della bolletta fin oltre il 10% per tutti gli utenti dei comuni più virtuosi.
Viene introdotta anche la tariffazione puntuale, ossia si pagherà in base ai rifiuti indifferenziati prodotti e consegnati e non in base ai metri quadri o al numero dei componenti della famiglia; ma lo stesso sistema interesserà anche le utenze non domestiche.
Viene indicata la raccolta porta a porta, quale sistema di raccolta che ha dimostrato di poter raggiungere e superare gli obiettivi previsti, è una raccolta in cui spariscono i cassonetti stradali e le diverse frazioni di rifiuto separate si raccolgono davanti a casa nei contenitori, messi a disposizione delle famiglie e delle utenze non domestiche.
Dove questo sistema è stato applicato, assieme alla tariffazione puntuale, la produzione di rifiuti è calata del 30%, la raccolta differenziata ha superato l’80% e il rifiuto non riciclato è sceso sotto i 100 kg per abitante.
Verranno favorite le azioni di riduzione dello spreco alimentare a partire dalla fase di produzione e commercializzazione dei prodotti, e viene incentivato il compostaggio domestico e di comunità. I materiali raccolti in maniera differenziata devono essere inviati a impianti che ne favoriscano la massima valorizzazione in termini economici e ambientali, in coerenza con il principio di prossimità privilegiando il recupero di materia a quello di energia.
Verranno creati i “Centri comunali per il riuso” dove portare beni che possono avere ancora una vita utile; possibilmente collegati con le attuali stazioni ecologiche dove i rifiuti ingombranti saranno sottoposti a selezione o cernita, a differenza di quanto avviene oggi.
I rifiuti che vanno a smaltimento saranno analizzati per capire se il loro smaltimento è dovuto ad un errore di consegna, perché sono stati messi tra i rifiuti indifferenziati invece che in quelli differenziati, oppure perché non sono riciclabili. In questo caso si andrà da chi li produce per fare in modo che cambi la produzione in modo tale che tutti i rifiuti diventino riciclabili.
Questi alcuni dei punti più significativi della nuova legge regionale.
Ora, questi principi dovranno essere applicati concretamente sui territori.
Il Piano regionale dei rifiuti - PRGR - (attualmente in Commissione e che dovrebbe essere approvato a marzo) e i Piani di bacino per la gestione dei rifiuti urbani (nel nostro caso provincia di Ravenna e Cesena) dovranno essere coerenti, per questo è necessario il confronto con gli Amministratori Locali su come intendono procedere.
(a cura dell'Ecoistituto Ecologia Scienza e Società Faenza)
E' il titolo di un Confronto pubblico, promosso da un vasto gruppo di Associazioni ambientaliste della provincia, che si terrà Martedì 23 febbraio dalle ore 20,45, a Faenza nella Sala Malmerendi, con interventi di Natale Belosi, Ecoistituto di Faenza; Paola Gazzolo, Assessore Regionale all'Ambiente;Mara Roncuzzi, Assessore Provinciale all'Ambiente; Antonio Bandini, Assessore all'Ambiente Comune di Faenza; Linda Maggiori, Famiglie “a rifiuti zero”.
La nuova Legge Regionale può, sul serio, Ridurre, Riutilizzare, Riciclare la produzione di rifiuti e, quindi, tendere ai “rifiuti zero” ?
Superando, da subito, l'incenerimento e poi la necessità di discariche.
Come Associazioni e Comitati della provincia di Ravenna impegnati, a vario titolo, nelle iniziative della RETE RIFIUTI ZERO, rispondiamo: la legge può e deve farlo.
Per questo occorre, che le Amministrazioni locali, attraverso i Piani d'ambito per la gestione dei rifiuti urbani, mettano in atto tutte le iniziative, a partire dall'estensione della raccolta porta a porta,
per cambiare l'approccio e i comportamenti da parte di tutti: aziende, esercizi commerciali, cittadini, ma soprattutto da parte del gestore della raccolta e dello smaltimento, che dovrà essere scelto con un bando di gara europea.
Oltre a scelte precise che chiediamo agli Amministratori, pensiamo sia necessario da parte di ognuno promuovere iniziative di informazione, proposte e sperimentazioni che coinvolgano le categorie economiche e produttive, i sindacati, le associazioni dei consumatori, le scuole, oltre che i singoli cittadini.
Per questo, nel corso dell'assemblea verranno presentate alcune esperienze, per la riduzione degli imballaggi, per incentivare l'uso di contenitori riutilizzabili, ecc. e il progetto delle “Famiglie rifiuti zero” rivolto a bar, negozi, mercati.
Estendere e generalizzare queste esperienze, verso una “economia circolare”, fa bene all'ambiente, può mettere in moto nuove attività e occasioni di lavoro, per una società più “sostenibile”.
L'invito a partecipare al dibattito è esteso a tutti gli Amministratori locali, ma anche ai Consiglieri Comunali, ai rappresentanti delle forze politiche e sociali, oltre che naturalmente e soprattutto a tutti i cittadini/e.
Potrà essere l'occasione per approfondire anche alcune questioni specifiche di attualità, come: il progetto di raddoppio della discarica Tre Monti di Imola-Riolo Terme; le affermazioni al Consiglio Comunale di Faenza del Presidente del CON.AMI, che pare non conoscere, o non voler applicare, gli obiettivi di riduzione dei rifiuti non riciclati previsti dalla nuova Legge Regionale; le ricadute sui lavoratori interessati della gara di Appalto provinciale, per parte dei servizi di raccolta rifiuti, da parte di Hera.
Gruppo Acquisto Solidale di Faenza; CIF Comitato contro gli Inceneritori Faenza; Comitato Acqua Bene Comune Faenza e comprensorio; Comitato ambiente e paesaggio di Castel Bolognese; Comitato Brisighella Bene Comune; Comitato Debito pubblico: decido anch'io; Circolo Legambiente Lamone di Faenza; Ecoistituto Ecologia scienza e società Faenza; Fuori dal Coro; Referente Rete rifiuti zero Emilia Romagna; Si rinnovabili No nucleare; Comitato Acqua Bene Comune Ravenna; Circolo“Bella Ciao”Alfonsine; Casa dei Popoli Lugo; Comitato NOMATRIX Conselice; Circolo “Matelda”Legambiente Ravenna; Associazione WWF Ravenna; Coordinamento per la Pace Bagnacavallo.
Faenza, 16 febbraio 2016
Nella smania di colpire i più ricchi e di porre mano, finalmente!, ad una minima redistribuzione di reddito, qualcuno nel Governo si è inventato una misura rivoluzionaria che colpisce una delle categorie notoriamente “privilegiate” d'Italia: le vedove (e i vedovi) che fruiscono della pensione di reversibilità.
Dunque, secondo il disegno di legge depositato in Commissione alla Camera, la pensione di reversibilità uscirebbe dalla previdenza per entrare nell'assistenza e, con questo piccolo escamotage, sarebbe assoggettata all'Isee che, com'è noto, fa riferimento alla situazione economica familiare e non individuale.
Facile prevedere che la platea dei beneficiari si ridurrebbe drasticamente e, a non percepire più la reversibilità, sarebbero per lo più donne rimaste vedove... quelle stesse donne che hanno un reddito previdenziale inferiore del 30% medio a quello dei maschi e che spesso, riescono a vivere dignitosamente proprio grazie alla quota di pensione del marito, quando questi viene a mancare.
Altrettanto facile prevedere che avremmo un drastico aumento delle donne anziane povere (e sole): come se non bastasse il dato della povertà che già oggi colpisce milioni di persone nel nostro Paese.
C'è da riconoscere che si tratterebbe di un doppio capolavoro: da una parte si aumenterebbe la confusione tra previdenza e assistenza, spostando pezzi della prima nella seconda; dall'altra si colpirebbero finalmente le donne che vivono troppo a lungo e vogliono pure la pensione del marito defunto!
Bologna 15.02.2016