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In Israele retata di attivisti ed ex parlamentari palestinesi: vietato manifestare contro la guerra. Tel Aviv restringe ancora lo spazio del dissenso e dà alla polizia poteri speciali. Intanto a Gaza entra in vigore una pausa al ribasso: 4 ore al giorno, solo a nord e senza l’Onu

STATO DI GUERRA. Retata senza precedenti di politici arabo-israeliani. Mohammad Barakeh, ex membro della Knesset, reo di essere diretto a un sit-in

Israele arresta il dialogo tra arabi ed ebrei Tel Aviv, la polizia israeliana prova a disperdere la protesta contro gli arresti dei leader palestinesi - foto Afp/Ahmad Gharabli

«Gli arresti di Mohammed Barakeh e degli altri esponenti politici arabi sono avvenuti poche ore dopo che la Corte suprema aveva respinto i ricorsi contro il divieto della polizia alle manifestazioni di condanna della guerra a Gaza. Coloro che invocano la pulizia etnica e la violenza invece possono esprimersi liberamente. Questa è la Corte suprema che appena qualche mese fa tanti israeliani difendevano in piazza perché baluardo della democrazia contro la riforma giudiziaria del primo ministro Netanyahu».

È AMARO IL COMMENTO di Ofer Cassif, deputato comunista del partito arabo ebraico Hadash, all’arresto dell’ex membro della Knesset, Mohammad Barakeh, presidente dell’Alto comitato per i cittadini arabi di Israele, mentre si stava recando a una protesta contro la guerra a Nazareth. Fermati e portati al comando di polizia, anche altri quattro importanti membri del partito arabo Balad (Tajammo): il segretario generale Sami Abu Shehadeh, l’ex leader del partito Mtanes Shehadeh, il vicesegretario Yousef Tartour e l’ex deputata Hanin Zoabi. Anche Mahmoud Mawasi, un altro membro dell’Alto comitato, è finito in manette. Tanti arresti politici così importanti tra gli arabo israeliani erano avvenuti solo durante il governo militare imposto fino al 1966 alla minoranza araba dopo la fondazione dello Stato ebraico.

Ofer Cassif

Divieto di manifestare contro la guerra ma non di invocare la pulizia etnica. Questa è la Corte suprema baluardo della democrazia che in tanti difendevano nelle piazze
«IL PROFESSOR ZEEV STERNHELL, storico del Fascismo, diceva che un’ideologia fascista va al potere quando lo Stato comincia ad arrestare quelli di sinistra, a usare il pugno di ferro per non farli parlare ed esprimere. Noi siamo in quella fase» continua Cassif, sospeso dalla Knesset per alcune settimane per le dure accuse che ha rivolto in un’intervista al governo Netanyahu. «Quelli presi di mira sono i cittadini arabi ma anche gli ebrei che vogliono la fine delle stragi, delle uccisioni di innocenti ovunque, a Gaza come in Israele» prosegue il deputato. «Nessuno sta con Hamas – aggiunge – è inequivocabile la nostra condanna del massacro del 7 ottobre, ma non si può accusare di sostegno ad Hamas chi semplicemente vuole che la guerra finisca e si interrompano le uccisioni di innocenti».

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IL CASO. Nell'esecutivo dilagano i dubbi sul taglio delle pensioni dei dirigenti medici e di altri dipendenti pubblici. Ma se la norma saltasse si dovrebbero trovare altrove oltre 2 miliardi di euro a saldi invariati. E' la legge dell'austerità in cui si muove la maggioranza. I camici bianchi: «Il ministero dell’economia sembra essere il commissario della sanità»

L’annuncio di uno sciopero dei medici confonde le idee del governo

 

Doveva essere «blindata» la manovra senza emendamenti da parte della maggioranza. In attesa di rovesci la cui ombra già si staglia all’orizzonte (il Fondo Monetario che boccia la legge di bilancio, il 21 novembre la Commissione Europea potrebbe chiedere modifiche) il governo sembra nel frattempo volere mettere le prime toppe e salvare la faccia. Per non contraddire Meloni & Co. che tengono a non fare presentare emendamenti alla manovra, le eventuali modifiche potrebbero essere raccolte in un maxi-emendamento al decreto fiscale collegato alla Legge di bilancio. Così potrebbero essere contenute sia le proteste dei sindacati dei medici che hanno dichiarato sciopero il 5 dicembre contro il taglio alle pensioni dei dipendenti pubblici, sia le critiche dei costruttori che hanno bocciato un aumento della tassazione degli immobili da 2 miliardi in 3 anni.

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IL TAGLIO alle pensioni non riguarderebbe solo i medici ma altri dipendenti del settore pubblico come quelli impiegati negli enti locali, i maestri, gli ufficiali giudiziari e altri ancora che andranno in pensione il prossimo anno. In totale circa 31.500 lavoratori che, senza modifiche alla legge di Bilancio, nello scenario peggiore, vedrebbero decurtarsi un quarto dell’assegno – sembra fino a 900 euro – a fronte di un risparmio esiguo pari a poco più di 11 milioni nel 2024. Un corto circuito nella logica austeritaria dei tagli in cui si muove il governo Meloni condizionato dall’imperativo di fare quadrare i conti, ma anche sorpreso dalla reazione dei medici.

L’ANNUNCIO dello sciopero ha colpito al punto che, nel pomeriggio della giornata trascorsa tra consultazioni, il ministro della Salute Orazio Schillaci ha aperto alla possibilità di una marcia indietro. «Sto lavorando con altri esponenti del governo, in particolare con la ministra Calderone, sul tema delle pensioni dei medici – ha detto – Cerchiamo di trovare una soluzione a questo problema. L’ultimo dei miei pensieri è che i medici se ne vadano in pensione prima dei tempi previsti».

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«UN’INCONGRUITÀ che rischia di essere incostituzionale», così è stato definito il taglio dal sottosegretario al lavoro Claudio Durigon che si è spinto oltre Schillaci. Insieme starebbero lavorando per «eliminare la norma dalla manovra». In tal caso, toccherebbe trovare altrove 2,7 miliardi tra il 2024 e il 2032. I saldi dovranno restare «invariati».

IL SENTIERO È «STRETTO», come si dice. Toccherà attendere i vaticini di Giancarlo Giorgetti. Il ministero dell’economia tiene i cordoni della borsa. Le risorse necessarie per convincere i sindacati dei medici a ritirare lo sciopero del 5 dicembre potrebbero arrivare dai tagli alla pensione anticipata detta «Quota 103» (41 anni di contributi versati e 62 anni d’età) poiché sembra che avrebbe platea e costi inferiori alle attese o da un’ulteriore taglio della rivalutazione degli assegni.

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IL COPERCHIO della pentola in cui stanno cuocendo il governo e la sua maggioranza è stato sollevato da Pierino De Silverio (Anaao-Assomed). «Il problema non è il ministro Schillaci con il quale c’è sempre stato un dialogo proficuo. Mi sembra però che, quando si va alla resa dei conti con il Ministero dell’Economia, poi la musica cambi. Sembra essere questo ministero il vero commissario della sanità». «Le risorse contenute in legge di bilancio [tre miliardi per stipendi e accorciamento delle liste d’attesa, ndr.] non sono in grado né di risollevare il Servizio sanitario nazionale né di soddisfare le nostre richieste. Avevamo chiesto un intervento sull’indennità di specificità medica e sanitaria per garantire un aumento degli stipendi invece si è deciso di aumentare le retribuzioni delle prestazioni aggiuntive» ha aggiunto De Silverio.

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«CHIEDIAMO che la norma sia cancellata – ha detto Guido Quici (Cimo-Fesmed) – Vedremo in che modo il governo ha intenzione di modificarla». Critiche sono state rivolte anche agli incentivi ai medici per lavorare di più per abbattere le liste d’attesa. «Non si risolverà il problema, è una mancia alle Regioni» ha sostenuto Quici

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È esodo verso sud: a Gaza migliaia e migliaia di palestinesi in marcia, a piedi, in cerca di una salvezza che non c’è. Tel Aviv boccia la pausa umanitaria, solo qualche ora senza bombe, «qua e là». Nazioni unite: «Non siamo più in grado di fornire l’assistenza necessaria»

GAZA. A Gaza palestinesi in fuga con addosso solo i vestiti: manca il cibo e manca l’acqua, nella speranza di una pausa umanitaria. Sono ormai 11mila gli uccisi nella Striscia. Tel Aviv schiera la 252° divisione: non succedeva dal 1982. Hamas rivendica in un video i danni inflitti all’esercito israeliano. E i razzi partono ancora

Esodo a sud, migliaia a piedi verso una pace che non c’è Gaza, l'esodo di migliaia di palestinesi da nord e sud

Migliaia di civili palestinesi, un flusso lungo chilometri, donne con in braccio i figli, anziani a passo lento, uomini stremati dalla fatica e dalla sete, perché l’acqua è difficile tra trovare, anche ieri hanno abbandonato il nord di Gaza ridotto in macerie, senza più neppure le panetterie. Un esodo che ha riportato alla memoria di tanti le scene della Nakba nel 1948 e volto a raggiungere il sud della Striscia, alla ricerca della salvezza che nessuno potrà mai garantire a questa gente sino a quando continueranno i bombardamenti aerei israeliani. I nuovi arrivati a sud hanno trovato poco o nulla per rifocillarsi. Manca tutto e serve tutto. Si sono avviati alle mense all’aperto delle associazioni di carità sperando di poter mangiare qualcosa. Foto che hanno fatto il giro del mondo mostravano ieri bambini palestinesi con ciotole in mano in attesa di un pugno di riso e un po’ di pane.

Terminate le poche ore in cui i comandi israeliani permettono di percorrere il «corridoio sicuro» sulla superstrada Salah Edin, il flusso di sfollati dal nord si è subito interrotto. Gli oltre due

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GAZA. «Ospita base di Hamas». I medici negano e chiedono un’ispezione internazionale che smentisca. Incubo bombe per 5mila pazienti. Netanyahu sul «dopo-Hamas». Tel Aviv si occuperà della «sicurezza di Gaza» per un periodo indefinito

I reparti israeliani mettono nel mirino l’ospedale di Shifa

«Sventolando bandiere bianche, gli abitanti di Gaza si spostano a sud mentre l’esercito israeliano apre un corridoio umanitario». Leggendo il titolo del bollettino di notizie live sul Times of Israel si ricava l’idea che a Gaza a fine ottobre sia entrato un contingente di caschi blu dell’Onu incaricato di proteggere l’esodo volontario di migliaia di persone dal nord verso il sud della Striscia. E non forze armate che hanno sganciato migliaia di bombe su Gaza e ammonito in volantini lanciati il mese scorso alla popolazione che sarebbe stato identificato come un potenziale nemico e terrorista chiunque resterà nel nord della Striscia. Nonostante l’impegno profuso dal Times of Israel dubitiamo fortemente che i soldati israeliani siano visti come dei «liberatori dalla tirannia di Hamas» dai civili palestinesi che hanno perduto tutto nei bombardamenti, la casa e ogni avere, e che ieri scappavano verso sud. A piedi per chilometri, adulti, bambini, ammalati. Perché a Gaza non c’è il carburante per le auto, Israele non ne permette l’ingresso, e perché il «corridoio sicuro» offerto per alcune ore dai comandi militari altro non è che la superstrada Salah Edin che in più punti è gravemente danneggiata dalle esplosioni. Lunghi tratti di strada percorsi con poca acqua, qualche bottiglia per tutta la famiglia. Trovare acqua è una delle priorità per gran parte delle persone. Il fabbisogno è enorme. Già prima del 7 ottobre un palestinese di Gaza aveva poca acqua a disposizione e di cattiva qualità. Ora in media ha tre litri al giorno, avvertono Onu e Oms.

Tanti restano a Gaza city e nel nord. Sarebbero 300-400mila secondo stime non ufficiali. E l’esercito israeliano ormai è intorno alle loro case. Ieri il generale Yaron Finkelman,

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A un mese dall’attacco terroristico a Israele, con 200 ostaggi ancora nelle mani di Hamas, sono più di diecimila le vittime palestinesi, la metà minorenni. Per l’Onu la guerra di Netanyahu nella Striscia sta facendo di Gaza «un cimitero di bambini»

UN MESE DAL 7 OTTOBRE. I palestinesi uccisi sono oltre diecimila, molti dei quali bambini e donne. Nessuna tregua in vista, non la vuole Netanyahu e neppure Biden

Dopo la pioggia di bombe Netanyahu promette «un futuro di promesse e di speranza» 

Con i toni da Armageddon che ormai gli sono abituali, ieri Benyamin Netanyahu, rivolgendosi a decine di ambasciatori stranieri, ha affermato che la guerra in corso tra Israele e Hamas «non è un conflitto locale». Ha spiegato il Medio oriente come il terreno di scontro tra lo Stato ebraico e forze del male come Hamas, l’Iran e i suoi alleati che a suo dire «Cercano di riportare il Medio Oriente e il mondo a un’epoca buia, facendo deragliare qualsiasi progresso di pace». Poi con tono tranquillo ha promesso che Israele, dopo aver distrutto Hamas, offrirà alla popolazione di Gaza «un futuro reale, un futuro di promesse e di speranza». 10.022 abitanti non vedranno sorgere l’alba di questa era di felicità e benessere. Sono morti sotto le bombe sganciate dagli aerei da combattimento israeliani, tra questi 4.104 bambini e ragazzi e 2.641 donne. E degli oltre 25mila feriti tanti saranno disabili per il resto della loro vita. L’Unrwa (Onu) ha scritto che a Gaza in media ogni dieci minuti i bombardamenti uccidono un bambino palestinese e due restano feriti. Persone innocenti stanno pagando con la vita, il prezzo più alto, la rappresaglia israeliana scattata dopo l’attacco sanguinoso lanciato esattamente un mese fa da Hamas nel sud di Israele in cui sono stati uccisi circa 1400 israeliani, civili e militari, mentre altri 200, tra anche bambini, sono stati presi in ostaggio assieme a decine di stranieri e restano prigionieri a

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 Soldati israeliani a Gaza, 6 novembre 2023. (Israel defence forces /Reuters/ Constrasto)

Il ministero della salute di Hamas ha annunciato il 6 novembre che almeno duecento persone sono morte nel corso della notte nell’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza.

Il 5 novembre l’esercito israeliano ha affermato di aver diviso in due la Striscia di Gaza allo scopo di distruggere il centro di comando di Hamas. “L’obiettivo finale è liberare la Striscia di Gaza da Hamas”, ha dichiarato il 6 novembre il portavoce dell’esercito israeliano Jonathan Conricus.

Il 6 novembre, in un messaggio sul social network X, l’esercito israeliano ha accusato Hamas di aver costruito tunnel sotto ospedali, scuole e luoghi di culto per nascondere combattenti e pianificare attacchi, un’accusa che il movimento palestinese ha negato.

Dal 9 ottobre i 2,4 milioni di abitanti della Striscia di Gaza sono sottoposti a un assedio totale che li priva di acqua, cibo ed elettricità.

La sera del 5 novembre i capi delle principali agenzie delle Nazioni Unite hanno rilasciato un comunciato congiunto per esprimere la loro indignazione.

“Chiediamo un immediato cessate il fuoco umanitario”, si legge nel comunicato. “I bombardamenti durano ormai da un mese. È ora di finirla”. Gli autori del testo chiedono anche ad Hamas di rilasciare i più di 240 ostaggi rapiti il 7 ottobre nel corso dell’attacco senza precedenti in territorio israeliano.

Secondo il ministero della salute di Hamas, 9.770 persone sono morte finora nell’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza.

L’attacco di Hamas del 7 ottobre ha invece causato la morte di più di 1.400 persone in Israele.

Un milione e mezzo di sfollati

Tra le trecentomila e le quattrocentomila persone si trovano ancora nella parte nord della Striscia di Gaza.

“La situazione è molto difficile”, ha dichiarato Zakaria Akel, che sta fuggendo con la famiglia verso sud. “Non c’è pane e non c’è acqua, neanche salata. Le strade sono piene di cadaveri”.

I bombardamenti israeliani hanno causato enormi distruzioni e costretto 1,5 milioni di persone a lasciare le loro case, secondo le Nazioni Unite.

Nel sud della Striscia di Gaza, vicino al confine con l’Egitto, centinaia di migliaia di persone vivono ammassate in condizioni precarie.

Il valico di Rafah è stato parzialmente riaperto il 21 ottobre per consentire il transito dei convogli umanitari. Secondo le Nazioni Unite, finora 451 camion sono arrivati nella Striscia di Gaza.

La settimana scorsa 1.100 persone tra stranieri, persone con doppia nazionalità e palestinesi feriti hanno potuto lasciare la Striscia di Gaza attraverso il valico di Rafah. Ma i trasferimenti sono sospesi dal 4 novembre, dopo che Israele ha rifiutato di autorizzare la partenza di alcuni palestinesi feriti.

Abu Mazen denuncia un genocidio

Il segretario di stato statunitense Antony Blinken ha ribadito il 5 ottobre, nel corso di un incontro con il presidente palestinese Abu Mazen a Ramallah, in Cisgiordania, “l’impegno degli Stati Uniti a favorire l’ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza”. Washington continua però a essere contraria a un cessate il fuoco.

Blinken ha anche chiesto la fine delle violenze contro i palestinesi in Cisgiordania, occupata da Israele dal 1967. Secondo l’Autorità nazionale palestinese (Anp), dal 7 ottobre più di 150 palestinesi sono stati uccisi da soldati o coloni israeliani.

Abu Mazen ha invece affermato che Israele “sta conducendo un genocidio nella Striscia di Gaza”.

Il 6 novembre Blinken ha raggiunto la Turchia, membro della Nato e alleato strategico di Washington. Incontrerà il suo collega turco Hakan Fidan.

L’incontro arriva in un momento in cui la rabbia contro Israele e l’occidente è molto forte in Turchia. Il presidente Recep Tayyip Erdoğan è andato in visita il 6 novembre a una remota regione nel nordest del paese, un gesto che è stato interpretato come uno schiaffo a Blinken.

Erdoğan ha interrotto ogni contatto con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e ha richiamato l’ambasciatore turco in Israele.

Il 5 novembre la polizia turca ha usato gas lacrimogeni e cannoni ad acqua per disperdere centinaia di manifestanti che si erano radunati fuori da una base aerea che ospita truppe statunitensi nel sudest della Turchia.

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