SETTEMBRE GRIGIO. Domani il vertice di maggioranza in un quadro che ogni giorno peggiora. Il governo se la prende con la «zavorra» dei bonus edilizi. Pesano anche le incognite europee: il ritorno del patto di stabilità e le scelte della Bce
Paolo Gentiloni e Giancarlo Giorgetti - foto Ansa
La corsa (si fa per dire) della legge di bilancio comincerà davvero solo con il vertice di maggioranza fissato per domani e il silenzio dei partiti di governo alla vigilia dell’appuntamento, decisamente inusuale, è eloquente. Non passa giorno senza che una nuova notizia peggiori il quadro. Ieri è stato il turno del prezzo del gas, con le bollette in aumento ad agosto del 2,3%, esborso annuo per ogni famiglia media di circa 1400 euro. Il contrasto tra l’esigenza di garantire potere d’acquisto da un lato e di blindare i conti pubblici dall’altro diventa quindi sempre più stridente.
IN UNA CORNICE SIMILE, col governo che sa di dover deludere il proprio stesso elettorato, gli alti lai sul Superbonus che avrebbe dissanguato le casse dello Stato suonano per forza, almeno in parte, come comodo alibi messo in campo per giustificarsi. Giorgetti, da Cernobbio, aveva dato il la. Ieri tutta FdI in coro si è accodata maledicendo il disastro provocato da Conte. «Stiamo parlando di una truffa certificata da 12 miliardi», sbotta il capogruppo tricolore Foti. «Ma se proprio FdI, come la Lega, ne chiedeva nel 2022 la proroga», ricorda Giuseppe Conte. Nulla di strano: «Era una buona idea però realizzata con superficialità e quindi disastrosa». Anche il ministro per i Rapporti con il parlamento Ciriani vede «una montagna di truffe che dobbiamo pagare tutti e che quindi va bloccata senza danneggiare quelli che in buona fede vi hanno aderito».
In concreto, l’ipotesi ancora allo studio per evitare «il danno» è la proroga per i condomini che hanno completato almeno il 60% di lavori deliberati nel 2022 mentre sarebbe esclusa ogni dilazione per le abitazioni monofamiliari, le famose “villette” già oggetto di durissime trattative in passato. Non si dovrebbe andare oltre la proroga già concessa, quella dal 30 settembre al 31 dicembre di quest’anno.
All’attacco di FdI risponde soprattutto il Movimento 5 Stelle, ideatore del contestatissimo bonus, a partire proprio da Conte: «Ha creato un milione di posti di lavoro, un rientro di gettito fiscale e un impatto sulla crescita che ha fatto scendere il debito pubblico di 10 punti in 2 anni. Dire che è solo un costo sulle spalle dei cittadini è una menzogna». Si fa sentire anche il Pd, senza che si scomodino i leader, forse turbati dall’idea di difendere una misura detestatissima anche dall’adorato Mario Draghi, ma con i capigruppo in Ambiente e Bilancio Simiani e Pagano. Fanno notare che lo stesso consigliere economico che bersaglia il Superbonus da via XX settembre, Enrico Zanetti, quando cura lo studio in materia della Fondazione commercialisti italiani certifica invece che «generando un incremento del Pil di 90 miliardi a fronte di una spesa pubblica di 60» ha avuto un «impatto positivo».
ENTRAMBE LE POSIZIONI hanno il loro fondamento. È certo che la spesa per il Superbonus è andata molto oltre il previsto ma è altrettanto certo che senza quella misura non ci sarebbero state la crescita eccezionale del 2022 e l’impennata dell’occupazione, fiore all’occhiello del governo Meloni. Segnalare solo i passivi e non anche gli attivi, come ha fatto Giorgetti a Cernobbio, è a dir poco discutibile. Quanto al rischio paventato dal ministro che i conti del Superbonus ricadano sul patto di stabilità dei prossimi 3 anni la situazione, in base alle nuove regole Eurostat, è in realtà molto incerta.
Altro pomo della discordia nella maggioranza sono le privatizzazioni, o più precisamente è Mps. Le vendite alle quali ha accennato il ministro dell’Economia, nella manovra, dovrebbero essere molto limitate, misure per far cassa e non strategiche come con Prodi.
La principale privatizzazione potrebbe essere il 64,2% di Mps in mano al Tesoro, che deve uscirne in data concordata con l’Europa ma tenuta segreta, probabilmente entro il 2024. Tajani, spalleggiato da Urso, vorrebbe anticipare per poter finanziare l’aumento delle pensioni minime da 600 a 700 euro. La Lega e Giorgetti lo escludono: «Non è all’ordine del giorno». L’incertezza ha provocato un crollo in borsa di quasi 3 punti.
SUI CONTI DELLA MANOVRA, e in generale sulla situazione economica, pesano poi le varie incognite europee. Non solo il ritorno del patto di stabilità ma anche la scelta della Bce se procedere o no a un nuovo rialzo dei tassi. Ieri Lagarde si è lanciata in una lunga prolusione ribadendo che la Bce non si fermerà sino a quando l’inflazione, oggi al 5,3% non sarà rientrata nel parametro del 2%. Però non ha parlato di un nuovo rialzo. Lo sapremo alla prossima puntata