Armando Brath, professore di Costruzioni idrauliche dell'Università di Bologna: «Il clima cambia e i fenomeni sono eccezionali, dobbiamo cambiare anche noi. La minore presenza dell'uomo in montagna comporta abbandono che ritroviamo negli alvei dei fiumi. Casse e invasi funzionano»
I danni registrati a Bagnacavallo nella frazione Traversara e il professor Brath
Alluvioni e cambiamento climatico, esondazioni e alla luce di quanto accaduto in Romagna pochi giorni fa, prevenzione di nuovi drammatici eventi che potrebbero ripetersi in futuro. Armando Brath, docente all’Università di Bologna al Dipartimento di ingegneria Civile, Chimica, Ambientale e dei Materiali dove è professore ordinario di Ordinario di Costruzioni Idrauliche, Marittime e Idrologia fa il punto: «L’ultimo evento alluvionale è stato più circoscritto di quello del maggio scorso, con precipitazioni più intense sui fiumi. Si il clima cambia dobbiamo cambiare approccio anche noi».
Professore, i disastri delle ultime alluvioni in Romagna sono sotto gli occhi di tutti. Come possiamo interpretare questi eventi da un punto di vista tecnico?
«Va fatta una premessa molto importante e necessaria. L’evento degli scorsi giorni, è stato ancora una volta eccezionale. La Commissione tecnico scientifica isrituita dalla giunta regionale ha inquadrato questi fenomeni e mostrato il grado di questa eccezionalità. Gli eventi degli scorsi giorni sono stati più circoscritti rispetto a quelli del maggio del 2023, ma altrettanto intensi».
Per esempio?
«Se si guardano i totali di pioggia riversati sul Lamone e sul Senio sono addirittura superiori del 2023. Sono 350 millimetri di pioggia in due giorni, erano stati 220 millimetri nel primo evento del maggio del 2023 e 240 millimetri nel secondo dello stesso mese«.
Questo cosa signfica?
«È evidente poi che la probabilità che in due anni si verifichino ben tre eventi di questo tipo sia inspiegabile sulla base dell'analisi statistica dei dati storici disponibili in un periodo lungo 100 anni. E dunque è evidente che gli eventi romagnoli siano una chiara espressione del cambiamento climatico in atto che richiede un radicale cambiamento di approccio rispetto a quelli tradizionali».
Oltre l'eccezionalità delle precipitazioni possiamo individuare anche altre concause? Fa impressione la quantità di legname che si era accumulato sotto un ponte a Boncellino, vicino al punto di rottura dell’argine del fiume Lamone.
«Le concause vanno fatte risalire, in particolare, alla diminuzione del presidio umano dei territori montani e al conseguente abbandono della rete idraulica minore che hanno portato alla presenza abnorme di legname in alveo. Ci sono però soprattutto cause storiche, abbiamo tolto, ripeto storicamente, nell'arco di molti decenni, spazio ai fiumi ed è opportuno e necessario che questo spazio vada restituito ai fiumi stessi, con casse di laminazione e invasi montani».
Molti indicano queste soluzioni come ottimali. È davvero così?
«Si, sono strutture che funzionano bene, anche se devono essere correttamente dimensionate, oggi anche tenendo conto dei cambiamenti climatici. Ce ne sono due tipi: cassa in linea e cassa in derivazione».
Che differenza c'è?
Con la cassa in linea si crea una piccola diga lungo il corso d’acqua. In Emilia le abbiamo lungo il Secchia e il Panaro e il Parma: si permette al fiume di sfogare il volume in questa area, in modo da preservare le aree a valle».
E le altre?
La cassa in derivazione è collocata fuori dall’alveo del fiume. Non c’è un vero e proprio sbarramento ma il principio è lo stesso: in questa zona si dirige una parte importante dei flussi d’acqua sottraendoli al deflusso di valle.
Sono simili agli invasi dunque.
«Gli invasi montani funzionano in maniera analoga. In Romagna un esempio è Ridracoli che nel 2023 ha salvato la valle del Bidente. In questo ultimo evento nell’area di Ridracoli ha piovuto poco e quindi questo ruolo non lo ha potuto espletare».
Paride Antolini, presidente dell'Ordine dei geologi dell'Emilia Romagna
Esiste una mappa del rischio per le alluvioni? “Certo, nella nostra regione la cartografia è un’eccellenza – risponde Paride Antolini, presidente dell’Ordine dei geologi dell’Emilia-Romagna – Un fiume ha la parte montana, l’uscita a valle e il tratto in pianura: questa è la distinzione, solo che si tratta di interventi complicati. Io vengo additato come ambientalista, ma alle persone vanno dette le cose come stanno. Bisogna capire che possiamo ridurre il rischio, ma non azzerarlo del tutto...”.
Quali gli interventi prioritari?
“La pulizia dei fiumi va bene, ma non basta. Servono interventi strutturali e molti soldi”. Quanti? “Cinque, 10 o 20 milioni non sono sufficienti. Sono opere importanti: spostare gli argini, realizzare casse di espansione, controllare le tracimazioni. Un anno e mezzo non basta, servono decenni. E bisogna partire subito, remando tutti assieme, senza polemiche politiche”.
Parlavamo di una mappa...
“Si parte dal settore montano: qui non si possono fare casse di espansione, non c’è spazio. A Meldola ad esempio ha piovuto tantissimo, più che a maggio 2023 e il paesino si è allagato”. Come si può intervenire? “Trattenere le acque in montagna non è fattibile, l’unica speranza restano i boschi, che però non risolvono tutto. Non c’è molto margine, se non liberare e sgomberare le cosiddette aree di pertinenza fluviali”.
Le dighe ?
“Non bastano. A Ridracoli è stata fatta una grande opera perché il territorio lo permetteva. Se facessimo una diga a Modigliana, dopo non molto tempo sarebbe già colma”. Si arriva così in collina... “Parliamo del tratto fino a Faenza, dove c’è stato il caso di Marzeno e dell’omonimo torrente. Qui l’onda è arrivata violenta e ci sono case che hanno 200 anni, costruite con altre aspettative: i muri sono praticamente sul bordo del fiume. Anche facendo determinati lavori, il rischio alluvioni non si azzererebbe, non c’è nemmeno l’argine: c’è l’alveo e poi, dopo cinque metri, inizia una piana allagabile”.
Un muro?
“Creerebbe una barriera che finirebbe solo per spostare il problema nelle zone vicine. Bisogna capire dove intervenire, magari nelle abitazioni dove arrivano appena 30 o 40 centimetri d’acqua, e dove delocalizzare”.
E a valle?
“C’è il tratto più critico: Cesena, Castel Bolognese, Faenza che è diventata una sorta di cassa di espansione, a discapito
Commenta (0 Commenti)Destre Inesorabilmente, senza un briciolo di pudore, tutti i pezzi di un’Europa che così a destra non era mai scivolata vanno incastrandosi al loro posto. I popolari firmano insieme all’Ecr e […]
Gadget elettorali per Ursula von der Leyen, esposte durante il vertice del Ppe a Bruxelles – Ansa
Inesorabilmente, senza un briciolo di pudore, tutti i pezzi di un’Europa che così a destra non era mai scivolata vanno incastrandosi al loro posto.
I popolari firmano insieme all’Ecr e ai Patrioti di Orbán una mozione congiunta per una risoluzione, poi approvata dal parlamento europeo (anche con i voti di Afd), che riconosce il candidato dell’opposizione venezuelana Gonzalez Urrutia come legittimo vincitore delle elezioni presidenziali a Caracas.
Di Maduro e delle derive autoritarie in Venezuela si può pensare tutto il male immaginabile, ma il segnale di possibili e frequenti maggioranze con il contributo decisivo della destra estrema è sotto gli occhi di tutti.
La Commissione di Ursula von der Leyen (seppure tutte le avvisaglie si erano già manifestate prima delle elezioni europee dello scorso giugno) rispecchia qualcosa di molto diverso dalle promesse spese per riprodurre la maggioranza di centrosinistra che aveva sostenuto il primo mandato della democristiana tedesca.
Accentramento dei poteri, marginalità delle tematiche sociali, personaggi inquietanti in posti delicati come l’austriaco Magnus Brunner, già ministro nel governo di ultradestra di Sebastian Kurz, scelto come commissario all’immigrazione, Green deal ridimensionato e costretto a lasciare cortesemente il passo alla competitività, porte aperte alle destre dell’Ecr e non solo. Non si tratta semplicemente di sfacciato opportunismo, ma di una inclinazione politica che va profilandosi sempre più nettamente. In sintonia, del resto, con lo spostamento a destra della Cdu-Csu di Merz e Söder, che non si può imputare al solo bisogno di sottrarre argomenti ed elettori all’Afd, ma anche a una convinzione ben radicata.
Passando alla crisi politica in Francia, il governo di minoranza guidato da Michel Barnier sarà reso ufficiale solo «entro domenica», una volta sistemato il mercato delle cariche e qualche perplessità dei centristi Modem sulla insopportabile puzza di Vandea, di integralismo cattolico e di piglio autoritario che ne emana, malgrado la dominante numerica macronista.
Davvero un bel “fronte repubblicano”.
Sulla Germania incombe intanto un probabile trionfo della Afd in Brandeburgo nelle elezioni regionali di domenica e imperversa la gara su chi più si spende per i respingimenti dei migranti e le restrizioni del diritto di asilo. Il ministro democristiano degli interni del Brandeburgo Michael Stübgen, in competizione con l’estrema destra, propone l’eliminazione del diritto di asilo individuale dalla Legge fondamentale e la sua sostituzione con contingenti a numero limitato. I vertici della Cdu e Csu annuiscono.
Intanto la Bundesrepublik mantiene la sospensione dell’accordo di Schengen e i controlli su tutte le sue frontiere intraeuropee, introdotti con la messa in scena securitaria seguita all’attentato di Solingen. Un accanimento contro i profughi e i rifugiati che ha qualcosa di profondamente osceno. Mentre le preoccupazioni principali dovrebbero rivolgersi alla spaventosa crisi che si è abbattuta sulla Volkswagen e soprattutto alle ricette padronali da decine di migliaia di licenziamenti messe in campo per superarla.
La sinistra promette battaglia con toni più accesi in Francia, dove più sfrontata è stata la giravolta verso destra ai suoi danni. Con minore decisione in Europa dove ancora coltiva l’illusione di poter condizionare la composizione e l’operato della Commissione di Ursula von der Leyen, laddove lo slittamento a destra è talmente evidente da richiedere una politica di sbarramento senza timidezze.
Sul terreno dell’Unione europea è intervenuto un mutamento importante che non è stato ancora debitamente percepito. Fino alle elezioni per il parlamento europeo dello scorso giugno esistevano due campi ben distinti. Da una parte un’area convintamente europeista che spaziava dalle forze liberali al centro conservatore e tradizionalista, fino alle socialdemocrazie, alle componenti ecologiste e, marginalmente, di sinistra più caratterizzata. Dall’altra parte, sovranisti, nazionalisti e destre identitarie più o meno esplicitamente antieuropeiste e dedite a boicottare i processi di integrazione e ad affossare le aspirazioni comunitarie.
Oggi queste forze hanno acquisito un grande peso nelle e sulle politiche europee, ne condizionano le istituzioni e gli orientamenti. Per dirlo con una formula siamo di fronte a un uso reazionario della dimensione europea e la Commissione guidata da Ursula von der Leyen sembra muovere proprio in questa direzione.
In un simile frangente non basta confidare nella rotta di collisione tra loro cui i nazionalismi sono naturalmente destinati. È all’interno del campo “europeista” che il conflitto si è ormai insediato e nulla garantisce più una alleanza senza alternative tra i popolari e la socialdemocrazia. Soprattutto non garantisce più quella idea di Europa per la quale, con molti compromessi, i movimenti sociali europei si sono battuti nel corso degli anni
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Così Paride Antolini, presidente dell’Ordine dei Geologi dell’Emilia Romagna, commenta l'alluvione che sta colpendo in queste ore la Romagna
"Determinate aree vicine ai fiumi che noi geologi conosciamo benissimo sono difficilmente difendibili dalle alluvioni. Ora ci vuole coraggio, il coraggio di dirsi le cose in faccia, il coraggio per chi ha sempre rifiutato l’idea del cambiamento climatico di ammetterlo, il coraggio di smettere di fare polemiche politiche, il coraggio di fare azioni sul territorio drastiche, e il cittadino capisca che qui ci vorranno anni per risolvere in parte i problemi". Così Paride Antolini, presidente dell’Ordine dei Geologi dell’Emilia Romagna, commenta l'alluvione che sta colpendo in queste ore la Romagna.
Prosegue Antolini: "Dopo l’alluvione del maggio 2023 i geologi avevano indicato nel dare spazio ai fiumi, la strada principale da intraprendere. Oggi più che mai, nella drammaticità di queste ore, ribadiamo il concetto come principale tipo di intervento necessario per affrontare i problemi legati agli eventi alluvionali. Siamo in allerta rossa, le precipitazioni simili all’evento del maggio 2023, a Modigliana la situazione sarebbe addirittura peggiore. Di fronte ad eventi del genere c’è poco da fare, non bastano le casse di espansione, non basta abbassare le golene e adeguare le sezioni, occorre dare spazio all’acqua senza se e senza ma".
E ancora: "Sappiamo che c’è un folto gruppo di pensiero che invoca continuamente come un mantra la pulizia dei fiumi e dei fossi come operazione necessaria e sufficiente per affrontare il problema, soluzioni che con queste precipitazioni sono paragonabili alle cure omeopatiche. Determinate aree vicine ai fiumi che noi geologi conosciamo benissimo sono difficilmente difendibili dalle alluvioni, ora ci vuole coraggio, il coraggio di dirsi le cose in faccia, il coraggio per chi ha sempre rifiutato l’idea del cambiamento climatico di ammetterlo, il coraggio di smettere di fare polemiche politiche, il coraggio di fare azioni sul territorio drastiche, e il cittadino capisca che qui ci vorranno anni per risolvere in parte i problemi".
Conclude Antolini: "Vivere queste situazioni, ti fa sentire impotente, guardi i livelli idrometrici dei fiumi, i punti di misura che progressivamente da verde diventano gialli, arancioni e rossi; il pensiero corre ai cittadini coinvolti, ai sindaci, agli operatori della Protezione Civile. Il pubblico dovrà fare passi da gigante per adeguare le azioni sul territorio a questi eventi, ma anche il privato non è esente dall’essere coinvolto nella gestione del territorio. Il messaggio è chiaro, il momento è difficile, niente polemiche e lavoriamo per uscire da questa situazione”.
Commenta (0 Commenti)Antropocene L’alluvione ha colpito la Romagna e parte dell’Emilia in maniera inaspettata, ma non è che la conferma di alcuni dati di fatto che da tempo conosciamo. Il primo è che […]
L’alluvione ha colpito la Romagna e parte dell’Emilia in maniera inaspettata, ma non è che la conferma di alcuni dati di fatto che da tempo conosciamo. Il primo è che gli eventi naturali estremi sono destinati a ripetersi e non sono più eccezionali. La crisi ecologica non è qualcosa che si verifica per poi passare, come altri eventi storici.
È piuttosto la condizione della nostra vita. Se è certamente vero che una riduzione delle emissioni, la trasformazione delle modalità di produzione e riproduzione delle ricchezze e in generale la trasformazione dei nostri sistemi sociali può prevenire l’aggravarsi ulteriore degli effetti della crisi ecologica, è anche vero che tutta una serie di fenomeni continueranno a verificarsi per molti decenni.
La seconda realtà di cui prendere coscienza è che il capitalismo non è cieco davanti alla crisi ecologica, per quanto sia in atto uno scontro violento tra le classi dirigenti globali relativamente alle modalità di gestione di tale crisi. Semplicemente, a questo stadio del suo sviluppo, è costretto sempre più frequentemente a scegliere tra l’accumulazione infinita di ricchezza privata e la salvaguardia dei territori. Il capitale, come è noto, sceglie istintivamente la prima. Oggi, in Occidente, è quasi interamente assente ogni meccanismo di correzione di tale istinto.
Nel caso del susseguirsi di alluvioni in Romagna è evidente come l’unico modo per rendere questo territorio di nuovo abitabile sia il ripensamento e la ricostruzione complessiva delle infrastrutture natural-artificiali che lo attraversano. Questo richiederebbe tuttavia una quantità immensa di risorse, che dovrebbero essere sottratte a chi la ricchezza la possiede davvero. Non è un caso che mentre la Romagna iniziava a tremare aspettando i colpi dell’alluvione, il presidente di Confidustria definiva il Green New Deal, di fronte a una raggiante Giorgia Meloni, un «regalo ai nostri competitor».
D’altra parte, i fatti delle ultime ore rendono evidente che è la stessa forma stato che non riesce o non ha i mezzi per intervenire. Non si tratta solo delle risorse finanziare, ma propriamente delle strutture. La pulizia dei fiumi, ad esempio, è in gran parte appaltata a privati su cui il controllo è spesso labile. Lo scontro, grottesco, tra il ministro Musumeci e la regione Emilia-Romagna rende evidente questa inadeguatezza perché si fonda esclusivamente sulla quantità di soldi versati, lasciando completamente da parte la capacità delle strutture di realizzare con quei soldi degli interventi che trasformino concretamente i territori.
Dunque, anche porre la questione della crisi ecologica solo sulla base della dicotomia Stato/mercato ignora questo fatto fondamentale.
Il terzo dato di fatto con cui fare i conti e che deriva direttamente dai primi due è che solo una trasformazione delle strutture, dei codici e delle priorità attorno a cui organizziamo le nostre società può renderle capaci di abitare la crisi climatica. Se in altre parole non vi è alcuna possibilità di abbandonare quello che alcuni chiamano Antropocene, e se ancora il massimo che può fare il modo di produzione capitalistico per introiettare la crisi ecologica sono i carbon market (il mezzo finanziario di acquistare possibilità di inquinare oltre i limiti), allora non resta che accettare, da un punto di vista generale, che solo la fine di questo modo di produzione della ricchezza può rendere i nostri sistemi sociali adeguati al loro ambiente.
La distanza tra questi sistemi e questo ambiente è oggi larghissima ed evidentemente ingestibile. Si tratta di comprendere al più presto che non è un danno per il pianeta, o per la Natura, che vi sia questa distanza, ma solo per i sistemi sociali – e per noi che ne siamo membri. La ripetitività di tali eventi è evidentemente un’occasione, estrema, per imporre questa trasformazione
Commenta (0 Commenti)https://www.ilrestodelcarlino.it/emilia-romagna/politica/priolo-alluvione-casse-espansione-e6kkop47
Bologna, 19 settembre 2024 – "Stiamo assistendo a uno sciacallaggio. Tutto quello che potevamo fare in quest'anno e mezzo l'abbiamo fatto. Qualcuno piuttosto dovrebbero chiedersi se fosse necessario fare qualcosa di più. Ma dico basta alle polemiche, è un anno e mezzo che si va avanti così, servirebbe collaborazione".
È una Irene Priolo battagliera quella che stamattina ha risposto alle polemiche politiche delle ultime ore, dopo il diluvio lungo 48 ore che sta mettendo in ginocchio alcune zone della Romagna.
Nel merito: "i fondi stanziati dal commissario sono stati tutti impegnati e quelli ancora da liquidare sono relativi a cantieri in corso o completati, per i quali si stanno realizzando i collaudi. Complessivamente, subito dopo l’emergenza i lavori di ripristino del territorio hanno visto 402 interventi immediati: 130 già completati, 158 quelli in corso e 114 in progettazione.
Il tutto per un investimento totale di circa 343 milioni di euro, tra somme urgenze, urgenze e programmazione di fondi regionali.
Gli interventi urgenti sui fiumi, in particolare, sono tutti realizzati o in corso: sono 152 per oltre 137 milioni. Inoltre, si contano altri 298 interventi (di cui 148 già conclusi) di difesa idraulica per 267,5 milioni e per quanto riguarda i collegamenti viari, gli interventi sono in tutto 3.369, per oltre 790 milioni”.
Il parallelismo è con la tremenda alluvione del maggio 2023 è sempre presente, e Priolo alle domande dei giornalisti ha puntualizzato. "I Comuni sono stati lasciati soli, non hanno più personale per far fronte alle emergenze - ha sottolineato la presidente facente funzione della Regione -. Anche su questo bisognerebbe interrogarsi. Noi come cantieri e manutenzione stiamo facendo tutto il possibile, lo sciacallaggio non può essere ammesso. Noi abbiamo bisogno in questo momento di mettere in campo la strategia dei piani speciali per fare nuove casse di espansione, come ho detto al commissario Figliuolo che se ne occupa. La struttura commissariale ha attivato delle società in house che però non sono ancora al lavoro, devono ancora aprire i cantieri. I territori stanno dando il sangue, se si fa delle polemica la si fa direttamente con la struttura commissariale. Non bastano le risorse per far fronte alle emergenze, i cittadini alluvionati non possono ancora usufruire del credito d'imposta".
Ricordo "che tutti gli interventi programmati sin qui dal Commissario e realizzati da Regione, Enti locali e consorzi avevano l'obiettivo di ripristinare le infrastrutture esistenti: argini, canali, strade, ecc. Ma per reggere eventi di questa portata, come ci hanno indicato tutti gli esperti incaricati, occorrono interventi strutturali di più ampio respiro. Sono quelli individuati dal piano della ricostruzione che abbiamo concordato col Commissario e che attendiamo con impazienza che sia approvato. Per realizzarlo serviranno molti miliardi di euro e ci aspettiamo che stavolta il Governo non rispedisca al mittente queste richieste sacrosante, avendole peraltro quantificate anche alla Commissione europea. In questi giorni si sta approntando la legge di bilancio e ci aspetto che il Governo sia conseguente e gli stessi che oggi attaccano siano poi coerenti nel loro voto in Parlamento".
Priolo ha anche sentito il ministro Musumeci. "L'ho sentito per parlare dell'emergenza, proverò anche al ministro a dire che qui servono opere strutturali, eccezionali. Ma, in primis, deve dirlo Figliuolo alla presidenza del Consiglio dei ministri".
La presidente ha anche avvertito gli emiliano-romagnoli sui comportamenti sbagliati ("Non andate a fare i video sugli argini, è pericoloso, state a casa") e ha dato aggiornamenti sulla situazione dei territori, in continua evoluzione, un altro briefing istituzionale ci sarà nella tarda mattinata e altri seguiranno nel pomeriggio, quando Priolo risentirà Musumeci.
"Le situazioni più critiche le abbiamo avute per i fiumi Lamone e Senio, ma siamo lontani dall'impatto degli eventi del maggio 2023 - ha detto la presidente -. Il Lamone sta avendo una tracimazione e a causa del Senio si stanno allagando le campagne, ma stiamo intervenendo da ieri. Le criticità non interessano i centri abitati al momento, e questa è una delle differenze principali rispetto all'anno scorso. Quanto a Bologna, stanotte abbiamo seguito l'evolversi a Botteghino di Zocca con i problemi legati al torrente Zena, ma tutto è sotto controllo ora, per l'Idice invece siamo intervenuti sul torrente Quaderna su cui sta lavorando la ditta incaricata. Leggera tracimazione sotto controllo del Sillaro, nessuna criticità dai canali e dal Ravone. Sull'Appennino bolognesi qualche ruscellamento, come a Monzuno e a Monterenzio. E, soprattutto, non abbiamo avuto chiamate da parte del 118, una cosa molto importante".
La chiusura. "La mia preoccupazione principale sono le frane, stiamo monitorando costantemente. Abbiamo diverse persone evacuate, dove abbiamo avuto allagamenti faremo in modo di tornare alla normalità il prima possibile. Le piogge sono in diminuzione, l'allerta rossa sarà confermata oggi e domani per i bacini sopra la soglia 3. Quanto allo stato d'emergenza, è già stata dichiarata in Romagna e siamo in contatto con Musumeci per reiterarla dal punto di vista amministrativo, attendiamo il da farsi e il Capo dipartimento della protezione civile dovrebbe arrivare sul territorio"
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