Sono passati 4 anni ma il nostro pensiero non è cambiato, anzi quanto è accaduto il 3 ed il 16 maggio 2023 e gli ultimi violenti eventi meteo che in pochi minuti hanno arrecato importanti e gravi danni alle nostre comunità, avrebbero dovuto farci capire che il suolo va tutelato e salvaguardato anche se fosse un solo metro quadro. Legambiente ha saputo sostenere – e premiare – quegli amministratori pubblici che hanno avuto a cuore la difesa del suolo e dell’interesse comune fermando, laddove possibile, la cementificazione e l’aggressione al territorio (vogliamo riferirci, per esempio, a tutti quei Sindaci dell’Emilia Romagna che si sono impegnati verso la propria comunità e che hanno difeso il suolo promuovendo trasparenza e legalità nell’azione amministrativa).
Per questi motivi il nostro pieno sostegno va a quei Cittadini sensibili al tema del consumo di suolo che hanno portato e stanno portando avanti le loro istanze.
Non si riesce a capire infatti come, nonostante la lezione degli eventi accaduti nel maggio 2023, si possa proseguire ancora nella cementificazione del suolo col risultato di rendere ancora più vulnerabile il già fragile territorio ravennate.
La prevista opera pubblica di circuitazione dell’abitato di Porto Fuori si porta dietro la possibile edificazione di circa 8 ettari di terreno agricolo oltre che la distruzione di un’ottantina di orti per anziani, adducendo ragioni che sembrano ispirate da vecchie logiche come quella del “cemento come motore di sviluppo economico” che tanti danni hanno inferto all’equilibrio idrogeologico del nostro Paese.
Logiche ormai superate sia dalla nuova consapevolezza ambientale della Cittadinanza sia dalle nuove tecnologie che permettono di perseguire obiettivi di sviluppo più sostenibili. Continueremo a protestare tutti i giorni in difesa del suolo, affinché si giunga ad un vero Consumo Zero e continueremo a farlo, anche se non verremo capiti da tutti, perché siamo convinti che difendere l’Ambiente ed il territorio oggi sia la condizione per garantire un futuro migliore alle generazioni di domani.
Legambiente Ravenna
“Time is now”: a Tel Aviv l’iniziativa che vede sfilare insieme israeliani e palestinesi per chiedere lo stop della guerra a Gaza
“It’s time: to make a deal. To stop the war. To make peace”. Sotto questo slogan oggi, lunedì 1° luglio, a Tel Aviv oltre cinquanta associazioni di israeliani, palestinesi, arabi, ebrei hanno organizzato una grande mobilitazione per dire no alla guerra a Gaza. “Una risoluzione politica del conflitto che garantisca i diritti di entrambi i popoli all’autodeterminazione, alla sicurezza, alla dignità e alla libertà”, è quanto viene chiesto nell’appello che lancia la mobilitazione.
“Insieme – proseguono – chiederemo un accordo per portare a casa gli ostaggi (con la speranza che così torneranno in sicurezza) e per la fine della guerra. Inizieremo una mobilitazione per il giorno dopo la fine della guerra. Insieme ci impegneremo a lavorare con coraggio e determinazione per costruire un futuro migliore per noi e per i nostri bambini, un futuro di pace”.
L’evento si svolgerà alla Yad-Eliyahu Arena, un palazzetto dello sport di Tel Aviv, e coinvolgerà ebrei e arabi, dalla periferia e dal centro, famiglie in lutto, famiglie degli ostaggi, figure pubbliche, musicisti e molto altro.
Anche Rete italiana pace e disarmo, insieme a numerose organizzazioni della società civile, esprime il proprio sostegno alla mobilitazione “con la speranza che questa iniziativa apra la strada alla ricomposizione del movimento per la pace in Palestina e in Israele, per costruire l’alternativa a una politica xenofoba, razzista, fanatica, capace solo di seminare odio, negare diritti e libertà”.
Francesco Vignarca, portavoce della Rete, ci spiega come l’iniziativa a Tel Aviv segni una svolta per i movimenti pacifisti in Israele, “perché si passa in modo evidente dalle manifestazioni per il rilascio degli ostaggi israeliani e contro il governo Netanyahu a un evento per chiedere a gran voce un accordo e fare cessare il fuoco su Gaza”. Sino a ora ci sono state altre manifestazioni di questo genere che però non sono riuscite ad avere la necessaria divulgazione anche per le loro minori dimensioni, mentre ora l’organizzazione della mobilitazione ha dimensioni tali da volere imporsi all’attenzione anche internazionale.
“Il 7 ottobre è stato uno shock di varia natura e vario impatto per tutta la società di Israele e di Palestina – afferma Vignarca -. Il mondo pacifista, che ha cercato di fare un tessuto positivo nella società, è stato silenziato perché ogni volta che c'è un'azione militare si mettono a tacere le voci che sono in disaccordo e i dissidenti vengono dipinti come traditori. Molte famiglie, anche di pacifisti, sono state colpite direttamente, quindi c'è stato proprio uno smarrimento”.
Il portavoce della Rete italiana pace e disarmo ci fa sapere che le organizzazioni palestinesi si sono dedicate in una prima fase al sostegno umanitario delle famiglie israeliane degli ostaggi e delle persone uccise durante l’attacco di Hamas: “Perché una cosa che non si dice mai è che il governo israeliano, oltre aver scelto l'azione militare, ha abbandonato in realtà le famiglie colpite, perché a Netanyahu non interessa curare le loro ferite sia fisiche che morali, ma solamente avere il pretesto per attaccare Gaza”.
“Tutte le grandi manifestazioni contro Il governo di Tel Aviv in corso prima della guerra si erano un po’ disperse – prosegue -, perché quando parte l’azione militare, si risveglia il gabinetto di guerra e quindi anche l'opposizione viene silenziata . Questo peraltro fa sospettare che purtroppo Netanyahu sia ben contento di quello che è successo. Adesso invece tutto il campo allargato del movimento pacifista israeliano, fatto anche da organizzazione miste, ha deciso di alzare la voce non solo per sostenere le manifestazioni contro il governo, per la giustizia, la trasparenza e il rilascio degli ostaggi, ma perché davvero, come dicono loro il tempo è ora: per fare una accordo, fermare la guerra e fare la pace. Questo ci è sembrato un salto di qualità”.
Per questi motivi la Rete ha deciso di dare il suo sostegno anche con un documento che si trova on-line, tradotto in varie lingue. Le organizzazioni promotrici della manifestazione “hanno molto bisogno di un sostegno dall'esterno proprio perché invece dal punto di vista mediatico, comunicativo e politico in Israele sono forzatamente isolati, li vogliono dipingere come i poveri pazzi che sono ancora a favore della pace Quindi non è il momento delle semplici pacche sulle spalle o dei messaggi di sostegno, ma di rendere questo sostegno esplicito e cercheremo anche noi in qualche modo di partecipare all'iniziativa che loro manderanno in streaming rilanciandola sulle nostre pagine social e sui nostri canali”.
Comunicato Stampa Bologna 28 giugno 2024
Ufficio Stampa - Legambiente Emilia-Romagna
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Web: www.legambiente.emiliaromagna.it
Prime analisi della qualità delle acque superficiali di cinque fiumi dell’Emilia-Romagna: situazione critica in un solo corso d’acqua su cinque per tutti i parametri analizzati; situazioni puntuali da monitorare per gli altri corsi d’acqua
Bene per quanto riguarda la presenza di nitrati e fosfati e soprattutto per la presenza di glifosato
Il secondo campionamento in autunno
Presentati oggi i dati delle analisi di campioni di acque superficiali prelevati in 5 fiumi dell’Emilia-Romagna: Trebbia, Enza, Savio, Lamone e Po di Volano. La situazione si può considerare complessivamente positiva per 4 corsi d’acqua su 5, sebbene ci siano alcuni punti campionati che presentano delle criticità. Situazione non buona invece per il Po di Volano, in cui diversi parametri analizzati sono oltre la soglia.
I campionamenti sono stati realizzati tra maggio e giugno nell’ambito delle attività previste dal progetto “Controcorrente – la NET generation e la sfide del clima che cambia” finanziato con fondi regionali destinati al Terzo Settore.
Nei campionamenti sono stati coinvolti volontari di Legambiente appositamente formati da ARPAE, partner di progetto, che hanno eseguito l’attività con le metodologie utilizzate dell’Agenzia stessa; i campioni raccolti sono stati analizzati da laboratori accreditati.
I parametri osservati da Legambiente, oltre al famigerato batterio Escherichia coli e ai Coliformi fecali - i batteri la cui presenza consente di verificare l’effettivo stato di depurazione delle acque -, comprendevano anche nitrati e fosfati - nutrienti che favoriscono l’eutrofizzazione delle acque - e il glifosato, un erbicida di sintesi utilizzato da circa 40 anni in maniera massiccia in agricoltura.
Per quanto riguarda i parametri microbiologici, in 4 fiumi su 5 i dati sono sotto la soglia prevista dal decreto ministeriale 30/03/2010 che definisce la qualità delle acque di balneazione (preso come riferimento, anche se in tutto il territorio regionale non esistano acque interne individuate come acque destinate alla balneazione), sebbene in un punto lungo il Savio e uno lungo il Trebbia siano vicini a tale limite. Per quanto riguarda il Po di Volano si notano invece valori molto oltre la soglia in entrambi i punti campionati, indice di probabile presenza di scarichi diretti in corso d’acqua.
Per la valutazione dei risultati delle analisi relative a nitrati e fosfati sono stati considerati valori soglia dell’indicatore LIMeco che definiscono la qualità delle acque come sufficiente. Anche in questo caso, per tre fiumi su cinque, i valori erano sotto questa soglia; in molti casi non vi sono state concentrazioni rilevabili dagli strumenti di analisi. I punti di superamento sono invece quelli collocati il Lamone (per la presenza di nitrati) e nei due punti campionati sul Po di Volano (per entrambi i parametri).
Da ultimo, è stata indagata la presenza del glifosato o del suo metabolita, l’AMPA: il glifosato è un erbicida molto diffuso in ambito agricolo per la sua efficacia, ma ne è stata dimostrata la forte tossicità per gli insetti impollinatori, mentre la possibile correlazione con lo sviluppo di tumori nell’uomo è ancora oggetto di discussione all’interno della comunità scientifica anche se l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (OMS) lo ha inserito tra le 66 sostanze fattori di rischio. Anche in questo caso la sua presenza è inferiore ai limiti di legge (sebbene sia stato rilevato in tutti i campioni in cui ne è stata analizzata la presenza), tranne che nel Po di Volano e in un punto campionato nel Savio.
“Gli impatti delle attività umane e degli insediamenti sui corsi d’acqua sono un elemento importante per monitorare l’influenza che l’uomo ha sull’ambiente in cui vive”, sottolinea Davide Ferraresi, presidente di Legambiente Emilia-Romagna. “Con il progetto Controcorrente vogliamo rafforzare la consapevolezza dei cittadini rispetto alla qualità delle acque dei corpi idrici e alla tutela degli ecosistemi fluviali nel territorio dell’Emilia-Romagna attraverso attività di formazione, citizen science e divulgazione.”
“I risultati di questi monitoraggi, attività che ha consentito essa stessa di offrire una formazione specifica ai giovani volontari dei circoli di Legambiente e alle associazioni con cui collaborano, ci restituiscono un quadro di luci e ombre. Da questa prima fase di attività di progetto sul campo ne usciamo con una convinzione: il ruolo dei cittadini e delle associazioni è utile e complementare a quello delle agenzie pubbliche che si occupano della tutela dell’ambiente, sia per diffondere conoscenze tra le persone, sia per contribuire attivamente a monitorare la qualità dell’ambiente e a risolvere eventuali criticità. Dalle informazioni che abbiamo raccolto seguirà ovviamente una fase di coinvolgimento delle amministrazioni pubbliche, in modo da capire come si può agire per ridurre gli impatti che sono stati osservati.”
Le attività del progetto Controcorrente proseguiranno, nei prossimi mesi, con un nuovo monitoraggio che verrà eseguito dai volontari di Legambiente durante l’autunno e sarà utile per confrontare dati relativi a due diversi momenti dell’anno.
Ufficio Stampa - Legambiente Emilia-Romagna
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RIFORME. Cgil e Uil parteciperanno al Comitato promotore del referendum per abrogare la Legge Calderoli sull’autonomia differenziata. «Una legge profondamente sbagliata e controproducente, aumenterà divari territoriali e diseguaglianze sociali. È una […]
Cgil e Uil parteciperanno al Comitato promotore del referendum per abrogare la Legge Calderoli sull’autonomia differenziata.
«Una legge profondamente sbagliata e controproducente, aumenterà divari territoriali e diseguaglianze sociali. È una controriforma che non danneggerà solo il meridione, ma l’intero paese» hanno sostenuto ieri i segretari generali di Cgil e Uil, Maurizio Landini e Pierpaolo Bombardieri.
«In mancanza di una precisa individuazione dei Lep e, soprattutto, di un loro adeguato finanziamento, possibile solo contrastando l’evasione e rendendo davvero progressivo il nostro sistema fiscale saranno colpiti l’istruzione, il welfare, la sanità, la sicurezza del lavoro, i contratti nazionali di lavoro».
Il 1° luglio termina il regime in cui è Arera, autorità di settore, a determinare il prezzo, ma 1 consumatore su 4 nulla sa della scadenza. Ecco cosa succede
Ancora pochi giorni e scatterà l’ora X: dal primo luglio finirà il mercato tutelato dell’energia elettrica, tranne che per i clienti vulnerabili. Il governo aveva annunciato una massiccia campagna di informazione, ma non si è visto nulla o quasi. È per questo che la confusione ha regnato sovrana in questi mesi, che le aziende hanno premuto l’acceleratore sul marketing aggressivo, che i consumatori più accorti e previdenti si sono rivolti agli sportelli Cgil, alle sedi di Federconsumatori e dello Spi per chiedere consigli e suggerimenti.
Non meravigliano quindi i risultati dell’indagine del portale di comparazione Facile.it secondo cui 1 consumatore su 4, e cioè 11 milioni di persone, non sa nulla della fine del regime di maggior tutela, mentre 4,5 milioni di italiani dichiarano di non sapere nemmeno se il loro contratto sia in regime tutelato o nel mercato libero.
Vediamo quindi che cosa fare prima e dopo l’imminente scadenza del 30 giugno. Per l’utenza dell’energia elettrica, il consiglio ai clienti vulnerabili è di rientrare nel mercato tutelato a loro riservato: questo passaggio può essere fatto anche dopo il termine del 1 luglio.
Gli altri utenti possono scegliere: chi è nel mercato libero, entro il 30 giugno può rientrare nel mercato protetto, il servizio a tutele graduali, un regime transitorio predisposto da Arera, l’autorità di settore, che durerà fino a marzo 2027 e che oggi è il più conveniente; sempre chi è nel libero può rimanervi cercando di capire se il suo contratto è in linea con il mercato, consultando il portale delle offerte di Arera; chi è nel tutelato, se non effettua alcuna scelta, passa automaticamente nel servizio a tutele graduali.
Rientrano nella categoria dei clienti vulnerabili: tutte le persone di età superiore ai 75 anni; i soggetti percettori del bonus energia; i disabili ai sensi dell’art. 3 legge 104/92; i soggetti con utenze ubicate nelle isole minori non interconnesse; i soggetti con utenze ubicate in strutture abitative di emergenza a seguito di eventi calamitosi; chi si trova in gravi condizioni di salute, che richiedono l’utilizzo di apparecchiature medico-terapeutiche salvavita alimentate dall’energia elettrica o i soggetti presso i quali sono presenti persone che versano in queste condizioni.
Il servizio a tutele graduali è un regime in cui le condizioni contrattuali ed economiche sono definite da Arera: la tempistica di fatturazione è bimestrale; non è richiesta nessuna garanzia al cliente in caso di pagamento tramite domiciliazione bancaria, postale o su carta di credito; in tutti gli altri casi, c’è un addebito del deposito cauzionale, nella prima bolletta, pari a 11,5 euro per ogni kW di potenza impegnata; come modalità di pagamento, domiciliazione bancaria, postale o su carta di credito oppure bollettino.
Per l’utenza del gas il consiglio è di rientrare nel mercato tutelato, chi può farlo, cioè i clienti vulnerabili. Per tutti gli altri, il suggerimento è di orientarsi sui contratti a prezzo variabile, facendo attenzione a due voci: il costo fisso annuo, che può andare dai 70 ai 300 euro, e lo spread, cioè il sovrapprezzo applicato al costo della materia prima. È qui che si nascondono i margini di guadagno dei fornitori. È bene tenere sempre d’occhio il portale delle offerte di Arera per scovare sul mercato libero le offerte più interessanti.
“Fa sorridere la proposta del ministro Salvini di fare slittare la data del 1 luglio per la fine del mercato tutelato dell’energia elettrica, perché come anche lui dovrebbe sapere arriva fuori tempo massimo e ha dunque il sapore di campagna elettorale – afferma Barbara Apuzzo, Cgil -. Nel frattempo continuano a mancare le informazioni ai cittadini. La nostra campagna, realizzata con Spi, Fedeconsumatori e Filctem, è stata efficace perché con le sue iniziative ha raggiunto tantissimi utenti, mentendoli al riparo in alcuni casi anche da tentativi di truffa”.
Articolata e capillare, sul web ma anche dal vivo con centinaia di assemblee cittadine, di quartiere, di borgo “Fermati non prendere la scossa” ha fornito alle persone informazioni, supporto e consulenza.
“Questa campagna ha fatto emergere tutte le storture del sistema – spiega Carla Mastrantonio, Spi Cgil -: anche per chi è vulnerabile il passaggio non era così facile e automatico. E a coloro che volevano rientrare nel mercato tutelato le aziende hanno creato difficoltà o dato informazioni scorrette. Senza contare le telefonate dai toni anche aggressivi, con cui ci hanno tempestato ogni giorno le società fornitrici. L’energia elettrica è un bene comune che è stato completamente consegnato al libero mercato: c’è bisogno più presenza e impegno da parte delle amministrazioni e dei governi locali”.
Grazie alla liberalizzazione le aziende hanno avuto inediti spazi di manovra, e in questi mesi hanno alzato i prezzi dell’elettricità. La forbice tra il mercato libero e quello tutelato si è allargata ulteriormente, e così chi si trova nel libero oggi paga il 30 per cento in più del tutelato. E sono tanti i consumatori che spinti dal marketing hanno avuto l’impulso a uscire dal mercato tutelato. Mentre grazie alle aste, le società per accaparrarsi gli utenti rimasti nelle tutele graduali hanno abbassato i prezzi, che oggi sono addirittura inferiori a quelli del mercato riservato ai vulnerabili.
“Ciò dimostra che a dispetto della retorica il mercato libero non funziona, è un fallimento – spiega Fabrizio Ghidini, Federconsumatori -. Anzi, funziona benissimo per le aziende ma non per le famiglie. Lo stesso è accaduto per il gas, dove la differenza tra i prezzi medi del tutelato e quelli del libero è ancora più marcata. Fino allo scandalo dei costi improponibili applicati da Enel che in alcuni contratti ha fatto pagare 2,43 euro un metrocubo di metano. Ma non è l’unica a speculare. Con l’Arera, l’autorità di settore, esautorata, e il legislatore disattento, i clienti si sono ritrovati da soli”.