LAVORO. Emendamento soppressivo alla Camera. Schlein: umiliano 3 milioni di lavoratori poveri. Conte: insultano gli italiani, continueremo a oltranza e senza sconti la nostra battaglia in Parlamento,
Elly Schlein e Giuseppe Conte - LaPresse
La destra sotterra il salario minimo. Ieri, allo scadere dei termini, le forze di maggioranza hanno presentato in commissione Lavoro alla Camera un emendamento soppressivo, che azzera il testo base approvato il 12 luglio da tutte le opposizioni (tranne i renziani). Il voto in commissione è previsto per la prossima settimana. Così facendo, il testo approderà comunque in aula a fine luglio (perché rientra nella corsia dedicata alle opposizioni) ma destinato a una bocciatura definitiva.
LE DESTRE HANNO DECISO di non tentare nemmeno di emendare il testo a prima firma Giuseppe Conte. E ora dicono di essere state «costrette» a farlo perché «le opposizioni hanno preferito fare di un tema così importante un totem di propaganda in vista dell’estate con una proposta strumentale e inattuabile». «Non credo al salario minimo per legge perché credo alla buona contrattazione collettiva e nel valore delle parti sociali», ci mette la faccia la ministra del Lavoro Marina Elvira Calderone.
PER LE OPPOSIZIONI È PIÙ di una provocazione. «La destra ha gettato la maschera. Nessuna controproposta, nessuna ricerca di un punto di incontro. Un no puro e semplice. Pregiudiziale. Ideologico. Uno schiaffo in faccia a tre milioni di lavoratrici e lavoratori sottopagati e sfruttati», attacca il responsabile economico del Pd Antonio Misiani.
«Così facendo non umiliano le opposizioni, ma lavoratrici e lavoratori poveri, abbandonandoli alla morsa dell’inflazione. La maggioranza ci ripensi e approvi con noi questa proposta», dice la segretaria dem Elly Schlein. «Stiamo parlando di 3 milioni e mezzo di persone con un salario minimo orario inferiore ai 9 euro. Quanta arroganza ci vuole per rifiutarsi di prenderli in considerazione? Dietro quelle retribuzioni da fame ci sono contratti pirata, falsi appalti, false imprese, false cooperative, abuso di contratti precari. Tagliano di miliardi il contrasto alla povertà e danno un euro al giorno con una card una tantum, ma si rifiutano di aggredire il problema della povertà dove ha origine».
DURISSIMO CONTE: «Blaterano di “patriottismo” ma lo fanno valere solo per difendere i loro ministri dalle dimissioni e tutelare i loro privilegi. Non a favore degli italiani che – due su tre – chiedono un salario minimo legale. Meloni e la maggioranza sono convinti di avere avuto con le elezioni il mandato politico di insultare gli italiani».
«Fare la guerra ai poveri è lo sport preferito dalla destra di questo Paese», rincara Nicola Fratoianni. Persino Azione è furiosa: «Un no ideologico, senza avanzare proposte alternative», protesta Mara Carfagna.«Non ci arrenderemo a tanta prepotenza», dice Cecilia Guerra, responsabile lavoro del Pd. La prossima settimana in commissione, e poi in aula, le opposizioni annunciano barricate. «Continueremo a oltranza e senza sconti la nostra battaglia», arringa Conte. E a Fdi che chiede ai dem perchè non abbiano approvato il salario minimo quando erano al governo risponde Andrea Orlando: «Nel governo Draghi non lo potemmo fare perché Lega e fi erano contrari»,
LA PROPOSTA BOCCIATA dalla destra prevede di garantire a tutti i lavoratori, dipendenti o collaboratori, un trattamento economico complessivo non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali più rappresentative. Secondo i calcoli dell’Istat, significherebbe aumenti per circa tre milioni di lavoratori, con un aumento medio di 804 euro a rapporto di lavoro e una crescita del monte salariale di quasi 2,9 miliardi.
L’Italia è uno dei 5 Paesi Ue su 27 che non hanno un salario minimo fissato per legge. L’Ocse, nel suo recente Employment Outlook, ha sottolineato che in Italia alla fine del 2022 i salari reali erano calati del 7% rispetto a prima della pandemia e la discesa è continuata nel primo trimestre del 2023, con una diminuzione su base annua del 7,5%: il calo maggiore tra quelli registrati nelle grandi economie mondiali