La lettera delle associazioni ambientaliste al Presidente Conte e ai membri dell’esecutivo.
Se FCA vuole accedere al prestito di 6,3 miliardi di euro a tasso agevolato e garantito dallo Stato, deve impegnarsi a creare in Italia una catena di valore della mobilità elettrica, per assicurare la competitività dell’industria automobilistica italiana e della sua forza lavoro negli anni a venire.
È quanto sostengono alcune associazioni ambientaliste – Transport & Environment (T&E), Legambiente, Kyoto Club, Greenpeace Italia, WWF Italia e Cittadini per l’Aria, Campagna Sbilanciamoci! – in una lettera inviata al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e ad altri membri dell’esecutivo.
Secondo le organizzazioni firmatarie del documento, oggi FCA è l’unica casa automobilistica europea a non aver ancora messo sul mercato europeo alcun veicolo elettrico. La società presieduta da John Elkann, continua la lettera, ha dovuto ricorrere al pool con un costruttore esterno al suo gruppo, Tesla, costato €1,8 miliardi per evitare multe ancora più corpose dovute al mancato rispetto del target dei 95grCO2/km entrato in vigore quest’anno, ma approvato oltre 10 anni fa.
Questo, insieme alla delocalizzazione della produzione europea fuori dall’Italia, ha significativamente indebolito la competitività italiana dell’industria dell’auto. Allo stato attuale, l’Italia rischia seriamente di non avere alcun ruolo da giocare in quella che rappresenta una delle principali rivoluzioni industriali del secolo: la mobilità elettrica, con serissime ricadute sul nostro sistema economico, sociale ed ambientale.
Certo, per le associazioni green i recenti investimenti (1,7 miliardi di euro) di FCA nelle fabbriche italiane per la produzione di veicoli ibridi plug-in e veicoli elettrici, come la nuova versione della Fiat 500e, vanno “nella giusta direzione”; tuttavia, non sono sufficienti “per assicurare la creazione di un polo italiano della mobilità elettrica”.
Si richiede poi ai contribuenti italiani di sostenere FCA nell’emergenza. Ma va evidenziato che FCA è una società che attualmente non ha la sede principale in Italia, e di conseguenza paga solo una piccola parte delle sue tasse societarie totali in questo paese. La concessione di un prestito a tasso agevolato e garantito dallo stato comporta un rischio significativo per i contribuenti, nessuna garanzia in caso di insolvenza a fronte di alcun vantaggio nell’eventualità (certamente desiderabile) che FCA ne tragga alti profitti.
In conclusione, le organizzazioni firmatarie avanzano alcune condizioni minime che la società automobilistica dovrebbe rispettare per ottenere il prestito richiesto. In primo luogo, FCA deve impegnarsi a garantire che la produzione europea di auto elettriche sia raddoppiata per il 2023, 2024, 2025 e che questa avvenga interamente in Italia; deve mettere fine alla produzione di auto fossili “non più tardi del 2025”; deve garantire che il 100% della produzione europea dei propri veicoli elettrici avvenga interamente in Italia almeno fino al 2025; deve mantenere i livelli occupazionali attuali e indirizzarli verso l’elettromobilità; deve destinare almeno l’80% del budget ricerca e sviluppo alla catena di valore dei veicoli elettrici o a joint ventures per la produzione di celle agli ioni di litio; deve facilitare la creazione di una gigafactory italiana per la produzione di celle di batterie sostenibili, unendosi a consorzi con i produttori di batterie seguendo l’esempio dei principali produttori europei e acquistando le batterie prodotte in Italia per i propri veicoli elettrici.
“Se il gruppo FCA chiede aiuto allo Stato italiano” conclude il documento, “allora deve garantire che in Italia avvenga la trasformazione industriale di cui il Paese ha bisogno per essere al passo con i tempi, compatibilmente agli impegni climatici e alle sfide industriali, economiche e sociali in atto”.
Sabato 13 Giugno alle 19 presso piazza del Popolo, anche a Ravenna manifesteremo in solidarietà e vicinanza alle manifestazioni negli Usa e per esprimere il nostro forte no contro ogni tipo di razzismo e ogni tipo di discriminazione.
Da diversi giorni gli Stati Uniti, infatti, sono attraversati da una delle proteste più imponenti della loro storia recente: l'omicidio di George Floyd commesso da quattro poliziotti bianchi ha fatto esplodere la rabbia delle comunità oppresse dalla violenza suprematista e dal razzismo strutturale che hanno caratterizzato molti momenti della storia degli Usa (e non solo), e che vedono un preoccupante ritorno. Si tratta di una mobilitazione trasversale, che sta organizzando la solidarietà di tanti strati della popolazione americana, dalle minoranze afroamericane e ispaniche che chiedono verità e giustizia per le vittime degli abusi di potere agiti dalle forze dell'ordine, ai tanti cittadini e alle tante cittadine che vogliono allearsi con queste comunità nella lotta per l'uguaglianza. La durezza che ha caratterizzato alcune di tali manifestazioni trova una spiegazione in una rabbia troppo a lungo repressa.
Una mobilitazione molto più vasta , che coinvolge molti settori della società americana, vuole opporsi alle politiche di disuguaglianza promosse dal presidente Trump, riconquistare dignità e diritti negati e affermare la giustizia sociale.
Quanto sta accadendo in questi giorni in Usa tocca e parla direttamente all’Europa e all’Italia. C’è una linea rossa che accomuna la lotta contro il razzismo e le disuguaglianze negli Usa con quella contro le condizioni dei cittadini stranieri, dei migranti e delle migranti che vivono in Europa e nel nostro Paese, lasciati sopravvivere in condizioni di povertà e marginalità sociale: infatti, in tanti e in tante vivono e lavorano nel territorio e nelle città italiane, ma a tutti loro non sono ancora riconosciuti i diritti che loro spettano, vivendo così sulla propria pelle le conseguenze dell'irregolarità e del vento e del razzismo anche istituzionale che anche nel nostro ha portato a una sempre più esclusione e discriminazione di queste persone dal contesto sociale e culturale in cui vivono, lavorano, a cui danno il loro contributo.
Questo problema politico e culturale, alimentato da atteggiamenti intolleranti che rompono ogni idea di solidarietà, inclusione e equità, ostacola la piena attuazione dei diritti sociali e dell’uguaglianza sanciti dalla nostra Costituzione.
Il razzismo e l’intolleranza sono dei fiumi carsici che riemergono, in diversi contesti, ma a tutte le latitudini, scaricandosi e colpendo chi rappresenta ciò che è “diverso” per colore della pelle, sesso, fede, lingua, orientamento sessuale o di genere.
Solo una società giusta, inclusiva e quindi solo così coesa, garantisce realmente , il benessere di tutta una comunità: la divisione, il mettere l’uno contro l’altro, il sostenere scale di priorità con slogan che mettono prima qualcuno di qualcun altro, non fanno altro che creare uno scontro sociale che favorisce e fa germinare il seme dell’intolleranza, dividendoci quando invece è proprio l’unità nelle nostre differenze a renderci più forti.
Se il razzismo e ogni tipo di discriminazione sono il problema, la soluzione non può che essere una: uscire dal silenzio e partecipare, riempire le piazze per cambiare le coscienze e per dire che, solo insieme, è possibile costruire una comunità aperta, tollerante, solidale, che funziona per tutti.
L'iniziativa sarà svolta nel pieno rispetto delle norme di distanziamento fisico, per garantire la tutela della salute come bene primario, con rispetto e responsabilità nei confronti dell’impegno che tutti e tutte noi abbiamo svolto, e continuiamo a svolgere, insieme all’intero Paese, nella lotta contro il virus.
Promuovono l’iniziativa:
ANPI
Amensty
Arci
Arcigay
Articolo Uno
ASEF
Associazione LIFE
Associazione Romania Mare
Associazione SOS Donna
Associazione Terra Mia
Auser Ravenna
Avvocati di strada
Casa delle Donne Ravenna
Centro Antiviolenza di Faenza
Cgil
Cisl
Uil
Coalizione italiana contro la pena di morte
Comitato “Rompere il silenzio”
Comitato cittadino antidroga
Comitato in difesa della Costituzione Ravenna
Consulta Provinciale Antifascista
Donne In Nero
Emilia-Romagna Coraggiosa
FemminileMaschilePlurale Ravenna
Forum marocchino internazionale della gioventù nazionale
Fridays For Future
Gruppo amici di Lourène
Italia Viva
Libera
Movimento Federalista Europeo
Non Una Di Meno Ravenna
Overall Faenza Multiculturale
Partito Democratico
Potere al popolo
Ravenna in Comune
Refugees Welcome Ravenna
Rete civile contro il razzismo e la xenofobia
Rifondazione Comunista Ravenna
Sardine
Sinistra italiana
Sinistra per Ravenna
Universirà
Villaggio Globale
Volt
Servono progetti ben fatti ma no a veti a priori
Legambiente interviene nel dibattito scaturito sulla proposta di impianto eolico al largo di Rimini
Non si rinunci a questa tecnologia essenziale per combattere il cambiamento climatico
Se non si interviene con urgenza sul clima, anche le spiagge dell'Emilia Romagna rischiano di scomparire, e con esse anche l'economia turistica. Per questo, secondo Legambiente, occorre aprire la riflessione su tutte le tecnologie di energie rinnovabili possibili sul territorio, a cominciare dall'eolico off-shore.
Inoltre, in vista dell’ormai necessario programma di decommissioning delle piattaforme estrattive inattive e vista la crisi del settore Oil and Gas affiancata dalle esigenze imposte dalla Crisi Climatica, è quanto mai necessario progettare il futuro del settore energetico dell’Alto Adriatico, riconvertendo aziende e lavoratori.
Queste le premesse da cui partire rispetto alla proposta di progetto su cui si è acceso il dibattito e relativa ad un parco eolico davanti alle coste di Rimini.
L'impianto, costituito da 59 aereogeneratori, verrebbe installato dai 10 ai 22 km dalla costa riminese per una produzione complessiva di 330 mega voltampere all’ora.
Secondo l’Associazione, la proposta di eolico offshore potrebbe essere un elemento importante per il settore energetico del territorio, oltretutto facilitato dalla caratteristiche del fondale del mar Adriatico che consente di installare gli impianti anche a distanze dalla costa considerevoli, oltre alle caratteristiche di ventosità che se è vero non essere delle più rilevanti, qualitativamente però risulta avere caratteristiche di direzionabilità quindi costanti.
Già l’anno scorso in occasione della tappa a Rimini di Goletta Verde Legambiente ha presentato delle proprie proposte per la riconversione del settore estrattivo e la possibilità di sviluppo di un parco eolico da parte di alcuni attori del settore, era stata accolta positivamente. Vedi il dossier scaricabile al LINK.
“L’Emergenza Climatica ci deve portare a fare i conti con la necessità di incrementare rapidamente la quota di rinnovabile per far fronte agli obiettivi europei, nazionali e regionali sul taglio delle emissioni climalteranti. Ben vengano proposte per la realizzazione di impianti rinnovabili purché si facciano tutte le necessarie considerazioni in questo caso sugli impatti relativi al paesaggio ed all’ecosistema marino anche in relazione ad impianti estrattivi presenti nelle aree limitrofe”.
A questo proposito, Legambiente monitorerà la fase di Valutazione di Impatto Ambientale del progetto e se necessario riporterà le proprie osservazioni e considerazioni.
“Non dimentichiamoci comunque, che rispetto alle attività di estrazione di idrocarburi la pressione antropica di un parco eolico è ben differente, oltre ad avere impatti positivi sugli obiettivi climatici. Oltretutto ci contraddistinguerebbe positivamente parallelamente alle altre realtà virtuose del Nord Europa.”
L’Associazione conclude quindi invitando a non costruire un fronte di contrarietà netta rispetto a questo genere di progetti, ma piuttosto una apertura a valutare con oggettività i limiti e le opzioni di miglioramento per ridurre le criticità ambientali conseguenti. Nella speranza di avere più parchi eolici “fatti bene” nei nostri mari e meno piattaforme estrattive.
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Il necessario “distanziamento sociale” impone a tutti nuovi comportamenti, anche nei modi di muoversi e di vivere la città. Da qui il timore verso l'utilizzo di mezzi pubblici ed il rischio che si tenda maggiormente all'uso individuale dell'auto privata, per maggiori spostamenti verso le zone centrali, mentre l'emergenza sanitaria ci dice che serve più spazio nelle città, anche per l'attività dei negozi e dei locali pubblici.
Bisognerà ripensare anche gli orari della città, dell'apertura dei servizi, degli orari di lavoro, per evitare congestione e traffico nelle ore di punta, coinvolgendo i cittadini, le associazioni di categoria, le Organizzazioni Sindacali.
Per questo è bene che i trasporti pubblici, su gomma e su ferro, svolgano una funzione ancora più importante, che le imprese che gestiscono tali servizi non subiscano il peso delle restrizioni impartite dall'attuale emergenza sanitaria e non tendano a compensare le relative perdite economiche con una riduzione delle corse e/o aumento dei costi a carico degli utenti.
Pensiamo che a livello locale sia necessario valorizzare, ed eventualmente implementare, i servizi navetta (esempio Green Go Bus), il trasporto scolastico e quello degli autobus, con la possibilità di mettere maggiormente a sistema i servizi a livello territoriale dell'Unione dei Comuni, forniti da pullman e rete ferroviaria: dalla tratta Firenze – Faenza – Ravenna, ai collegamenti possibili dalla stazione di Castel Bolognese.
In questo contesto l'uso della bicicletta, che già fa parte delle tradizionali abitudini di chi vive nel nostro territorio, è parte importante di un sistema combinato per una mobilità di prossimità, necessaria per garantire spostamenti per brevi distanze.
Per questo sono importanti le prime iniziative per il rilancio della mobilità ciclabile, come l'installazione già avvenuta di postazioni di gonfiaggio per le bici e la campagna #andràtuttinbici, ideata dalla Consulta Comunale della Bicicletta di Bologna, rilanciata a Faenza da Legambiente, FIAB e dai ragazzi dei Fridays For Future.
Per estendere il più possibile nei centri abitati la mobilità dolce (bicicletta, micro-mobilità elettrica, oltre che a piedi) sono però necessarie misure immediate per aumentare percorsi ciclabili, anche temporanei; ridurre la velocità le auto in alcune zone; promuovere un uso più agevole delle biciclette pubbliche condivise, (in prospettiva da estendere anche ad altri mezzi, auto elettriche, e-bike, scooter elettrici e monopattini); oltre che avviare la sperimentazione del progetto Bike to Work, (già approvato all'unanimità dal Consiglio Comunale di Faenza) che prevede incentivi per chi sceglie di recarsi al lavoro in bicicletta.
Per questi interventi, sia da parte del Governo che della Regione, sono previsti contributi per le Amministrazioni Pubbliche e incentivi per gli abbonamenti ai mezzi pubblici e all'acquisto di biciclette e mezzi analoghi per i cittadini, queste opportunità vanno assolutamente colte subito.
Sarà il modo migliore per affrontare l'uscita dall'emergenza, non guardando al passato, ma per implementare le misure che dovranno essere previste nel futuro Piano Urbano per la Mobilità Sostenibile (PUMS), sul quale ci riserviamo di inviare le nostre osservazioni.
Noi, che ci siamo già occupati di queste tematiche in tempi normali, a maggior ragione oggi chiediamo che le Amministrazioni locali prendano misure coerenti e promuovano comportamenti sostenibili, affinché “la ripartenza” sia aiutata da una politica nuova e diversa da prima.
Faenza, 4 giugno 2020
L’ALTRA FAENZA; ARTICOLO UNO FAENZA; MOVIMENTO 5 STELLE; VERDI EUROPA; PSI FAENZA
Dichiarazione congiunta delle segreterie generali di Fp-Cgil; Cisl-Fp; Uil Fpl dell’Emilia Romagna su sistema sanitario regionale
Circolano ipotesi per recuperare le prestazioni non erogate durante l’emergenza COVID 19 attraverso il coinvolgimento del privato convenzionato e accreditato, anche non convenzionato. Questo anche in relazione alla riduzione dei posti letto della sanità pubblica nell’area metropolitana di Bologna che devono essere oggetto di confronto approfondito con la conferenza socio sanitaria territoriale, come già evidenziato da CGIL, CISL e UIL.
Riteniamo assolutamente negativa, in questo momento, qualsiasi ipotesi di ulteriore collaborazione con la sanità privata, visto il trattamento che queste Aziende stanno riservando ai loro dipendenti. Sono Aziende che non rinnovano il contratto collettivo nazionale di lavoro da 14 anni, sottraendosi ad un confronto già concluso con la scusa dell’emergenza e cercando di avvantaggiarsi indebitamente per acquisire un ulteriore spazio e peso nel nostro sistema sanitario.
Riteniamo assolutamente negativa, in questo momento, qualsiasi ipotesi di ulteriore collaborazione con la sanità privata, visto il trattamento che queste Aziende stanno riservando ai loro dipendenti. Sono Aziende che non rinnovano il contratto collettivo nazionale di lavoro da 14 anni, sottraendosi ad un confronto già concluso con la scusa dell’emergenza e cercando di avvantaggiarsi indebitamente per acquisire un ulteriore spazio e peso nel nostro sistema sanitario.
E’ ora di dire basta! Le Aziende della sanità privata rinnovino il Contratto Nazionale di Lavoro, senza se e senza ma, riconoscendo ai propri lavoratori il medesimo livello economico dei loro colleghi che lavorano nel pubblico.
La sanità privata deve dimostrare che oltre al profitto ha a cuore i propri dipendenti, deve dimostrare che vuole essere un soggetto che vuole collaborare e non scardinare il sistema pubblico. E questo lo si fa con i fatti.
Ribadiamo dunque il nostro appello: senza il rinnovo del Contratto Nazionale la Regione del Patto per il Lavoro, l’Emilia – Romagna, non può cedere parte della sanità pubblica, anche temporaneamente, a chi si sta dimostrando insensibile da 14 anni ai legittimi diritti delle lavoratrici e dei lavoratori. Non si danno risposte ai cittadini peggiorando le condizioni del lavoro».
Bologna, 27 maggio 2020
l progetto di iniziare un hub di discussione e comunicazione tra cittadini e associazioni e’ nato in seguito al successo che ha avuto l’appello “Basta con gli agguati!” pubblicato il primo maggio su Il Manifesto e il giorno successivo su Strisciarossa.
L’appello ha avuto 20.000 firme in pochissimi giorni. Questa intensita’ e quantita’ ci hanno convinti — Antonio Floridia, Alfio Mastropaolo, Manuel Anselmi, Giuliana Sias ed io — che vi era un’esigenza di “parola” e di “partecipazione”, di rispondere a chi come cittadino ha potere formale ma con scarsa o nulla potenza espressiva.
Il nostro obiettivo con questo hub e’ di essere uno spazio di discussione sui temi piu’ pressanti e importanti nel tempo post-Covid. Se i pochi potenti hanno un enorme potere di voce — con leader politici schierati e con media acquisiti– i cittadini hanno grande numero ma scarsissima intensita’ di voce.
Non e’ pensabile che solo le maree in piazza siano la nostra voce; noi vogliamo discutere e partecipare alle decisioni con la nostra opinione ragionata, e lo vogliamo fare da protagonisti, non da cittadini di serie B.
E’ questa la ragione che muove Tempocomune.org — rifiutando di ridurre la politica a caciare da talk-show, esercizi spesso offensivi della ragione e della dignita’ di cittadinanza.