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GERMANIA. Nove mesi dopo la chiusura dell’ultima centrale il cancelliere Olaf Scholz pronuncia la sentenza di morte definitiva per l’energia atomica

Olaf Scholz foto Ap Olaf Scholz - foto Ap

«Il nucleare è un cavallo morto». Nove mesi dopo la chiusura dell’ultima centrale il cancelliere Olaf Scholz pronuncia la sentenza di morte definitiva per l’energia atomica in Germania. «Non tornerà mai più» è la promessa alla radio pubblica Deutschlandfunk, supportata dai dati incontrovertibili che dimostrano come il Paese più industrializzato d’Europa abbia perfettamente digerito lo storico “phase out”, al contrario di quanto pronosticavano i nuclearisti.

Il mix energetico tedesco nei primi sei mesi del 2023, appena certificato dall’Istituto Fraunhofer di Monaco, restituisce la generazione di watt da fonti rinnovabili ormai a quota 57,7% (era il 51,8% nello stesso periodo del 2022) con il drastico calo della produzione da lignite (- 21%), carbone fossile (- 23%) e gas naturale (- 4%).

Insomma, dati alla mano, Berlino ha completato il distacco dall’atomo con successo. Anche se rimangono

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SETTEMBRE GRIGIO. Domani il vertice di maggioranza in un quadro che ogni giorno peggiora. Il governo se la prende con la «zavorra» dei bonus edilizi. Pesano anche le incognite europee: il ritorno del patto di stabilità e le scelte della Bce 

Paolo Gentiloni e Giancarlo Giorgetti foto Ansa Paolo Gentiloni e Giancarlo Giorgetti - foto Ansa

La corsa (si fa per dire) della legge di bilancio comincerà davvero solo con il vertice di maggioranza fissato per domani e il silenzio dei partiti di governo alla vigilia dell’appuntamento, decisamente inusuale, è eloquente. Non passa giorno senza che una nuova notizia peggiori il quadro. Ieri è stato il turno del prezzo del gas, con le bollette in aumento ad agosto del 2,3%, esborso annuo per ogni famiglia media di circa 1400 euro. Il contrasto tra l’esigenza di garantire potere d’acquisto da un lato e di blindare i conti pubblici dall’altro diventa quindi sempre più stridente.

IN UNA CORNICE SIMILE, col governo che sa di dover deludere il proprio stesso elettorato, gli alti lai sul Superbonus che avrebbe dissanguato le casse dello Stato suonano per forza, almeno in parte, come comodo alibi messo in campo per giustificarsi. Giorgetti, da Cernobbio, aveva dato il la. Ieri tutta FdI in coro si è accodata maledicendo il disastro provocato da Conte. «Stiamo parlando di una truffa certificata da 12 miliardi», sbotta il capogruppo tricolore Foti. «Ma se proprio FdI, come la Lega, ne chiedeva nel 2022 la proroga», ricorda Giuseppe Conte. Nulla di strano: «Era una buona idea però realizzata con superficialità e quindi disastrosa». Anche il ministro per i Rapporti con il parlamento Ciriani vede «una montagna di truffe che dobbiamo pagare tutti e che quindi va bloccata senza danneggiare quelli che in buona fede vi hanno aderito».

In concreto, l’ipotesi ancora allo studio per evitare «il danno» è la proroga per i condomini che hanno completato almeno il 60% di lavori deliberati nel 2022 mentre sarebbe esclusa ogni dilazione per le abitazioni monofamiliari, le famose “villette” già oggetto di durissime trattative in passato. Non si dovrebbe andare oltre la proroga già concessa, quella dal 30 settembre al 31 dicembre di quest’anno.

All’attacco di FdI risponde soprattutto il Movimento 5 Stelle, ideatore del contestatissimo bonus, a partire proprio da Conte: «Ha creato un milione di posti di lavoro, un rientro di gettito fiscale e un impatto sulla crescita che ha fatto scendere il debito pubblico di 10 punti in 2 anni. Dire che è solo un costo sulle spalle dei cittadini è una menzogna». Si fa sentire anche il Pd, senza che si scomodino i leader, forse turbati dall’idea di difendere una misura detestatissima anche dall’adorato Mario Draghi, ma con i capigruppo in Ambiente e Bilancio Simiani e Pagano. Fanno notare che lo stesso consigliere economico che bersaglia il Superbonus da via XX settembre, Enrico Zanetti, quando cura lo studio in materia della Fondazione commercialisti italiani certifica invece che «generando un incremento del Pil di 90 miliardi a fronte di una spesa pubblica di 60» ha avuto un «impatto positivo».

ENTRAMBE LE POSIZIONI hanno il loro fondamento. È certo che la spesa per il Superbonus è andata molto oltre il previsto ma è altrettanto certo che senza quella misura non ci sarebbero state la crescita eccezionale del 2022 e l’impennata dell’occupazione, fiore all’occhiello del governo Meloni. Segnalare solo i passivi e non anche gli attivi, come ha fatto Giorgetti a Cernobbio, è a dir poco discutibile. Quanto al rischio paventato dal ministro che i conti del Superbonus ricadano sul patto di stabilità dei prossimi 3 anni la situazione, in base alle nuove regole Eurostat, è in realtà molto incerta.

Altro pomo della discordia nella maggioranza sono le privatizzazioni, o più precisamente è Mps. Le vendite alle quali ha accennato il ministro dell’Economia, nella manovra, dovrebbero essere molto limitate, misure per far cassa e non strategiche come con Prodi.

La principale privatizzazione potrebbe essere il 64,2% di Mps in mano al Tesoro, che deve uscirne in data concordata con l’Europa ma tenuta segreta, probabilmente entro il 2024. Tajani, spalleggiato da Urso, vorrebbe anticipare per poter finanziare l’aumento delle pensioni minime da 600 a 700 euro. La Lega e Giorgetti lo escludono: «Non è all’ordine del giorno». L’incertezza ha provocato un crollo in borsa di quasi 3 punti.

SUI CONTI DELLA MANOVRA, e in generale sulla situazione economica, pesano poi le varie incognite europee. Non solo il ritorno del patto di stabilità ma anche la scelta della Bce se procedere o no a un nuovo rialzo dei tassi. Ieri Lagarde si è lanciata in una lunga prolusione ribadendo che la Bce non si fermerà sino a quando l’inflazione, oggi al 5,3% non sarà rientrata nel parametro del 2%. Però non ha parlato di un nuovo rialzo. Lo sapremo alla prossima puntata

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LAVORO. Nel giorno in cui a Vercelli si ricordano le cinque vittime della strage di Brandizzo in Italia si registrano altre morti, nel bellunese e in provincia di Bari

STRAGE SENZA FINE. Sciopero e manifestazione in ricordo delle cinque vittime di Brandizzo. Landini: basta appalti. In duemila scendono in piazza per chiedere sicurezza dopo la strage di mercoledì notte. Nella città che ospita la Sigifer la protesta dei sindacati. Presenti i familiari di un lavoratore

Vercelli si ferma in silenzio: «Non si può morire così» Lo sciopero a Vercelli per i cinque morti di Brandizzo con il segretario della Cgil Maurizio Landini che tiene lo striscione - Foto Aleandro Biaganti

In silenzio per quasi tutto il corteo, aperto dallo striscione «Non abbiamo più parole». Poi, davanti alla Prefettura un urlo finale, liberatorio e disperato: «Basta». Basta morire così, schiacciati da un treno o da una pressa. Oltre duemila persone hanno partecipato alla manifestazione organizzata a Vercelli da Cgil, Cisl e Uil dopo la morte dei cinque operai, travolti da un convoglio mentre stavano eseguendo lavori di manutenzione sui binari a Brandizzo.

IN PIAZZA, CON AL BRACCIO una fascia nera da lutto, lavoratori e lavoratrici da tutta la regione e anche il segretario generale della Cgil Maurizio Landini, che invita a un cambio radicale di un sistema che scarica la sua logica al ribasso sui lavoratori: «Basta ipocrisia e pacche sulle spalle. È il momento di dire basta e di cambiare. Abbiamo fatto scioperi, ma dobbiamo alzare ancora di più il livello della protesta. Bisogna cancellare la legge folle che il governo ha fatto per liberalizzare il subappalto e creare una procura nazionale sulla sicurezza del lavoro». Quello della procura nazionale è un vecchio pallino del pm Raffaele Guariniello (il magistrato dei processi Eternit e Thyssen), che però non ha mai avuto seguiti concreti. La appoggia il deputato di Avs Marco Grimaldi che aggiunge: «Serve l’introduzione del reato di morte sul lavoro».

In marcia a Vercelli, dove ieri era sciopero generale, pure i familiari di Michael Zanera, operaio 34enne della subappaltatrice Sigifer di Borgo Vercelli, una delle vittime della strage di Brandizzo: «Vogliamo giustizia», ripetono tenendo in mano la foto del ragazzo. Molti i cartelli: «Lavoro per vivere non per morire», «Basta privatizzazioni, mai più treni in transito e lavori in corso», «Non sono incidenti sono omicidi».

Reclama atti concreti il segretario regionale della Cgil Giorgio Airaudo: «Abbiamo chiesto alla Regione più ispezioni». E Giorgio Graziani, segretario confederale Cisl, sottolinea: «Serve formazione, serve che sia insegnata la cultura della sicurezza nelle scuole, bisogna qualificare le imprese, premiare quelle che stanno alle regole e sanzionare pesantemente quelle che non lo fanno. La tecnologia deve essere al servizio non del profitto ma dell’uomo». Stefano Malorgio, segretario generale Filt Cgil, lancia un appello: «Chiediamo all’azienda Rfi e al governo che si lavori solo in condizioni di sicurezza».

A IVREA, LA PROCURA ha incominciato a sentire i primi testimoni tra cui anche l’addetta alla sala controllo alla stazione di Chivasso. Una testimonianza chiave per l’inchiesta che ha già raccolto moltissimo materiale. Nelle sue tre telefonate con il collega di Rfi Antonio Massa, indagato per omicidio e disastro ferroviario in forma di dolo eventuale insieme ad Andrea Girardin Gibin, si sente la giovane donna (ha 25 anni, ndr) ripetere che i lavori sui binari non devono cominciare perché previsto il passaggio di un convoglio. La teste chiave avrebbe confermato la versione ovvero che i suoi avvertimenti sarebbero stati inascoltati. Ci sarebbe stato, infatti, a Brandizzo un via libera ai lavori anticipato (e non formalizzato). Su questo la procura vuole vederci meglio e capire se era una consuetudine o meno; se, per esempio, gli operai iniziassero gli interventi prima, visti i tempi stretti, per evitare alle loro aziende di pagare penali molto salate. I magistrati vogliono verificare, inoltre, se in quel tratto di linea ferroviaria – siamo lungo la Torino-Milano – era operativo il Cdb (circuito di binario), un sistema di sensori che segnala la presenza di rotabili.

La procuratrice capo Gabriella Viglione chiede tempo: «Indagini come queste lo richiedono. E da noi durano anche di più perché siamo in pochi». Il riferimento è alla cronica scarsità di personale che affligge gli uffici del piccolo tribunale di Ivrea, una carenza dovuta alla riforma del 2012 e più volte segnalata al Csm.

QUESTO POMERIGGIO, a Montecitorio, davanti alle commissioni riunite Trasporti e Lavoro della Camera ci saranno le audizioni distinte dell’amministratore delegato di Rfi, Gianpiero Strisciuglio, e dei sindacati. Non si sa, infine, quando ci saranno i funerali, le famiglie dei cinque operai sono state invitate a fornire elementi che possano portare al riconoscimento dei corpi

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IN PIAZZA. Al via la campagna di assemblee «a tappeto»: i risultati non prima di metà ottobre. La «consultazione straordinaria» punta a milioni di voti a favore della linea movimentista
 Lo sciopero generale di Cgil e Uil il 7 dicembre 2022 - Foto LaPresse

La Cgil rompe gli indugi e lancia una «consultazione straordinaria» aperta a tutti i lavoratori con voto sullo «sciopero generale». Sono infatti partite le assemblee sui luoghi di lavoro decise a luglio per spiegare la strategia del sindacato in vista dell’autunno e della legge di bilancio. Se l’appuntamento per il pomeriggio di sabato 7 ottobre a piazza San Giovanni con un centinaio di associazioni per «La via maestra» è già definito, la mobilitazione contro la manovra del governo Meloni è ancora da definire.

Le tappe però iniziano a delinearsi e già questa settimana Landini girerà l’Italia per assemblee sui luoghi di lavoro. Oggi sarà alla Ge Avio di Borgaretto (Torino), azienda di trasmissioni meccaniche, mentre la prossima settimana sono in programma varie assemblee a Roma, compresa una all’Atac. Davanti ai lavoratori, Landini ribadirà la linea movimentista della Cgil che punta a scendere in piazza contro la manovra del governo Meloni. Cosa che farà anche martedì 12 a Bologna nella Assemblea confederale dei delegati Cgil sulla contrattazione.

«Puntiamo a raggiungere più persone possibili con una campagna di assemblee a tappeto», spiega il segretario confederale organizzativo Gino Giove. Partite in questi giorni, le assemblee andranno avanti sicuramente fino a metà ottobre e – anche con la possibilità di votare on-line – si punta a raggiungere quanto meno il numero di lavoratori consultati per il recente congresso di marzo: circa 1,5 milioni. Le difficoltà logistiche – in alcuni settori le ore di assemblee sono già state utilizzate per la mobilitazione unitaria di maggio o per scioperi per i rinnovi contrattuali – saranno superati con volantinaggi mentre i pensionati, come da pratica consolidata, terranno assemblee pubbliche aperte a tutti. Il testo su cui si voterà è molto complesso: «Condivido le proposte rivendicative contenute nel documento predisposto dalla Cgil nazionale avanzate e da avanzare nei confronti del governo e del sistema delle imprese, nonché l’utilità di sostenere con la mobilitazione e, se sarà necessario, con lo sciopero generale».

In questo modo la Cgil intende rafforzare la decisione già presa di andare allo sciopero generale. La «consultazione nazionale straordinaria» è uno strumento già utilizzato in molti passaggi delicati della confederazione come la definizione del Nuovo statuto dei lavoratori nel 2016 e punta a favorire partecipazione e protagonismo dei lavoratori.

Nei giorni scorsi invece la lettera di Landini a Meloni aveva provocato una reazione positiva della Cisl. Sbarra era stato costretto a lodare l’iniziativa di Landini e rivedere le accuse mosse alla Cgil di aver già deciso lo sciopero generale, boicottando il dialogo con il governo.

Toccherà ora a Meloni decidere se convocare Cgil, Cisl e Uil. La battaglia tattica è tutta sui tempi: Landini ora ha buon gioco a sostenere che Meloni non ha risposto e se la convocazione arriverà prima della Nadef è quasi sicuro che Meloni non potrà mettere sul piatto qualche provvedimento richiesto dai sindacati, Cisl compresa: i soldi per le pensioni non ci sono, il taglio strutturale del cuneo è già dato da tutti per scontato e non sarebbe una novità. Allo stesso modo se la convocazione arriverà a legge di Bilancio già presentata, la Cgil (e la Uil) avranno buon gioco a sostenere di non essere stati coinvolti ed ascoltati su una manovra che già si prospetta «lacrime e sangue».

Al momento lo scenario più probabile è uno sciopero generale di Cgil e Uil a legge di bilancio presentata e non emendata positivamente: dunque a dicembre, come nel 2022.

Infondate invece le notizie sul referendum relativo al ripristino dell’articolo 18 cancellato dal Jobsact renziano. Al momento nessun giurista della Consulta della Cgil è al lavoro su un quesito anche perché il precedente del 2017 è ancora vivo. Dei tre quesiti proposti dalla Cgil, allora guidata da Susanna Camusso, proprio quello sull’articolo 18 fu bocciato dalla Corte costituzionale perché otto membri su quindici (con parere favorevole della giudice relatrice Sciarra, attuale presidente) lo dichiararono inammissibile per il «carattere propositivo del quesito». Le divisioni fra i giuristi vicini alla Cgil furono molto forti e la ferita è ancora aperta. Tutto il bailamme mediatico – Renzi ne parla tutti i giorni, le polemiche spaccano il Pd – fa il gioco della strategia di Landini: la Cgil è rientrata al centro della scena

 
 
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Lo scienziato venne accusato di essere una spia dei sovietici. Nel 1954 il presidente Eisenhower lo allontanò dall'ambiente
accademico per paura di una fuga di segreti sull'atomica. Dopo sessantotto anni finalmente la verità

Robert oppenheimer immagini e fotografie stock ad alta ... Oppenheimer - Film (2023) - MYmovies.it

New York - Non era una spia sovietica, ma uno scienziato preoccupato delle conseguenze delle scoperte tecnologiche, Sessantotto anni dopo, J. Robert
Oppenheimer, il più importante scienziato del governo americano negli anni ‘40, l’uomo che portò alla creazione della bomba atomica utilizzata nella Seconda
guerra mondiale, è stato riabilitato in modo ufficiale. La segreteria dell’Energia ha cancellato la decisione presa dal governo nel ’54, che aveva escluso lo
scienziato da tutti i laboratori federali, privato degli accessi a qualsiasi segreto sull’atomica, perché sospettato di essere una spia al servizio di Mosca. La
condanna venne presa in un periodo segnato dal maccartismo, quello della "caccia alle streghe" comuniste in cui gli americani vedevano un agente sovietico
anche nella casa dei vicini e nelle confezioni di pomodori rossi. Ma per arrivare a riscrivere la storia di uno degli scienziati più importanti della storia, nel bene e
nel male, sono dovuti passare sessantotto anni e tredici presidenti degli Stati Uniti.

Con una dichiarazione scritta, il segretario all’Energia Jennifer Granholm ha criticato la decisione di chi l’ha preceduta, definendola il risultato di un
“processo errato” che ha violato i propri regolamenti. Con il passare del tempo, ha spiegato, “altre prove sono emerse alla luce del pregiudizio e dell’ingiusto
processo a cui il dottor Oppenheimer era stato sottoposto” e che hanno riaffermato la “sua fedeltà e l’amore per il Paese”. Gli studiosi hanno definito
questa decisione una “pietra miliare”. “Sono sopraffatto dall’emozione”, ha commentato Kai Bird, co-autore con Marin Sherwin di “American Prometheus”,
una biografia del 2005 su Oppenheimer che ha ispirato il film del regista Christopher Nolan uscito giovedì nelle sale. La puntualità tra l’annuncio e
l’uscita del film non è sfuggita a nessuno, ma il ritardo nei tempi resta. “Non è andata come Oppenheimer e la sua famiglia avrebbero voluto - ha commentato
al New York Times lo storico delle scienze Alex Wellerstein - l’ingiustizia nei suoi confronti resta, ma è bello vedere segnali di riconciliazione anche se con un po’
di decenni di ritardo”.

Era la primavera del 1954. Dopo diciannove giorni di udienze segrete, la commissione Energia atomica aveva revocato a Oppenheimer il diritto ad
accedere ai segreti sull’atomica, da lui stesso realizzata. Da “eroe” a reietto, da scienziato strategico per gli Stati Uniti a perfido comunista. Ma ora arriva la
correzione: Oppy, ci eravamo sbagliati. Nel 2014, sotto la presidenza di Barack Obama, erano state desecretate migliaia di pagine delle audizioni, raccolte in
ventisei volumi, da cui era parso chiaro come Oppenheimer non fosse neanche l’ombra di una spia. Tutta la sua vita era parsa al di sopra di ogni sospetto.

La vita
Nato a New York nel 1904 da una famiglia di intellettuali e imprenditori del tessile, cresciuto a Riverside Drive, laureato ad Harvard, lo studioso era stato in
Europa prima di rientrare negli Stati Uniti per insegnare fisica all’università di Berkeley, in California. Tunnel quantistici e positroni, ma anche un certo stile.
Da giovane aveva fatto un incidente con la macchina, mentre provava a gareggiare con un treno. La sua fidanzata era svenuta. Il padre, per risarcire dei
danni del figlio, le aveva regalato un quadro di Cézanne. La madre di Oppenheimer era un’esperta d’arte con atelier a New York. Il comunismo, però,
c’era. Negli anni ’30, come molti liberali, lo scienziato si era unito a gruppi d’intellettuali guidati da comunisti, ma la sua carriera fu molto orientata
sull’America tradizionale: a Los Alamos, in New Mexico, negli anni ’40 aveva portato avanti, in gran segreto, studi che avrebbero portato alla creazione della
bomba atomica.

La Guerra Fredda segnò la fine della sua luminosa carriera. Nel ’53 un consigliere del Congresso lo denunciò all’Fbi, indicandolo come professore di
fisica al servizio dei sovietici. Preoccupato dalle accuse, l’allora presidente Dwight Eisenhower ordinò che lo scienziato venisse tenuto lontano dai segreti
nucleari. Uno degli elementi che portarono al castello di accuse fu la reticenza di Oppenheimer a lavorare alla bomba all’idrogeno, capace di raggiungere la
potenza di mille bombe atomiche. Lo scienziato, come presidente del comitato consultivo per l’energia atomica, si oppose alla costruzione di questo tipo di
bomba, convinto che un’arma di questa potenza non avrebbe risolto i problemi militari degli Stati Uniti, ma ne avrebbe offuscato l’aspetto etico. Come
alternativa, disse, meglio le "armi nucleari tattiche", quelle usate oggi nel conflitto tra Russia e Ucraina.

Lo scienziato venne isolato dai suoi stessi colleghi, uno dei quali, Edward Teller, disse alla commissione del Congresso: “Mi sentirei personalmente più sicuro se
elementi di interesse pubblico restassero nelle nostre mani”, in controllo americano e lontane da quelle di Oppenheimer. La rilettura postuma delle
testimonianze davanti alla commissione mise in luce come i dubbi espressi dallo scienziato non fossero politici, o legati a Mosca, ma sostenuti da valide

valutazioni “tecniche e militari”. Ma sono dovuti passare altri otto anni prima di restituire ufficialmente dignità a uno scienziato considerato controverso,
seppure difeso subito da personalità come Albert Einstein. Venne confermato alla guida del dipartimento di studi avanzati di Princeton, e nel ’63 gli venne

conferito dal presidente Lyndon Johnson il Premio Enrico Fermi, come risarcimento, ma finì la sua esistenza in solitudine. Morirà nel ’67 in uno stato di
profonda umiliazione, senza l’assoluzione ufficiale del governo degli Stati Uniti. Aveva 62 anni.

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Calano ancora le previsioni sulla crescita. Rallenta l’occupazione. Italia verso la «prerecessione». La coperta per la legge di bilancio era già corta, ora è cortissima. Debutto fallimentare per la piattaforma che ha sostituito il reddito di cittadinanza

SETTEMBRE GRIGIO. L’Istat riduce di un altro decimale le previsioni sulla crescita. Siamo in «prerecessione»

Cala il Pil, frenano gli occupati. Doccia fredda sulla manovra

 

Le stime sul Pil del 31 luglio erano state una doccia fredda: un mese dopo è diventata gelida. Il calo del Pil nel secondo trimestre rispetto a quello precedente era allora dello 0,3%. Le stime Istat dicono ora che la discesa sarà di un decimale in più: -0,4%. È un segnale pesante da tutti i punti di vista. Dice che la marcia del governo è molto meno trionfale di quanto la premier stessa pensasse, smonta la sua propaganda, soprattutto prosciuga ulteriormente le casse in vista di una manovra che da difficile si sta facendo proibitiva. Quel decimale in meno implica infatti una ulteriore flessione delle stime sul Pil annuo. A luglio era previsto un aumento dello 0,8% invece che dell’1% come fissato nel bilancio. Ora scende al +0,7%. Significa che una manovra già costretta a misurarsi con risorse molte scarse si vede sottrarre ulteriori fondi e non è detto che le cose non peggiorino nel secondo semestre.

IL DATO DISAGGREGATO dice infatti che

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