Retromarcia di Mantovano dopo le accuse di Maria Falcone. Insorge anche il fratello di Borsellino. Libera: va difeso da attacchi strumentali e interessati
La riforma della giustizia del governo Meloni si arricchisce ogni giorno di nuove suggestioni. Prima si parla di intercettazioni, poi di avvisi di garanzia, dopo ancora di imputazione coatta.
ADESSO È IL TURNO del concorso esterno in associazione mafiosa, anche se, ancora una volta, la supposta necessità di rivedere, riformulare, cancellare, trasformare è qualcosa più di una battuta. Da quando lunedì è uscita una sua intervista su Libero il ministro della Giustizia Carlo Nordio spiega e argomenta: «il concorso esterno è un reato evanescente» che andrebbe «completamente rimodulato secondo i criteri di concorso di persona nel reato», ha detto al quotidiano diretto da Alessandro Sallusti. A seguire, mercoledì sera, alla festa meloniana «Piazza Italia» a Roma, tutto d’un fiato: «Il concorso esterno non esiste come reato, è una creazione giurisprudenziale. Cioè la Cassazione, i giudici, hanno inventato questa formula abbastanza evanescente, che a rigore di logica, vorrei dire popperiana, è un ossimoro». Questo perché, a suo dire, «se sei concorrente non sei esterno, e se sei esterno non sei concorrente. Noi non vogliamo eliminare, noi sappiamo benissimo che si può essere mafiosi all’interno dell’organizzazione e si può essere favoreggiatori all’esterno dell’organizzazione, ma allora va rimodulato completamente il reato, che in questo momento non esiste né come tassatività né come specificità perché non è nel codice».
LA PRIMA PARTE DELLA FRASE è in evidente contraddizione con
la seconda, e comunque non si capisce bene in cosa consisterebbe questa rimodulazione totale, fatto sta che questa insistenza del ministro da sola è bastata per riaprire le dighe di una polemica ormai storica sul punto. Su tutte a far rumore è la voce di Maria Falcone, sorella del giudice ucciso a Capaci: «La considero un’offesa gravissima perché ricordo bene il grande lavoro di Giovanni per arrivare a questo primo passo importantissimo per poter indagare sui fatti di mafia». Segue a ruota anche Salvatore Borsellino, che pure vede nell’uscita di Nordio un tradimento di suo fratello Paolo e ricorda come alle sentenze di condanna per Marcello Dell’Utri e Antonino D’Alì si sia arrivati proprio in virtù del concorso esterno, reato che, conclude Falcone, «resta fondamentale per colpire i colletti bianchi che colludono conl’organizzazione mafiosa».
CRITICA VERSO NORDIO anche l’associazione Libera, secondo cui «è necessario difendere il concorso esterno dagli attacchi interessati e strumentali che periodicamente si manifestano e oggi si ripropongono, con l’obiettivo di dimezzare l’antimafia circoscrivendola all’ala militare dell’organizzazione criminale e tenendo fuori i “colletti bianchi” complici o collusi». Va detto che Nordio non è nuovo a uscite spericolate, considerazioni gratuite e retromarce clamorose (vedi il 41 bis, definito «tomba per vivi» nel 2019 e pochi mesi fa, durante il caso Cospito, difeso a spada tratta come se fosse un architrave dello stato di diritto).
DI QUESTO CARATTERE «evanescente» (parola di Pietro Grasso) devono esserne consapevoli anche dalle parti del governo, e infatti il sottosegretario Alfredo Mantovano liquida la questione con una battuta che certo non denota grande considerazione per il ministro: «Io affronterei i problemi determinanti della giurisprudenza dell’oggi, nella direzione di rendere più chiara e incontrovertibile la materia del contrasto alla criminalità mafiosa. Non riaprirei altri discorsi, sul concorso esterno la giurisprudenza è consolidata».
Intanto, in commissione antimafia, il procuratore di Palermo Maurizio De Lucia ha difeso il concorso esterno, «che esiste dal 1930», in quanto «strumento molto utile». «Quindi possiamo rivisitare la sua area di applicazione – ha aggiunto – ma solo individuando delle fattispecie ulteriormente tipizzate dal punto di vista della legge penale. Immaginare altre forme di riesame del concorso esterno o abolizione dell’istituto tout court mi pare davvero difficile».
STESSO DISCORSO PER LE intercettazioni (salvo quelle a strascico, definite da De Lucia «deleterie») e per l’abolizione dell’abuso d’ufficio, l’elemento più concreto sin qui prodotto da quando Nordio è in via Arenula: «Al di là dei vincoli europei, si crea un vulnus a un sistema. Le nostre perplessità sull’abolizione dell’abuso d’ufficio sono molto forti». Al di là delle interviste e delle feste di partito in cui il ministro della Giustizia si abbandona a battute e discorsi assai superficiali sulle idee più strampalate, quello che davvero preoccupa i magistrati è il tema della separazione delle carriere. Giorgia Meloni, anche da Vilnius, ha ribadito come la cosa sia «uno degli obiettivi della legislatura». Non se ne parla per adesso, dunque, ma se ne parlerà prima o poi. E a quel punto la guerra tra governo e giudici scoppierà per davvero