Le associazioni: “Ci sono misure scritte sotto dettatura di ENI.
Chiediamo al Governo italiano di respingere al mittente questa invasione di campo”
“Da mesi chiediamo un Piano Nazionale Ripresa e Resilienza “partecipato” per evitare un PNRR ‘delle partecipate’, come alcune indiscrezioni delle ultime settimane lasciavano temere. Leggendo la seconda bozza del Piano, datata 29 dicembre, siamo stati ampiamente smentiti.
Abbiamo, infatti, a che fare con un Piano che contiene diverse misure che sembrano scritte sotto dettatura solo da una azienda parzialmente statale, ossia Eni. Dal documento che è circolato nelle ultime ore emerge che l’azienda partecipata è riuscita a far inserire progetti di confinamento geologico della CO2 a Ravenna e presunte bioraffinerie.
Troviamo davvero sconcertante che ad un’azienda a parziale capitale pubblico che fattura ogni anno 70 miliardi di euro, sia permesso di farsi finanziare i propri progetti con soldi dei contribuenti europei”.
È quanto denunciano Greenpeace, Legambiente e WWF che commentano così la bozza di Piano Nazionale Ripresa e Resilienza.
Le tre associazioni rivolgono inoltre un appello preciso all’Esecutivo: “Chiediamo che il governo garantisca l’interesse pubblico generale del piano non trasformandolo in un veicolo finanziario a vantaggio di privati che hanno chiari interessi a dilazionare la transizione energetica rallentando il definitivo superamento dei combustibili fossili.
Il progetto di confinamento della CO2 nei fondali marini in Alto Adriatico inserito nel PNRR è solo un pozzo senza fondo, come dimostrato in tutto il mondo, che non va certo nel senso del cambiamento radicale di modello di business necessario per riconvertire la più grande azienda italiana che opera nel settore causa del cambiamento climatico, cioè i combustibili fossili.
L’attuale piano industriale di Eni, infatti, non è in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e rimanda le riduzioni delle emissioni di CO2 a dopo il 2030, cosa gravissima se si tiene conto che le emissioni globali dell’azienda sono superiori a quelle dell’Italia”.
2021, l'anno della rinascita - Collettiva
Lavoro, ambiente, diritti, giustizia sociale, istruzione, legalità, cultura. Maurizio Landini guarda avanti, alle sfide che la Cgil è pronta a raccogliere. E invita tutti i lavoratori a unirsi per dare una mano al Paese: "Prendete il meglio della vostra vita e della vostra intelligenza e mettetela a disposizione di questo processo di cambiamento, di questa lotta, di questa battaglia"
“Care lavoratrici e cari lavoratori, l’augurio è che il 2021 sia davvero l’anno della rinascita del nostro Paese. Dopo il terribile anno che abbiamo vissuto e che finalmente si sta chiudendo, abbiamo ora, con le risorse straordinarie che l’Italia come gli altri Paesi in Europa ha a disposizione, una grande occasione per ridisegnare il nostro futuro”. Così il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, in un videomessaggio di fine anno si rivolge direttamente ai lavoratori.
Per il numero uno del sindacato di Corso d’Italia, ridisegnare il Paese significa: “Giustizia sociale e quindi mai più diseguaglianze; più legalità e contrasto alla corruzione e all’evasione fiscale; solidarietà e non più competizione o individualismo; un lavoro con più diritti e non precario; sanità pubblica e non solitudine delle persone; istruzione, scuola, cultura, formazione e non povertà educativa”. “Se ci pensate un attimo - afferma ancora Landini - è molto bello poter mettere insieme giovani, donne e anziani, con le loro differenze e con i loro diversi bisogni, per ricostruire il Paese, per progettare un nuovo modello sociale”.
“Noi come Cgil - prosegue il segretario generale della Cgil - vogliamo essere utili a questo fine, vogliamo essere lo strumento, il luogo che permette a persone diverse di mettersi assieme per cambiare davvero il Paese. E per fare questo c'è da lottare, non è un percorso facile, scontato. Chiediamo a ognuno di voi di partecipare a questo processo. L'anno che abbiamo alle spalle è stato davvero terribile, ha pesato sulla vita di ognuno di noi anche in modo doloroso e ha fatto emergere, attraverso la pandemia, tutte quelle fragilità e quelle diseguaglianze di un modello sociale ed economico sbagliato che in questi anni ha svalorizzato il lavoro a favore del mercato e del profitto”.
“Noi questa logica, questa cultura - aggiunge Landini - la vogliamo cambiare. Siamo nel bel mezzo di grandi trasformazioni, di grandi cambiamenti. Pensiamo a quello climatico, alla tutela dell'ambiente, all'arrivo delle nuove grandi tecnologie digitali, ai tanti cambiamenti demografici in atto. Tutti questi fattori assieme modificano il lavoro, l'impresa, il rapporto e le relazioni tra le persone. Allora c'è bisogno di un nuovo protagonismo del mondo del lavoro e noi come Cgil vogliamo svolgere questa funzione”.
“Per farlo - conclude il segretario generale della Cgil nel videomessaggio di fine anno - abbiamo bisogno dell'intelligenza di tutti voi. Il nuovo anno dipenderà da quello che saremmo capaci di fare. E allora l’invito che rivolgo a tutti voi è: prendete il meglio della vostra vita e della vostra intelligenza e mettetela a disposizione di questo processo di cambiamento, di questa lotta, di questa battaglia. Noi vogliamo un mondo migliore, non domani lo vogliamo qui e ora. Credo che insieme ce la possiamo fare davvero. Un buon 2021. Abbiamo bisogno dell'intelligenza di tutti e abbiamo la forza della ragione dalla nostra parte”.
Questa mattina gli attivisti di Extinction Rebellion Faenza hanno attaccato sopra alcuni "cartelli educa-ciclisti", dei poster sul disastro ecologico e climatico, per incentivare chi si muove in bici o a piedi, per ringraziare i bambini che vanno a scuola in bici, e per spronare i cittadini a lasciare le auto a casa. Non è stato un atto vandalico perché nulla è stato rovinato. Si tratta di un atto pacifico per invitare la gente a riflettere, per informare e dire la verità.
Le auto emettono almeno il 13% delle emissioni climalteranti a livello europeo e sono una delle maggiori cause di inquinamento dell'aria, soprattutto da diossido di azoto senza parlare degli incidenti, morti e feriti.
Il traffico in una cittadina pianeggiante come la nostra, è eccessivo ed evitabile. Anni fa il comune, ha speso molti soldi per installare 120 cartelli "educa ciclisti", che biasimano e bacchettano gli utenti deboli della strada come fossero dei grossi problemi.
Ormai è tempo di una svolta. Chiediamo che il comune si impegni a dire la verità sulla crisi ecologica e climatica e che questi cartelli diventino un monito all'inquinamento. Sarebbe bello coinvolgere nuovamente le classi del grafico Persolino-Strocchi, sostituendo il vecchio messaggio con uno nuovo, centrato sulla crisi climatica, sui danni della motorizzazione privata, e sull'incoraggiamento a chi va in bici.
La bici è un mezzo di trasporto leggero, pacifico, non inquinante e va incentivato.
Bisogna creare una cultura ecologica, bisogna adattare la città ai cambiamenti climatici e ridurre le emissioni.
Non tra un anno, non domani.
Ora.
Una città resiliente, a misura di bici e pedoni, con più parchi e meno parcheggi, meno cemento e meno auto.
La biodiversità sta collassando giorno dopo giorno. Le specie si estinguono a ritmi impressionanti, i ghiacciai si sciolgono. La stessa pandemia Covid è aggravata dall'inquinamento.
I nostri polmoni e quelli dei nostri figli si stanno ammalando, stiamo soffocando. Cosa aspettiamo?
Abbiamo bisogno di gente che si ribelli a questo sistema tossico.
Abbiamo bisogno che chi detiene il potere ascolti la scienza.
I giovani del gruppo Fridays for Future di Faenza si dichiarano contrari alla costruzione del CCS (Centro di cattura e immagazzinamento della Co2) nel territorio del Comune di Ravenna. Un’opera che dovrebbe servire a catturare e comprimere Co2 in depositi sotterranei, ex giacimenti di gas nel mare, al fine di utilizzare il gas estratto per produrre idrogeno blu, ovvero ‘senza’ emissioni di co2.
“Un’opera apparentemente compatibile con lo sviluppo sostenibile – affermano i Fridays for Future Faenza -, si rivela in realtà un espediente di inganno nei confronti dell’opinione pubblica, per continuare ad inquinare ed estrarre gas nel mare adriatico. Oltre che al raggiro nei confronti della popolazione, c’è la possibilità di finanziare il progetto con i fondi del NextGeneration Eu, ovvero 12 miliardi. Prima di elencare varie motivazioni sull’inutilità di questa grande opera, è doveroso affermare che lo sperpero di denaro pubblico che potrebbe essere investito in tecnologie rinnovabili certe ed efficienti è al limite della criminalità nei confronti delle nuove generazioni”.
“Altre motivazioni per opporsi – precisano – sono che è una tecnologia in via di sperimentazione che in tutta l’Unione Europea ha visto molti tentativi (11) non andati a buon fine perché dispendiosa e con poca resa, con un rapporto di critica all’utilizzo di soldi europei da parte della stessa Unione Europea (Corte dei Conti). Lo stoccaggio, come hanno dimostrato analoghe attività in altre aree, potrebbe provocare un progressivo incremento della sismicità nel territorio ravennate; Ravenna, i suoi preziosi mosaici e gli otto monumenti Unesco, non meritano di essere sede di “esperimenti”; la Commissione Europea afferma che la priorità viene data all’idrogeno verde (prodotto unicamente da fonti rinnovabili), mentre l’idrogeno da fonti fossili viene scartato, salvo che si tratti di idrogeno “blu” (ottenuto dal gas naturale fossile senza emissioni di CO2, catturata e sequestrata con i CCS -> un trucco per far guadagnare tempo alle corporation del gas)”.
“Ci sembra totalmente inadeguato come progetto di fronte alle possibilità di investimento in settori energetici che impattano realmente sulla diminuzione dell’alimentazione dalle fonti fossili per i consumi energivori. E’ fondamentale infine invocare un principio di precauzione etico di fronte ad una tecnologia incerta sulla pericolosità che potrebbe recare, sulla capacità di attenuare il cambiamento climatico, a maggior ragione in quanto alla base di questo investimento ci sono soldi pubblici stanziati eccezionalmente per la pandemia” conclude la nota di Fridays for Future Faenza.
APPELLO
Al Presidente della Repubblica: On. Sergio Mattarella
Al Presidente della Camera dei deputati: On Roberto Fico
Alla Presidente del Senato della Repubblica: Sen. Maria Elisabetta Alberti Casellati
Al Presidente del Consiglio dei ministri: Prof. Giuseppe Conte
Al Ministro dell’economia e delle finanze: On. Roberto Gualtieri
Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie: On. Francesco Boccia
Al Ministro per il Sud e la coesione territoriale: On. Giuseppe Provenzano
Ai Presidenti delle Regioni e delle Province autonome
Ai Presidenti dei Gruppi parlamentari della Camera dei deputati
Ai Presidenti dei Gruppi parlamentari del Senato della Repubblica
Agli onorevoli Deputati, Agli onorevoli Senatori
Il 4 agosto 2020, al termine dell’incontro al Quirinale per la celebrazione del cin-quantenario delle Regioni, il Ministro Boccia dichiarava che l'emergenza Coronavi-rus aveva spinto l’Italia in una nuova fase del regionalismo, in cui “Il Paese è diven-tato tra i più sicuri al mondo grazie alla collaborazione tra Stato e Regioni fatta in emergenza assoluta. Oggi abbiamo il dovere di completare l’attuazione del Titolo V, completando il progetto di autonomia differenziata”. In audizione il 18 novembre nella Commissione bicamerale per le questioni regionali il Ministro, di nuovo esal-tando la qualità del servizio sanitario, ha affermato che con la crisi Covid il regiona-lismo italiano vive una nuova fase, fondata sulla collaborazione e sulla concerta-zione.
A nostro avviso, invece, proprio la crisi Covid smentisce clamorosamente le pa-role del Ministro. Lo provano le differenti capacità dei territori di rispondere all’emergenza, che hanno svilito il servizio sanitario nazionale configurato nella legge 833 del 1978, e i ricorrenti contrasti tra Stato e Regioni. Tutto concorre a di-mostrare che una pandemia non si affronta con i localismi. Le parole di Mattarella ne danno testimonianza. E proprio per la crisi Covid voci autorevoli hanno chiesto di recuperare al centro la tutela della salute.
Sono al tempo stesso forti i timori che l’autonomia differenziata accresca ancora i divari territoriali e le diseguaglianze nei diritti fondamentali, e apra uno scenario di frantumazione del paese e di lesione dell’unità della Repubblica. Rischi contro i quali il ddl sull’attuazione dell’autonomia differenziata (cd legge-quadro) non offre adeguate garanzie.
Diversamente da quanto era stato annunciato, la legge-quadro non è stata fin qui presentata come ddl collegato alla legge di bilancio. Laddove confermata, una ri-nuncia in tal senso andrebbe accolta positivamente perché aprirebbe la possibilità di azzerare il procedimento fin qui seguito e di ripartire su basi nuove. È indispen-sabile uscire dai limiti angusti della trattativa tra il governo e singole regioni, che apre la via a egoismi territoriali non consentendo invece di giungere a una corretta lettura dell’art. 116, comma 3, della Costituzione che salvaguardi l’interesse nazio-nale e l’eguaglianza nei diritti.
A tal fine un primo indispensabile passo è un ampio confronto parlamentare, per definire i limiti da osservare nell’attribuzione di “forme e condizioni particolari di autonomia”, e le modalità del pieno coinvolgimento delle assemblee elettive nelle decisioni di merito. Questo è l’obiettivo che vi chiediamo nell’immediato di perse-guire, evitando qualsiasi forzatura.
Grazie per l'attenzione.
Giuseppe Benedetto Presidente Fondazione Einaudi
Francesca Chiavacci, Presidente ARCI
Rossana Dettori, Segretaria confederale CGIL
Jacopo Ricci, Presidente NOStra
Massimo Villone, Presidente Coordinamento per la democrazia costituzionale
COMUNICATO STAMPA
Una delegazione in rappresentanza dei promotori dell’ Appello "Non è accettabile un regionalismo non solidale" è stata ricevuta questa mattina da Sua Eccellenza il Prefetto di Ravenna Enrico Caterino.
L’Appello - allegato - è stato sottoscritto a livello nazionale dalla Fondazione Einuadi, da ARCI, da CGIL, dal Coordinamento per la Democrazia Costituzionale e dalla Associazione NOstra.
Sono stati illustrati al Prefetto le ragioni dell’Appello rivolto alle massime Autorità dello Stato. L’Appello esprime un forte allarme. L’emergenza sanitaria ha evidenziato come l’unità nazionale risulti indebolita, anche per il continuo conflitto fra Governo e Regioni, e si profili, con la richiesta di tre Regioni, Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, un ulteriore sfaldamento dell’Unità della Repubblica.
Il dovere inderogabile di ogni livello Istituzionale è di assicurare l’uguaglianza dei diritti come l’articolo 3 impone, ed è compito delle autonomie locali amministrare nell’interesse dell’intera comunità nazionale, come l’art. 5 della Costituzione indica.
Inoltre, ogni nuova legge in merito a differenziate autonomie, dovrà essere sottoposta alla pubblica informazione, valutazione e discussa e approvata dal Parlamento.
Non può in alcun modo essere considerata materia minore e di esclusiva competenza della Conferenza Stato Regioni.
L’incontro si è svolto attraverso un dialogo non formale di reciproco ascolto e nella piena condivisione dei valori di uguaglianza e solidarietà sui quali si fonda la Costituzione della Repubblica.
La delegazione era composta da Mirka Bettoli, del Comitato in Difesa della Costituzione di Faenza, da Ombretta Cortesi, presidente provinciale ARCI, da Maria Paola Patuelli, portavoce del Coordinamento Costituzionale della provincia di Ravenna, da Raffele Vicidomini, della CGIL di Ravenna.
Sua Eccellenza il Prefetto trasmetterà al Governo il nostro Appello.
Ravenna, 17 dicembre 2020