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Stralci del rapporto dell'IRES-CGIL sul mercato del lavoro in Italia e in Emilia-Romagna: dati Istat riferiti al 2020 a cura di Giuliano Guietti marzo 2021

L'accesso al mondo del Lavoro. Guida alle dinamiche di Dipendenti e Partite  Iva - Arci Dallò

Leggi il rapporto completo

Finalmente, con la pubblicazione dei dati Istat relativi all’andamento del mercato del lavoro nel corso di tutto il 2020, possiamo avere un quadro completo dell’impatto straordinario che su di esso ha avuto la pandemia.

Come sempre proponiamo un confronto a breve termine, con i dati relativi all’anno precedente, il 2019, ed uno a più lungo termine, per verificare i cambiamenti intervenuti negli ultimi 10 anni, quindi in questo caso l’anno di riferimento è il 2010.

È chiaro tuttavia che l’assoluta eccezionalità di quanto avvenuto nel corso del 2020 rende meno significativo il confronto su base decennale e impone invece di prestare maggiore attenzione a quello annuale.

Inoltre è sempre bene ricordare che il dato medio annuale è il frutto di andamenti che nel corso del 2020 sono stati quanto mai differenziati nel corso dei mesi e dei trimestri. 

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A fronte di un calo medio rispetto al 2019 pari all’11%, l’andamento della seconda parte dell’anno è stato decisamente meno negativo rispetto alla prima parte.

Fatte queste premesse, passiamo a vedere i principali risultati relativi alle medie annuali del 2020. Gli occupati calano, rispetto all’anno precedente di circa il 2% (2,1% a livello regionale).

In valori assoluti si tratta di oltre 450.000 persone a livello nazionale e di quasi 43.000 in Emilia-Romagna. Più che mai considerevoli sono però le disparità contenute dentro questa percentuale media. Come abbiamo visto anche nella nota precedente (dicembre 2020, riferita al III trimestre di quell’anno), il calo degli occupati è particolarmente concentrato sulla componente femminile (-2,5% a livello nazionale e addirittura -3,2% in regione), nonché sul lavoro autonomo (-2,9% e -3,4% rispettivamente in Italia e in Emilia-Romagna).

Gli occupati indipendenti erano fortemente calati anche negli anni precedenti, cosicché la loro riduzione su base decennale è particolarmente rilevante (-9,4% in Italia e -10,8% in Emilia-Romagna). Vedremo più avanti come dentro questo calo occupazionale medio si nascondano altre importanti differenze di carattere settoriale, generazionale e territoriale.   ......

L’andamento dell’occupazione per macrosettori mette in evidenza come il calo percentualmente più significativo riguardi quello che afferisce a “commercio, alberghi e ristoranti”, mentre “agricoltura, silvicoltura e pesca” e “costruzioni” presentano un saldo addirittura positivo.

In Emilia-Romagna il saldo positivo dell’agricoltura è rilevante, pari addirittura al + 13,4% (+ 9.704 addetti). Unito a quello della Lombardia (+ 8.418) è tale da trascinare in positivo anche la media nazionale. Resta da capire che nesso possano avere questi dati con i percorsi di regolarizzazione degli stranieri sperimentati durante l’estate, anche se la crescita in verità riguarda in modo omogeneo sia i dipendenti sia gli autonomi.

L’Emilia-Romagna si distingue, questa volta in negativo, rispetto all’andamento medio nazionale anche nel settore dell’industria in senso stretto, settore nel quale registra un calo del 5,0%, a fronte di un calo medio in Italia pari allo 0,4%. In valori assoluti si tratta del calo più alto tra tutte le regioni italiane, seguito da quello della Lombardia, mentre in percentuale il calo maggiore si registra in Puglia, ma ci sono anche regioni, come Veneto e Campania che invece registrano in questo settore una crescita anche apprezzabile degli occupati.

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Il mercato del lavoro del 2020 ha risentito insomma della pandemia e del conseguente lockdown in modo certamente pesante, ma anche sicuramente molto differenziato tra aree, settori, sesso e tipologie di lavoratori. La riduzione a livello nazionale dei disoccupati e del tasso di disoccupazione è il dato certamente meno atteso e meno facilmente interpretabile per i non addetti ai lavori, ma ampiamente prevedibile, visto soprattutto quanto era avvenuto nella prima parte dell’anno, nei mesi caratterizzati dal lockdown più restrittivo.

La tenuta complessiva dell’occupazione dipendente a tempo indeterminato è chiaramente da mettere in relazione con il blocco dei licenziamenti disposto fin dal momento iniziale della pandemia.

Si conferma invece la maggiore difficoltà vissuta nel corso dell’anno dai lavoratori autonomi e dai dipendenti con contratti a tempo determinato, nonostante il parziale recupero che hanno registrato durante i mesi estivi. Restano infine da approfondire alcuni aspetti molto differenziati dell’andamento dei mercati del lavoro in ambito territoriale.

LEGGI TUTTO IL RAPPORTO IRES-CGIL