FANNO PENA. Le commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera licenziano il testo governativo. Si suicidano altri due detenuti. Un uomo in sciopero della fame si è impiccato in cella a Biella, un altro nel bagno del Tribunale di Salerno. Il nuovo crimine della «rivolta» è perseguito sia negli istituti penitenziari che nelle strutture per rifugiati con protezione internazionale e minori stranieri non accompagnati
Il carcere di Regina Coeli a Roma - Getty Immages
L’ultima possibilità di correggere almeno un po’ il furioso ddl governativo sulla «Sicurezza» nelle commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia della Camera, prima del suo approdo il Aula fissato per il 10 settembre, si è inabissata proprio mentre si registravano i suicidi di altri due detenuti – 65 dall’inizio dell’anno, a cui vanno aggiunti 7 agenti penitenziari: un uomo di 55 anni di origine albanese, in sciopero della fame per ottenere il trasferimento in un carcere più vicino ai suoi familiari, si è impiccato nella sua cella a Biella e un altro si è suicidato nel bagno del Tribunale di Salerno. Nelle stesse ore a Potenza un giovane migrante di 19 anni è morto nel Cpr, ucciso o per colpa di qualcuno – secondo la stessa procura che ha aperto un fascicolo – che non lo ha preso in cura, perché appena qualche giorno fa il ragazzo aveva tentato di togliersi la vita ingerendo pezzi di vetro. Paradossalmente però la macchina repressiva contro la protesta che si è scatenata subito dopo – «rivolta», secondo la «nuova fattispecie delittuosa» introdotta nel codice penale con l’articolo 18 del disegno di legge Piantedosi -Nordio-Crosetto – era perfettamente oliata.
NELLE COMMISSIONI l’opposizione ha tentato di ridurre il danno ma gli emendamenti hanno trovato un muro, e così nei 28 articoli del ddl Sicurezza compaiono ben 13 nuove fattispecie di reato più un certo numero di aggravanti, alla faccia del sovraffollamento penitenziario. E se all’articolo 18 ci si inventa il reato di rivolta in carcere, con pene da 1 a 5 anni di reclusione per chi non obbedisce agli «ordini impartiti» anche mediante «resistenza passiva», all’articolo 19 la stessa fattispecie si estende anche alle strutture di accoglienza per minori stranieri non accompagnati e per rifugiati titolari di protezione internazionale.
«Ho tentato di ricordare alla maggioranza di governo, in preda ad una furia ideologica, – riferisce la capogruppo M5S in commissione giustizia Valentina D’Orso – che i destinatari di questa norma sono soggetti liberi, non detenuti, ospiti di quelle strutture finalizzate all’accoglienza e all’integrazione. Come si può pensare che possano essere applicate anche a loro quelle
Commenta (0 Commenti)L'ARMA BIANCA. Per fronteggiare i disordini dell’ultradestra il governo annuncia «un esercito permanente specializzato in servizio pubblico»
Scontri tra polizia e militanti dell’ultra-destra a Manchester foto Getty Images
«Quelli che hanno partecipato a queste violenze sentiranno tutta la forza della legge». «Tutte le persone di buon senso dovrebbero condannare questo tipo di violenza». «Avremo un esercito permanente di ufficiali specializzati in servizio pubblico in modo da avere abbastanza agenti per affrontare questo problema». Sono alcune delle dichiarazioni rilasciate dal primo ministro laburista Keir Starmer, a proposito della prima crisi interna seria di ordine pubblico da lui affrontata da quando è salito al potere un mese fa. Ieri ha presieduto un’unità speciale anticrisi.
È un’altra estate di riots, un fenomeno abbastanza periodico in società liberoscambiste e scarsamente politicizzate come quelle anglosassoni: nel 2011 fu soprattutto il proletariato urbano nero che gridava la propria emarginazione, in questi giorni è la povertà bianca di provincia, razzista e fascista a urlare il proprio odio nei confronti dell’altro incarnato dal migrante, soprattutto quello musulmano. E questi riots sono essenzialmente islamofobici.
LA PROVINCIA del Regno Unito brucia in seguito a false informazioni diffuse online secondo cui il sospettato accoltellatore che ha ucciso tre ragazze a una lezione di danza per bambini a Southport lunedì scorso, era un migrante musulmano. Il giorno successivo orde di energumeni attaccavano una moschea della cittadina del Merseyside, con scontri in cui vari agenti di polizia restavano feriti. La polizia ha finito per rivelare il nome del presunto colpevole, il diciassettenne Axel Rudakubana, nato in Gran Bretagna (Galles) da genitori ruandesi. Ma i disordini hanno continuato a dilagare in tutta la provincia del paese: a Belfast, nell’Irlanda del Nord, a Bristol nel sud-ovest dell’Inghilterra, a Londra e in numerose città delle Midlands e del nord come Blackpool, Hull, Leeds, Manchester, Middlesbrough, Stoke-on-Trent e Sunderland.+
Ancora grazie, signora Thatcher
I DISORDINI hanno preso una piega ancora più sinistra domenica a Rotherham, una città afflitta da tensioni razziali a seguito di un
Commenta (0 Commenti)Nella foto: Manifestanti assaltano un centro di accoglienza per richiedenti asilo, a Rotherham, in Gran Bretagna @GettyImages
Oggi un lunedì rosso che interroga il labile confine tra vero e falso.
La verità è sempre un punto di vista o si può restare ancorati ai fatti? Ne ha pagato le spese l’atleta algerina Imane Khelif travolta da una bufera mediatica che ha preteso di determinare la sua identità sessuale e il suo diritto alla competizione sportiva.
Ma anche la verità storica sullo stragismo è, ad ogni ricorrenza, minata dalle sfumature politiche che di volta in volta la interpretano. Si confrontano qui tre livelli: storico, politico e giudiziario.
Il punto fermo, e forse più scomodo, è la matrice neofascista. Fascismo che nonostante i buoni propositi aleggia minaccioso sul presente d’Europa.
Ne sono un esempio i riot e pogrom anti migranti che hanno scosso la Gran Bretagna. Anche quelli partiti da una fake news.
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Leggi ultimo numero«Combatto per la libertà di ogni donna», la pugile algerina Imane Khelif batte la rivale ungherese e conquista la semifinale. Un pugno alla campagna di fake news agitata dalle destre. L’Iba offre un premio in soldi a Carini, che rifiuta. Il Cio: «Basta odio»
BULLI E PUPA. Imane Khelif batte ai punti l’ungherese Luca Hamori che aveva accettato di buon grado di essere la rappresentante del castello di cartone della destra mondiale dopo lo stralunato ritiro dell’altra sfidante, la “nostra” Angela Carini
Era dai tempi di Rocky e Ivan Drago che il pugilato non ci consegnava storie del genere. Imane Khelif batte ai punti l’ungherese Luca Hamori che aveva accettato di buon grado di essere la rappresentante del castello di cartone della destra mondiale dopo lo stralunato ritiro dell’altra sfidante, la “nostra” Angela Carini. E già questo secondo atto solo lo sceneggiatore di Rocky avrebbe potuto scriverlo. Hamori ha dovuto accettare la sconfitta.
Il mondo riprende a girare per il verso giusto, i buoni vincono, o almeno si leccano le ferite in attesa dei prossimi scontri. Ce ne saranno. Avremmo potuto tirare fuori anche il campione dei nazisti Max Schlemmer battuto da Joe Louis nel 1938, e almeno altre dieci o cento storie in cui il pugilato ha incrociato dentro il ring i destini del mondo. Ma forse è troppo per un quarto di finale di pugilato femminile alle Olimpiadi. Eppure i nazisti a questo gioco perdono sempre, hanno sempre perso.
È una certezza. Usciamo dall’incredibile vicenda di fake news russe, vittimismo italiano, culture war grondanti di woke e gender, bullismo razzista contro una pugile algerina senza colpa alcuna se non quella di essere com’è, malafede senza vergogna contro qualsiasi rispetto delle regole sportive, quasi un tentativo di colpo di stato mentale con social e televisioni, Elon Musk e Borgonovo, Jk Rowling e Larussa.
Manipolazione politica dei corpi
Oggi per fortuna Imane non era sola, aveva dietro di sé gli algerini e i nordafricani (che sono venuti a tifarla in massa dal vivo portando le bandiere). La sosteneva pur ad esempio il buonumore scanzonato di chi ha scritto sui social post sulla «poliziotta picchiata dall’algerina», rovesciando la retorica fetida della destra che aveva
Leggi tutto: Sul ring la resistenza al peggio - di Alberto Piccinini
Commenta (0 Commenti)«Le radici del postfascismo stragista sono a pieno titolo nel governo italiano». L’affondo dei familiari delle vittime della strage di Bologna scatena il vittimismo di Meloni. E Mattarella resta solo nel denunciare con chiarezza la bomba neofascista e le complicità dello stato
L'ANNIVERSARIO. Il messaggio da Parigi: «Da Bolognesi parole gravi e pericolose» Scontro duro anche con il Pd. Schlein: «Operazione deplorevole». Mattarella e la bomba: «Strategia eversiva neofascista per aggredire la libertà degli italiani»
Botta, risposta e furiosa polemica tra il presidente dell’associazione dei familiari delle vittime della strage di Bologna Paolo Bolognesi e la premier Giorgia Meloni. Il quarantaquattresimo anniversario della bomba che provocò 85 morti e oltre 200 feriti diventa così l’ennesimo episodio di scontro sulla memoria repubblicana. Ad aver infiammato la premier sono state queste parole dette da Bolognesi: «Le radici di quell’attentato affondano nella storia del postfascismo italiano: Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale oggi figurano a pieno titolo nella destra italiana di governo». E ancora, sulla stretta attualità: «La separazione delle carriere dei magistrati era un progetto della P2», cioè della loggia massonica che secondo gli inquirenti di Bologna avrebbe organizzato e finanziato la strage.
DURA LA REPLICA di Meloni, che si dice «profondamente e personalmente colpita» da quelli che ritiene «attacchi ingiustificati»: «Sostenere che le “radici di quell’attentato oggi figurano a pieno titolo nella destra di governo”, o che la riforma della giustizia varata da questo governo sia ispirata dai progetti della loggia massonica P2, è molto grave. Ed è pericoloso, anche per l’incolumità personale di chi, democraticamente eletto dai cittadini, cerca solo di fare del suo meglio per il bene di questa Nazione». In apertura anche un altro passaggio controverso, là dove si parla della strage «che le sentenze attribuiscono a esponenti di organizzazioni neofasciste». Un giro di parole poco prima utilizzato anche dal presidente del Senato Ignazio La Russa. La verità, in sostanza, è solo giudiziaria, non necessariamente anche storica: sembra una sfumatura, ma è quasi mezzo secolo che l’equivoco prospera.
Un passo indietro rispetto a quanto sostenuto dal ministro degli Interni Matteo Piantedosi nella sua intervista uscita ieri sul Corriere della Sera, in cui la definizione è netta: «Strage neofascista». A voler essere precisi, però, anche in questo discorso manca un particolare: la partecipazione di pezzi dello stato, a partire da Federico Umberto d’Amato, forse il poliziotto più celebre della storia italiana. Un passaggio che troppo spesso viene dimenticato.
AD OGNI MODO, le parole di Meloni hanno scatenato diverse reazioni, a partire da quella della segretaria del Pd Elly Schlein: «Fare la vittima attaccando il presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime nel giorno in cui si commemorano gli 85 morti e i 200 feriti dell’infame strage neofascista alla stazione di Bologna è un’operazione deplorevole», ha detto. E
Leggi tutto: Strage di Bologna, Meloni attacca i parenti delle vittime - di Mario Di Vito
Commenta (0 Commenti)Un missile israeliano uccide a Teheran il capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh. In un colpo solo Netanyahu infiamma lo scontro con l’Iran e si fa beffe della diplomazia globale: dialogo su Gaza affossato, ostaggi sacrificati e l’intero Medio Oriente sull’orlo di un rogo
MEDIO ORIENTE. Haniyeh era in Iran per incontrare gli alleati. Medio Oriente sull’orlo della guerra totale. La Repubblica islamica promette di reagire, ma c’è chi spera che prevalga la via diplomatica
Teheran, in marcia per Haniyeh - Ap/Vahid Salemi
Il silenzio della calda notte del 30 luglio nel ricco quartiere nord della capitale iraniana viene interrotto da una forte esplosione alle 1.45 ora locale. Quattro ore dopo, un comunicato delle Guardie della Rivoluzione conferma l’assassinio di Ismail Haniyeh, leader dell’ufficio politico del movimento palestinese Hamas, e di una delle sue guardie del corpo.
Anche senza una dichiarazione ufficiale, è evidente il coinvolgimento israeliano, che segna un’importante escalation e aumenta i timori di una guerra totale in Medio Oriente. E che arriva meno di 24 ore dopo l’attacco israeliano, definito «operazione di assassinio mirato», contro il comandante di Hezbollah Fuad Shukr a Beirut.
HANIYEH si trovava in Iran per partecipare alla cerimonia di giuramento del neoeletto presidente iraniano, Masud Pezeshkian, a cui avevano preso parte decine di delegazioni straniere, tra cui ministri e funzionari di Cina, Turchia, Arabia saudita, Egitto e Sudafrica. «Il legame tra le orgogliose nazioni dell’Iran e della Palestina sarà più forte di prima, e il percorso della resistenza e della difesa degli oppressi sarà seguito con maggiore determinazione – ha scritto il neo-presidente iraniano – Difenderemo la nostra integrità territoriale, il nostro onore e la nostra dignità e faremo pentire gli occupanti codardi delle loro azioni».
Il leader supremo Ali Khamenei ha dichiarato: «Il regime criminale e terrorista sionista ha martirizzato il nostro caro ospite nella nostra casa e ci ha rattristati, ma ha anche preparato per sé una dura punizione». Da anni, Israele ricorre a sabotaggi, rapimenti e omicidi mirati sul territorio iraniano. Tuttavia, dopo la rappresaglia missilistica e con droni dell’Iran su territorio israeliano in risposta al bombardamento del suo consolato a Damasco, sembrava che la tensione fosse momentaneamente diminuita.
«L’uccisione del leader di Hamas sul suolo iraniano soddisfa sia i falchi israeliani, che non hanno remore nel creare una guerra totale e non si preoccupano nemmeno della vita dei loro ostaggi, sia i super-falchi del nostro regime, che vogliono affossare il nuovo governo riformista e mantenere i loro poteri e privilegi – spiega un analista iraniano al manifesto, che ha chiesto l’anonimato – La precisione dell’attacco mostra non solo il fallimento del nostro sistema di sicurezza, ma anche, con molte probabilità, la complicità all’interno dei servizi di sicurezza del paese e delle guardie del
Leggi tutto: Missile israeliano su Teheran, ucciso il capo politico di Hamas - di Francesca Luci
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