Como . Dopo i divieti oggi inizia il forum di Sbilanciamoci, a pochi chilometri a Villa d’Este ci sarà il Forum Ambrosetti. Le proposte: una «Contro finanziaria» e una mobilitazione contro l’aumento delle spese militari
Il forum annuale di Sbilanciamoci "L'Altra Cernobbio"
Una «controfinanziaria» con una tassa sui grandi patrimoni e il taglio alle grandi opere insieme a una mobilitazione pacifista per tagliare la spesa militare in un paese definito come «complice delle guerre e del riarmo». Sono le proposte che saranno oggetto della discussione dell’«Altra Cernobbio» organizzata da oggi a domenica allo spazio Gloria Arci Xanadù e al Teatro Nuovo Rebbio di Como dalla rete Sbilanciamoci! composta da 52 associazioni, sindacati e movimenti. Dopodomani un incontro si terrà al centro civico Cernobbio 2000.
IL FORUM ANNUALE di Sbilanciamoci! si propone come l’alternativa al workshop dello Studio Ambrosetti giunto alla cinquantesima edizione. Alla grande kermesse che intende rappresentare il rientro dalle vacanze di un establishment finanziario-giornalistico-politico è stata annunciata la partecipazione della presidente del consiglio Giorgia Meloni, di Viktor Orban in quanto presidente di turno dell’Ue e del presidente ucraino Volodimir Zelenski. Trecento relatori si incontreranno nella decorativa Villa d’Este.
NON È STATO SEMPLICE organizzare, anche quest’anno, il «contro-vertice» giunto alla quarttordicesima edizione. Il comune di Cernobbio ha negato l’uso della sala principale e ha concesso solo quello di una minuscola. La questura di Como ha interceduto per avere una più grande che però non è stata concessa. In più è stato negato il permesso di organizzare una «biciclettata» da Como a Cernobbio di 45 minuti. «Una violazione degli articoli 3 e 21 della Costituzione. Hanno creato una zona rossa di 16 chilometri quadrati, lunga tre chilometri. Nemmeno a Genova nel 2011 fu così estesa – ha commentato Giulio Marcon, portavoce della campagna Sbilanciamoci! – Ci sono due pesi e due misure: all’establishment dello Studio Ambrosetti è garantita l’agibilità democratica e logistica. Alle associazioni di volontariato è negato tutto. Un atteggiamento ingiusto e ingiustificabile».
I RIFLETTORI saranno puntati presumibilmente su Meloni, alla prima uscita pubblica dopo il caso Sangiuliano e impelagata nella preparazione di una legge di bilancio di cui poco di preciso si sa tranne che sarà ugualmente mediocre come quella dell’anno scorso. Nel frattempo Sbilanciamoci! si propone di fare un lavoro si analisi e di raccordo a sinistra. Al forum sarà presentata una «Gazzetta non ufficiale» in cui Sbilanciamoci definirà i cinque pilastri della «contro-finanziaria» che sarà presentata a novembre dopo che il governo avrà attraversato il tunnel concordato con Bruxelles. Nel testo si legge la proposta di una riforma fiscale che incida sui grandi patrimoni per ottenere 25 miliardi di euro; la riduzione delle spese militari con un risparmio da 5 miliardi euro; la riduzione degli oltre 22,4 miliardi per i «sussidi ambientalmente dannosi»; la riduzione dei fondi per le «grandi opere», a cominciare dal Ponte sullo stretto caro al ministro Salvini. Questo sarà uno dei controcanti possibili alla «manovra» vera e propria alla quale sta lavorando il governo che sarà invece opaca, tortuosa e blindata.
DOPO LE INUTILI divagazioni estive che hanno riempito le pagine dei giornali il vero calcio di inizio all’intera vicenda sarà dato entro il 20 settembre quando il governo dovrà presentare il «piano strutturale di bilancio». Si tratta di un documento che congelerà economia e società nei prossimi sette anni in un’austerità non dichiarata come tale ma i cui effetti si faranno sentire. Entro questa cornice Meloni & Co. dovranno spiegare il modo in cui ridurranno il disavanzo di 0,5 punti all’anno del deficit per cui è stata aperta una procedura d’infrazione dalla Commissione Europea. Una volta scesi sotto la soglia del 3% nel rapporto tra deficit e Pil ogni anno il debito pubblico andrà ridotto di un punto percentuale portando contestualmente il deficit sotto l’1,5%. da inviare entro il 20 settembre a Bruxelles.
DURANTE GLI INCONTRI con 30 relatori e le 15 ore di seminari dell’Altra Cernobbio sarà avanzata anche una proposta di mobilitazione contro l’aumento delle spese militari e per il trasferimento delle risorse agli investimenti sociali e ambientali. Nelle bozze preparatorie si parla di organizzare il «No» al raggiungimento del 2% del Pil e del 20% in armamenti come chiesto dalla Nato e di tassare gli extra-profitti dell’industria militare
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5 Stelle. Il fondatore chiude a ogni mediazione. Il leader procede verso l’«assemblea costituente». Il comico ribadisce di voler difendere i «valori originari». Ma gli eletti non lo seguono
Se qualcuno pensava ci fosse ancora spazio per ricomporre la frattura tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte all’«assemblea costituente» del Movimento 5 Stelle fissata per il 20 ottobre prossimo, la giornata di ieri ha chiarito che questa possibilità non esiste. Il fondatore e garante del M5S ha negato ogni margine di trattativa, ponendo la sua visione in contrapposizione con quella del leader ed ex premier. «Ormai è chiaro come il sole – sostiene Grillo rivolgendosi agli iscritti dal suo blog – a ottobre vi troverete davanti a un bivio, costretti a scegliere tra due visioni opposte di cosa debba essere il Movimento 5 Stelle. La prima è di una politica che nasce dal basso, e non da politici di professione, la seconda è quella di Giuseppe Conte».
GRILLO RIPESCA il repertorio del M5S come «alternativa ai partiti tradizionali, ormai incrostati da decenni di politici zombie, più attenti ai propri interessi che a quelli dei cittadini che dovrebbero rappresentare», rievoca la figura di Gianroberto Casaleggio e agita i ««principi non negoziabili, principi che se vengono scardinati fanno crollare le fondamenta di una casa che mattone dopo mattone abbiamo costruito insieme a voi in tutti questi anni».
QUESTI, COME è noto ormai da qualche settimana, sono il nome del M5S, il marchio e la regola del tetto dei due mandati. Grillo sostiene di essere da regolamento il «custode» di questi principi, «che devono restare tali affinché il Movimento possa ancora dirsi tale». Questo è l’oggetto dello scontro: Grillo sostiene di essere il detentore del simbolo e il custode dei principi, colui il quale ha l’ultima parola sulle evoluzioni della forza politica. Il Movimento 5 Stelle dal punto di vista formale è costruito su scatole cinesi, soggetti giuridici che si sono costituiti nel corso degli anni. Prevarrebbe su tutti quella a lui intestata. Dalla parte di Conte, invece, si afferma che a prevalere è il principio democratico: Grillo è sì il garante ma non può opporsi alle scelte esercitate dall’associazione secondo lo statuto che si è data. Prova ne sarebbe, ha detto lo stesso leader di recente, che sia il simbolo del M5S che la regola dei due mandati negli anni scorsi sono stati modificati, senza che ciò ne inficiasse l’identità e senza che lo stesso Grillo avesse nulla da eccepire. Ieri i contiani hanno lasciato la parola al deputato Alfonso Colucci, che riveste il ruolo di Organo di controllo del M5S con il compito di vigilare sul rispetto della legge, dello statuto, dei regolamenti e delle deliberazioni degli organi. Per Colucci, le intimazioni di Grillo vanno considerate alla stregua di «mere raccomandazioni». «Si tratta di moral suasion, priva di qualunque efficacia giuridica – afferma Colucci – Un’interpretazione differente dei suoi poteri sarebbe contraria al diritto positivo, perché configurerebbe un potere padronale e di natura feudale, che contrasta con un principio fondamentale: l’assemblea è sovrana, come in ogni associazione». Colucci ricorda anche che il M5S negli anni scorsi ha interloquito con la commissione di vigilanza sugli statuti dei partiti, anche per avere accesso ai finanziamenti del 2 per mille. L’organismo «ha espressamente detto che le eventuali decisioni del gar non hanno efficacia alcuna nei confronti del giudice, in ossequio al principio di democraticità».
IERI GRILLO ha lasciato Roma, non prima di incontrare Elio Lannutti ex parlamentare dipietrista poi eletto nella scorsa legislatura (grazie a una deroga alle regole all’epoca vigenti, per l’appunto) nelle liste del M5S. Venne poi espulso da Vito Crimi perché assieme ad altri deputati e senatori si rifiutò di votare la fiducia al governo Draghi, causa peraltro fortemente sostenuta dallo stesso Grillo. Dalla sua parte si è schierato, ancora una volta, l’ex ministro Danilo Toninelli, il quale ha fatto sapere di preferire un M5S al 3% a quello di Conte. Per capire che aria tira dalle parti dei contiani, invece, che non perdonano a Grillo l’appoggio a Draghi e la fiducia totale verso Luigi Di Maio, si possono ascoltare le parole di Alessandra Maiorino, vicecapogruppo al senato: «Io non vedo un bivio – afferma – vedo da una parte una comunità che vuole andare avanti con le proprie gambe, e un uomo triste, rancoroso e solo dall’altra»
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Il Nuovo Fronte Popolare è arrivato in testa alle legislative anticipate e 60 giorni dopo il voto, dopo settimane di indecisioni, voilà la surprise du chef: Emmanuel Macron ieri a metà giornata ha nominato primo ministro Michel Barnier, esponente di Lr, il partito che è arrivato praticamente ultimo alle elezioni, 6,5% al primo turno e 47 deputati. Indignazione a sinistra, «crisi di regime» per il socialista Olivier Faure, «voto rubato» per Jean-Luc Mélenchon, a favore di uno «xenofobo» secondo la France Insoumise, «gesto del braccio ai francesi» per il Pcf, «uno scandalo» per i Verdi, che ricordano che Barnier non ha preso posizioni a favore di un «fronte repubblicano» contro l’estrema destra. Ma anche «inquietudine» per Greenpeace e altre ong écolo. Freddezza a Renaissance, il partito di Macron, che rifiuta di «fare un assegno in bianco» al nuovo primo ministro. Per Marine Le Pen, invece, «sembra rispondere al primo criterio che abbiamo reclamato, cioè è un uomo rispettoso e capace di rivolgersi al Rassemblement National, che è il primo gruppo all’Assemblée Nationale, in modo eguale agli altri gruppi» (Rn ha appena bocciato un altro di destra, Xavier Betrand).
BARNIER ha due qualità agli occhi di Macron: potrebbe evitare di cadere a causa di una “censura” immediata all’Assemblée Nationale, perché il Rassemblement National ha dichiarato di avere una posizione attendista, «giudicheremo sul discorso di politica generale» dicono all’estrema destra. E poi, visto il suo background, non cambierà politica economica, anzi, non solo non disferà la scelta pro-business (e le pensioni, era per i 65 anni) ma con la finanziaria 2025 potrebbe anche imporre un giro di vite sulla spesa pubblica per far fronte al debito di 3160 miliardi e alla procedura per deficit eccessivo avviata a Bruxelles contro la Francia.
«Disprezzo totale per il voto di milioni di elettori»
La principale qualità di Barnier, 73 anni, è di essere un uomo che cerca il consenso, è lui che ha negoziato la Brexit: personalità liscia, calma, potrebbe portare in Francia il metodo di Bruxelles. «Essere settari è prova di debolezza» ha affermato al passaggio dei poteri a Matignon. Per evitare la caduta immediata c’è stata una trattativa dietro le quinte con l’estrema destra? Ci sono sospetti. Non dovrebbero però esserci ministri del Rassemblement National, ma potrebbero esserci promesse di vario tipo
Commenta (0 Commenti)"Attacchi terroristi a villaggi israeliani" per dire resistenza all'occupazione della Cisgiordania, proprio non possiamo farlo passare. Se è davvero apologia di reato, come sostiene Francesca Albanese (Relatrice Special ONU sulla Palestina), lo si deciderà nelle sedi opportune; ma come persone del mondo della scienza e della ricerca abbiamo il dovere di mobilitarci contro queste falsificazioni funzionali a un genocidio.
Egregio direttore,
Le scriviamo in qualità di esponenti del mondo della ricerca e della scienza, preoccupati per la circolazione di notizie false o fuorvianti nella sfera pubblica, particolarmente problematiche in caso di conflitti potenzialmente in grado di scatenare reazioni di estremismo o addirittura di odio. Ci sentiamo in dovere di segnalare al vostro giornale il frequente uso di una terminologia altamente problematica e di informazioni parziali per quanto riguarda il genocidio ad opera di Israele sul popolo palestinese, sulla quale esiste una vastissima documentazione, nonché una lunga serie di risoluzioni giuridiche che chiariscono i termini della questione
Vogliamo segnalare che un titolo dell’edizione online di ieri mattina (1 settembre) sulla situazione in Cisgiordania conteneva una gravissima falsità, reiterata nel testo dell'articolo: “Attacchi terroristici contro villaggi israeliani". E' noto che in Cisgiordania è in corso un'occupazione illegale da parte dell'esercito di Israele, in violazione dei confini stabiliti dagli accordi internazionali, al rispetto dei quali è vincolata la stessa accettazione di Israele come membro dell'ONU. Specialmente dopo il parere della Corte Internazionale di Giustizia del luglio 2024 sull’illegalità dell’occupazione israeliana nel territorio palestinese, non si può parlare di "villaggi israeliani" per riferirsi a degli avamposti militari o colonie illegali in un territorio occupato, a meno che chiamandoli così non ci si voglia apertamente dichiarare favorevoli all’occupazione illegale e contraria alle risoluzioni ONU. Per il diritto internazionale un popolo che vede violati i propri confini assegnati ha il diritto di difendersi contro l'occupante, anche attraverso l'uso delle armi. Non sussiste quindi la definizione di "terrorismo" applicata alla resistenza palestinese all'occupazione della Cisgiordania. Per maggiore comprensione del retroscena, si veda il seguente articolo pubblicato pochi giorni fa dalla professoressa Paola Caridi, autrice del libro "Hamas: dalla resistenza al regime": https://www.valigiablu.it/israele-guerra-gaza-cisgiordania-palestina/
L'errore, voluto o inconsapevole che sia, commesso dal vostro giornale è stato rilevato oggi anche dalla Relatrice speciale ONU per la Palestina e i territori occupati, Francesca Albanese, che ha ipotizzato la possibilità che configuri un’apologia di reato a mezzo stampa (https://x.com/FranceskAlbs/status/1829858032429232486), vista la recente risoluzione della Corte Penale Internazionale che condanna l'occupazione israeliana della Cisgiordania, richiedendo a tutti gli stati membri del Trattato di Roma di evitare qualunque forma di collaborazione con tale violazione. A questo proposito, segnaliamo l’articolo di Craig Mokhibar “Western media can be held legally accountable for its role in the Gaza genocide” su Mondoweiss (24 agosto 2024), in cui si analizza la possibile corresponsabilità di molti media occidentali nel genocidio del popolo palestinese da un punto di vista legale. https://mondoweiss.net/2024/08/western-media-can-be-held-legally-accountable-for-its-role-in-the-gaza-genocide/ .
Indipendentemente dalla loro rilevanza giuridica, che verrà valutata nelle apposite sedi, questo tipo di imprecisioni creano nell'opinione pubblica una interpretazione altamente fuorviante della natura degli eventi in corso, parallela a quella creata dalla diffusione di fake news sulle reti sociali, e aggravata dalla responsabilità e dall'autorevolezza della testata che le pubblica. E' noto come la diffusione di notizie false crei polarizzazione e tensione sociale, rappresentando un ostacolo per lo svolgimento di un libero dibattito nella sfera pubblica e per la stessa tenuta democratica del paese. Anche la diversa rilevanza data agli ostaggi o ai morti di parte israeliana o di parte palestinese risulta fuorviante, poiché oscura l’immensa sproporzione delle perdite subite nonchè l’asimmetria fra le posizioni delle parti coinvolte, come se solo una delle parti del conflitto abbia diritto a veder riconosciuto il proprio lutto, mentre l’altra viene ridotta a meri numeri.
Commissioni ONU e Tribunali internazionali sono gli strumenti collettivi sviluppati dalla comunità internazionale per creare una base condivisa di interpretazione e reazione agli eventi globali. Non dubitiamo che il vostro giornale ne riconosca l'importanza cruciale, soprattutto di fronte ad eventi catastrofici come quelli in corso a Gaza, e con l'ombra di un'escalation del conflitto che incombe. Chiediamo quindi di pubblicare la presente lettera, di correggere il titolo in questione, e, per il futuro, di controllare con più attenzione la correttezza delle notizie rispettando il diritto internazionale nelle definizioni usate per parlare di Palestina e Israele.
Cordialmente,
Danilo Aceto, Università di Roma Tor Vergata
Chiara Acciarini, Università di Torino
Antonino Adamo, Consiglio Nazionale delle Ricerche
Marco Adezati, ex Dirigente scolastico Genova
Marta Alacevich, illustratrice
Alessandra Algostino, Università di Torino
Marco Ammar, Università di Genova
Lucia Amorosi, Scuola Normale Superiore
Andrea Arosio, studente, Alma Mater Studiorum Università di Bologna
Andrea Balduzzi, ex Università di Genova
Antonio Banfi, Università Milano Bicocca
Rosa Barotsi, Università di Modena e Reggio Emilia
Matteo Bassoli, Università degli Studi di Padova
Alberica Bazzoni, Università per Stranieri di Siena
Claudia Bellomo, avvocata, Messina
Marta Benedetti, collaboratrice scolastica a Castelbolognese, RA,
Filippo Bianchetti, medico di base, Varese
Alessandra Bonazzi, Università di Bologna
Sara Borrillo, Università di Napoli L’Orientale
Franco Camandona, medico, Genova
Alessia Carnevale, Università di Napoli l’Orientale
Estella Carpi, University College London
Aurelio Castro, Alma Mater Studiorum Università di Bologna
Antonietta Chiodo Reporter Indipendente e Fotografo
Francesco Cipriani, medico emergenza-urgenza USL Toscana centro.
Francesca Collotto, USL Toscana centro
Stefania Consigliere, Università di Genova
Angelo Cremone, “Sardegna pulita”
Carmela Maria Cordaro Avvocata Messina
Mariateresa Crosta, Istituto Nazionale di Astrofisica
Paolo Cuttitta, Università di Genova
Alice Dal Gobbo, Università di
Pietro De Andrea, Università di Torino
Alessandra De Rossi, Università di Torino
Ilaria Del Mastro, infermiera, Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata, Roma
Nadia De Luca, infermiera, Azienda Ospedaliera San Giovanni-Addolorata Roma
Melania Del Santo, Istituto Nazionale di Astrofisica
Parisina Dettoni, Casa delle Donne, Milano
Alessia Di Eugenio, Università di Bologna
Sevgi Doğan, Scuola Normale Superiore
Marco Ferigo, Università di Padova
Francesca Forti, Università degli studi di Milano
Lia Forti, Università dell’Insubria
Federica Frazzetta, Scuola Normale Superiore
Annalisa Frisina, Università di Padova
Micaela Frulli, docente, Università di Firenze
John W. Gilbert, Università di Firenze
Silvia Giolito, infermiera Spallanzani Roma
Francesca Geymonat, Università degli Studi di Torino
Gianmarco Giovannardi, Univeristà di Firenze
Giulia Gozzelino, Università degli Studi di Torino
Arianna Grasso, Università degli Studi Napoli L’Orientale
Maria Elena Indelicato, Centro di Studi Sociali, Università di Coimbra.
Elisabetta Ladisa, Ex Università degli Studi di Bari - Aldo Moro
Michele Lancione, Politecnico di Torino
Daniela Leonardi, Università degli Studi di Torino
Roberta Lippi, autrice e giornalista
Erika Magarelli, Università di Bari
Cosimo Magnelli, insegnante, Pistoia
Bruno Maida, Università di Torino
Anna Maria Mainardi, artista
Paola Manduca, ex Università di Genova
Giorgio Mariani, Sapienza Università di Roma
Achille Marotta, Istituto Universitario Europeo
Luisa Memore, medico
Massimo Menegazzo, Lo Gnekko OdV ETS
Lorenza Morosini, psicologa
Francesca Merz, ricercatrice indipendente
Fabio Nascimbeni, ricercatore, Torino
Francesca Navarro, Università degli Studi di Milano
Alessandra Negro, Milano
Lea Nocera, Università di Napoli L’Orientale
Elvira Olivini, Milano
Lia Pacelli, Università di Torino
Carla Pagano, Università di Napoli L’Orientale
Gianna Palmieri, Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR)
Carla Panico, Università di Coimbra
Cecilia Paolin, Milano
Annalisa Pascarella, IAC-CNR
Valentina Pazè, Università di Torino
Andrea Penoni, Università degli Studi dell’Insubria
Caterina Peroni, CNR-IRPPS
Antonello Petrillo, Università degli Studi Suor Orsola Benincasa - Napoli
Chiara Pilotto, Università di Bologna
Daniela Pioppi, Università di Napoli L’Orientale
Stefano Portelli, Università Roma Tre
Salvatore Prinzi, Consiglio Nazionale delle Ricerche
Paola Rivetti, Dublin City University
Erica Romano, medico veterinario, Roma
Giulia Rossi, terapista della neuropsicomotricità dell’età evolutiva, Milano/Torino
Jalna Rossi, medico veterinario, Milano
Susanna Rossi, medico oncologo, Empoli
Paola Sacchi, Università di Torino
Chiara Sambalino,medico medicina interna, USL Toscana Centro
Giovanna Santanera, Università di Milano-Bicocca
Marina Serina, insegnante di yoga
Laura Sferch, docente, Liceo scientifico Casiraghi, Cinisello Balsamo
Simone Sibilio, Università Ca’ Foscari Venezia
Andrea Sottile, Università Statale di Milano
Chiara Tenti, Università degli Studi di Padova
Andrea Teti, Università degli Studi di Salerno
Caterina Tono, Università di Padova
Valentina Trabucchi, osteopata, Milano
Simona Troilo, Università dell’Aquila
Francesco Vacchiano, Università Ca’ Foscari, Venezia
Mariangela Matilde Ventura, Università degli Studi di Napoli - Federico II
Paola Voltolina, medico, Genova
Sofia Venturoli, Università di Torino
Giuliana Zega, insegnante, Milano
Cosimo Magnelli, insegnante, Pistoia
Bruno Maida, Università di Torino
Anna Maria Mainardi, artista
Paola Manduca, ex Università di Genova
Giorgio Mariani, Sapienza Università di Roma
Achille Marotta, Istituto Universitario Europeo
Luisa Memore, medico
Massimo Menegazzo, Lo Gnekko OdV ETS
Lorenza Morosini, psicologa
Francesca Merz, ricercatrice indipendente
Fabio Nascimbeni, ricercatore, Torino
Francesca Navarro, Università degli Studi di Milano
Alessandra Negro, Milano
Lea Nocera, Università di Napoli L’Orientale
Elvira Olivini, Milano
Lia Pacelli, Università di Torino
Carla Pagano, Università di Napoli L’Orientale
Gianna Palmieri, Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR)
Carla Panico, Università di Coimbra
Cecilia Paolin, Milano
Annalisa Pascarella, IAC-CNR
Valentina Pazè, Università di Torino
Andrea Penoni, Università degli Studi dell’Insubria
Caterina Peroni, CNR-IRPPS
Antonello Petrillo, Università degli Studi Suor Orsola Benincasa - Napoli
Chiara Pilotto, Università di Bologna
Daniela Pioppi, Università di Napoli L’Orientale
Stefano Portelli, Università Roma Tre
Salvatore Prinzi, Consiglio Nazionale delle Ricerche
Paola Rivetti, Dublin City University
Erica Romano, medico veterinario, Roma
Giulia Rossi, terapista della neuropsicomotricità dell’età evolutiva, Milano/Torino
Jalna Rossi, medico veterinario, Milano
Susanna Rossi, medico oncologo, Empoli
Paola Sacchi, Università di Torino
Chiara Sambalino,medico medicina interna, USL Toscana Centro
Giovanna Santanera, Università di Milano-Bicocca
Marina Serina, insegnante di yoga
Laura Sferch, docente, Liceo scientifico Casiraghi, Cinisello Balsamo
Andrea Sottile, Università Statale di Milano
Chiara Tenti, Università degli Studi di Padova
Andrea Teti, Università degli Studi di Salerno
Caterina Tono, Università di Padova
Valentina Trabucchi, osteopata, Milano
Simona Troilo, Università dell’Aquila
Francesco Vacchiano, Università Ca’ Foscari, Venezia
Mariangela Matilde Ventura, Università degli Studi di Napoli - Federico II
Paola Voltolina, medico, Genova
Sofia Venturoli, Università di Torino
Giuliana Zega, insegnante, Milano
Li fermi chi può. Il premier israeliano descrive come fondamentale il controllo del confine tra l’Egitto e la Striscia, dove ieri ci sono stati 50 morti
La musica come inno alla vita e regalo ai bambini. È la sfida che lancia alla morte Yusef Saad, talento 15enne dell’oud arabo. Ogni giorno, incurante della minaccia dei raid aerei israeliani, con lo strumento legato alla schiena, Yusef percorre in bicicletta le strade devastate del campo profughi di Jabalia, nel nord di Gaza. Canta e suona per i bambini che da 11 mesi vivono orrori quotidiani. «Un tempo le case di Jabalia erano piene di sogni», ha detto il giovane musicista a una agenzia di stampa, osservando le macerie del campo profughi che prima della guerra era edificato e densamente popolato. «Quei sogni se ne sono andati, ma noi ragazzi della Palestina ci sforziamo di restare resilienti, anche di fronte al genocidio» ha aggiunto Yusef che studiava al Conservatorio nazionale di musica «Edward Said» ridotto dalle bombe in un cumulo di pietre e tubi contorti di metallo come gran parte della Striscia.
Essere bambini a Gaza è una lotta quotidiana per la sopravvivenza, con la speranza che restino vivi i propri genitori. Gli orfani sono alcune migliaia, vivono con parenti quando va bene o con estranei. Ieri mentre i funzionari dell’Onu e dell’Oms continuavano la campagna vaccinale che dovrà scongiurare la poliomielite – sono 187mila su 640mila i bambini già vaccinati – i bombardamenti israeliani facevano altri morti a Gaza. Quasi 50 da martedì, di cui 18 ieri. In Cisgiordania, a Kafr Dan, si sono celebrati i funerali di Lujain Musleh, la ragazza di 16 anni uccisa due giorni durante una incursione dell’esercito israeliano. Jenin e il campo profughi di Nur Shams (Tulkarem) sono al centro dell’operazione «Campi Estivi» che in una settimana ha ucciso 33 palestinesi, in gran parte combattenti ma anche civili, e distrutto strade, edifici, infrastrutture. Hebron, nel sud della Cisgiordania, è isolata da quando, a inizio settimana, un palestinese ha ucciso tre poliziotti.
Non finirà presto la guerra, non ci sarà il cessate il fuoco a Gaza nonostante a richiederlo non siano più solo i palestinesi e la società civile internazionale. Anche centinaia di migliaia di israeliani invocano lo stop alla guerra come unica strada per riportare a casa i 101 ostaggi nella Striscia. Il premier israeliano Netanyahu, durante un incontro ieri sera con la stampa estera, ha ribadito numerose volte che Israele non rinuncerà al controllo del Corridoio Filadelfia tra Gaza e l’Egitto, unica strada, a suo dire, per liberare gli ostaggi. Appena poche ore prima il ministro degli Affari strategici Ron Dermer, in un’intervista con Bloomberg aveva lasciato aperta la possibilità di un ritiro completo dell’esercito israeliano nella seconda fase dell’accordo di tregua che propongono Usa, Qatar e Egitto. Al contrario Netanyahu è stato categorico nell’escludere questa soluzione. «Gaza non può avere un futuro se rimane porosa e se si consentirà il riarmo di Hamas attraverso il Corridoio Filadelfia». Ai giornalisti che gli hanno fatto notare che le famiglie degli ostaggi lo accusano di aver scelto il controllo del confine tra Gaza e l’Egitto e di aver rinunciato a salvare i sequestrati, il primo ministro ha risposto che Hamas potrebbe far uscire gli ostaggi da Gaza per portarli in Iran o nello Yemen se Israele non controllasse più il Corridoio Filadelfia. All’inizio della conferenza stampa, Netanyahu aveva parlato di Israele come di un «piccolo paese, uno dei più piccoli al mondo» minacciato da Hamas e l’Iran. Avrebbe dovuto aggiungere che «il piccolo Israele» è uno degli Stati più forti militarmente al mondo, che possiede la bomba atomica e gode del sostegno degli Stati uniti
Commenta (0 Commenti)Il rimpasto si chiama «perezavantazhennia»: dal governo dell’Ucraina si dimettono 5 ministri, vari boiardi e chissà chi altro ancora. Come l’incursione nel Kursk, è una fuga in avanti: pochi se ne andranno davvero. La guerra continua, senza sbocchi. E Zelensky con lei
Il gattopardo. Dopo giorni di indiscrezioni pubblicata la lista dei nuovi ministri, poche le reali novità. Continuano gli attacchi russi sulle città ucraine: a Poltava i morti sono arrivati a 53 e ieri a Leopoli ci sono state 7 vittime. I russi avanzano in direzione di Pokrovsk
Volodymyr Zelenskyy alla presentazione degli F16 ucraini - foto Ap
«Perezavantazhennia vlady» lo chiamano in ucraino. La prima parola significa «ricomposizione, reset» è la stessa che si usa quando si riavvia il telefono o il computer, oppure quando si vuole far ripartire qualcosa da zero. La seconda si riferisce al «potere» e dalla combinazione delle due si capisce chiaramente che l’apparato comunicativo di Volodymyr Zelensky ha scelto come concetto chiave non il «rimpasto di governo» ma il «nuovo inizio».
EPPURE qualcosa scricchiola in questa scelta lessicale, se si considera che ben 5 alti funzionari ucraini hanno rassegnato le proprie dimissioni ma non sono stati allontanati dal governo, anzi sono stati riassegnati ad altri incarichi, nello stesso esecutivo. Si tratta di Oleksandr Kamyshin, ministro responsabile della supervisione di armi per la guerra, Ruslan Strilets, ministro dell’Ambiente, Denys Maliuska, ministro della Giustizia, Olga Stefanishina, vicepremier ucraina per l’integrazione europea ed euro-atlantica e Dmytro Kuleba, ministro degli Esteri. Inoltre, il capo del Fondo statale nazionale, Vitaly Koval, ha annunciato che prossimamente lascerà l’incarico. Cinque figure di primo piano nel giro di 24 ore e chissà quante altre in arrivo. È il famoso rimpasto annunciato – un po’ minacciato – dal presidente Zelensky in primavera che ora sta prendendo forma. Ma si preannuncia più mediatico che reale.
Secondo le prime indiscrezioni, i funzionari che hanno già consegnato la lettera di dimissioni, sarebbero stati iscritti a una lista di ministri e alti dirigenti che il governo di Kiev intende sostituire con figure, per usare le parole di David Arakhamia segretario del partito del presidente (Servitore del popolo), «più adeguate alle mansioni richieste dal governo». Secondo Arakhamia il rimpasto non è affatto finito e riguarderà quasi la metà dell’esecutivo, ma intanto il
Leggi tutto: Il rimpasto che non c’è. Kiev cambia i ruoli ma restano tutti - di Sabato Angieri
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