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PARTITO DEMOCRATICO. Perché, invece di prendere sul serio il ruolo di opposizione al governo più a destra della storia della repubblica, non prendersi a mazzate tra amici e compagni?

Il coro stonato dell’opposizione

 

Il partito democratico è un partito davvero democratico. La segretaria Schlein chiama tutti a raccolta a Napoli nonostante l’avanzata di Caronte per cantarle in coro al governo che vuole spaccare l’Italia con la legge Calderoli? E chi l’ha detto che per evitare lo sconquasso non si debba prima spaccare il Pd. La premier Giorgia Meloni annaspa non sapendo come affrontare l’annosa questione della giustizia, mentre la sua coalizione, la sua squadra di ministri e il suo stesso partito somigliano a tanti flipper dove schizzano pericolosamente palline impazzite spesso una nella direzione opposta all’altra? E perché, invece di prendere sul serio il ruolo di opposizione al governo più a destra della storia della repubblica, non prendersi a mazzate tra amici e compagni? Si dirà: è il solito Vincenzo De Luca, il presidente campano col suo ego più grande della stessa Campania e di tutto il Pd. E se la segretaria chiama a raccolta il partito sotto le sue finestre e addirittura ha in animo di ridimensionarne le ambizioni, l’unica risposta possibile da parte del satrapo è «e qui comando io e questa è casa mia».

Ma siccome il partito democratico è un partito davvero democratico e in democrazia si tengono le elezioni e i voti contano, ecco che il coro contro il governo – sebbene la segretaria si sforzi di tenere la scena «con una voce sola» – passa in secondo piano.

E sono tutti lì, incendiari

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PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA (PNRR). Il caso Lombardia: i dati della Corte dei Conti. Fontana: «È un problema italiano» Majorino (Pd): «La sua giunta esce a pezzi». Gentiloni (Ue) insiste: "Il Pnrr fondamentale per gli investimenti, le politiche però devono essere prudenti". Ma Bankitalia: crescita zero nel II trimestre, stime al ribasso. Il calo degli investimenti solo in parte bilanciato dai fondi Ue"

La mancanza dei medici rischia di fare fallire il Pnrr Il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana (Lega) - LaPresse

La mancanza dei medici è la principale «ipoteca» sulla riuscita degli investimenti, e della riforma, dell’assistenza sanitaria territoriale basata sulle «Case di comunità» in Lombardia. Lo ha sostenuto ieri la Corte dei conti Lombardia che ha messo il coltello nella piaga del «Piano nazionale di ripresa e resilienza» (Pnrr): il più grande investimento fatto in Italia ha puntato sulle infrastrutture, ma non sulla forza lavoro assunta a tempo indeterminato per tenerle

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LAVORO. Emendamento soppressivo alla Camera. Schlein: umiliano 3 milioni di lavoratori poveri. Conte: insultano gli italiani, continueremo a oltranza e senza sconti la nostra battaglia in Parlamento,

La destra affonda il salario minimo. Opposizioni in rivolta Elly Schlein e Giuseppe Conte - LaPresse

La destra sotterra il salario minimo. Ieri, allo scadere dei termini, le forze di maggioranza hanno presentato in commissione Lavoro alla Camera un emendamento soppressivo, che azzera il testo base approvato il 12 luglio da tutte le opposizioni (tranne i renziani). Il voto in commissione è previsto per la prossima settimana. Così facendo, il testo approderà comunque in aula a fine luglio (perché rientra nella corsia dedicata alle opposizioni) ma destinato a una bocciatura definitiva.

LE DESTRE HANNO DECISO di non tentare nemmeno di emendare il testo a prima firma Giuseppe Conte. E ora dicono di essere state «costrette» a farlo perché «le opposizioni hanno preferito fare di un tema così importante un totem di propaganda in vista dell’estate con una proposta strumentale e inattuabile». «Non credo al salario minimo per legge perché credo alla buona contrattazione collettiva e nel valore delle parti sociali», ci mette la faccia la ministra del Lavoro Marina Elvira Calderone.

PER LE OPPOSIZIONI È PIÙ di una provocazione. «La destra ha gettato la maschera. Nessuna controproposta, nessuna ricerca di un punto di incontro. Un no puro e semplice. Pregiudiziale. Ideologico. Uno schiaffo in faccia a tre milioni di lavoratrici e lavoratori sottopagati e sfruttati», attacca il responsabile economico del Pd Antonio Misiani.

«Così facendo non umiliano le opposizioni, ma lavoratrici e lavoratori poveri, abbandonandoli alla morsa dell’inflazione. La maggioranza ci ripensi e approvi con noi questa proposta», dice la segretaria dem Elly Schlein. «Stiamo parlando di 3 milioni e mezzo di persone con un salario minimo orario inferiore ai 9 euro. Quanta arroganza ci vuole per rifiutarsi di prenderli in considerazione? Dietro quelle retribuzioni da fame ci sono contratti pirata, falsi appalti, false imprese, false cooperative, abuso di contratti precari. Tagliano di miliardi il contrasto alla povertà e danno un euro al giorno con una card una tantum, ma si rifiutano di aggredire il problema della povertà dove ha origine».

DURISSIMO CONTE: «Blaterano di “patriottismo” ma lo fanno valere solo per difendere i loro ministri dalle dimissioni e tutelare i loro privilegi. Non a favore degli italiani che – due su tre – chiedono un salario minimo legale. Meloni e la maggioranza sono convinti di avere avuto con le elezioni il mandato politico di insultare gli italiani».

«Fare la guerra ai poveri è lo sport preferito dalla destra di questo Paese», rincara Nicola Fratoianni. Persino Azione è furiosa: «Un no ideologico, senza avanzare proposte alternative», protesta Mara Carfagna.«Non ci arrenderemo a tanta prepotenza», dice Cecilia Guerra, responsabile lavoro del Pd. La prossima settimana in commissione, e poi in aula, le opposizioni annunciano barricate. «Continueremo a oltranza e senza sconti la nostra battaglia», arringa Conte. E a Fdi che chiede ai dem perchè non abbiano approvato il salario minimo quando erano al governo risponde Andrea Orlando: «Nel governo Draghi non lo potemmo fare perché Lega e fi erano contrari»,

LA PROPOSTA BOCCIATA dalla destra prevede di garantire a tutti i lavoratori, dipendenti o collaboratori, un trattamento economico complessivo non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali più rappresentative. Secondo i calcoli dell’Istat, significherebbe aumenti per circa tre milioni di lavoratori, con un aumento medio di 804 euro a rapporto di lavoro e una crescita del monte salariale di quasi 2,9 miliardi.

L’Italia è uno dei 5 Paesi Ue su 27 che non hanno un salario minimo fissato per legge. L’Ocse, nel suo recente Employment Outlook, ha sottolineato che in Italia alla fine del 2022 i salari reali erano calati del 7% rispetto a prima della pandemia e la discesa è continuata nel primo trimestre del 2023, con una diminuzione su base annua del 7,5%: il calo maggiore tra quelli registrati nelle grandi economie mondiali

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Il parlamento europeo approva Asap, 500 milioni per comprare proiettili per l’Ucraina

Soldi della Ue per le munizioni (e la sinistra italiana vota sì) L’aula per il voto al Parlamento Europeo a Strasburgo - ANSA

L’Europarlamento in seduta plenaria ha approvato ieri a larga maggioranza (505 a favore, 56 contro, 21 astensioni) il piano europeo per aumentare la produzione di munizioni e missili, per far fronte alla penuria attuale e per continuare a fornire l’Ucraina, con l’obiettivo di «un milione di munizioni». Un voto che segna «un nuovo passo avanti per la sicurezza e la difesa europee e il nostro sostegno senza falle all’Ucraina», ha commentato il relatore Christian Busoi (Ppe, Romania). A votare contro l’estrema destra Id dove allineano i filo-russi (ma anche un deputato Ecr), oltre a un gruppetto, per motivi opposti, di S&D, Verdi e Left. Fra gli italiani, hanno votato contro solo i deputati del Movimento Cinque Stelle, più due dissidenti del gruppo dei Verdi/Alleanza libera per l’Europa, Rosa D’Amato e Piernicola Pedicini, e due eletti con il Partito democratico, Pietro Bartolo e Massimiliano Smeriglio. Astenuti invece Fabio Massimo Castaldo del M5S, Sergio Berlato di Fratelli d’Italia, Ignazio Corrao del gruppo Verdi/Ale e Dino Giarrusso, attualmente fra gli europarlamentari non affiliati ad alcuna famiglia politica.

L’ASAP (Act to Support Ammunition Production), che è finanziato con 500 milioni di euro, entra così nella direttiva finale: nel negoziato con il Consiglio è stata ottenuta una facilitazione di finanziamento per la piccola e media impresa, mentre gli eurodeputati hanno richiesto che i nuovi finanziamenti non vadano a detrimento dei Fondi di coesione attuali. Saranno poi gli stati a decidere, con la possibilità anche di utilizzare dei fondi del Pnrr.

L’Asap risponde “as soon as possible” alla richiesta dell’Ucraina di fornire cartucce d’artiglieria di 155 mm, che ha ricevuto l’accordo del Consiglio il 20 marzo scorso, per una proposta in tre fasi: trasferimento d’urgenza di munizioni all’Ucraina dagli stock nazionali (primo track), accordo per procurarsi congiuntamente (sul modello vaccini) un milione di cartucce (secondo track) e (terzo track) accrescere le capacità di produzione dell’industria europea di difesa. L’ultima stesura del testo era stata concordata tra Consiglio e Parlamento all’inizio del mese e l’europarlamento aveva già approvato, con procedura d’urgenza (446 voti a favore, 67 contro e 112 astenuti) la legge a sostegno della produzione di munizioni nella Ue, presentata dalla Commissione il 3 maggio scorso, con l’obiettivo di rafforzare il più rapidamente possibile la capacità produttiva del blocco e poter fornire all’Ucraina il materiale necessario per resistere all’aggressione russa, oltre a ripristinare gli stock nazionali. L’Europarlamento aveva però respinto gli emendamenti della sinistra, che chiedevano l’esclusione dell’uso eventuale di parte dei fondi del Pnrr per finanziare questo rilancio.

IN POCO PIÙ di un anno, dall’invasione russa dell’Ucraina, la Ue ha fatto enormi passi avanti nel campo militare: si è dotata di una capacità giuridica a fornire armi all’esterno, che prima non aveva. Il sostegno militare della Ue a Kyiv è stato finora intorno ai 14 miliardi. Con l’accordo, verranno mobilitati urgentemente 500 milioni di euro dal bilancio Ue, per sostenere l’aumento delle capacità produttive di munizioni. L’industria bellica europea deve passare alla «modalità di economia di guerra», ha dichiarato di recente il commissario al Mercato unico, Thierry Breton, «c’è ormai urgenza, bisogna agire in fretta perché la guerra in Ucraina, che è stata all’inizio guerra di stock, sta diventando una vera guerra industriale»

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Retromarcia di Mantovano dopo le accuse di Maria Falcone. Insorge anche il fratello di Borsellino. Libera: va difeso da attacchi strumentali e interessati

Mafia e concorso esterno,  il governo scarica Nordio

La riforma della giustizia del governo Meloni si arricchisce ogni giorno di nuove suggestioni. Prima si parla di intercettazioni, poi di avvisi di garanzia, dopo ancora di imputazione coatta.

ADESSO È IL TURNO del concorso esterno in associazione mafiosa, anche se, ancora una volta, la supposta necessità di rivedere, riformulare, cancellare, trasformare è qualcosa più di una battuta. Da quando lunedì è uscita una sua intervista su Libero il ministro della Giustizia Carlo Nordio spiega e argomenta: «il concorso esterno è un reato evanescente» che andrebbe «completamente rimodulato secondo i criteri di concorso di persona nel reato», ha detto al quotidiano diretto da Alessandro Sallusti. A seguire, mercoledì sera, alla festa meloniana «Piazza Italia» a Roma, tutto d’un fiato: «Il concorso esterno non esiste come reato, è una creazione giurisprudenziale. Cioè la Cassazione, i giudici, hanno inventato questa formula abbastanza evanescente, che a rigore di logica, vorrei dire popperiana, è un ossimoro». Questo perché, a suo dire, «se sei concorrente non sei esterno, e se sei esterno non sei concorrente. Noi non vogliamo eliminare, noi sappiamo benissimo che si può essere mafiosi all’interno dell’organizzazione e si può essere favoreggiatori all’esterno dell’organizzazione, ma allora va rimodulato completamente il reato, che in questo momento non esiste né come tassatività né come specificità perché non è nel codice».

LA PRIMA PARTE DELLA FRASE è in evidente contraddizione con

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Colloquio «ad ampio raggio» dopo il vertice Nato a Vilnius, il capo dello Stato è preoccupato per lo scontro tra il governo e le toghe

Il Colle frena Meloni: lotta alla criminalità, non si può arretrare 

Nella riunione del Consiglio supremo di difesa, sul Colle, l’argomento è l’esito del vertice Nato a Vilnius. Quando i due più autorevoli partecipanti, i presidenti della Repubblica e del Consiglio, si appartano per un colloqui «costruttivo e ad ampio raggio», come filtra dal Quirinale. Sul tavolo finisce però giocoforza anche la giustizia. Non solo e forse neppure come argomento principale: il 27 luglio è in programma la visita della premier a Washington e per quanto manchino ancora due settimane non c’è argomento più centrale di quello.

CHE MATTARELLA SIA preoccupato per la tempesta che si è addensata sulla giustizia è evidente: mercoledì era stato il Quirinale stesso a far capire che l’incontro del capo dello Stato con i vertici della Cassazione aveva un significato simbolico che andava molto oltre l’ordinario, era cioè una manifestazione di solidarietà con la magistratura, e ad anticipare il colloquio di oggi con Giorgia Meloni, che è durato oltre un’ora. Segno chiaro che il capo dello Stato ritiene urgente che i toni si abbassino da tutte le parti e che il nuovo scontro tra politica e magistratura venga sedato sul nascere. «È interesse di tutti, anche dello stesso governo», dicono senza perifrasi dal Quirinale.

LA PREOCCUPAZIONE DEL presidente non riguarda solo i

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