Lo scienziato venne accusato di essere una spia dei sovietici. Nel 1954 il presidente Eisenhower lo allontanò dall'ambiente
accademico per paura di una fuga di segreti sull'atomica. Dopo sessantotto anni finalmente la verità
New York - Non era una spia sovietica, ma uno scienziato preoccupato delle conseguenze delle scoperte tecnologiche, Sessantotto anni dopo, J. Robert
Oppenheimer, il più importante scienziato del governo americano negli anni ‘40, l’uomo che portò alla creazione della bomba atomica utilizzata nella Seconda
guerra mondiale, è stato riabilitato in modo ufficiale. La segreteria dell’Energia ha cancellato la decisione presa dal governo nel ’54, che aveva escluso lo
scienziato da tutti i laboratori federali, privato degli accessi a qualsiasi segreto sull’atomica, perché sospettato di essere una spia al servizio di Mosca. La
condanna venne presa in un periodo segnato dal maccartismo, quello della "caccia alle streghe" comuniste in cui gli americani vedevano un agente sovietico
anche nella casa dei vicini e nelle confezioni di pomodori rossi. Ma per arrivare a riscrivere la storia di uno degli scienziati più importanti della storia, nel bene e
nel male, sono dovuti passare sessantotto anni e tredici presidenti degli Stati Uniti.
Con una dichiarazione scritta, il segretario all’Energia Jennifer Granholm ha criticato la decisione di chi l’ha preceduta, definendola il risultato di un
“processo errato” che ha violato i propri regolamenti. Con il passare del tempo, ha spiegato, “altre prove sono emerse alla luce del pregiudizio e dell’ingiusto
processo a cui il dottor Oppenheimer era stato sottoposto” e che hanno riaffermato la “sua fedeltà e l’amore per il Paese”. Gli studiosi hanno definito
questa decisione una “pietra miliare”. “Sono sopraffatto dall’emozione”, ha commentato Kai Bird, co-autore con Marin Sherwin di “American Prometheus”,
una biografia del 2005 su Oppenheimer che ha ispirato il film del regista Christopher Nolan uscito giovedì nelle sale. La puntualità tra l’annuncio e
l’uscita del film non è sfuggita a nessuno, ma il ritardo nei tempi resta. “Non è andata come Oppenheimer e la sua famiglia avrebbero voluto - ha commentato
al New York Times lo storico delle scienze Alex Wellerstein - l’ingiustizia nei suoi confronti resta, ma è bello vedere segnali di riconciliazione anche se con un po’
di decenni di ritardo”.
Era la primavera del 1954. Dopo diciannove giorni di udienze segrete, la commissione Energia atomica aveva revocato a Oppenheimer il diritto ad
accedere ai segreti sull’atomica, da lui stesso realizzata. Da “eroe” a reietto, da scienziato strategico per gli Stati Uniti a perfido comunista. Ma ora arriva la
correzione: Oppy, ci eravamo sbagliati. Nel 2014, sotto la presidenza di Barack Obama, erano state desecretate migliaia di pagine delle audizioni, raccolte in
ventisei volumi, da cui era parso chiaro come Oppenheimer non fosse neanche l’ombra di una spia. Tutta la sua vita era parsa al di sopra di ogni sospetto.
La vita
Nato a New York nel 1904 da una famiglia di intellettuali e imprenditori del tessile, cresciuto a Riverside Drive, laureato ad Harvard, lo studioso era stato in
Europa prima di rientrare negli Stati Uniti per insegnare fisica all’università di Berkeley, in California. Tunnel quantistici e positroni, ma anche un certo stile.
Da giovane aveva fatto un incidente con la macchina, mentre provava a gareggiare con un treno. La sua fidanzata era svenuta. Il padre, per risarcire dei
danni del figlio, le aveva regalato un quadro di Cézanne. La madre di Oppenheimer era un’esperta d’arte con atelier a New York. Il comunismo, però,
c’era. Negli anni ’30, come molti liberali, lo scienziato si era unito a gruppi d’intellettuali guidati da comunisti, ma la sua carriera fu molto orientata
sull’America tradizionale: a Los Alamos, in New Mexico, negli anni ’40 aveva portato avanti, in gran segreto, studi che avrebbero portato alla creazione della
bomba atomica.
La Guerra Fredda segnò la fine della sua luminosa carriera. Nel ’53 un consigliere del Congresso lo denunciò all’Fbi, indicandolo come professore di
fisica al servizio dei sovietici. Preoccupato dalle accuse, l’allora presidente Dwight Eisenhower ordinò che lo scienziato venisse tenuto lontano dai segreti
nucleari. Uno degli elementi che portarono al castello di accuse fu la reticenza di Oppenheimer a lavorare alla bomba all’idrogeno, capace di raggiungere la
potenza di mille bombe atomiche. Lo scienziato, come presidente del comitato consultivo per l’energia atomica, si oppose alla costruzione di questo tipo di
bomba, convinto che un’arma di questa potenza non avrebbe risolto i problemi militari degli Stati Uniti, ma ne avrebbe offuscato l’aspetto etico. Come
alternativa, disse, meglio le "armi nucleari tattiche", quelle usate oggi nel conflitto tra Russia e Ucraina.
Lo scienziato venne isolato dai suoi stessi colleghi, uno dei quali, Edward Teller, disse alla commissione del Congresso: “Mi sentirei personalmente più sicuro se
elementi di interesse pubblico restassero nelle nostre mani”, in controllo americano e lontane da quelle di Oppenheimer. La rilettura postuma delle
testimonianze davanti alla commissione mise in luce come i dubbi espressi dallo scienziato non fossero politici, o legati a Mosca, ma sostenuti da valide
valutazioni “tecniche e militari”. Ma sono dovuti passare altri otto anni prima di restituire ufficialmente dignità a uno scienziato considerato controverso,
seppure difeso subito da personalità come Albert Einstein. Venne confermato alla guida del dipartimento di studi avanzati di Princeton, e nel ’63 gli venne
conferito dal presidente Lyndon Johnson il Premio Enrico Fermi, come risarcimento, ma finì la sua esistenza in solitudine. Morirà nel ’67 in uno stato di
profonda umiliazione, senza l’assoluzione ufficiale del governo degli Stati Uniti. Aveva 62 anni.