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Potremmo essere di fronte a una chiusura, o almeno una sospensione, del ciclo che ha caratterizzato il campo politico europeo, e non solo, negli ultimi vent’anni

Destra, sinistra e populismo. Segnali dal voto europeo

Gli allarmi eccessivi sull’ondata di destra hanno in genere la funzione di affermare l’idea che fuori dall’ordine esistente c’è solo la barbarie fascista o parafascista. Alle elezioni europee un’ondata di destra non c’è stata. Chiaramente, l’affermazione della destra radicale in Francia e Austria è molto grave e rilevante. Un po’ meno l’affermazione di Afd in Germania, resa più visibile dal crollo storico dell’Spd ma vicina a percentuali che Afd ha già avuto in passato, per poi arretrare. Complessivamente invece i due gruppi europarlamentari delle destre, quelli in cui siedono Lega e Fratelli d’Italia, sostanzialmente confermano il numero di deputati che avevano e sono ben lontani dal risultato con cui speravano di modificare gli equilibri politici continentali.

Lo scenario complessivo è caratterizzato da due tendenze di fondo, in parte contrastanti. La prima è una sorta di ritorno alla normalità. A trionfare, a livello europeo, è stato il Partito popolare. I socialisti sono piuttosto stabili. A perdere in termini di eletti sono soprattutto i Verdi, i centristi di Renew Europe e la sinistra del Gue, rappresentanti di partiti che a livello nazionale hanno a volte occupato il ruolo di terze forze. Potremmo essere di fronte a una chiusura, o almeno una sospensione, del ciclo populista che ha caratterizzato il campo politico europeo (e non solo) negli ultimi vent’anni. Non perché non ci siano più in campo forze politiche, anche consistenti, definibili populiste. Nel senso, invece, che negli anni Duemila a essere populista è stato il campo politico nella sua interezza: senza avere almeno alcuni tratti populisti, difficilmente si intercettava il consenso. Il declino del «populismo di sinistra» mediterraneo (Spagna, Portogallo, Grecia, Francia, per certi aspetti l’Italia con il M5S) è evidente, anche se nel caso di Melenchon sarà da verificare.

D’altra parte quelle populiste sono sempre, ciclicamente, delle fasi, che caratterizzano i sistemi politici quando declinano forme ideologiche e organizzative consolidate e non sono ancora emerse forme nuove. Questo è quanto successo alle sinistre dopo l’89. La destra è invece sempre identitariamente e politicamente riconoscibile, anche quando utilizza il populismo come schermo retorico.

Gli immensi temi e problemi strutturali che caratterizzano lo scenario nazionale, contentale e internazionale (distribuzione della ricchezza e delle risorse, antinomia Occidente/resto del mondo, crisi climatica, guerra, ristrutturazione del capitalismo globale e del sistema delle relazioni internazionali), possono favorire un ritorno a una più classica dialettica sinistra/destra, anche se non è detto, come si vede anche dai risultati elettorali di diverse nazioni europee, che questa debba coincidere con il bipolarismo. Nel contesto europeo diverse sinistre hanno raggiunto buoni risultati anche stando all’esterno delle coalizioni e dei partiti principali.

Dall’altra parte, gli effetti di queste stesse crisi sistemiche, l’astensionismo strutturale e crescente, così come la peculiarità della competizione elettorale europea non permettono di considerare stabile alcuno scenario.

Venendo all’Italia, stiamo vivendo una trama vista altre volte. Quando è all’opposizione il Pd assume una connotazione maggiormente di sinistra. Si riaprono coalizioni larghe, si cerca di mobilitare l’elettorato, si suscitano speranze di cambiamento per sostituire un governo di destra che rende il Paese una terra culturalmente, materialmente e perfino antropologicamente desolata. Questo succede ora con Schlein, è successo prima con Zingaretti, Bersani, Prodi. Ogni volta le speranze suscitate da queste leadership sono state tradite. Anche per questo, pur avendo spesso governato per altra via, il centrosinistra non vince un’elezione nazionale dal ’96.

Vedremo se questa volta andrà diversamente o se, quando arriveranno (perché arriveranno), questa volta il Pd respingerà al mittente i richiami della foresta delle élite. Respingerli implica che Schlein, grazie alla forza ottenuta con l’affermazione elettorale, cambi la stessa funzione politica e sociale avuta fin qui dal suo partito, stravolgendolo.

Non è un tema solo per il futuro. Il centrosinistra italiano continuerà a votare per l’invio di armi in Ucraina? Sosterrà l’economia di guerra proposta da von der Leyen? Resterà fedelmente atlantista? Perché non è escluso il rischio che il Pd, dopo una campagna elettorale basata sulla polarizzazione Meloni-Schlein, in Europa con Giorgia Meloni ci governi.

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I voti a favore sono stati 109, quelli dei senatori della maggioranza; 77 i contrari, di tutte le opposizioni.

 

Il Senato ha dunque approvato in prima lettura la riforma costituzionale che introduce nel nostro ordinamento il principio dell’elezione diretta del premier: ieri pomeriggio i voti a favore sono stati 109, quelli dei senatori della maggioranza; 77 i contrari, i voti di tutte le opposizioni, comprese quelle che non sono scese in piazza. Un elemento questo significativo anche nella lettura istituzionale della riforma. Il ddl Casellati passa ora all’esame della Camera.

NONOSTANTE IL DIBATTITO parlamentare sul premierato duri da oltre sei mesi, e nonostante il testo del ddl Casellati sia cambiato per quattro volte, non cessa lo stupore per questa riforma. Nata – come ha detto enfaticamente ancora ieri Giorgia Meloni – per assicurare stabilità all’esecutivo attraverso l’elezione diretta, essa in realtà tace su questo punto essenziale, enunciandone solo il principio (all’articolo 5), mentre costituzionalizza tutti i possibili meccanismi politici che destabilizzano gli esecutivi (all’articolo 7).

CERTAMENTE può essere attribuita all’imperizia della ministra Casellati parte della responsabilità, ma rimane la benedizione della premier Meloni all’operazione nel suo complesso che, oltretutto, viene messa in capo a Fdi nell’ambito del patto tra i tre partiti di governo. Entrare nel merito della riforma aiuta a capire la mobilitazione che sta suscitando fuori dai Palazzi, non solo da parte dei partiti d’opposizione, ma anche di associazioni, parti sociali e anche costituzionalisti: oltre 100 di loro, di tutti gli indirizzi culturali e tra i più autorevoli in Italia, hanno aderito ieri all’appello di Articolo 21 contro il ddl Casellati.

IL TESTO APPROVATO dal Senato prevede che il Presidente del Consiglio verrà eletto a suffragio universale e diretto dai cittadini italiani e che la sua elezione avverrà «contestualmente» a quella di Camera e Senato, in modo da «assicurare» al vincitore la maggioranza in entrambe i rami del Parlamento. Come verranno eletti, sia il premier, sia il Parlamento, non è dato di sapere: la riforma tace. Con il 50% dei voti, come tutti i capi del governo a elezione diretta, da Macron a Milei? No, a mezza bocca si parla di una soglia attorno al 40%. Alla luce dell’astensionismo al 50% un premier di minoranza (in pratica basterà il 20% degli elettori) avrà in mano non solo le redini del governo, ma anche quelle del Parlamento, che sarà eletto «a traino» e quindi sarà l’estensione di quei comitati elettorali del premier che sono diventati gli attuali partiti personali. E avendo a quel punto in mano anche l’elezione del presidente della Repubblica, dei membri laici del Csm e di cinque giudici costituzionali. «In 20 mesi di governo – ha detto in Aula il capogruppo del Pd, Francesco Boccia – avete fatto 65 decreti legge con 50 voti di fiducia. Non vi basta questo strapotere?». Evidentemente no, evidentemente il modello di Repubblica a cui si mira è quello in cui il governo controllo anche i contrappesi e gli istituti di garanzia. La riforma, ha tuonato Meloni «restituirà ai cittadini il diritto di scegliere da chi essere governati». Meglio sarebbe stato dire «da chi essere comandati».

IN COMPENSO il ddl Casellati costituzionalizza tutti i possibili meccanismi di instabilità. Ad inizio legislatura il premier eletto deve ottenere la fiducia dal Parlamento, ma può essere bocciato una prima volta avendo in tasca una seconda chance. Un modo per incentivare sin dall’inizio della legislatura un braccio di farro tra partiti sulla squadra di governo e perfino a spingere il premier eletto a fare «scouting» per cercare in Parlamento altre maggioranze. E ancora: il premier eletto, in caso di crisi parlamentare o extraparlamentare, può dimettersi e ottenere un nuovo incarico dal Presidente della Repubblica anche cambiando la maggioranza.

COME SI PIEGA questa follia? È figlia del compromesso tra Fdi e Lega, con quest’ultima che è la grande vincitrice, alla luce dell’imminente approvazione definitiva dell’Autonomia differenziata: «A chi ha parlato di scambio tra le riforme, dico che non si chiama scambio ma accordo politico tra forze di maggioranza, che hanno diritto di farlo e che anzi la tengono unita» ha detto il leghista Massimiliano Romeo. Insomma tutto ciò che è estraneo a quel patto è stato e sarà rifiutato, dal soccorso di Italia viva e Matteo Renzi respinto al mittente, al tentativo di chi spera ancora di migliorare il testo alla Camera.

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Opposizioni di sinistra per una volta insieme a Roma. La piazza non è grande ma è piena e chiede un «fronte popolare» contro la destra. Ci sono volute le botte in parlamento e l’attacco alla Costituzione. Ieri il primo sì al premierato, avanza l’autonomia differenziata

OPPOSIZIONI IN PIAZZA. Dobbiamo tenerci strette, noi opposizioni, grida Elly Schlein dal palco di piazza Santi Apostoli. «Basta divisioni», il suo appello alle tante forze che si sono ritrovate insieme per un pomeriggio, […]

Il fronte del No una promessa di alternativa La manifestazione in piazza Santi Apostoli - LaPresse

Dobbiamo tenerci strette, noi opposizioni, grida Elly Schlein dal palco di piazza Santi Apostoli. «Basta divisioni», il suo appello alle tante forze che si sono ritrovate insieme per un pomeriggio, con un campo larghissimo da Rifondazione e Santoro fino ai liberali di +Europa, per dire no al premierato e all’autonomia. Ma soprattutto un secco no ai rigurgiti (post?) fascisti della destra di governo.

Uno strano allineamento di pianeti ha riunito questo arcipelago che alle europee ha preso più voti delle destre, ma che è ben lontano dal darsi il profilo di una coalizione alternativa.
Per il momento si presenta come un fronte «in mobilitazione permanente», dice Schlein, che si prepara a diventare fronte referendario se il premierato completerà i prossimi tre passaggi parlamentari. Un fronte potenzialmente vincente di cui la leader Pd è una potenziale «federatrice», come predisse mesi fa Romano Prodi.

Un primato tra i progressisti che le viene riconosciuto nella scaletta del comizio, a lei tocca l’ultima parola e che, dopo il 24 % alle europee, nessuno osa più mettere in discussione. È lei che oggi ha la maggiore responsabilità di costruzione una coalizione da questa macedonia che si è vista in piazza Santi Apostoli, quella dell’Ulivo del 1996 e poi dell’Unione del 2006, da Mastella a Turigliatto, più o meno la stessa ampiezza di ieri pomeriggio e non andò a finire bene.

Ci voleva Giorgia Meloni, ci volevano le botte al deputato 5S Donno, reo di aver portato un tricolore al ministro Calderoli, con la premier che dal G7 accusa gli esponenti delle minoranze di essere dei «provocatori» per vedere dietro allo stesso palco Vincenzo De Luca e Paola Taverna, Maurizio Acerbo di Rifondazione e l’ex finiano Benedetto Della Vedova, Chiara Appendino e Bobo Craxi. Mentre sul palco parlava Alfonso Gianni dei comitati che nel 2016 dissero no alla riforma Renzi-Boschi, nel backstage c’erano molti pasdaran renziani, da

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APPELLO. I più importanti governanti europei hanno promosso una corsa dissennata a ulteriori riarmi e hanno parlato irresponsabilmente di un possibile conflitto tra l’Europa e la Russia che rischierebbe di deflagrare in un conflitto nucleare

 

Sono in atto due guerre che hanno provocato centina di migliaia di morti. I più importanti governanti europei hanno promosso una corsa dissennata a ulteriori riarmi e hanno parlato irresponsabilmente di un possibile conflitto tra l’Europa e la Russia che rischierebbe di deflagrare in una guerra nucleare.

Un freno a questa follia potrà forse provenire dalle recenti elezioni europee, dalle quali quei governanti sono usciti duramente sconfitti. Sul nostro pianeta esistono, d’altro canto, 13.133 testate atomiche, 50 delle quali sarebbero sufficienti a distruggere l’umanità. Un risveglio della ragione dovrebbe finalmente indurre l’Onu e l’Ue, nate entrambe sul valore della pace, ad assumere iniziative dirette a ottenere la cessazione immediata di tutti i conflitti e, insieme, un accordo per il totale disarmo nucleare. È questo l’Appello delle Città – promosso in tutto il mondo dalla ICAN e approvato da grandi città come Amsterdam, Barcellona, Berlino, Bologna, Ginevra, Helsinki, Hiroshima, Los Angeles, New York, Parigi, Roma, Torino, Toronto, Sydney e Washington – che chiede l’adesione al Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, votato il 7 luglio 2017 da 122 membri dell’Onu, di tutti gli altri Stati, a partire dall’Italia.

Ma sono la produzione e il commercio di tutte le armi da fuoco che devono essere severamente proibite. Costituente Terra invita a condividere una tesi tanto elementare quanto fondamentale: il solo modo di garantire la pace, a parole da tutti auspicata, è la messa al bando globale e totale di tutte le armi tramite un patto che, come stabilisce l’art. 53 del nostro progetto di Costituzione della Terra, preveda e punisca come crimini la loro produzione, il loro commercio e la loro detenzione.

Solo la severa proibizione di tutte le armi può rendere impossibili le guerre, disarmare le formazioni terroristiche e le organizzazioni criminali e ridurre i 460.000 omicidi commessi ogni anno nel mondo per la maggior parte con armi da fuoco. Occorre a tal fine far crescere nel senso comune il riconoscimento della corresponsabilità morale, in ogni guerra e in ogni assassinio, dei produttori e dei venditori di armi. Giacché è da questi produttori di morte che sono armati eserciti, associazioni criminali, bande terroristiche e assassini.

Non si tratta di una proposta utopistica. Si tratta della sola, effettiva garanzia della pace e della sicurezza, sia collettiva che individuale, e dell’unica alternativa realistica a un futuro di catastrofi e di morte. I soli ostacoli sono quelli opposti dai giganteschi interessi delle industrie e del commercio delle armi e dai miserabili poteri politici ad essi asserviti o che di essi si servono a fini di potenza. L’abolizione delle armi produrrebbe il passaggio della società internazionale dallo stato di natura allo stato di diritto, una generale civilizzazione del costume e delle relazioni sociali e la crescita della maturità intellettuale e morale dell’intera umanità.

Il clima di pace che ne seguirebbe favorirebbe lo sviluppo di un processo di rifondazione costituzionale dell’Onu, in grado di far fronte a tutte le altre sfide globali – il riscaldamento climatico e le crescenti disuguaglianze – dalla risposta alle quali dipende il futuro del genere umano.

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RIFORME. Fu provocazione dell’aggredito e non aggressione squadrista. Così Meloni rilegge in chiave tipicamente fascista i gravissimi fatti della Camera. Bene la risposta democratica delle opposizioni in piazza oggi. Quanto accade […]

 Napoli, no all’autonomia differenziata a Piazza Plebiscito - foto da X

Fu provocazione dell’aggredito e non aggressione squadrista. Così Meloni rilegge in chiave tipicamente fascista i gravissimi fatti della Camera. Bene la risposta democratica delle opposizioni in piazza oggi. Quanto accade si spiega anche con i nervi scoperti nella maggioranza dopo lo scossone dato dalle urne europee, in specie per i dati del Sud e dei voti assoluti piuttosto che delle percentuali. Se ne traggono due corollari.

Il primo. No all’inseguimento delle riforme della destra, magari condividendone gli obiettivi e volendo solo temperarne errori o eccessi. È un atteggiamento subalterno e perdente di fronte a Giorgia Meloni, già lanciata in una compagna referendaria e/o elettorale. Riforme condivise sono una illusione. Gli obiettivi della destra sono saldati dallo scambio tra i partner della maggioranza.

Il secondo. Partendo dalle riforme vanno invece costruiti nuovi equilibri politici ed elettorali. Il primo terreno per iniziare la costruzione è inevitabilmente l’autonomia differenziata, che con l’approvazione definitiva del disegno di legge Calderoli passa alla fase di attuazione. La stessa costruzione potrà dare un decisivo contributo anche contro le riforme che seguiranno con tempi più lunghi (premierato, giustizia). I percorsi inevitabilmente si intrecciano, perché il reciproco ricatto tra gli inquilini di palazzo Chigi rimane sempre possibile.

Di quali strumenti disponiamo da subito per l’autonomia differenziata? Il primo è il ricorso in via principale di una o più regioni alla Consulta entro 60 giorni dalla pubblicazione della legge (articolo 127.2). Consente di rispondere all’avvio della fase attuativa dell’autonomia differenziata con un immediato contrasto. La Corte può anche sospendere in tutto o in parte l’atto impugnato.

Va segnalato, sul punto, che l’autonomia differenziata, passando da un regionalismo solidale a un semi-federalismo competitivo, apre a una conflittualità non tra regione e stato, ma tra regioni. Si può ad esempio ipotizzare che una regione voglia privilegiare i “propri” cittadini, o sottrarre ad altre regioni personale qualificato utile nell’economia del territorio, o magari investimenti praticando un dumping sulle regole ambientali.

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Le opposizioni unite in piazza: «No alla violenza della destra»

Beninteso, può accadere già ora. Da ultimo (sentenza numero 67/ 2024) la Corte costituzionale ha censurato una legge del Veneto che per l’accesso alla edilizia residenziale pubblica richiedeva alcuni anni di residenza in regione. Cosa cambia con l’autonomia differenziata? Che la situazione può manifestarsi su scala molto più ampia, mentre si indeboliscono gli strumenti correttivi.

Il punto è bene colto dal presidente della Calabria Occhiuto (Forza Italia) nell’intervista al Corriere della sera del 14 giugno, in cui attacca l’autonomia differenziata nel commercio con l’estero – materia subito devolvibile – come potenziale rischio per la competitività delle regioni del Sud. E basta pensare alle professioni – anch’esse devolvibili – per il possibile accaparramento del personale sanitario.

È uno scenario di competizione interregionale lesiva della «Repubblica una e indivisibile» (articolo 5) in quanto il vantaggio ad alcune regioni viene dal danno ad altre. Uno scenario che la (futura) legge Calderoli non impedisce. Ad esempio, perché le «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia» (articolo 116.3) non si legano a una specificità di territorio dimostrata o dimostrabile. O perché con la devoluzione si riduce l’ambito dei principi fondamentali posti con legge dello stato (articolo 117.3). O perché si richiama l’astratta determinazione, e non la concreta erogazione, dei livelli essenziali delle prestazioni (articolo 117.2). O perché la valutazione collegiale in sede parlamentare e di conferenza può essere pretermessa o disattesa. O perché il regime transitorio privilegia alcune regioni. O perché manca una previa valutazione di impatto, come Occhiuto vorrebbe. Su questo, e altro ancora, si può fondare un ricorso in via principale.

Un secondo strumento è dato dal referendum abrogativo ex articolo 75, forse inammissibile e comunque più lento nei tempi, sul quale torneremo. Intanto diciamo con gli antichi che nomina sunt consequentia rerum. Meloni non può rinominare come provocazione l’aggressione squadrista, o come salute sessuale il diritto all’aborto. Ma sono problemi di Meloni, e non ci toccano. Le riforme della destra avranno un aborto spontaneo a opera del popolo sovrano, per la salus rei publicae

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 Memoria della deportazione dalla stazione di Milano con Liliana Segre Diretta video La senatrice a vita e la Comunità di Sant’Egidio al binario 21 - CorriereTV

«Nel premierato ci sono aspetti allarmanti: non posso e non voglio tacere», aveva detto un mese fa Liliana Segre rispetto alla riforma che il governo Meloni intende approvare al più presto. A quelle parole, oggi, fa seguito l'appello di oltre 180 costituzionalisti, i quali esprimono forte preoccupazione sui punti cardine di questa svolta, che «modifica i cardini della Carta». Qui di seguito pubblichiamo integralmente il testo del documento e di tutte le personalità che lo hanno sottoscritto.

«La nostra Costituzione è un testo che va maneggiato con cura ed è naturale che quest’attenzione debba essere massima da parte di tutti i cittadini nel momento in cui il disegno di cambiamento investa i suoi punti chiave.
Non è frequente che i costituzionalisti, i cultori professionali della Carta, prendano posizione collettivamente sottoscrivendo pubblici appelli. Molti di loro sono più favorevoli a prese di posizione individuali, magari nello spazio più protetto delle aule universitarie o in audizioni o convegni.
Ci sono però dei momenti nella vita di un Paese nei quali il progetto di cambiamento delle regole fondamentali assume un significato preoccupante.
Sono questi i tempi nei quali alcune personalità di altissimo valore morale pur non essendo “addette ai lavori”, sentono la necessità di uscire allo scoperto per denunciare possibili pericoli.
Questo è quanto è avvenuto il 14 maggio di quest’anno, quando la Senatrice a vita Liliana Segre ha chiesto la parola per intervenire nel dibattito sul Premierato che si stava svolgendo nell’Aula del Senato.
Ascoltando quelle parole pronunciate con tanta autorevolezza, molti costituzionalisti e studiosi di diritto pubblico, anche i meno avvezzi a sottoscrivere appelli, hanno deciso non di prendere una posizione autonoma ma di mettersi al fianco di Liliana Segre.
Tutti i timori esposti nell’accorato intervento della Senatrice Segre sono fondati. La creazione di un sistema ibrido, né parlamentare né presidenziale, mai sperimentato nelle altre democrazie, introdurrebbe contraddizioni insanabili nella nostra Costituzione. Una minoranza anche limitata, attraverso un premio, potrebbe assumere il controllo di tutte le nostre istituzioni, senza più contrappesi e controlli. Il Parlamento correrebbe il pericolo di non rappresentare più il Paese e di diventare una mera struttura di servizio del governo, distruggendo così la separazione dei poteri. Il Presidente della Repubblica sarebbe ridotto ad un ruolo notarile e rischierebbe di perdere la funzione di arbitro e garante.
Di fronte a tutto questo anche noi – come la Senatrice – non possiamo e non vogliamo tacere.
Facciamo appello a tutte le forze politiche affinché prevalga l’interesse generale, si ascoltino gli allarmi che autorevolmente sono stati lanciati e si prevengano i pericoli. Finché siamo in tempo».

Qui di seguito le firme (in ordine di adesione) dei costituzionalisti che hanno sottoscritto l'appello:
1. Enzo Cheli (vice Presidente della Corte costituzionale)
2. Ugo de Siervo (Presidente della Corte costituzionale)
3. Gaetano Silvestri (Presidente della Corte costituzionale)
4. Gustavo Zagrebelsky (Presidente della Corte costituzionale)
5. Maria Agostina Cabiddu (Prof. di Ist. di Diritto pubblico - Politecnico di Milano)
6. Vittorio Angiolini (Prof. di Diritto costituzionale - Università degli Studi di Milano)
7. Roberto Zaccaria (Prof. di Diritto costituzionale Università di Firenze)
8. Federico Sorrentino (Prof. di Diritto costituzionale - Università “La Sapienza”)
9. Sergio Bartole (Prof. di Diritto costituzionale - Università di Trieste)
10. Mario Dogliani (Prof. di Diritto costituzionale - Università di Torino)
11. Franco Bassanini (Prof. di diritto costituzionale - Università "La Sapienza")
12. Roberta Calvano (Prof. Diritto costituzionale Unitelma Sapienza)
13. Antonio D’Atena (Prof. di diritto costituzionale - Univ. di Roma "Tor vergata")
14. Mauro Volpi (Prof. di Diritto costituzionale - Università di Perugia)
15. Roberto Romboli (Prof. di Diritto costituzionale - Università di Pisa)
16. Paolo Caretti (Prof. di Diritto costituzionale - Università di Firenze)
17. Antonio Ruggeri (Prof. di Diritto costituzionale - Università di Messina)
18. Paolo Ridola (Prof. di Diritto costituzionale - Università "La Sapienza")
19. Camilla Buzzacchi (Prof. Istituzioni Diritto pubblico – Università Milano Bicocca)
20. Gian Candido de Martin (Prof. di Istituzioni di diritto pubblico - LUISS Guido Carli)
21. Maurizio Pedrazza Gorlero (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Verona)
22. Maria Cristina Grisolia (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Firenze)
23. Massimo Villone (Prof. di Diritto costituzionale – Università Federico II)
24. Francesco Pallante (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Torino)
25. Fulco Lanchester (Prof. di Diritto costituzionale e comparato – La Sapienza)
26. Alfonso di Giovine (Prof. di Diritto costituzionale it. e comp. – Università di Torino)
27. Stefano Grassi ((Prof. di Diritto costituzionale – Università di Firenze)
28. Enrico Grosso (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Torino)
29. Enzo Balboni (Prof. Istituzioni diritto pubblico Università cattolica di Milano)
30. Gianmario Demuro (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Cagliari)
31. Emanuele Rossi (Prof. di Diritto costituzionale – Università Sant’Anna di Pisa)
32. Omar Chessa (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Sassari)
33. Barbara Pezzini Prof. di Diritto costituzionale – Università di Bergamo)
34. Agatino Cariola (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Catania)
35. Giuditta Brunelli (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Ferrara)
36. Saulle Panizza (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Pisa)
37. Matteo Cosulich (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Trento)
38. Andrea Pugiotto (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Ferrara)
39. Giovanna De Minico (Prof. di Diritto costituzionale – Università Federico II)
40. Gaetano Azzariti (Prof. di Diritto costituzionale – Università "La Sapienza")
41. Cesare Pinelli (Prof. di Diritto costituzionale – Università "La Sapienza")
42. Saverio Regasto (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Brescia)
43. Gianni Serges (Prof. di Diritto costituzionale – Università Roma3)
44. Roberto Bin (Prof. di Diritto Costituzionale - Università di Ferrara)
45. Monica Bonini (Prof. di Diritto costituzionale – Università Milano Bicocca)
46. Massimo Carli (Prof. di istituzioni di diritto pubblico – Università di Firenze)
47. Claudio de Fiores (Prof. di Diritto costituzionale – Università della Campania)
48. Pietro Ciarlo (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Cagliari)
49. Ilenia Massa Pinto (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Torino)
50. Paolo Giangaspero (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Trieste)
51. Alessandra Algostino (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Torino)
52. Chiara Tripodina (Prof. di Diritto costituzionale – Università Piemonte Orientale)
53. Paolo Carnevale (Prof. di Diritto costituzionale – Università Roma3)
54. Nicola Grasso (Prof. di Diritto costituzionale - Università del Salento)
55. Marina Calamo Specchia (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Bari)
56. Augusto Cerri (Prof. di Diritto costituzionale - Università "La Sapienza")
57. Andrea Cardone (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Firenze)
58. Anna Mastromarino (Prof. di Diritto pubblico comparato – Università di Torino)
59. Donatella Loprieno (Prof. di Ist. di Diritto pubblico – Università della Calabria)
60. Francesco Bilancia (Prof. di Ist. di Diritto pubblico – Università "La Sapienza")
61. Giovanni Di Cosimo (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Macerata)
62. Margherita Raveraira (Prof. di Istituzioni di Diritto pubblico – Università di Perugia)
63. Laura Ronchetti (Prof. di Diritto costituzionale - Università del Molise)
64. Angelo Schillaci (Prof. di diritto pubblico comparato -– Università “La Sapienza”)
65. Fabio Longo (Prof. di Diritto pubblico comparato - Università di Torino)
66. Anna Alberti (Professore di Ist. di Diritto Pubblico - Università degli studi di Sassari)
67. Angela Cossiri (Prof. di Diritto costituzionale - Università di Macerata)
68. Roberto Pinardi (Prof. di Ist. di diritto pubblico – Università di Modena e Reggio Emilia)
69. Antonio Riviezzo (Prof. di Diritto costituzionale - Università di Siena)
70. Paola Marsocci (Prof. di diritto costituzionale – Università “La Sapienza”)
71. Giovanni Moschella (Prof. di Istituzioni di diritto pubblico – Università di Messina)
72. Antonio Cantaro (Prof. di Diritto costituzionale - Università di Urbino)
73. Giovanni Bianco (Prof. di diritto costituzionale - Università di Sassari)
74. Alessandro Torre (Prof. di Diritto Costituzionale - Università degli Studi di Bari)
75. Tania Groppi (Prof. di Diritto Costituzionale - Università di Siena)
76. Giulio Enea Vigevani (Prof. di Diritto Costituzionale - Università di Milano Bicocca)
77. Giuditta Matucci (Prof. di Diritto Costituzionale - Università di Pavia)
78. Ugo Adamo (Prof. di Istituzioni di diritto pubblico – Università della Calabria)
79. Prof. Quirino Camerlengo (prof. di Diritto costituzionale - Università di Milano Bicocca)
80. Marco Benvenuti (Prof. di Istituzioni di diritto pubblico - Università "La Sapienza")
81. Maria Romana Allegri (Prof. di Ist. di diritto pubblico - Università "La Sapienza")
82. Carla Negri (Prof. di diritto costituzionale - Università di Palermo)
83. Roberto Toniatti (Prof. di diritto costituzionale - Università di Trento)
84. Raffaele Manfrellotti (Prof. di Istituzioni di diritto pubblico - Università Federico II)
85. Gianluca Famiglietti (Prof. di Diritto costituzionale - Università di Pisa)
86. Valeria Piergigli (Prof. di Diritto pubblico comparato - Università di Siena)
87. Antonio Gusmai (Prof. di Istituzioni di diritto pubblico - Università di Bari)
88. Mario Perini (Prof. di Diritto costituzionale - Università di Siena)
89. Simone Scagliarini (Prof. di Ist. di diritto pubblico - Università di. Modena e Reggio Emilia)
90. Laura Lorello (Prof. di Diritto Costituzionale - Università di Palermo)
91. Luciana De Grazia (Prof. di Diritto pubblico comparato - Università di Palermo)
92. Marco Galdi (Professore di Diritto Pubblico - Università di Salerno)
93. Caterina Severino (Professore di Diritto Pubblico comparato - Università di Aix-en-Provence)
94. Alessandra Valastro (Prof. di istituzioni di diritto pubblico – Università di Perugia)
95. Valeria Marcenò (Prof. di Diritto costituzionale - Università di Torino)
96. Cristina Bertolino (Prof. di Istituzioni di diritto pubblico - Università di Torino)
97. Anna Maria Lecis Cocco Ortu (prof. di Diritto pubblico - Sciences Po Bordeaux)
98. Andrea Guazzarotti (Prof. di Istituzioni di diritto pubblico - Università di Ferrara)
99. Gavina Lavagna (Prof. di Istituzioni di diritto pubblico - Università "La Sapienza")
100. Claudio Panzera (Prof. di Diritto costituzionale - Università di Reggio Calabria)
101. Lorenzo Spadacini (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Brescia)
102. Fabrizia Covino (Prof. di Istituzioni di diritto pubblico - Università "La Sapienza")
103. Elisabetta Palici di Suni (Prof. di Diritto pubblico comparato - Università di Torino)
104. Giovanni D'Alessandro (Prof. di Diritto pubblico – Università "Niccolò Cusano")
105. Giuseppe Verde (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Palermo)
106. Paolo Bianchi (Prof. di Diritto pubblico comparato - Università di Camerino)
107. Roberto Scarciglia (Prof. di Diritto pubblico comparato - Università di Trieste)
108. Andrea Pierini (Prof. di Diritto pubblico comparato – Università di Perugia)
109. Ines Ciolli (Prof. di diritto costituzionale – Università “La Sapienza”)
110. Paolo Zuddas (Prof. di Istituzioni di diritto pubblico - Università dell'Insubria)
111. Carlo Bottari (Prof. di Istituzioni di diritto pubblico - Università di Bologna)
112. Fabrizio Politi (Prof. di Diritto costituzionale – Università dell’Aquila)
113. Massimo Siclari (Prof. di Diritto costituzionale – Università Roma3)
114. Paolo Veronesi (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Ferrara)
115. Michela Manetti (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Siena)
116. Eva Lehner (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Siena)
117. Stefania Parisi (Prof. di Diritto costituzionale – Università Federico II)
118. Davide Servetti (Prof. di Diritto costituzionale – Università Piemonte orientale)
119. Elisa Tira (Prof. Istituzioni di diritto pubblico - Università telematica eCampus)
120. Federico Losurdo (Prof. Istituzioni di diritto pubblico - Università di Urbino)
121. Angela Musumeci (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Teramo)
122. Gianluca Bellomo (Prof. di Istituzioni di Diritto Pubblico - Università di Pescara)
123. Cosimo Pietro Guarini (Prof. di Istituzioni di Diritto Pubblico – Università di Bari)
124. Elisabetta Frontoni (Prof. di Diritto costituzionale - Università degli Studi Roma Tre)
125. Antonio D’Andrea (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Brescia)
126. Andrea Deffenu (Prof. di Istituzioni di Diritto pubblico - Università di Cagliari)
127. Antonio Saitta (Prof. di Diritto costituzionale - Università di Messina)
128. Francesco Marone (Prof. di Diritto costituzionale - Università Suor Orsola Benincasa)
129. Luigi D’Andrea (Prof. di Diritto costituzionale - Università di Messina)
130. Francesca Biondi (Prof. di Diritto costituzionale - Università di Milano)
131. Pietro Milazzo (Prof. di Istituzioni di Diritto Pubblico – Università di Pisa)
132. Roberto Cherchi (Prof. di Diritto costituzionale – -Università di Cagliari)
133. Antonio Iannuzzi (Prof. di Ist. di Diritto Pubblico- Università degli Studi Roma Tre)
134. Riccardo Guastini (Prof. Filosofia del diritto – Università di Genova)
135. Luigi Condorelli (Prof. di Diritto internazionale – Università di Firenze)
136. Enzo Varano (Prof Diritto Comparato, Università di Firenze)
137. Auretta Benedetti (Prof. di Diritto amministrativo – Università Milano Bicocca)
138. Francesca Angelini (Prof. di Diritto pubblico – Università "La Sapienza")
139. Stefania Baroncelli (Prof. di Diritto pubblico – Università di Bolzano)
140. Armando Spataro (magistrato)
141. Barbara Marchetti (Prof. di Diritto amministrativo - Università degli Studi di Trento)
142. Michelangela Scalabrino (Prof. di Diritto internazionale – Università cattolica del S. Cuore)
143. Lorenzo Chieffi (Prof. di Diritto costituzionale – Università della Campania Luigi Vanvitelli)
144. Raffaella Niro (Prof. Istituzioni di diritto pubblico - Università di Macerata)
145. Alessia-Ottavia Cozzi (Prof. Istituzioni di diritto pubblico - Università degli studi di Udine
146. Alessandra Di Martino (Prof. di Diritto pubblico comparato - Università “La Sapienza”)
147. Marco Cuniberti (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Milano)
148. Andrea Lollo (Prof. Diritto costituzionale – Università di Catanzaro)
149. Ferdinando Pinto (Prof. di Diritto amministrativo – Università Federico II)
150. Giuseppa Sorrenti (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Messina)
151. Paolo Scarlatti (Prof. di Diritto costituzionale - Università Roma Tre)
152. Andrea Gratteri (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Pavia)
153. Stefano Agosta (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Messina)
154. Giovanni Guiglia (Prof. di Diritto costituzionale - Università di Verona)
155. Giacomo D’Amico (Prof. di Diritto costituzionale - Università di Messina)
156. Claudio Rossano (Prof. di Diritto pubblico - Università “La Sapienza”)
157. Veronica Federico (Prof. di Diritto pubblico comparato - Università di Firenze)
158. Giusto Puccini (Prof. di istituzioni di Diritto pubblico - Università di Firenze)
159. Benedetta Liberali (Prof. di Diritto costituzionale – Università Statale di Milano)
160. Giancarlo Antonio Ferro (Prof. di diritto costituzionale - Università di Catania)
161. Michele Della Morte (Prof. di diritto costituzionale - Università del Molise)
162. Elena Malfatti (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Pisa)
163. Adriana Apostoli (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Brescia)
164. Antonio Ignazio Arena (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Messina)
165. Maurizio Malo (Prof. di Istituzioni di diritto pubblico – Università di Padova)
166. Arianna Carminati (Prof. di Istituzioni di diritto pubblico – Università di Brescia)
167. Nadia Maccabiani (Prof. di Istituzioni di diritto pubblico – Università di Brescia)
168. Emma Imparato (Prof. di Istituzioni di diritto pubblico – Università l’Orientale di Napoli)
169. Nicola Pignatelli (Prof. di Istituzioni di Diritto Pubblico - Università di Bari)
170. Anna Marzanati (Prof. di Diritto Pubblico - Università di Milano – Bicocca)
171. Antonio Mastropaolo (Prof. di Istituzioni di diritto pubblico - Università della Valle d’Aosta)
172. Paola Torretta (Prof. di Diritto Costituzionale - Università di Parma) 173. Carlo Casonato (Prof. di diritto costituzionale comparato - Università di Trento)
174. Daniele Chinni (Prof. di Istituzioni di diritto pubblico - Università degli Studi Roma Tre)
175. Federico Girelli (Prof. di Diritto Costituzionale - Università Niccolò Cusano)
176. Luigi Ventura (Prof. di Diritto Costituzionale - Università di Catanzaro)
177. Rossana Caridà (Prof. di Istituzioni di diritto pubblico - Università di Catanzaro)
178. Elena Bindi (Prof. di Istituzioni di diritto comparato - Università di Siena)
179. Carlo Amirante (Prof. di Diritto costituzionale – Università Federico II)
180. Guido Rivosecchi (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Padova)
181. Andrea Pertici (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Pisa)
182. Francesco Dal Canto (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Pisa)
183. Enrico Cuccodoro (Prof. di Diritto costituzionale – Università del Salento)
184. Astrid Zei (Prof. di diritto costituzionale italiano e comparato - Università “La Sapienza”)
Sottoscrivono l’appello:
L’associazione "Passione Civile con Valerio Onida" (Coord. Scientifico prof. Antonio D’Andrea)
Associazione studentesca Politeia (di Palermo – Laura Ronchetti)

 

 

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