Paura del monologo sull’antifascismo che critica Meloni. La Rai blocca per «ragioni editoriali» l’intervento dello scrittore Scurati, poi la conduttrice lo legge in diretta. Ma non è il primo episodio: rifiutato anche un testo sui manganelli di Nadia Terranova, che pubblichiamo
FASCIA PROTETTA. Lo scrittore censurato da Raitre sul 25 aprile. A marzo la tagliola su Nadia Terranova
Se c’è una cosa che il governo Meloni sta prendendo sul serio è la cultura: dal suo insediamento, il primo esecutivo guidato da un partito erede del Msi ha cominciato a picchiare un giorno sì e l’altro pure su quella che, a torto a ragione, ritiene essere una cultura ostile alla sua visione del mondo, tra polemiche costruite ad arte sui social o sui giornali d’area e manovre che coinvolgono l’elettrodomestico più diffuso: la televisione.
L’ULTIMO CASO, al deciso sapore di censura, riguarda lo scrittore Antonio Scurati e il suo monologo sul 25 aprile previsto ieri sera all’interno del programma «Chesarà…» di Serena Bortone, su Raitre. È stata la stessa conduttrice a far scoppiare il caso con un post sui suoi social: «Ho appreso ieri sera (venerdì, ndr), con sgomento, e per puro caso, che il contratto di Scurati era stato annullato. Non sono riuscita ad ottenere spiegazioni plausibili. Ma devo prima di tutto a Scurati, con cui ovviamente ho appena parlato al telefono, e a voi telespettatori la spiegazione del perché stasera non vedranno lo scrittore in onda sul mio programma. Il problema è che questa spiegazione non sono riuscita a ottenerla nemmeno io».
Il monologo di Scurati, diffuso in lungo e in largo già da ieri pomeriggio (è anche sul sito del manifesto), è un duro attacco a Meloni. Partendo dall’omicidio Matteotti, l’autore della fortunata trilogia di libri su Mussolini edita da Bompiani dice che «la presidente del consiglio si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura neofascista di provenienza» perché
Leggi tutto: Telemeloni oscura Scurati. Ma non è la prima volta - di Mario Di Vito
Commenta (0 Commenti)L'ARMA DEL RELITTO. Nessun accordo con i trafficanti: erano soccorsi non consegne concordate. Il gup di Trapani chiude sette anni di accuse e bugie. Sulle scale del tribunale esplode la gioia covata per sette anni. Le lacrime si mischiano agli abbracci
Gli attivisti all’entrata del tribunale di Trapani dopo il pronunciamento della sentenza - Giansandro Merli /il manifesto
Non c’era niente. Nessun accordo con i trafficanti. Nessun favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Nessun taxi del mare. Nessun inganno alle autorità che coordinavano i soccorsi. Solo fango mediatico e bugie di Stato contro attivisti e operatori umanitari che si erano imbarcati per salvare vite umane di cui a molti non importa nulla. Lo ha stabilito ieri il giudice per l’udienza preliminare di Trapani Samuele Corso nel maxi-processo alle ong: tutti prosciolti perché «il fatto non sussiste» e dissequestro della nave Iuventa, bloccata nel porto siciliano da quel 2 agosto 2017 che ha cambiato per sempre il soccorso in mare.
È STATA LA MADRE di tutte le indagini sul Mediterraneo centrale: doveva dimostrare che lì non avvenivano salvataggi ma «consegne concordate» tra trafficanti e organizzazioni umanitarie. Per farlo gli inquirenti hanno usato infiltrati, microspie e intercettazioni a tappeto. Hanno trascinato alla sbarra grandi organizzazioni come Medici senza frontiere, premio nobel per la pace nel 1999, o Save the children, convenzionata con il Viminale e parte di progetti delicati come quello nell’hotspot di Lampedusa, insieme al piccolo collettivo di Jugend Rettet: ragazze e ragazzi, attivisti e volontari che avevano comprato la Iuventa con un crowdfunding per battersi contro i naufragi dei migranti.
Depistaggio o pregiudizio. Il lato oscuro delle indagini
LA DECISIONE DEL GIUDICE ha accolto in pieno le richieste delle difese stabilendo che i comportamenti degli imputati non rappresentano, in senso oggettivo, dei crimini. Al contrario, sono stati l’adempimento al dovere di soccorso, tra l’altro sotto stretto coordinamento della guardia costiera italiana. La procura, le cui posizioni si sono ribaltate nel corso dell’udienza preliminare, aveva chiesto il proscioglimento perché «il fatto non costituisce reato»: i soccorritori avrebbero favorito l’ingresso di cittadini stranieri sul territorio nazionale ma in buona fede. Se fosse passata questa tesi il processo vero e proprio non si sarebbe comunque tenuto, ma il significato politico sarebbe stato molto diverso. Il gup ha rimesso le cose a posto, sebbene non abbia voluto aprire un fascicolo per approfondire le ragioni delle enormi falle di tutto l’apparato accusatorio. «A questi ragazzi, criminalizzati dentro e fuori le aule di giustizia, sono dovute delle scuse. Siamo già a lavoro per
Commenta (0 Commenti)Detenuta in condizioni pesantissime in Ungheria da un anno e due mesi, Ilaria Salis sarà candidata alle europee per Verdi e Sinistra. Se eletta dovrà essere scarcerata. Di fronte all’immobilismo del governo Meloni, altro modo per tirarla fuori dalle celle di Orbán al momento non c’è
USCITA D'EMERGENZA. L’annuncio «in accordo col padre». Se eletta l’antifascista uscirebbe dal carcere ungherese. In Grecia la destra ha dato un posto in lista a un sindaco prigioniero in Albania
La via d’uscita dal dal carcere di Budapest per Ilaria Salis è un seggio al parlamento europeo. Lo spazio per provarci lo darà l’Alleanza Verdi e Sinistra, che ieri nel tardo pomeriggio. «in accordo con Roberto Salis», suo padre, ha ufficializzato la candidatura dell’antifascista italiana arrestata in Ungheria nel febbraio del 2023. Con ogni probabilità Salis sarà capolista nella circoscrizione Nord Ovest.
«L’idea è che intorno alla candidatura di Ilaria Salis si possa generare una grande e generosa battaglia affinché l’Unione Europea difenda i principi dello stato di diritto e riaffermi l’inviolabilità dei diritti umani fondamentali su tutto il suo territorio e in ognuno degli stati membri – dicono i leader di Avs Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli -. Il nostro è un gesto che può servire a denunciare metodi incivili di detenzione, soprattutto verso chi è ancora in attesa di un giudizio». Le immagini della ragazza portata in ceppi e in catene in aula di tribunale, lo scorso gennaio, avevano sconvolto tutta l’Europa: così è nato «il caso Salis», la storia di un’italiana prigioniera in condizioni terribili in un paese che non considera lo stato di diritto una sua priorità.
TECNICAMENTE, in caso di elezione, l’uscita dal carcere per Ilaria Salis sarà dovuta: la giurisprudenza in questo senso è molto chiara. C’è l’articolo 9 del protocollo numero 7 «sui privilegi e sulle immunità dell’Unione Europea» a dirlo: i deputati «beneficiano, sul territorio nazionale, delle immunità riconosciute ai membri del Parlamento del loro stato» e «non possono, sul territorio di ogni altro stato membro, essere detenuti né essere oggetto di procedimenti giudiziari».
C’è anche un precedente, quello
Leggi tutto: La via europea per la libertà: Ilaria Salis candidata con Avs - di Mario Di Vito
Commenta (0 Commenti)Video e testimoni raccontano di un’aggressione a freddo della polizia alla Sapienza. Ma politica e media dipingono gli scontri di Roma come una mezza insurrezione. Perché chi dissente è già un criminale
POL FICTION. La destra evoca «devastazioni» ma i ragazzi raccontano: «Volevamo uscire e ci hanno manganellato, gridavano ’prendiamone due’»
La carica della polizia alla manifestazione alla Sapienza del 16 aprile - foto Ansa
Come da tradizione, dopo ogni manifestazione di studenti va in onda il più longevo film poliziottesco della storia italiana. La trama è sempre la stessa. All’indomani delle cariche e dei manganelli, viene diffuso dalle istituzioni, forze dell’ordine e governo, un resoconto che giustifica la reazione della polizia. A volte si tratta di notizie fortemente esagerate, a volte di fake news, come nel caso delle ormai note manganellate agli studenti minorenni di Pisa dovute, secondo la versione diffusa dagli agenti, alla necessità di impedire ai ragazzi di avvicinarsi alla Sinagoga.
IL FATTO non è mai avvenuto: il corteo andava in tutt’altra direzione, ma per giorni la destra ha cavalcato l’immagine dei manifestanti violenti. Nel caso degli scontri alla Sapienza di martedì, culminati con due arresti, convalidati ieri, per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale e danneggiamento di beni dello Stato, la presidente del Consiglio e la destra hanno parlato di «devastazioni, aggressioni, scontri, assalti al Rettorato e al Commissariato, con un dirigente preso a pugni» (Meloni), «professionisti della violenza», «apologia di terrorismo», «criminali», «seguaci di Hamas».
«Calpestati la libertà di espressione e l’incolumità fisica dei ragazzi»
LA QUESTURA ieri ha fatto sapere che nel corteo ci sarebbero stati «almeno 5 anarchici estranei ai contesti universitari» con 27 agenti feriti. «Li avremo feriti nei sentimenti», chiosa Gaia. L’ironia serve per scacciare la sensazione che ci sia stato un cambio di passo nella strategia del governo e che l’ordine ora, avallato dalla premier in persona che non teme più le reprimende del Presidente della Repubblica, sia quello di stroncare il movimento studentesco. «Questa narrazione è inaccettabile, noi saremmo
Leggi tutto: La Sapienza, parola agli studenti: «Caricati a freddo senza motivo» - di Luciana Cimino
Commenta (0 Commenti)A Roma la polizia ferma a manganellate gli studenti dell’università la Sapienza che chiedono la sospensione della cooperazione militare e scientifica con Israele. Arrestati due ragazzi. Ma per Meloni e la ministra Bernini «vergognoso» è chi sta con Gaza
A PASSO DI CARICA. Hanno chiesto la sospensione della cooperazione militare e scientifica con Israele. Il Senato accademico si è pronunciato contro l’ipotesi del «boicottaggio»
La carica della polizia alla Sapienza - Ansa
La polizia ha caricato il corteo degli studenti della Sapienza di Roma, in mobilitazione da settimane, come in altri atenei, contro gli accordi di ricerca tra università e industria bellica e per la cessazione di ogni bando che preveda collaborazioni con Israele. Erano con le braccia alzate, sono volati i manganelli come a Pisa, Napoli, Milano. È la risposta a ogni protesta a cui segue immancabile l’accusa della maggioranza, ieri ci ha pensato direttamente Meloni: «Piena condanna per le violenze a Roma. Devastazioni, aggressioni, scontri, assalti a un Rettorato e a un Commissariato, con un dirigente preso a pugni. Questo è delinquere». Dal corteo replicano: «È stata la polizia a caricarci».
LA GIORNATA, iniziata con due ragazze incatenate ai cancelli del rettorato, si è conclusa con due arresti (uno per danneggiamento di un’auto della polizia, l’altro per aggressione a un agente), diversi feriti e la reazione dei ministri Piantedosi e Bernini, che, con tutto il centrodestra, incluso il presidente del Senato La Russa e Renzi, parlano di «vergogna».
I DUE ARRESTATI, un ragazzo e una ragazza, saranno processati per direttissima stamattina. La mobilitazione dei collettivi era cominciata già lunedì, quando si sono accampati con le tende dentro la città universitaria e si è conclusa con il tentativo di entrare nella sede dopo la decisione del senato accademico sulla proposta di sospendere la cooperazione scientifica con un paese in guerra.
UN DOCUMENTO CAUTO, eccessivamente cerchiobottista, secondo studenti, docenti, ricercatori e personale amministrativo che hanno manifestato ieri. Il testo esprime
Leggi tutto: «Fuori la guerra dalla Sapienza»: studenti caricati dalla polizia - di Luciana Cimino
Commenta (0 Commenti)Israele non ascolta nessuno, né Biden né l’Ue: avanti con l’attacco all’Iran. Il premier che ha costruito una carriera
sullo scontro con Teheran è pronto ad aprire una crisi senza precedenti. E Gaza scompare, insieme alle bombe sugli sfollati e alle fosse comuni allo Shifa
MEDIO ORIENTE IN GUERRA. Netanyahu e il gabinetto di guerra decisi a reagire con la forza all’attacco di Teheran. Decine di uccisi a Gaza messa ai margini. Nuova offerta di Hamas per lo scambio tra ostaggi e prigionieri palestinesi. Per Israele è inaccettabile
Gaza. Migliaia di sfollati palestinesi cercano di tornare al nord - Ap
L’attacco di Israele all’Iran ci sarà, al più presto, forse nelle prossime ore. Ieri pomeriggio è apparso chiaro che le pressioni del mondo su Tel Aviv, affinché siano evitate azioni militari che potrebbero innescare una escalation regionale, non avevano avuto successo quando Benyamin Netanyahu ha convocato due leader dell’opposizione, Gideon Saar e Avigdor Lieberman, ma non il centrista Yair Lapid, per informarli della decisione che ha preso assieme agli altri membri del gabinetto di guerra. E la decisione è un attacco militare, in risposta a quello lanciato sabato notte dall’Iran con droni e missili – fermato in gran parte – che a sua volta era una rappresaglia per il raid aereo israeliano al consolato dell’Iran a Damasco (16 morti). Poi, il portale di informazione Walla, ha riferito quella che può essere considerata la posizione finale di Israele. «Non c’è altra scelta se non quella di rispondere all’attacco dell’Iran», ha detto il ministro della Difesa Yoav Gallant in una conversazione avuta con il capo del Pentagono Lloyd Austin. Simili le parole del capo di stato maggiore Herzi Halevi. La tv Canale 12, al termine della riunione del gabinetto di guerra, ha riportato che sono state discusse «diverse opzioni…in modo che non sia bloccate dagli Usa», ognuna delle quali dovrà rappresentare «una risposta dolorosa» all’attacco di Teheran senza scatenare «una guerra regionale». Questa cautela è soltanto fumo. Se ci sarà l’attacco israeliano all’Iran, il rischio di una guerra totale tra i due paesi, dalle conseguenze inimmaginabili, sarà eccezionalmente alto, con il probabile coinvolgimento di altri attori regionali come il movimento sciita libanese Hezbollah già impegnato in scontri quotidiani con Israele lungo il confine. Ieri il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian, è stato molto chiaro: Teheran non vuole un aumento delle tensioni ma risponderà immediatamente e con più forza di sabato a un attacco israeliano.
Che il blitz militare israeliano sia una questione di ore o di qualche giorno, lo dice anche il rinvio ordinato a Netanyahu del piano di invasione della città di Rafah, a sud di Gaza. Ieri, secondo alcune fonti, l’esercito avrebbe dovuto avviare
Commenta (0 Commenti)