Pronunciazione Corte Ue: Italia viola direttiva qualità dell’aria. Legambiente: “Decisione inevitabile, come da trend decennale da noi denunciato”
Il presidente Stefano Ciafani: “Italia malata cronica d’inquinamento atmosferico. La soluzione è nel Recovery Plan e nel taglio ai sussidi dannosi per l’ambiente”
“Una decisione inevitabile, in linea con il trend da noi denunciato da anni”: così Legambiente commenta la pronunciazione della Corte di Giustizia Ue, secondo cui l’Italia ha violato la direttiva europea sulla qualità dell’aria, superando in maniera «sistematica e continuata» i valori limite fissati per l’emissione di particelle Pm10 tra il 2008 e il 2017, senza avere manifestatamente adottato in tempo utile misure adeguate per garantirne il rispetto.
Una sentenza che chiude il primo ciclo di un procedimento per inadempimento già avviato dalla Commissione Ue nei confronti del nostro Paese nel 2014: quella contestata all’Italia è una violazione reiterata dei limiti massimi consentiti in diverse aree del territorio nazionale, che l’associazione ambientalista non ha mancato di rilevare puntualmente nei suoi report annuali, come sottolinea anche oggi.
Il nostro Paese è un malato cronico d’inquinamento atmosferico, cui sono riconducibili circa 60 mila morti premature ogni anno. Proprio lo scorso gennaio, nell’edizione del rapporto Mal’Aria di Città 2020, Legambiente ha tracciato un bilancio decennale del fenomeno, prendendo come riferimento i dati della sua campagna “Pm10 ti tengo d’occhio” relativi a 67 città italiane che almeno una volta sono entrate nella speciale classifica, rilevando inadempienze e sforamenti continui.
“Questo nuovo richiamo europeo – dichiara il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani – ci ricorda l’urgenza di non disperdere le risorse del programma Next Generation EU in progetti che non vanno nella direzione della riduzione dello smog e che non sono realmente d’interesse della collettività: è il caso, ad esempio, del progetto che prevede il confinamento della CO2 nei fondali marini dell’Alto Adriatico.
Piuttosto, i finanziamenti del Recovery Fund devono essere utilizzati per rendere il Paese più moderno, sicuro e vivibile, riducendo le emissioni in atmosfera dei settori trasporti, industria, edilizia e agricoltura e investendo maggiormente sull’efficientamento energetico. Bisogna inoltre intervenire fin da subito, nel prossimo mese e mezzo, perché la nuova legge di bilancio preveda il taglio dei sussidi dannosi per l’ambiente, spostandoli su innovazione ed energie pulite”.
L’inquinamento atmosferico è la quarta causa di morte a livello mondiale tra tutti i rischi per la salute dopo ipertensione, cattiva alimentazione e fumo. Secondo il rapporto sui costi sanitari di questo tipo di inquinamento nei centri urbani europei pubblicato da CE Delft lo scorso ottobre, i costi connessi all’alto numero di automobili in circolazione e alla carenza del trasporto pubblico incidono sul portafoglio degli italiani più che nel resto d’Europa. Ricoveri ospedalieri, perdita di benessere, impatti indiretti sulla salute e, quindi, riduzione dell’aspettativa di vita sono i fattori che fanno la somma del costo sociale.
In definitiva, annualmente in Italia ogni cittadino deve pagare 1535 euro di danni indotti dall’aria insalubre.
Allarmante, infine, la situazione nella nostra regione. Ripartono infatti numerosi gli sforamenti delle PM10 in Emilia Romagna, che vedono in questo termine del 2020 7 province su 9 sforare il limite massimo dei 35 sforamenti della media nelle 24 ore di 50 µ/m3 di di PM10 (da sito ARPAE aggiornato all’11 novembre 2020):
Provincia |
Centralina |
Sforamenti |
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Ferrara |
FERRARA - ISONZO / Urbana Traffico |
53 |
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Modena |
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53 |
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Reggio Emilia |
REGGIO NELL'EMILIA - TIMAVO / Urbana Traffico |
44 |
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Ravenna |
RAVENNA - ZALAMELLA / Urbana Traffico |
42 |
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Piacenza |
PIACENZA - GIORDANI-FARNESE / Urbana Traffico |
41 |
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Parma |
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39 |
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Rimini |
RIMINI - FLAMINIA / Urbana Traffico |
38 |
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La data per la presentazione delle osservazioni al PUMS è stata prorogata al 2 novembre, ma come circolo di Legambiente Lamone le abbiamo già presentate (https://www.legambientefaenza.it/pums-faenza-2020/2020/10/le-osservazioni-di-legambiente-al-piano-urbano-della-mobilita-sostenibile-2030-pums/ ).
Oltre alle osservazioni specifiche vogliamo segnalare in particolare le sottolineature che abbiamo messo nella premessa:
le misure sulla cosiddetta “mobilità di emergenza” sostenute anche da norme e finanziamenti nazionali e regionali, sono state molto parzialmente avviate anche a Faenza. Queste misure parziali andrebbero incrementate integrate nel PUMS e applicate rapidamente.
Le azioni più significative (ad esempio: piani di consegna e di servizio; flotte di veicoli pubblici “verdi”; Rete di bus; rete ciclabile; Park e Ride; Regolamentazione/tariffazione del parcheggio; norme di accesso in area urbana) partirebbero solo dal 2025, questa scadenza va significativamente anticipata, con le necessarie gradualità, già a partire dal 2021, in caso contrario non sarebbe possibile la realizzazione degli obiettivi generali del piano.
Dovranno essere implementate, in tempi rapidi, misure per eliminare, o quanto meno fortemente ridurre, il traffico pesante nel centro abitato, a questo fine alcune misure sono previste (come un servizio di consegna merci nel centro storico, con piccoli mezzi elettrici e a basso impatto) ma inoltre, vanno stabilite misure per evitare che troppi mezzi pesanti transitino sulla via Emilia verso le zone industriali, in particolare sul cavalcavia, andranno quindi previste misure di limitazione al traffico pesante, indirizzandolo invece verso l'uso dell'autostrada.
Il piano non contempla invece (giustamente) l'ipotesi di circonvallazione a valle (inserita nel PRIT - Piano Regionale Integrato dei Trasporti – che tuttavia non è stato ancora approvato) noi siamo fortemente contrari a questo progetto che, oltre a comportare un ulteriore consumo di suolo agricolo, andrebbe nella direzione di incentivare ancora la mobilità su gomma, in contrasto con gli obiettivi generali del PUMS.
A questo proposito lo stesso programma della nuova Amministrazione recita: “...dovrà essere verificata la fattibilità di tangenziale o circonvallazione a valle, avendo cura di limitare il più possibile la costruzione di nuovi tratti stradali ed integrando quelli esistenti, limitando così al massimo il consumo del suolo. Vanno trovate misure per evitare che troppi mezzi pesanti transitino sulla via Emilia verso le zone industriali, in particolare sul cavalcavia. Sarà esaminata una possibile limitazione al traffico pesante all’interno del perimetro urbano, promuovendo la mobilità su ferro e autostradale”.
Stupisce quindi che tra le prime dichiarazioni sulle cose da fare, l'Assessora alla mobilità Barzaglia, citi proprio la circonvallazione.
Auspichiamo invece che si parta subito dalle azioni concrete sulla mobilità che possono - e devono - essere avviate subito.
Le verifiche su eventuali altri progetti, che in ogni caso avrebbero tempi molto lunghi, potranno essere svolte nella predisposizione del prossimo Piano Urbanistico Generale, che dovrebbe partire tra breve.
In conclusione, riteniamo che una volta esaminate le varie osservazioni al PUMS e auspicabilmente accolte quelle che vanno nel segno di una maggior sostenibilità ambientale, la nuova Amministrazione approvi in via definitiva il piano e avvii rapidamente la sua realizzazione con:
- una precisa tabella di marcia per gli interventi da realizzare, con scadenze periodiche di verifica;
- la promozione da subito di occasioni di confronto e coinvolgimento di tutte le categorie di cittadini, con veri e propri “processi partecipativi” sui cambiamenti, che necessariamente dovranno essere avviati per migliorare la vivibilità della città, anche promuovendo un cambiamento di cultura e di comportamenti da parte di tutti.
Faenza, 22 ottobre 2020
Circolo Legambiente Lamone Faenza
L'urgenza climatica avanza e questo impianto equivarrebbe al oltre 150.000 piccoli fotovoltaici famigliari o a piantare milioni di alberi.
"Chi boccia a priori la tecnologia ha forti responsabilità verso l'azzeramento delle emissioni"
Legambiente interviene di nuovo sul dibattito relativo al progetto di eolico a largo delle coste riminesi. In particolare relativamente alle modifiche apportate al progetto, che vedono una riduzione del numero di aerogeneratori, con conseguente allontanamento degli stessi ed una aumento dello spazio utile di navigazione.
Si tratta di un passo da cogliere da parte degli Enti per potere avviare un ampio confronto di miglioramento del progetto, non ideologico e tenendo conto di tutti gli interessi in gioco. Un percorso che Legambiente ha già sollecitato lo scorso luglio alla tappa di Goletta Verde a Riccione, in presenza dell’assessore regionale Vincenzo Colla e le istituzioni locali.
Purtroppo sulla stampa si continuano a leggere ostilità a priori verso la tecnologia, senza che vengano poste in campo soluzioni alternative reali all'urgenza dei cambiamenti climatici.
Legambiente segnala che a livello di riduzione di emissioni annue di CO2 l'impianto avrebbe gli effetti di oltre 150.000 impianti fotovoltaici famigliari da 3 kW o la piantumazione di oltre 5 milioni di alberi. Questo anche tenendo conto di disponibilità di vento piuttosto cautelative.
“E nonostante questo rimane solo una piccola parte di quanto bisognerebbe fare per ottenere la neutralità carbonica al 2050 o il 100% di rinnovabili al 2035 fissati dalla Regione.” – commenta Legambiente.
Secondo il Piano Energia e Clima nazionale l’Italia dovrà impegnarsi ad installare almeno 1 GW di potenza eolica l’anno con impianti a terra e in mare per raggiungere gli obiettivi.
I numeri evidenziano dunque che la produzione rinnovabile associata ad un impianto simile, sarebbe difficilmente ottenibile negli stessi tempi con altre politiche, di cui si legge spesso sulla stampa. Certamente non si può chiamare in campo l'idrogeno, per la cui produzione serve comunque energia (al momento quella fossile).
Le politiche di risparmio energetico invece sono fondamentali e bisogna battersi per una forte accelerazione, ma interventi sull'edilizia, sul settore turistico, sui consumi aziendali, o dei sistemi di mobilità hanno tempi non comprimibili.
Legambiente evidenzia dunque che avanzare dubbi o criticità risulta legittimo, ma bocciare la tecnologia senza alternative credibili, comporta una forte responsabilità di fronte all'urgenza climatica.
Infine, rispetto alle segnalazioni dei pescatori sui danni alla pesca al proprio settore, va evidenziato che la forma di pesca che verrebbe limitata dalla presenza delle pale è proprio la pesca a strascico che rappresenta la modalità più dannosa e deleteria per gli ecosistemi marini.
“Avere zone di interdizione avrebbe dunque anche una funzione positiva per la salvaguardia delle risorse e della fauna ittica.” – conclude.
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Solo per le Acer possibili cantieri per oltre 200.000 milioni e per le famiglie riduzioni delle bollette fino all'80%
La Regione ha annunciato la proroga del bando di finanziamento sulla rigenerazione urbana
Si tratta di cantieri senza consumo di suolo, necessari però buoni progetti ed una responsabilizzazione degli amministratori di condominio.
Tutti d'accordo al seminario di Legambiente Emilia Romagna che si è tenuto sabato scorso: il superbonus del 110% è un'enorme opportunità da sfruttare sia per imprese e lavoro, sia per ridurre gli impatti su clima e inquinamento da parte del riscaldamento domestico.
Ecologisti, costruttori, ordini professionali ed enti pubblici della regione si sono riconosciuti nel valore dell'incentivo statale per il territorio, mettendo in luce anche alcune "criticità" da superare o tenere sotto controllo.
Tante le ipotesi emerse durante il dibattito, in primis la necessità di un controllo sulle aziende ed i meccanismi finanziari, con il privilegio alle imprese iscritte alla white list (le liste contro le infiltrazioni mafiose previste per gli appalti pubblici), ma anche l'importanza di avere un sistema creditizio pronto, la necessità di evitare speculazioni sui materiali e l'importanza di curare anche gli aspetti sismici ed estetici. Tutti temi che potrebbero essere affrontati da un osservatorio regionale 110%.
Si tratta, infatti, di un potenziale cantiere diffuso che riguarderebbe migliaia di immobili. Solo le ACER, le aziende case dell'Emilia Romagna, gestiscono nella nostra regione oltre 50.000 appartamenti, e sono in fase di preparazione appalti che potrebbero andare oltre i 200.000 milioni di euro.
A maggior ragione risulta però fondamentale avere i tempi a disposizione. Necessaria dunque per tutti la necessità di una proroga dell'incentivo da parte del Governo oltre il 2021. Questo per permettere a cittadini ed imprese di affrontare i cantieri con la giusta cura progettuale e di realizzazione. Oggi invece il limite del 31 dicembre 2021 obbliga tutti a correre e rischia di non permettere a molti di arrivare pronti, o di privilegiare interventi più "semplici" e veloci, con poca cura su materiali e qualità. Anche per gli enti pubblici, Comuni e ACER, si prevede un superlavoro che deve essere gestito con adeguate risorse umane e procedure burocratiche efficaci ma veloci.
L'entità dell'incentivo statale è tale da dover ricercare i migliori progetti possibili. Infatti, il meccanismo del 110% permetterebbe di rinnovare completamente sia l'involucro che il sistema di riscaldamento delle case a costo nullo, o quasi. Per edifici costruiti tra gli anni '50 e '80 (la maggioranza del patrimonio esistente) questo permetterebbe risparmi sulla bolletta fino all'80% , con la possibilità di eliminare o ridimensionare le caldaie a gas (integrate con pompe di calore), e la contestuale riduzione delle emissioni. Un imperativo necessario, vista l'urgenza dei cambiamenti climatici e l'entità delle risorse pubbliche concesse.
Per arrivare a queste performance serve ovviamente che il progetto sia di alta qualità e che il cantiere venga seguito con la dovuta attenzione. Un'ipotesi che deve essere curata soprattutto dagli amministratori di condominio, che rivestono un ruolo importante nella scelta di professionalità adeguate e imprese serie.
Rispetto al dibattito Legambiente ha sottolineato l'importanza di avere finalmente una stagione di rilancio dell'edilizia sugli immobili esistenti, senza consumo di suolo. Alla precisa richiesta dell'Associazione, l'Assessore Colla ha anche anticipato che la Regione riproporrà il finanziamento sulla rigenerazione urbana, lanciato nel 2018, per potere intervenire anche sugli spazi pubblici delle città.
Rilevante anche l'esperienza del Comune di Reggio Emilia che - in collaborazione con gli ordini professionali - ha avviato uno sportello di informazione ai cittadini specifico sul superbonus.
Al termine del seminario Legambiente ha dunque proposto un lavoro congiunto sulla base di un documento presentato ad ANCI, Regione, Ordini professionali e associazioni di categoria, scaricabile a questo link.
"Sono questi i cantieri utili per tutti - commenta l'Associazione - che permettono alle imprese di lavorare senza intaccare le risorse naturali. Cantieri, peraltro, che possono essere messi in campo anche in tempi rapidi, a differenza di progetti di grandi infrastrutture di dubbia utilità e alti impatti ambientali."
L'attività informativa di Legambiente Emilia Romagna sul 110 % proseguirà il 22 ottobre con un webinar on-line pensato per tutti i cittadini che intendono saperne di più e accedere al finanziamento. L'evento verrà trasmesso in diretta sui canali Facebook e YouTube ufficiali.
Maggiori dettagli a questo link.
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In vista dello stop generale di giovedì 5 novembre, si moltiplicano in tutta Italia assemblee e astensioni dal lavoro spontanee a sostegno del rinnovo del contratto nazionale. Re David (Fiom): "La posizione di Federmeccanica è insostenibile: non si può dire ‘zero euro' per i lavoratori"
Mancano appena due settimane a giovedì 5 novembre, giornata che vedrà lo sciopero nazionale dei metalmeccanici a sostegno del rinnovo del contratto nazionale. Uno stop deciso dopo la rottura delle trattative, consumata nel vertice romano tra sindacati e Federmeccanica-Assistal di mercoledì 7 ottobre, sul nodo del salario. A determinare il blocco del confronto il “no” netto delle imprese a prevedere aumenti che vadano oltre il mero adeguamento dell’inflazione a consuntivo, che sarebbe pari ad appena circa 40 euro in tre anni.
“Non c’è da parte di Federmeccanica e Assistal alcuna disponibilità ad aumentare i minimi contrattuali oltre l’Ipca, le aziende confermano inoltre l’attuale meccanismo della rivalutazione dei minimi ex-post, a maggio dell’anno successivo”, spiegano Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil, precisando di aver “chiesto un aumento dell’8 per cento sui minimi tabellari, sull’indennità di trasferta e reperibilità, dopo aver verificato l’andamento sperimentale del ccnl del 2016 sul salario e aver constatato che, negli anni di vigenza del ccnl, non si è estesa la contrattazione di secondo livello, anzi in molte imprese ci sono disdette unilaterali degli accordi in vigore”. Per queste ragioni, oltre alla richiesta di incremento dell’8% dei minimi, i sindacati chiedono di “aumentare l’elemento perequativo a 700 euro e di estenderlo alle imprese senza premio di risultato”.
L’indisponibilità delle imprese ha immediatamente provocato la sollevazione dei metalmeccanici di tutta Italia. Fiom, Fim e Uilm hanno dichiarato un pacchetto di sei ore di sciopero (quattro a livello nazionale per il 5 novembre, due a livello territoriale e aziendale), il blocco degli straordinari e della flessibilità, cui si aggiunge una campagna di assemblee in tutti i luoghi di lavoro. Scioperi spontanei, inoltre, si sono registrati in tantissime fabbriche. In questi giorni vanno segnalate mobilitazioni ad Ascoli Piceno (mercoledì 21 si tiene uno sciopero provinciale di due ore), Roma (venerdì 23 ottobre si fermano le due sedi della Exprivia), a Treviso (che vedrà venerdì 30 anche l’assemblea generale di quadri e delegati Fiom), a Bergamo, Bologna, Brescia, Reggio Emilia, Mantova, Udine, Verona e altre città italiane.
“Il tavolo è aperto dal 5 novembre dello scorso anno, ma già da allora Federmeccanica aveva lasciato intendere che non intendeva negoziare davvero”, spiega la segretaria generale della Fiom Cgil Francesca Re David. “La loro posizione è insostenibile: non si può dire ‘zero euro’ per i lavoratori, perché il contratto non dura sei mesi, ma minimo tre anni”, prosegue la dirigente sindacale, evidenziando che “lo scorso rinnovo si è chiuso praticamente senza salario e con l’impegno, non mantenuto dalle aziende, di estendere la contrattazione integrativa”. In questi anni, conclude Re David, i metalmeccanici “hanno visto il loro salario fortemente indebolito. Ora è necessario restituire una ricchezza che anche negli anni della crisi le imprese hanno accumulato, perché oggi producono la stessa ricchezza del 2007, che però è andata solo da una parte. Un accordo senza aumenti, dunque, è impensabile”.
Da registrare, infine, è la posizione di Federmeccanica. Gli industriali, ha argomentato il direttore generale Stefano Franchi, sono disposti “in ogni momento a riaprire il confronto, in un clima che sia positivo e costruttivo, se il sindacato abbandonerà il conflitto per riprendere il dialogo”. Franchi ha anche precisato che le trattative sul rinnovo “si sono interrotte, nostro malgrado, a seguito della dichiarazione da parte del sindacato dello stato di agitazione per il disaccordo sul salario, prima di aver concluso un approfondimento di tutti i temi. Il contratto, infatti, non è composto da una sola parte, ma da un insieme di elementi tutti importanti e strettamente collegati tra loro”. Federmeccanica, ha concluso, crede “nell’importanza del contratto collettivo nazionale, che deve essere punto di riferimento per tutti, ma deve essere calato nella realtà, che ora è drammatica”.