Elezioni regionali Il risultato è una democrazia in crisi: resta il guscio della sfida - campagna elettorale, promesse, polemiche, maratone - ma non c’è alcuna vera delega
Seggi vuoti in Umbria – LaPresse
Per le Regioni che si immaginano come Stati, competenti su tutto e proprietarie di tutte le risorse, secondo il progetto di Autonomia fermato dalla Corte costituzionale ma non per questo abbandonato dalla destra, ormai non vota quasi più nessuno.
Questo è il primo dato che le elezioni di ieri in Emilia Romagna e Umbria non confermano rispetto alle precedenti cinque regionali di quest’anno: alle urne va solo un elettore ogni due. Almeno quando va bene, altrimenti è anche peggio, come ieri in Emilia Romagna dove il crollo è stato verticale: tra le ultime elezioni e quelle di domenica e lunedì sono spariti altri 700mila elettori (come il totale degli abitanti di Bologna, Parma e Piacenza).
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Emilia-Romagna, valanga De Pascale: «Ora Meloni collabori»L’astensione ha motivazioni sia profonde – debolezza dei partiti, sfiducia nella capacità delle politica di risolvere i problemi, proposte al tempo stesso non credibili e non radicali – sia contingenti – voto in inverno e, nel caso dell’Emilia Romagna, scarsa contendibilità. Il risultato è una democrazia in crisi: resta il guscio della sfida – campagna elettorale, promesse, polemiche, maratone – ma non c’è alcuna vera delega. Per fare solo un esempio, la Lega in Emilia Romagna dopo le elezioni di quattro anni fa poteva parlare a nome di 20 elettori ogni 100, oggi ne rappresenta appena 2.
Su queste macerie sorride il Pd. Il Pd più che il centrosinistra, entità in perenne via di formazione malgrado ogni passaggio elettorale confermi l’ovvio: una forma di unità è la strada obbligata per battere la destra nelle urne. I numeri dicono che, giocando in casa, il Pd è da solo la quasi totalità del centrosinistra: in Umbria vale sei volte la seconda lista della coalizione, in Emilia Romagna otto volte.
Una conferma dello schema «tronco più cespugli» che è anche conseguenza della polarizzazione dello scontro tra Meloni e Schlein. Una tendenza al ritorno del bipolarismo che non è nuova e che naturalmente non piace per niente ai più piccoli alleati. Conte e 5 Stelle per primi, il cui crollo elettorale continua voto dopo voto e che per questo rappresenta un problema anche per Schlein. Da quella parte si aspetti nuova concorrenza e altra ostilità.
Per fortuna della segretaria del Pd, il fenomeno del partito mangia-alleati si replica dall’altra parte, con la lista di Meloni a svolgere il ruolo di quella di Schlein. E con tutte le tensioni interne che questo squilibrio sta già producendo, e che può ancora aumentare, in una coalizione che deve (dovrebbe) tirare avanti a governare. Non è l’unica buona notizia per Schlein, visto che l’Umbria chiude l’anno delle regionali con la stessa nota positiva con cui era cominciato a febbraio in Sardegna: un’altra regione riconquistata dalla destra. In mezzo solo delusioni, dunque è un bel sospiro di sollievo. Ma è un sospiro e basta.