Berlino obbedisce alla Nato. Per fronteggiare la minaccia Putin, in Germania arrivano gli euromissili di nuova generazione. Il cancelliere Scholz conferma la scelta «tormentata e inevitabile», sfidando l’ala sinistra della Spd che insiste sul rischio nucleare
A volte ritornano. Sicurezza minacciata da Putin, la Germania mantiene la promessa fatta a Washington. In arrivo i nuovi Tomahawk. Il cancelliere sfida l’ala sinistra dell’Spd: scelta «inevitabile e tormentata»
Un missile Tomahawk di nuova generazione in una base Usa
All’inizio era solo una promessa più o meno azzardata a Washington, fatta da Olaf Scholz in perfetta autonomia senza consultare nessuno – alleati di coalizione compresi – a eccezione del suo inner-circle. Poi è diventata una scelta ufficiosa del governo, seppure ribadita soltanto nel recinto protetto delle interviste sui media o negli incontri ufficiali alla cancelleria federale.
Ora è l’«inevitabile e tormentata» decisione che la Germania sarà costretta controvoglia ad assumere nel nome della sicurezza Nato mai così minacciata da Putin, da far ingoiare ai dirigenti della Spd ben prima della campagna elettorale per il voto nazionale del 2025, in cui Scholz sarà nuovamente lo “Spitzenkandidat” socialdemocratico.
PER LA PRIMA VOLTA il cancelliere difende il ritorno degli euromissili sul suolo tedesco fra le mura del suo partito. Invitato a visitare la la sezione Spd di Dresda, ieri Scholz ha scandito l’assoluta necessità di installare i “Tomahawk” nucleari Usa per salvaguardare la pace. «Abbiamo bisogno di un deterrente affinché la guerra non scoppi mai. Tutti devono sapere che il prezzo di un attacco alla Germania sarebbe altissimo e in questo momento incombe la minaccia missilistica della Russia. Dobbiamo fare di tutto per proteggere la popolazione» sottolinea il leader Spd.
Prima di dribblare la madre di tutte le domande preceduta dalla inevitabile premessa. Secondo l’ultimo sondaggio Civey un tedesco su due è convinto che gli euromissili porteranno all’escalation del conflitto con Mosca. Critici soprattutto i cittadini della Germania dell’Est che fra 10 giorni vanno alle urne. «Che ne pensa il cancelliere?» incalzano i cronisti. Scholz glissa, nonostante sia a Dresda, capitale della Sassonia, Land della ex Ddr dove fino al 1989 l’unico nemico atomico erano i “Pershing” di Reagan puntati sulle città del Patto di Varsavia, e sebbene a vincere le elezioni locali (così indicano i sondaggi) il 1 settembre saranno precisamente le due forze politiche più contrarie al riarmo nucleare: i fascio populisti di Afd e i nazionalisti di sinistra dell’Alleanza Sahra Wagenknecht.
Dieci anni di controllo (mancato) delle armi
«PER DECENNI LA GERMANIA ha perso la sua capacità di difesa dagli attacchi aerei» tiene a precisare Scholz ai compagni di partito senza addentrarsi troppo in quel lasso di tempo che coincide con con il periodo in cui lui spiccava fra gli accesi sostenitori del disarmo. All’epoca «l’unica via per ottenere la pace».
Dov’è finito il movimento pacifista?
Adesso invece l’architrave del leader Spd è «il rafforzamento della Nato continuando a dedicare il 2% del nostro Pil alla difesa. Uno sforzo enorme ma non
Commenta (0 Commenti)A Chicago via alla convention del partito democratico: l’ultimo giorno di Biden da leader, il primo della sua vice, l’insperato sorpasso su Trump… Ma la festa finisce appena parte il più grande problema dei dem: il corteo per la Palestina. Dove Harris è ancora chiamata «Killer Kamala»
Pal al centro. Si apre la convention di Chicago, ultimo giorno di Biden e primo dell’era Harris. Ma la questione palestinese si prende i riflettori
La manifestazione per la Palestina a Chicago
Nella convention di Chicago il primo giorno è stato anche quello di Gaza. La US Palestinian Community Network, una coalizione di oltre 200 gruppi contro la strage israeliana nella Striscia ha chiamato a raccolta il popolo della contestazione alla strage infinita di Netanyahu.
«Questo è il nostro Vietnam», ha detto Hatem Abudayyeh, il coordinatore della protesta. «Dopo mesi di preparazione, il mondo ascolterà la nostra voce, non soltanto quelle che provengono da dentro il United Center», il palazzetto dove è in corso la convention, poco distante da Union Park da dove ieri è partito un corteo colorato e rumoroso. La manifestazione si è tenuta poco prima che dal palco ufficiale parlassero Hillary Clinton e Joe Biden, denunciato nel corteo come “Genocide Joe”.
«GLI STATI UNITI abilitano Netanyahu – ha aggiunto Abudayyeh – lo ha giustamente affermato anche il nostro sindaco qui a Chicago (il progressista afro americano Brandon Johnson), la maggiore città americana che ha approvato una mozione per un cessate il fuoco. Biden potrebbe fermare i bombardamenti. Oggi. È complice e con lui lo sono i leader del partito democratico. Compreso Chuck Schumer (il presidente del Senato, ndr), Nancy Pelosi e anche Killer Kamala». Nel corteo il nomignolo dispregiativo per Kamala Harris è stato invocato a gran voce.
Formazione politica e birra gratis, è qui la festa
«La sua candidatura è storica» ammette Victoria, una studentessa con la kefyiah arrivata dalla Florida, dove in primavera è stata sospesa dall’università per aver partecipato ad un accampamento per la pace. «Ma questo non cambia sostanzialmente l’equazione su Gaza. Il problema è lo stesso partito democratico e la sua fondamentale complicità nel
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Nella foto: Donne palestinesi piangono mentre evacuano la scuola che era stata il loro rifugio a Deir al-Balah, nella Striscia di Gaza @Abdel Kareem Hana, Ap Oggi un Lunedì Rosso che interroga il concetto di Altro. In politica può essere sinonimo di diverso, persino nemico. Ma anche di alternativa, cambiamento. È una prospettiva differente sullo sviluppo dell’intelligenza artificiale quella offerta dall’approfondimento di Evgeny Morozov. La prospettiva diversa che caratterizza anche la produzione cinematografica della regista neozelandese Jane Campion. Incontrata a Locarno, racconta al manifesto i vantaggi e le difficoltà di proporre uno sguardo femminile dietro la cinepresa. L’Altro, di cui il femminile è l’espressione per eccellenza, può essere anche l’oggetto della sopraffazione più brutale. Accade così alle donne afghane, piombate da ormai tre anni in un intollerabile apartheid che vieta ogni loro libera espressione. Per iscriverti gratuitamente a tutte le newsletter del manifesto vai sul tuo profilo e gestisci le iscrizioni. https://mail.google.com/mail/u/0/#inbox/FMfcgzQVzFXtCCgVXJHPDxHhCTcLXhxD
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Il fattore Gaza. La convention dem a Chicago decide la linea del partito e incorona la sfidante di The Donald. Attesa per le proteste pro-Palestina
Un murales di Kamala Harris a Chicago foto Getty Images
A distanza di un mese da quella repubblicana che si è tenuta a Milwaukee, lunedì comincia a Chicago la convention democratica, in un panorama politico completamente diverso da quello di sole quattro settimane fa. Quello che si pensava sarebbe stato il funerale dei Dem nella corsa per la Casa bianca, dall’uscita di scena di Biden e dall’entrata di Kamala Harris e Tim Walz, si è trasformato in una festa annunciata. A Chicago si aspetta l’arrivo di più di 50mila persone fra sostenitori del partito e delegati, e di 15mila giornalisti da tutto il mondo.
LE CONVENTION SONO SEMPRE il momento più celebrativo per i partiti, ma a questo giro i democratici hanno voluto fare le cose in grande dividendo gli eventi in due hub principali: un centro congressi che si trova nel centro di Chicago, nel cosiddetto loop, dove si svolgeranno gli incontri con i singoli politici durante la mattina e il primo pomeriggio, e un’arena fuori dal loop, dove dalle 17 alle 22 si alterneranno i discorsi ufficiali dei leader dem per presentare la linea del partito e, giovedì sera, nominare ufficialmente Kamala Harris come loro candidata, in una cerimonia che è vista come un’incoronazione politica.
A differenza della convention repubblicana, da dove il Grand Old Party (Gop) è praticamente sparito, fagocitato dal Maga (Make America Great Again, il movimento di Trump), a quella democratica sono attesi tutti i principali attori politici. Se a Milwaukee erano assenti pezzi da 90 come i Bush, i Cheney, Mitt Romney e perfino l’ex vice presidente di Trump, Mike Pence, a Chicago sarà molto diverso. Lunedì sera arriverà Hillary Clinton, ma il vero ospite d’onore sarà Joe Biden, e non solo per dare, ancora una volta, la sua benedizione politica a Harris: il suo intervento sarà l’occasione per celebrare e, in qualche modo, archiviare la sua figura, per concentrarsi sul nuovo ticket.
Dimenticare Musk, che fa peggio di Porta a Porta
OLTRE A EVIDENZIARE la visione di Harris-Walz per il futuro e la posta in gioco di queste elezioni, Biden parlerà dei
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Tutti ostaggi. Oggi colloqui decisivi per il cessate il fuoco. Hamas non ci sarà, Netanyahu invia una delegazione ma pone nuove condizioni
Gaza. Il campo profughi di Al Maghazi - Ansa
Solo il raggiungimento di un accordo di cessate il fuoco a Gaza, frutto dei colloqui previsti oggi a Doha, impedirebbe all’Iran di intraprendere la minacciata, da giorni, rappresaglia contro Israele per l’assassinio del leader di Hamas, Ismail Haniyeh, sul suo territorio. Lo hanno detto alla agenzia Reuters tre alti funzionari iraniani. Se i colloqui fallissero o Israele facesse in modo da ostacolarli e prolungarli, Teheran lancerebbe il suo attacco, hanno aggiunto i funzionari. Non è chiaro se questa sia anche la posizione di Hezbollah. Ma è probabile. La chiusura di un accordo di cessate il fuoco permetterebbe ai due alleati di congelare, in nome degli interessi dei palestinesi di Gaza, la risposta per le due uccisioni compiute da Israele senza apparire deboli di fronte alle provocazioni del governo di Benyamin Netanyahu.
Gli americani ieri erano sempre impegnati ad evitare l’escalation che temono per i loro interessi in Medio oriente. Il consigliere del presidente Brett McGurk è arrivato martedì al Cairo per discutere con funzionari egiziani della sicurezza al confine tra Egitto e Gaza. E ieri era attesto a Doha. Joe Biden ha inviato nella regione anche il mediatore Amos Hochstein che ieri ha tenuto colloqui a Beirut per cercare di placare la rabbia del movimento sciita per l’assassinio, compiuto sempre da Israele, del suo comandante militare, Fuad Shukr. «Continuiamo a credere che una soluzione diplomatica sia raggiungibile perché crediamo che nessuno voglia veramente una guerra su vasta scala tra Libano e Israele», ha detto Hochstein dopo l’incontro con Nabih Berri, speaker del parlamento libanese e leader del partito Amal alleato di Hezbollah. In Qatar oggi arriveranno anche il direttore della Cia, Bill Burns, e la delegazione israeliana guidata dai capi del Mossad David Barnea e dello Shin Bet (sicurezza interna) Ronen Bar. Sono inoltre girate voci che l’Iran potrebbe inviare a Doha un suo rappresentante per seguire le trattative anche se in modo indiretto.
In Qatar non ci sarà la delegazione di Hamas. Il movimento islamico palestinese insiste per il ritiro di Israele da Gaza e la fine dell’offensiva che ha devastato la Striscia, prima della sua partecipazione. Più di ogni altra cosa chiede che la trattativa sia fondata sulla proposta di accordo di tregua annunciata da Joe Biden, approvata anche dall’Onu. «Hamas è impegnato a rispettare la proposta presentata il 2 luglio, che si basa sulla risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e sul discorso di Biden…Intraprendere nuovi negoziati consente all’occupazione israeliana di imporre nuove condizioni e di utilizzare il labirinto dei negoziati per compiere nuovi massacri», ha detto il portavoce Sami Abu Zuhri.
Benzina sul fuoco, dagli Usa 20 miliardi in armi per Israele
La stampa palestinese e una parte di quella israeliana, spiegavano ieri che a preoccupare i mediatori americani, qatarioti ed egiziani non è tanto l’apparente rigidità di Hamas che, si
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Memoria e resistenza. Ottantesimo anniversario dell’eccidio nazifascista di Sant’Anna di Stazzema, il sindaco Verona: «Chi ha ruoli importanti doveva venire»
È un anniversario tondo e quindi importante, l’80esimo dell’eccidio nazifascista di Sant’Anna di Stazzema, dove il 12 agosto 1944 furono trucidati dalle SS 560 civili, quasi tutti donne, anziani e anche molti bambini. Ma alle celebrazioni, che si sono svolte per l’intera mattinata di ieri tra le case del borgo sulle alture alle spalle di Pietrasanta, in provincia di Lucca, la chiesa e più in alto l’ossario dove sono state sepolte le vittime, il grande assente era il governo. Non c’era la presidente del Consiglio Meloni, né il resto del governo o sottogoverno. Non c’erano gli esponenti di centrodestra, se non rappresentanti locali come il consigliere regionale FdI, Vittorio Fantozzi, e il sindaco di Lucca Mauro Pardini, che guida una coalizione di centro-destra e quello di Pisa, il leghista Michele Conti.
C’ERANO INVECE, il presidente delle regione Toscana, il Pd Eugenio Giani e il sindaco di Sant’Anna Maurizio Verona, insieme a molti sindaci della regione (circa 200 sui 270 totali), di diverso colore politico tra cui anche quelli del centrodestra. Un motivo che ha permesso al sindaco Verona di non sentirsi solo, dato che al suo fianco c’erano comunque tante fasce tricolori. Ed è stato proprio il primo cittadino a non risparmiare critiche agli assenti, colpevoli di non aver mandato «un bel messaggio» rispetto a chi si impegna per trasferire la memoria alle giovani generazioni. Una memoria, ha ricordato Verona, trasferita dai superstiti – sempre di meno quello rimasti oggi – «con dolore», a costo di riaprire la ferita della loro vita « pur di trasmettere ai giovani un messaggio, ovvero che il fascismo e il nazismo sono stati il male assoluto e che durante le guerre le vittime civili sono all’ordine del giorno». Non a casso, Verona fa sapere di aver condiviso in pieno il messaggio «pieno di significato» del presidente Mattarella «baluardo delle istituzioni del nostro paese».
NELL’OCCASIONE delle celebrazioni, alla presidente del Consiglio è stato rivolto un invito formale da parte del comune toscano teatro dell’eccidio. Lo conferma al
Leggi tutto: «Meloni invitata, ma da lei nessuna risposta» - di Andrea Valdambrini
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