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Ieri (9 ottobre) in occasione dello SCIOPERO NAZIONALE PER IL CLIMA
 
abbiamo deciso di ripulire gli argini del fiume Lamone. E' stata una bellissima giornata perché con delle azioni concrete ci siamo resi conto di quanto siamo circondati dal degrado ambientale, non conta se nascosto da un apparente decoro, e abbiamo dato il nostro contributo.
 
Il fiume è una risorsa fondamentale per il nostro ecosistema, i rifiuti prossimi a questo corso d'acqua sono altamente inquinanti, perché deperiscono frammentandosi in microplastiche, che vengono trasportate fino in mare (oltre che ingerite dalla fauna) contribuendo all'acidificazione del mare e allo sballamento dei meccanismi di assorbimento e rilascio dei gas climalteranti da parte degli oceani, con ripercussioni sul riscaldamento globale devastanti.
 
Nel nostro piccolo, nonostante i problemi climatici e ambientali , strutturalmente connessi ad ingiustizie sociali, siano enormi e ci sentiamo come generazione cosciente schiacciati da mastodontici sistemi antropici intersecati con quelli naturali che procedono a rilento in una riconversione sostenibile, pensiamo che sia questa la vita che ci aspetta, lottare e agire concretamente nel locale e non, unendoci con fini comuni, per trasmettere la forza a tutt* per muoversi, pressare le amministrazioni, le aziende, i partiti, i cittadini, verso un cambiamento possibile.
 
Con questo vogliamo dire che sì, per noi è stato davvero utile poterci sporcare le mani, ma è necessario che aumenti una consapevolezza tra i cittadini nel segnalare all'ente gestore dei servizi di raccolta rifiuti, ovvero Hera per il nostro comune, situazioni di inquinamento gravi, ma soprattutto dovrebbe essere ll comune di Faenza a prevedere nei bandi di gara nell'assegnazione del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, monitoraggio periodico e raccolta dei rifiuti nei posti ecologicamente più sensibili per la città, o come minimo sollecitare chi se ne occupa a svolgere questo compito.
 L'azienda Tampieri si autodefìnisce una realtà di "eccellenza", attenta al territorio, all'ambiente, ai lavoratori, infatti sul proprio sito alla voce Responsabilità Sociale dell'impresa (CSR) si può leggere:
 

"Responsabilità ed etica contraddistinguono ogni giorno, dal 1928, il nostro essere e il nostro agire. Per questo mettiamo tutto il nostro impegno nella realizzazione di progetti sociali ed ambientali. Il fine dell’impresa non è solamente quello di creare profitto, ma anche fornire un valore aggiunto per tutta la comunità in cui opera".

Non sembra sia proprio così... (RED)

Le nostre aziende
 
A seguito dello strappo compiuto dalle associazioni che si sono rifiutate di firmare il rinnovo del contratto nazionale dell’industria alimentare 2019-2023 (sottoscritto nella notte del 31 luglio dopo dieci mesi di trattative e due giorni di negoziato no-stop, tra Fai Cisl, Flai Cgil, Uila Uil e Unionfood, Ancit e Assobirra), si è deciso di dichiarare in tutte le aziende, che non hanno aderito al rinnovo, lo stato di agitazione con conseguente blocco degli straordinari, a causa di scelte incomprensibili e offensive nei confronti di tanti lavoratori.

A partire dal 9 ottobre, la mobilitazione verrà rafforzata con la proclamazione di un primo pacchetto di 4 ore di sciopero per ribadire alle aziende, che non riconoscono il contratto nazionale siglato il 31 luglio, che per le organizzazioni sindacali non esistono eccellenze nel territorio che non riconoscano, ai loro dipendenti, il diritto del contratto nazionale.

“Continueremo la mobilitazione e le iniziative - affermano i segretari territoriali di Fai Cisl Flai Cgil e Uila Uil -.
Inizieremo con il picchetto di venerdì 9 ottobre, dalle ore 12, davanti allo stabilimento Tampieri a Faenza, ma manifesteremo le nostre ragioni, nei prossimi giorni, anche davanti alle altre aziende non firmatarie, fino al raggiungimento del nostro obbiettivo.”
 
 Fai Cisl, Flai Cgil, Uila Uil 
 

 

Fridays for Future, ad Arezzo giovani ancora in piazza. Una delegazione  ricevuta da Ghinelli Ar24Tv :: Ambiente | Arezzo24

A Ravenna è in programma per venerdì mattina dalle 9.30 alle 11 in Piazza del Popolo, un flash mob, per inscenare ironicamente il progetto di ENI per il confinamento della CO2 all’interno dei giacimenti metaniferi esauriti.

“Stiamo parlando della Carbon Capture and Storage ( CCS), un progetto fallimentare che potrà sopravvivere solo grazie ad ingenti finanziamenti pubblici, ma che non risponde alle impellenti esigenze dell’Emergenza Climatica, ma che anzi ha il solo scopo di prolungare la vita del fossile. Un po’ come nascondere la polvere sotto il tappeto senza risolvere i veri problemi” dichiarano dal movimento.

“L’invito è quindi quello di partecipare portando con sè delle scope, necessarie per la realizzazione del flash mob, oltre ai consueti cartelloni con i propri slogan e proposte” spiegano da Legambiente Ravenna – Circolo Matelda, ricordando che per partecipare sarà necessario indossare la mascherina.

Associazione Nazionale per la tutela del Patrimonio Storico, Artistico e Naturale della Nazione
Sezione di Faenza

Casualmente solo dopo le elezioni è stato dato il via agli imbarazzanti lavori per l’installazione della “torre nuova”, contenente scala di sicurezza e impianti, compresa nel secondo stralcio di interventi del Progetto Palazzo del Podestà, una torre qualificata dal Comune di Faenza come elemento tecnico accessorio che non costituirebbe volume e come tale compatibile con la normativa di tutela del Centro Storico.

Il Consiglio Regionale di Italia Nostra Emilia-Romagna ha osservato nelle opportune sedi l’incompatibilità di tale opera con il contesto di piazza Martiri della Libertà e con il Palazzo del Podestà sia in riguardo alla disciplina di tutela dei beni culturali che di quella urbanistica.
Tale elemento contemporaneo non solo risulta essere talmente impattante sul piano volumetrico da essere percepito come un corpo estraneo rispetto all’assetto della Piazza Martiri della Libertà e del Centro Storico di Faenza, ma altresì altera a tal punto e così gravemente il prospetto del Palazzo del Podestà e la sua percezione da lederne la dignità e l’integrità del bene culturale, danneggiandone la prospettiva e alterandone le condizioni di ambiente e di decoro.

La stessa qualificazione addotta di “volume tecnico” dell’opera risulta fuorviante essendo al contrario e di tutta evidenza che presenta carattere autonomo anche e soprattutto per le dimensioni che ne escludono la configurabilità di elemento tecnico accessorio al Palazzo, pur se destinato al servizio di questo. E ciò in contrasto con la normativa di tutela del Centro Storico (zona A) e in particolare con il divieto di realizzare nuovi volumi su aree libere non edificate come previsto dalla Legge Regionale che stabilisce che non possono essere rese edificabili le aree e gli spazi rimasti liberi destinati ad usi urbani collettivi nonché di quelli di pertinenza dei complessi insediativi storici.

È stato inoltre osservato che l’unico parere della Soprintendenza pare sia quello del 2015 quando la destinazione d’uso prevista era espositivo/museale e non di promozione turistica (il cosiddetto “Padiglione Faenza”); il successivo cambiamento ha comportato invece un aggravio del carico di presenze rendendo non più idoneo il parere del 2015, considerata anche la necessità di prevedere una scala antincendio più grande e proporzionata al numero ben superiore di utenti.

Si è quindi operata una scelta in palese contrasto con le prescrizioni conservative dettate dal Codice dei beni culturali e del paesaggio che, viceversa, dovrebbero prevalere su scelte che hanno di mira la sua “messa a reddito” contrabbandata per valorizzazione.
L’opera viene pertanto ritenuta incompatibile con il contesto di piazza Martiri della Libertà e con il Palazzo del Podestà sia riguardo alla disciplina di tutela dei beni culturali che di quella urbanistica.

Ci si chiede chi intenda assumersi la responsabilità di una a nostro avviso palese violazione di norme di tutela e di quelle urbanistiche sia per l’autorizzazione che l’esecuzione di un’opera che lascia increduli e potrà essere additata come caso da manuale in senso negativo.


Il Consiglio Direttivo
Faenza, 01.10.2020

LA BATTAGLIA DEL NO NON FINISCE QUI

Dichiarazione di Massimo Villone, presidente del Comitato per il No al taglio del Parlamento

Vogliamo in primo luogo ringraziare le cittadine e i cittadini che hanno scelto di contribuire con il loro impegno a un risultato del No comunque importante.

L’ampio vantaggio conseguito dal Si nel voto referendario non cancella la debolezza degli argomenti portati a sostegno. I risparmi risibili, i confronti con l’estero falsati e fuorvianti, i guadagni di efficienza indimostrati e indimostrabili rimangono tal quali.

Parimenti rimangono i danni certi alla rappresentanza di regioni piccole e medie e forze politiche minori. La battaglia del No era giusta. I correttivi già concordati per quella che quasi tutti – meno M5S – definiscono una riforma pessima o addirittura pericolosa e potenzialmente devastante non si sa se giungeranno mai al traguardo. L’istituzione parlamento ne esce comunque indebolita.

Guadagnano invece visibilità e peso politico i “governatori”, già in evidenza per le incertezze di Palazzo Chigi nella crisi Covid, affrontata privilegiando la concertazione tra esecutivi a danno delle Camere. Bisognerà fare grande attenzione a che le ulteriori riforme che molti auspicano non prendano una strada sbagliata, stravolgendo la Costituzione. Non manca chi potrebbe vedere in un parlamento indebolito l’occasione per puntare al sindaco d’Italia, o all’Italia delle repubblichette. Non è certo un caso che Zaia trionfante abbia immediatamente dichiarato che unico interesse dei veneti è l’autonomia (differenziata).
Roma, 22 settembre 2020