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 Soldati israeliani a Gaza, 6 novembre 2023. (Israel defence forces /Reuters/ Constrasto)

Il ministero della salute di Hamas ha annunciato il 6 novembre che almeno duecento persone sono morte nel corso della notte nell’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza.

Il 5 novembre l’esercito israeliano ha affermato di aver diviso in due la Striscia di Gaza allo scopo di distruggere il centro di comando di Hamas. “L’obiettivo finale è liberare la Striscia di Gaza da Hamas”, ha dichiarato il 6 novembre il portavoce dell’esercito israeliano Jonathan Conricus.

Il 6 novembre, in un messaggio sul social network X, l’esercito israeliano ha accusato Hamas di aver costruito tunnel sotto ospedali, scuole e luoghi di culto per nascondere combattenti e pianificare attacchi, un’accusa che il movimento palestinese ha negato.

Dal 9 ottobre i 2,4 milioni di abitanti della Striscia di Gaza sono sottoposti a un assedio totale che li priva di acqua, cibo ed elettricità.

La sera del 5 novembre i capi delle principali agenzie delle Nazioni Unite hanno rilasciato un comunciato congiunto per esprimere la loro indignazione.

“Chiediamo un immediato cessate il fuoco umanitario”, si legge nel comunicato. “I bombardamenti durano ormai da un mese. È ora di finirla”. Gli autori del testo chiedono anche ad Hamas di rilasciare i più di 240 ostaggi rapiti il 7 ottobre nel corso dell’attacco senza precedenti in territorio israeliano.

Secondo il ministero della salute di Hamas, 9.770 persone sono morte finora nell’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza.

L’attacco di Hamas del 7 ottobre ha invece causato la morte di più di 1.400 persone in Israele.

Un milione e mezzo di sfollati

Tra le trecentomila e le quattrocentomila persone si trovano ancora nella parte nord della Striscia di Gaza.

“La situazione è molto difficile”, ha dichiarato Zakaria Akel, che sta fuggendo con la famiglia verso sud. “Non c’è pane e non c’è acqua, neanche salata. Le strade sono piene di cadaveri”.

I bombardamenti israeliani hanno causato enormi distruzioni e costretto 1,5 milioni di persone a lasciare le loro case, secondo le Nazioni Unite.

Nel sud della Striscia di Gaza, vicino al confine con l’Egitto, centinaia di migliaia di persone vivono ammassate in condizioni precarie.

Il valico di Rafah è stato parzialmente riaperto il 21 ottobre per consentire il transito dei convogli umanitari. Secondo le Nazioni Unite, finora 451 camion sono arrivati nella Striscia di Gaza.

La settimana scorsa 1.100 persone tra stranieri, persone con doppia nazionalità e palestinesi feriti hanno potuto lasciare la Striscia di Gaza attraverso il valico di Rafah. Ma i trasferimenti sono sospesi dal 4 novembre, dopo che Israele ha rifiutato di autorizzare la partenza di alcuni palestinesi feriti.

Abu Mazen denuncia un genocidio

Il segretario di stato statunitense Antony Blinken ha ribadito il 5 ottobre, nel corso di un incontro con il presidente palestinese Abu Mazen a Ramallah, in Cisgiordania, “l’impegno degli Stati Uniti a favorire l’ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza”. Washington continua però a essere contraria a un cessate il fuoco.

Blinken ha anche chiesto la fine delle violenze contro i palestinesi in Cisgiordania, occupata da Israele dal 1967. Secondo l’Autorità nazionale palestinese (Anp), dal 7 ottobre più di 150 palestinesi sono stati uccisi da soldati o coloni israeliani.

Abu Mazen ha invece affermato che Israele “sta conducendo un genocidio nella Striscia di Gaza”.

Il 6 novembre Blinken ha raggiunto la Turchia, membro della Nato e alleato strategico di Washington. Incontrerà il suo collega turco Hakan Fidan.

L’incontro arriva in un momento in cui la rabbia contro Israele e l’occidente è molto forte in Turchia. Il presidente Recep Tayyip Erdoğan è andato in visita il 6 novembre a una remota regione nel nordest del paese, un gesto che è stato interpretato come uno schiaffo a Blinken.

Erdoğan ha interrotto ogni contatto con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e ha richiamato l’ambasciatore turco in Israele.

Il 5 novembre la polizia turca ha usato gas lacrimogeni e cannoni ad acqua per disperdere centinaia di manifestanti che si erano radunati fuori da una base aerea che ospita truppe statunitensi nel sudest della Turchia.

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