Un passo avanti. La camera approva in via definitiva la modifica degli articoli 9 e 41 della Costituzione. «Un impegno per le future generazioni». Greenpeace, Wwf e Legambiente: «Adesso i fatti»
Voto in Parlamento © Ansa
Quasi quarant’anni dopo l’Olanda (1983) e trenta dopo la Germania (1994), anche l’Italia fa un passo in avanti sulle tutela dell’ambiente, elevandola al rango di articolo fondamentale della Costituzione. Ieri la Camera dei deputati ha votato una modifica degli articoli 9 e 41 della Carta, con 468 voti a favore, un contrario e sei astenuti, mentre il Senato aveva approvato con la maggioranza dei due terzi lo scorso 3 novembre: di conseguenza, la riforma entra subito in vigore e non è sottoponibile a referendum.
L’ARTICOLO 9, CHE FA PARTE degli articoli «fondamentali» della Costituzione, già conteneva la tutela del patrimonio paesaggistico e del patrimonio storico e artistico della Nazione: con la riforma si attribuisce alla Repubblica anche la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi e viene specificato esplicitamente un principio di tutela per gli animali. La modifica all’articolo 41, invece, sancisce che la salute e l’ambiente siano paradigmi da tutelare da parte dell’economia, al pari della sicurezza, della libertà e della dignità umana. Lo stesso articolo dopo la modifica sancisce anche come le istituzioni, attraverso le leggi, i programmi e i controlli, possano orientare l’iniziativa economica pubblica e privata non solo verso fini sociali ma anche verso quelli ambientali.
TRA I COMMENTI, quello del ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, presente in aula a Montecitorio al momento del voto: «Penso che sia una giornata epocale. È giusto che la tutela dell’ambiente, della biodiversita e degli ecosistemi diventi un valore fondante della nostra Repubblica, è un passaggio imprescindibile per un Paese come l’Italia che sta affrontando la propria transizione ecologica». Cingolani parla di conquista fondamentale per le prossime generazioni, che «ci permette di avere regole ben definite per proteggere il nostro pianeta».
NON È PROPRIO COSÌ, o almeno non del tutto, suggerisce il Wwf Italia. L’associazione accoglie con estrema soddisfazione la notizia, ma in una nota sottolinea che la nuova Costituzione debba adesso «essere il presupposto di un intervento organico per adeguare strumenti normativi vigenti a tutela della biodiversità, degli ecosistemi e degli animali». Per la presidente, Donatella Bianchi, «questa modifica costituzionale è un primo importantissimo passo che armonizza il nostro sistema con i principi formulati a livello europeo e internazionale e fatti propri dalla giurisprudenza costituzionale, di legittimità e di merito. Per dare concretezza a questi passaggi è ora necessario definire un sistema normativo organico e innovativo a tutela della natura d’Italia».
Per Greenpeace la modifica dell’articolo 9 è «un’evoluzione in linea con le attese dei cittadini che ora vogliono fatti concreti: una vera transizione ecologica, la tutela della biodiversità (la protezione di almeno il 30% del territorio, mare compreso) e una migliore qualità dell’ambiente in cui viviamo». Secondo l’associazione, tuttavia, adesso questi diritti vanno garantiti: sarà importante vedere come si comporterà la maggioranza parlamentare amplissima che ieri ha votato il provvedimento. «Molto importante a nostro avviso il riferimento alle generazioni future, quelle che vediamo scendere in piazza invocando a gran voce la tutela dell’ambiente» commenta ancora Greenpeace, ringraziando l’impegno dei più giovani che hanno compreso l’incredibile sfida che abbiamo davanti dovuta a decenni di sfruttamento delle risorse del Pianeta».
SECONDO LEGAMBIENTE la giornata dell’8 febbraio è da considerarsi epocale: «Il via libera definitivo arrivato dalla Camera alla proposta di legge che prevede l’inserimento nella Costituzione della tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, rappresenta una bellissima e storica notizia per il nostro Paese» ha dichiarato Stefano Ciafani, presidente nazionale dell’associazione ambientalista. «Stiamo parlando – ha continuato- di un tema cruciale legato al nostro Pianeta, al centro delle politiche mondiali, europee e delle mobilitazioni dei giovani, che non poteva mancare tra i principi fondamentali della nostra bellissima Carta. Ora l’auspicio è che il nostro Paese passi anche dalle parole ai fatti affrontando con più decisione e concretezza i grandi temi ambientali, a partire dalla lotta alla crisi climatica e dalla diffusione degli impianti a fonti rinnovabili, e i tanti problemi irrisolti con interventi, riforme – come l’introduzione dei delitti contro la flora e la fauna che ancora manca all’appello – e azioni che vadano nella direzione della sostenibilità ambientale, dell’innovazione e della giusta transizione ecologica ed energetica».
A COGLIERE L’ESSENZA della riforma è il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, che nello spazio di un Tweet riesce a sintetizzare un potenziale programma politico (ovviamente tutto da vedere): «L’uomo, anche nella nostra Carta, riconosce che sono necessari limiti alla propria azione, pena la catastrofe. Poche lettere cambiano la gerarchia dei beni da tutelare. Un fatto importante, molto importante. Non un vincolo ma una condizione e insieme un obiettivo per la vita sociale ed economica». L’uomo deve riconoscere i limiti del Pianeta. A cinquant’anni dal rapporto del Club di Roma sui limiti dello sviluppo il suo partito (Pd) e la maggioranza di governo sapranno far tesoro di quell’intuizione?
Commenta (0 Commenti)L'analisi. Grazie alla sprovveduta Ue gli Usa si propongono, con l’«invasione russa» - che non c’è - come i fornitori dell’Europa. Ma è un bluff: per i costi, la logistica surreale e i danni ecologici
Effige di Putin traforata di proiettili al confine ucraino © Ap
Sulla crisi Ucraina e del gas ormai il bluff è generalizzato. Lo sa il presidente francese Macron, ieri a Mosca e oggi Kiev, lo sa ancora meglio il timido cancelliere tedesco Scholz, tirato per le orecchie a Washington perché esita a scontrarsi con Putin. Il bluff è accompagnato dal sospetto che a minacciare davvero l’Europa non sia Putin quanto Biden, che sulla questione dei rifornimenti energetici da Mosca non ha purtroppo una posizione diversa da quella di Donald Trump.
La posta n gioco è una simulazione di guerra sì, ma del gas. La verità che è che gli americani vogliono far saltare
Leggi tutto: La crisi ucraina come simulazione di guerra per il gas - di Alberto Negri
Commenta (0 Commenti)L'intervista-evento. L’intervista, ampia e varia, è stata trasmessa dalla Terza Rete della Rai e ha toccato punte di ascolto del 32,3%, ben più del doppio delle consolidate misure del programma. Curiosa la scelta della Rai di non far slittare l’esordio della nuova serie de L’amica geniale, che ne ha risentito. Un po’ di elasticità, no?
Papa Francesco a Che tempo che fa © Ansa
L’intervista del Papa di Roma Francesco a Fabio Fazio, nella serata di domenica a Che tempo che fa, sarà ricordata come una novità dirompente. Una rottura delle consuete retoriche nel rapporto tra Vaticano e televisione. Un evento nella storia di Raitre.
Salvo, infatti, qualche programma specifico o inchieste coraggiose, il racconto religioso è sempre stato avvolto da una coltre perbenista e rassicurante. O solo teologica. Fabio Fazio ha scelto questa volta di rischiare. Con Francesco non si scherza, come hanno capito bene gli animatori della fronda reazionaria nascosti qua e là dentro e fuori le mura dell’Ecclesia. Del resto, ci sono i buoni ma pure i cattivi, come ha detto il Papa: Dio ci crea buoni e, tuttavia, il conflitto con il Male è perenne.
L’intervista, ampia e varia, è stata trasmessa dalla Terza Rete della Rai e ha toccato punte di ascolto del 32,3%, ben più del doppio delle consolidate misure del programma. Curiosa la scelta della Rai di non far slittare l’esordio della nuova serie de L’amica geniale, che ne ha risentito. Un po’ di elasticità, no?
Ovviamente, la conversazione era stata registrata nel pomeriggio e polemizzare sul punto risulta alquanto ridicolo, se si considera la quantità industriale di interviste precotte tirate via fatte a personaggi non sempre significativi. Non è semplice dialogare attraverso la televisione con un Papa e i meriti vanno riconosciuti.
Le parole del Santo Padre sono state osannate da credenti, non credenti e persino pubblici peccatori. Chissà se Francesco li avrà etichettati come sepolcri imbiancati, farisei e bugiardi. In verità, c’è vasto materiale al riguardo.
Francesco, cui il conduttore ha risparmiato alcune domande che pure sarebbero state importanti – dalla pedofilia nella Chiesa cattolica alle finanze allegre e speculative, di cui ha parlato ad esempio Report- ha sottolineato questioni cruciali. Si è soffermato lungamente sulle guerre, attuali e diffuse, rimosse o banalizzate dal dibattito pubblico. Guerre calde, fredde, cibernetiche volteggiano nel e sul mappamondo, spesso finendo nel dimenticatoio come quella dello Yemen. I media hanno notevoli responsabilità, si può aggiungere, visto che la vicenda afghana è scomparsa dai titoli, mentre la crisi attorno all’Ucraina sembra un imbarazzante arrivano i nostri (della Nato).
Lo schermo è stato bucato dalla tragedia dei migranti, su cui si esercita un cinismo crudele da parte della comunità internazionale. Ha giustamente ripreso il richiamo autorevole una delle associazioni umanitarie – Open arms – che hanno sbattuto la testa contro i muri dei disumani respingimenti.
Qui Francesco, oltre ad aver ricordato il dolore supremo suscitato dalle morti di bambine e bambini profondamente innocenti, si è soffermato con piglio da vero statista. Secolare e immerso nelle crudezze della realtà. Non bastano le preghiere, si potrebbero così immaginare i sentimenti di un Pontefice che ha girato per le periferie geografiche e per quelle delle coscienze. Sono indispensabili politiche all’altezza del tempo globale, concertando linee di accoglienza ed evitando di assistere alle morti in diretta nel mediterraneo. La pietà richiede gesti concreti. Ci sono, invece, lager in Libia, di cui l’archivio vaticano ha precisa documentazione.
Così, attenzione alla felicità delle ragazze e dei ragazzi, travolti da solitudini esistenziali e marginalità economiche. Giocare con i figli è un dovere per genitori che non vogliano assistere al deperimento generazionale.
E, ancora, il valore degli amici (il Papa non ha interpretato il buonismo mainstream neppure su questo): pochi magari, ma buoni. Bergoglio domenica risultava un po’ incupito, forse a causa di un montaggio che toglieva un pezzo di spontaneità. Non è, al contrario, una personalità dedita all’estetica del dramma. Anzi, ha elogiato l’umorismo, sale di ogni confronto e ingrediente necessario.
Il Papa non sta chiuso nei tradizionali sfarzosi appartamenti di un astorico potere temporale. Vive nella residenza di santa Marta, luogo aperto ed adibito a soggiorni comuni.
Perché è un essere umano: ascolta la musica, ha simpatie calcistiche e ha ballato il tango. E guai al clericalismo, che nasconde nefandezze e non santità. Una pagina di laicismo religioso, una pagina di bella televisione. Una speranza.
Commenta (0 Commenti)La camera durante il giuramento di Sergio Mattarella © LaPresse
Quando Sergio Mattarella, nel discorso davanti alle Camere riunite, pronuncia il nome di Lorenzo Parrelli – il ragazzo morto sul lavoro, perché anziché essere a scuola era in fabbrica – le sue parole giungono alla fine di una lunga, insistita ostinata declinazione di cosa significhi “dignità”.
Riferita in particolare a chi, come i giovani, ne sono brutalmente, ferocemente privati perché «malpagati e relegati nelle periferie esistenziali». Dignità e poi diritti: delle donne, degli anziani, dei disabili, dei carcerati, delle vittime della mafia e della criminalità. Il mondo infernale dei più deboli.
Dignità, diritti e, su tutto, le disuguaglianze che, secondo Mattarella non sono un prezzo necessario da pagare
Leggi tutto: Da Mattarella un appello alla politica e al paese - di Norma Rangeri
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La cifra del rovesciamento operato da quattro decenni di modello liberista è resa evidente dalla relazione tra scuola e lavoro. Negli anni ’70 del secolo scorso operai e studenti conquistavano le 150 ore per il diritto allo studio dei lavoratori, un monte ore retribuito e contrattualizzato per corsi di formazione e un titolo di studio. In questo modo, il mondo del lavoro si appropriava della scuola.
Dal 2005 questo rapporto si è rovesciato: con l’introduzione dell’alternanza scuola-lavoro, questa volta sono gli studenti ad entrare in azienda: manodopera gratuita per l’impresa, della quale vanno imparate regole, gerarchie e disciplinamento.
Un rovesciamento di valori che nella morte da stage del giovanissimo Lorenzo rivela ferocia e cinismo. Un rapporto di potere ben evidenziato dalle cariche della polizia alle manifestazioni studentesche di questi giorni.
La relazione tra scuola e lavoro così concepita si appresta a breve a fare un ulteriore salto di qualità. Sono appena stati inaugurati i nuovi Licei Ted (Transizione Ecologica e Digitale), per ora come corsi sperimentali in 28 scuole, ma che già dal prossimo anno dovrebbero diventare oltre mille.
Ma di cosa si tratta? Leggiamo direttamente dal sito del Consorzio Elis: “Il Liceo sperimentale Ted propone un percorso di formazione in quattro anni, che sappia coniugare la tradizione umanistico-scientifica con un metodo capace di dare ai giovani gli strumenti per vivere da protagonisti la transizione digitale ed ecologica in atto.”
Entusiasta il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi: “E’ un salto per tutto il sistema educativo italiano e per il paese. Il liceo quadriennale Ted è un percorso di trasformazione dell’intero sistema educativo. La sostenibilità e la transizione ecologica e digitale sono temi centrali nella nuova scuola che stiamo costruendo per le nostre studentesse e i nostri studenti, così come è fondamentale il ruolo delle discipline Stem (Science, Technology, Engineering, Mathematics). Ringrazio tutti i protagonisti di questo progetto, a cominciare dalle scuole. Una sinergia con un ottimo risultato per gli obiettivi e le sfide del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e del Piano RiGenerazione Scuola”.
In fondo la transizione ecologica è il tema del nostro tempo e l’innovazione digitale è il contesto quotidiano dei ragazzi e delle ragazze in formazione; che diventi un corso di studi liceali è quasi fisiologico.
Eppure: perché il ministro della scuola pubblica benedice e ringrazia ma non promuove? E cos’è il Consorzio Elis?
Si tratta di oltre 100 grandi imprese, che collaboreranno attivamente nell’ideazione e realizzazione dei programmi d’insegnamento, offrendo “conoscenze aggiornate e l’opportunità di verificarle sul campo attraverso tirocini e altri modelli di didattica esperienziale”.
Di questa nobile impresa di filantropia imprenditoriale fanno parte campioni del settore armamenti (Leonardo), dell’energia fossile (Snam, Eni), della privatizzazione dell’acqua e dei servizi pubblici (Acea, A2A, Iren), delle telecomunicazioni (Tim, Vodafone), dell’informatica (Microsoft) e poi Toyota, Atlantia, Autogrill, Manpower, Campari (magari per un aperitivo a fine lezioni).
Ed ecco il salto di qualità: l’azienda non deve più solo entrare nella scuola, la progetta e la realizza, insegnando tre principi fondamentali: il benessere della società può derivare solo dal benessere dell’impresa, pertanto la scuola deve porsi al suo servizio; la crisi climatica è un problema tecnico, nessuno spazio a considerazioni di tipo ecologico, sociale e politico, che mettano in discussione il sistema e che costringano le aziende ad assumersi le proprie responsabilità; l’innovazione digitale è la risposta e, di conseguenza, serve una generazione specializzata, formata all’intoccabilità degli interessi delle imprese, alle loro gerarchie e disciplinamenti.
“Disoccupate le strade dai sogni. Sono ingombranti, inutili, vivi” cantava Claudio Lolli nel 1977. E’ quello che cercano di dire a studenti e studentesse le manganellate di questi giorni. Che il coraggio li aiuti a non smettere di osare.
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