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Un programma di dismissione delle piattaforme e la realizzazione di impianti rinnovabili offshore come l’eolico è quello che serve per affrontare le esigenze climatiche e quelle occupazionali

 Alla Regione, Legambiente torna a chiedere di presentare una strategia di indirizzo per le scelte energetiche della costa e per la riconversione del distretto. "Il Patto per il lavoro non affronta il tema?"

 E’ di questi giorni la suggestione di Eni di rendere il distretto ravennate un polo mondiale per lo stoccaggio dell’anidride carbonica, nel sottosuolo. Un tema che sembra riscontrare gli interessi delle amministrazioni locali e che rinfocola il dibattito sul futuro energetico dell'Alto Adriatico, assieme a quello sugli impianti eolici. Purtroppo in totale assenza di una strategia chiara del Governo e della Regione sulla green economy di questi settori.

Nel merito delle proposta di ENI Legambiente interviene chiarendo che l'idea dello stoccaggio della CO2 sia fuori dal tempo, non dia garanzie di fattibilità tecnica di lungo periodo oltre che economica. Non è nemmeno in linea con la radicalità degli interventi necessari per fermare la crisi climatica con produzione di energia verde, innovazione, efficienza e risparmio energetico. Secondo l’associazione la priorità dovrebbe essere quella di produrre energia pulita e non di investire grandi quantità di energia nel confinamento della CO2 senza intervenire efficacemente sulla riconversione del settore Oil&Gas e la tutela dei posti di lavoro.

“Non ci siamo proprio. Stiamo parlando dell’unico grande progetto energetico che il premier Giuseppe Conte ha citato durante gli Stati Generali dell’economia a Roma e questo la dice lunga sulle preoccupazioni cha abbiamo rispetto al Piano per il rilancio che il Governo dovrà presentare in Europa a settembre per spendere 170 miliardi di euro di Recovery Fund“- sottolinea Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente.

 E’ impossibile pensare di risolvere l’emergenza climatica senza intervenire alla radice. Seppur in condizioni emergenziali come queste, l’operazione di confinamento potrebbe richiedere investimenti energetici proibitivi. Puntando sul rinnovabile e sulla riconversione ecologica ci sarebbero invece maggiori certezze sui risultati. Ci sono già diversi interventi da mettere in campo, a partire dai cantieri per la dismissione delle piattaforme estrattive che vedono al momento in Adriatico possibili interventi su 34 impianti (di cui 25 di Eni) e puntando sulle opportunità derivanti da impianti eolici offshore. Cantieri ben più concretizzabili e appetibili per le aziende del settore, già in crisi da anni.

Legambiente ricorda che è recente la proposta di un impianto da più di 300 MW tra Rimini e Riccione, oltre all’interessamento per proposte progettuali anche davanti alle coste ravennati. Sarebbe dunque il momento di avviare un reale confronto istituzionale sulle opportunità di questa tecnologia e su come avviarla. Viceversa al momento va riscontrata l'assenza della Politica nel definire un quadro di riferimento per i privati nè una direzione di marcia: il Piano Energetico regionale vigente non fa i conti con la tecnologia dell'eolico a mare, e il Patto per il lavoro non sembra avere affatto aperto il capitolo.

“E’ insufficiente rimanere a guardare gli interventi proposti dai privati sul rinnovabile. Servono posizioni forti e decise per indirizzare le scelte delle politiche energetiche del territorio. In questo senso ci appelliamo nuovamente all’assessorato regionale per la Green Economy affinché si apra al più presto la discussione sulla progettazione delle politiche di indirizzo che consentirebbero di fare veramente la differenza  sul futuro del settore energetico della regione. E’ necessario integrare al più presto gli obiettivi del Patto per il Clima con quelli del Patto per il Lavoro e uscire finalmente dall’era del fossile venendo incontro agli obiettivi climatici. Non è più possibile che quando si parla di lavoro le posizioni chiare arrivino solo sulla realizzazione di autostrade o sulla sospensione della Plastic Tax” – conclude Lorenzo Frattini, presidente di Legambiente Emilia-Romagna.

Bologna 24 giugno 2020

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Ufficio Stampa - Legambiente Emilia Romagna
Via Massimo Gorki, 6 - 40128 Bologna
Tel: 051-241324
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E-mail: ufficiostampa@ Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Web: www.legambiente.emiliaromagna.it

SCUOLE APERTE AL FUTURO

Torino, piazza Castello invasa da genitori e insegnanti: "Priorità alla scuola"

     
     
     

La scuola è l’officina in cui si forgia e si costruisce il nostro futuro e quello della nostra società ed è un ecosistema dall’equilibrio fragile e complesso. Lo stop della didattica in presenza e la chiusura dei plessi scolastici hanno messo in evidenza i punti di forza e le criticità di questo sistema che lega in modo indissolubile tutti i tasselli della comunità.

Questi mesi di didattica a distanza per alunni e docenti e di smart working per le segreterie hanno spostato gran parte del peso organizzativo sulle spalle delle famiglie. Nasce da qui l'urgenza di provare a immaginare la scuola di domani, alla luce della pandemia e delle nuove esigenze che da questa derivano.

È urgente riaprire in sicurezza gli ambienti scolastici aumentando significativamente le risorse destinate al sistema scuola (al 5% del bilancio comunale), in sinergia con la Provincia che gestisce molti immobili delle secondarie. Aprendo nuovamente le scuole, rendendone accessibili gli spazi esistenti e recuperandone di nuovi attingendo dal patrimonio pubblico esistente. Assumendo pediatri, in sinergia con Asl, che assicurino presenza continua durante l'apertura della scuola per bambini dai 3 agli 11 anni, compreso il tempo pieno e organizzando un punto sanitario preferenziale e diretto per studenti con problematiche diagnosticate.

Autonomia scolastica non significa autosufficienza, ma relazione proficua e continuativa con il proprio specifico contesto sociale immaginando nuove forme di partecipazione e collaborazione anche al di fuori degli organi collegiali interni alla scuola.

Secondo noi è qui che il patto sociale deve trovare risposte finora mancanti o sporadiche e parziali. Perché allora il Comune non potrebbe chiamare allo stesso tavolo scuole, realtà associative che ruotano intorno al mondo scuola, cooperative del settore dell’educazione e singoli cittadini per cercare spazi in cui bambini e ragazzi al pomeriggio possono trovarsi in ambienti tranquilli e dedicati per svolgere i compiti e studiare in modo guidato e cooperativo?

E se, malauguratamente, la didattica a distanza dovesse continuare, perchè non fornire loro spazi in cui poterla svolgere in tranquillità e sempre seguiti da educatori, docenti in pensione, volontari?

Inoltre mettere in piedi un coordinamento snello con le scuole secondarie per favorire rapporti con tutte le istituzioni culturali della città (biblioteca, musei, scuola di musica “G. Sarti”, scuola di disegno “Tommaso Minardi”), con l'Università, l'associazionismo sportivo e con il mondo del lavoro darebbe ulteriore spinta innovativa alla vita culturale ed economica della città.

Per continuare il percorso di miglioramento ambientale diffuso della nostra città e la sua conversione ecologica, proponiamo che vengano favoriti e sostenuti nuovi progetti aggiornati di sensibilizzazione ed educazione ambientale.

Per fare questo e per poter ripartire in sicurezza e con maggiori spazi a settembre è necessario un piano chiaro e che abbia radici solide nella comunità faentina. Partendo concretamente dalla logistica degli spazi a disposizione e verificando cosa si può fare, dove e quando. La risposta secondo noi è da ricercare ancora una volta nell’autonomia scolastica, nella concertazione, nella partecipazione e nella condivisione.

Perché la scuola è il futuro di tutti.

Faenza, 24 giugno 2020

L'Altra Faenza; Articolo Uno Faenza; Movimento 5 Stelle;

Partito Socialista Faenza; Verdi Europa Faenza.

 

 

Legambiente, anche in collaborazione con FIAB, ha presentato al Comune alcune idee per interventi sulla mobilità in questa fase di emergenza, da realizzare in tempi rapidi durante la fase 3 del Covid-19, anche utilizzando i contributi regionali.

Infatti, la recente delibera della Regione Emilia Romagna del 11 maggio, ha stabilito che a Faenza andrà un contributo di circa 27.000 euro (a cui vanno aggiunti almeno altri 11 mila euro, come contributo del Comune) per interventi strutturali dedicati alla realizzazione di:
- piste ciclabili;
- corsie riservate dedicate al trasporto pubblico locale;
- interventi per moderare la velocità delle auto e per facilitare la circolazione delle biciclette, monopattini, ecc.;
- rastrelliere per il parcheggio sicuro delle biciclette.

Altri 27 000 euro sono disponibili per incentivi Bike to Work, per lavoratori residenti.

A nostro avviso, il principio che dovrebbe seguire l'Amministrazione nel post Covid, è dare più spazio a ciclisti e pedoni per migliorare la vivibilità e la qualità dei luoghi.

Occorre conciliare rispetto della distanza fisica tra le persone e accessibilità dello spazio pubblico, e la bicicletta è il miglior mezzo di trasporto che permette di far muovere più persone contemporaneamente, occupando meno spazio, pur mantenendo la distanza fisica.
Servono quindi corsie ciclabili, anche temporanee, ricongiungendo percorsi già parzialmente esistenti, recuperare spazio, anche togliendo alcuni posti auto, rallentare le auto creando effettive zone 30.

Dopo primi incontri con l'Amministrazione, nei quali abbiamo presentato alcune proposte specifiche (visionabili nel dettaglio nei rispettivi siti e pagine social, di Legambiente e Fiab) siamo in attesa dell'incontro conclusivo per verificare le azioni immediate che l'Amministrazione si è impegnata a mettere in atto.

Per quando riguarda proposte più organiche sulla mobilità, materia sulla quale interviene il PUMS 2030, ci riserviamo di presentare le nostre osservazioni puntuali entro agosto.

Faenza, 22 giugno 2020
                                                                                                                        Circolo Legambiente Lamone Faenza

Gli stati generali – al di là del nome altisonante – possono essere utili a condizione che governo e maggioranza siano in grado di tradurre il lavoro in progetti precisi di governo. La sede di confronto c’è, le opinioni espresse fanno comprendere pregi e limiti delle diverse posizioni, le differenze sono evidenti. Colpisce la ruvidità eccessiva del neo presidente di Confindustria, che usa toni ultimativi alla Brenno, il cui unico obiettivo è ottenere per le imprese tutto: soldi senza condizioni, il riconoscimento di un ruolo di lobby senza precedenti puntando a condizionare il governo e di metterlo sotto tutela, con richieste e proposte del tutto al di sotto del ruolo che le imprese dovrebbero svolgere. Ad esempio la nuova direzione di Confindustria non affronta il problema di come garantire la salute di fronte ad una pandemia non risolta, l’unica vera aspirazione sembra fare in modo che le imprese abbiano un salvacondotto sulle misure anticovid. Un po’ poco, per questo Conte ha invitato a volare più alto, con quanta fortuna si vedrà.

L’opposizione politica purtroppo continua ad essere egemonizzata da Salvini che ha l’unico obiettivo della caduta del governo, prima possibile. L’ennesimo tentativo di arrivare alle elezioni anticipate, per ora è stato rintuzzato. L’opposizione ha scelto di non candidarsi come una vera alternativa politica, semplicemente dice il contrario a tutto e su tutto. In questo può esserci anche la furbizia di Forza Italia, oggi troppo debole per contendere la leadership a Salvini, a cui forse non dispiace che la Lega continui ad indebolirsi in una posizione inefficace. L’aspetto curioso, quasi da contrappasso, di questo atteggiamento pregiudiziale verso il governo Conte è che la parte più movimentista della destra sociale si erge a paladina del ruolo delle assemblee rappresentative, in particolare del parlamento. E’ vero che la critica agli incontri a Villa Pamphili in nome di un confronto nella sede parlamentare è stata miseramente contraddetta dall’abbandono dell’aula appena il governo si è presentato. Tuttavia, la richiesta delle destre di un confronto in sede parlamentare pone, seppure da un pulpito poco credibile, un problema che sarebbe sbagliato lasciare cadere. Salvini e la Lega hanno una cultura istituzionale che ricorda più gli Unni che posizioni civilizzate, ma una parte della destra può essere interessata al rilancio del ruolo del parlamento e se questo avvenisse sarebbe un bene per la democrazia italiana. Del resto gli appelli di Conte alla responsabilità dell’opposizione potrebbero trovare proprio in sede parlamentare un modo per realizzarsi, a condizione che anche la maggioranza attribuisca al parlamento il ruolo che deve avere e su questo sappiamo che che ci sono problemi seri con comportamenti incoerenti. Può essere che le ragioni della destra siano tattiche, ma se sente il bisogno di usare una tattica che difende il ruolo delle assemblee rappresentative non si può negare che questo è importante, anzi diciamolo con chiarezza: molto utile alla nostra democrazia, di cui si avvertono preoccupanti scricchiolii.

La maggioranza e il governo non hanno colto questa novità, con la vista annebbiata dal poco edificante episodio del taglio del parlamento, invece farebbero bene a rifletterci, perché l’obiettivo non può essere quello di sedere al governo, ma semmai di governare al meglio per dare un futuro al nostro paese, squassato da una crisi sanitaria ed economica senza precedenti e che purtroppo potrebbe non essere finita. Molte scelte per fronteggiare l’emergenza sanitaria sono state giuste, ma la loro attuazione è avvenuta spesso attraverso un restringimento delle modalità rappresentative, esaltando il ruolo del governo e in particolare concentrando le scelte nella Presidenza del Consiglio. Se oggi viene avanzata la richiesta di ridare un ruolo al parlamento, correggendo anche qualche titubanza di troppo di settori dei parlamentari sul ruolo che dovevano svolgere, proprio mentre il personale sanitario si esponeva al pericolo e in troppi casi pagando un prezzo pesante. Essere parlamentari non è un obbligo, dimostrarsi all’altezza del ruolo dopo avere accettata la nomina invece lo è. Quando si entra a fare parte del parlamento si deve rispondere dei propri comportamenti e correre anche i rischi relativi, altrimenti ci si può dimettere. Consapevolezza del ruolo e comportamento responsabile fanno parte integrante del ruolo di parlamentare. Una parte della destra solleva il ruolo del parlamento e chiede che questo conti di più? Bene, per fortuna. La maggioranza dovrebbe cogliere al volo questa opportunità e dovrebbe fare altrettanto per valorizzare il parlamento, di più se possibile.

Lo stucchevole balletto sulla data del voto in un unico giorno, fino all’ultima farsa in Senato, è la conferma che ha prevalso nel governo un interesse di bottega di chi è convinto che votare insieme per le regionali, le comunali, le suppletive porterà più votanti e più voti per l’approvazione del taglio del parlamento. Si vedrà se sarà così, ma intanto si può dire che un atteggiamento come questo è al di sotto del livello richiesto dalla partita istituzionale che si pure si dichiara di volere giocare. Il taglio del parlamento è importante? Il M5Stelle ne ha fatto una bandiera? Abbia il coraggio di rivendicarla e di dare battaglia per fare capire le sue ragioni agli elettori, dando modo a chi non è d’accordo di fare altrettanto, altrimenti, come dice una pubblicità, vuole vincere facile.

La richiesta di votare la riduzione dei parlamentari dovrebbe essere la sfida centrale di chi come il M5Stelle ha voluto ad ogni costo il taglio del parlamento, senza preoccuparsi dello sbrego istituzionale conseguente. Altri nella maggioranza hanno la responsabilità di avere accettato l’imposizione del M5S e hanno sbagliato, ma chi l’ha voluta si è contraddetto. Se la scelta è importante non dovrebbe avere bisogno del soccorso di altri argomenti per convincere gli elettori ad andare a votare. Non è così e la preoccupazione è talmente forte che l’election day è stato l’unico punto fermo di tutto il balletto poco edificante, con il finale già scritto, di arrivare al voto di fiducia.

Faremo come Pier Capponi e proveremo a suonare le nostre campane, compresi i ricorsi in sede giudiziale per denunciare una forzatura che ha mischiato gli argomenti di voto. In questa scelta c’è troppa sottovalutazione dell’importanza del ruolo del parlamento e del grave errore che rappresenta tagliare il parlamento, per questo non hanno capito che la proposta della destra andava presa sul serio nell’interesse della democrazia. Le posizioni sono talmente di parte che sottovalutano il problema dello squilibrio che il taglio del parlamento porterà tra i poteri dello stato, esaltando il ruolo del governo. Per questo occorre rilanciare con decisione le posizioni del No combattendo a viso aperto contro questa scelta sciagurata, facendo appello a tutte le energie disponibili.

Agli stati generali va fatta un’osservazione. Nei lavori c’è stata una sottovalutazione della voce dal sen fuggita della Presidente della Bce Lagarde. Dal 1° luglio la presidenza tedesca dell’Unione potrebbe essere un’opportunità da sfruttare per porre a livello europeo esattamente il punto che la Lagarde ha messo in luce. Qualunque siano gli strumenti di finanziamento per paesi come l’Italia che hanno bisogno dell’ossigeno degli aiuti europei, a fondo perduto o con interessi al minimo, resta irrisolto. Se le norme dei trattati per ora sospese dovessero rientrare in funzione, come tra un certo periodo potrebbe accadere, il problema non sarà più la natura dello strumento richiesto per finanziare gli interventi in Italia ma i conti pubblici fuori regola in quanto tale, sia per l’aumento del deficit che per l’aumento dello stock del debito. La Lagarde ha il merito di avere sottolineato che il cambio dei trattati è il problema da affrontare prima che le regole tornino in funzione, legando la loro modifica alla sospensione delle regole vigenti. Occorre quindi modificare i trattati, introducendo regole diverse da quelle dell’austerità e con un orizzonte europeo rafforzato. Il semestre tedesco può essere quello giusto per questa discussione perché solo la Germania, non da sola ovviamente, può iniziare un nuovo percorso. Basta pensare alle difficoltà che sta affrontando il varo del progetto del recovery fund.

Per questo ha poco senso il balletto sul Mes e sul Recovery fund perché tutti gli strumenti dovrebbero essere agganciati ad una prospettiva di riforma dei trattati in vigore, facendo terminare la sospensione attuale solo quando i trattati europei saranno stati modificati.

FASE 3 CORONAVIRUS: Ricostruiamo un Servizio Sanitario Pubblico, Territoriale e Universalistico

L’Italia è stato il primo fra i Paesi occidentali ad essere investito in pieno dal Sars-Cov-2 e purtroppo ha pagato un prezzo altissimo in termini di contagio ma, soprattutto, in termini di decessi. Il nostro Sistema Sanitario Nazionale, che negli anni è stato colpevolmente depotenziato da una logica del risparmio a tutti i costi, ha mostrato tutti i suoi limiti, mentre il personale sanitario ha dato una eccellente prova di sé, anche se inviato a curare i pazienti senza le adeguate protezioni, in condizioni di evidente sproporzione numerica, e spesso senza le adeguate attrezzature.

Solo all’enorme professionalità e dedizione di Medici, Infermieri e di tutti i professionisti della sanità e al loro sacrificio, anche nel territorio della nostra Provincia, dobbiamo il buon risultato nel contenere contagi e decessi.

Qualora ve ne fosse ancora bisogno, l'epidemia ha evidenziato la necessità di avere un Sistema Sanitario universalistico, incentrato sul pubblico come unica vera garanzia per la salute della popolazione. Con il “Decreto Rilancio” il Governo ha finalmente annunciato di invertire la rotta dei tagli, indicando nel rifinanziamento e potenziamento della Sanità la prospettiva del postcoronavirus.

Noi chiediamo con forza che quello dei prossimi mesi sia l’inizio della ricostruzione del sistema sanitario pubblico, non la restaurazione di un sistema misto che ha già mostrato tutte le sue intrinseche criticità.

La pandemia ha richiesto una rapida riorganizzazione delle strutture e dei protocolli sanitari, chiedendo ad un sistema pubblico già provato in tempi normali da strutture inadeguate, carenza di personale e mancata gestione dell’appropriatezza una risposta emergenziale che ha per forza lasciato indietro la gestione delle prestazioni mediche ordinarie, già ingolfate da liste d’attesa lunghissime.

Oggi la soluzione di affidare al privato prestazioni mediche e diagnostiche deve essere solo temporanea, in attesa di un potenziamento delle strutture pubbliche, che tornino ad essere capaci di rispondere ai bisogni sanitari della popolazione,
anche in previsione di possibili recrudescenze infettive. Serve investire per adeguare come prima cosa gli organici medici ed infermieristici alle esigenze di una sanità all’altezza dei tempi e delle nuove sfide imposte dalla società contemporanea. Agli “eroi” che abbiamo consacrato nelle settimane più drammatiche dell’epidemia serve riconoscere professionalità e valore, adeguandone gli stipendi alla media europea.

L’esperienza della gestione della Sars-Cov-2, soprattutto nelle Regioni più colpite dal virus, ha reso evidente a tutti l’importanza della Sanità Territoriale, quell’insieme di servizi e competenze professionali dedicate alla prevenzione delle malattie, alla promozione della salute ed all’assistenza sanitaria primaria.

La frammentazione del SSN, con incomprensibili autonomie locali, ha di fatto limitato l’equità di accesso alle cure mediche e nella recente emergenza ha determinato inaccettabili difformità e ostacoli al contenimento dell’ondata infettiva. Occorre riorganizzare e finanziare i servizi e il sistema di cure primarie al fine di garantire la cura a chi ne ha diritto, investendo sull'appropriatezza e su reti integrate che la governino tra territorio, ospedale e professionisti.

Ricostruiamo una prospettiva a partire dal Distretto Sanitario di Base, quale prima dimensione di governance per assicurare l'integrazione sociosanitaria, l’interprofessionalita, la presa in carico del paziente e tutti gli ulteriori aspetti tipici della medicina di territorio per garantire l'universalità del servizio anche in prospettiva.

La Sanità Territoriale, anche a Faenza, non può funzionare se Ospedali di Comunità e Case della Salute restano semplicemente muri, senza personale dedicato e senza integrazione con i Medici di Medicina Generale e con il sistema socio-sanitario locale. Crediamo che uno dei compiti principali della futura Amministrazione della nostra città sia quello di completare il percorso delle Case della Salute, integrandola in un sistema che potenzi la domiciliarità socio-sanitaria nel nostro territorio.


Faenza, 16 Giugno 2020

L’Altra Faenza
Articolo Uno Faenza
Movimento 5 Stelle
Verdi Europa
Partito Socialista Faenza