Una giornata di confronto e condivisione per dare avvio alla costituzione di #unpartitodisinistra. L’Assemblea autoconvocata dei Comitati di Liberi e Uguali, che si è svolta sabato 24 novembre a Roma, presso il teatro Ghione, ha decretato l’inizio di una nuova stagione politica.
Grazie gli interventi dei rappresentanti dei Comitati aderenti alla Rete nazionale, dei parlamentari presenti, dei componenti del Comitato Promotore Nazionale e del Presidente Pietro Grasso, è stato possibile tracciare la rotta del percorso politico che porterà al Congresso della prossima primavera.
Ecco il documento finale dell’Assemblea.
La Rete dei Comitati Promotori territoriali di Liberi e Uguali, sulla scorta del dibattito odierno, sentiti gli interventi dei rappresentanti dei Comitati aderenti alla Rete, dei parlamentari presenti, dei componenti del Comitato Promotore Nazionale e del Presidente Pietro Grasso, condivide le conclusioni di Pietro Grasso; in particolare:
ritiene che, nello spirito della lista Liberi e Uguali, il processo costituente di un soggetto politico di sinistra debba concretizzarsi tramite l’insediamento di un organo collegiale fondativo formato da delegati territoriali eletti proporzionalmente alla consistenza elettorale alle ultime elezioni politiche, includa i parlamentari e i componenti del CPN che condividono il percorso e valorizzi il contributo della Rete dei Comitati promotori territoriali;
Compito di questo organo collegiale sarà la definizione del manifesto fondativo e la definizione delle regole per lo svolgimento del congresso;
ritiene che il percorso fondativo debba necessariamente concludersi con un Congresso;
ritiene fondamentale promuovere sin da oggi l’adesione e la partecipazione di militanti e cittadini in maniera trasparente e certificata al percorso fondativo, attraverso la piattaforma unpartitodisinistra.it;
ritiene non più rinviabile aprire una stagione di dibattito sul Manifesto dei principi contestualmente alla promozione e alla nascita di Comitati ad ogni livello territoriale e alla organizzazione di assemblee tematiche per garantire un confronto approfondito tra noi e con tanti soggetti sociali che elaborano proposte per rispondere ai bisogni del paese;
ritiene necessario nel contempo lanciare una campagna politica insieme al gruppo parlamentare di contrasto alle politiche del governo giallo verde;
chiede perciò al Presidente Grasso, riconoscendogli il ruolo di garante fin qui svolto, e ai parlamentari che hanno confermato o confermeranno la propria volontà di proseguire il percorso comune, di proporre regole chiare con l’obiettivo di aprire ufficialmente a gennaio 2019 il processo costituente e celebrare il congresso prima delle elezioni europee, insieme a tutte quelle forze che nel frattempo avranno scelto di partecipare alla costruzione del nuovo soggetto;
ribadisce infine il proprio impegno ad essere parte attiva del percorso, innanzi tutto promuovendo la nascita dei Comitati territoriali.
A tal fine raccogliendo le numerose disponibilità di comitati che hanno chiesto di aderire e partecipare a questa rete, confermiamo e rilanciamo la nostra iniziativa dando vita ad un nuovo coordinamento nazionale dei comitati, e ad coordinamento ristretto costituito dai rappresentanti degli stessi individuati su base regionale per accompagnare il percorso fino all’insediamento della assemblea fondativa.
Il documento è consultabile anche in formato pdf cliccando qui.
Comunicato stampa
Sempre niente di niente dai nostri vescovi sulla pedofilia del clero. Solo belle parole. Fino a quando questa difesa dell’istituzione?
Avevamo chiesto cose precise, ragionevoli e di buon senso per la tanto attesa assemblea straordinaria dei vescovi conclusasi oggi, il cui punto veramente più importante all’ordine del giorno era quello della pedofilia del clero, essendo le questioni relative al Messale Romano e alla traduzione del Padre Nostro già praticamente decise. Si trattava di prendere atto della gravità della situazione anche in Italia, di esprimere un pentimento collettivo per la prassi diffusa di proteggere il prete pedofilo, di organizzare atti penitenziali importanti, di istituire una struttura di indagine per il passato e di monitoraggio per l’oggi (come fatto da altri episcopati), di modificare le Linee Guida del 2012 (corrette nel 2014) che i vescovi si erano date, prevedendo l’obbligo di denuncia alla magistratura del prete pedofilo, l’istituzione di un’autorità indipendente in ogni diocesi che accogliesse e ascoltasse le vittime che poi avrebbero dovuto essere supportate in ogni modo.
Il documento conclusivo, diffuso oggi, parla genericamente di “priorità ai ragazzi feriti e alle loro famiglie”. Poi più niente. Nessun intervento di quelli ipotizzabili come urgenti e necessari è stato deciso. Ci sono un po’ di buone intenzioni che appaiono solo belle parole alla luce della gravità del problema e della situazione. Il Card. Bassetti aveva detto che sarebbero state modificate le Linee Guida, che fanno acqua da tutte le parti. Invece tutto è stato rinviato alla prossima primavera. La Commissione ad hoc (di cui si sa ben poco), presieduta dal vescovo di Ravenna Mons. Lorenzo Ghizzoni, non ha concluso niente di significativo, a quanto sembra. Ma più si prende tempo, più la situazione peggiora e la credibilità su questa questione dell’episcopato diminuisce. C’è ancora chi pensa che la questione nel nostro paese sia sopravalutata o che sia la conseguenza di un attacco dei “laicisti”? Oppure non c’è accordo se e come rovesciare veramente le prassi che hanno protetto il sistema clericale per troppo tempo? Troppi vescovi si sentono coinvolti direttamente e temono di dover aprire gli archivi? L’esempio di quanto hanno cercato di fare molti altri episcopati è stato ignorato.
È stato istituito un “Servizio nazionale per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili” con scopi di formazione, prevenzione e consulenza a disposizione dei vescovi. Si è anche deciso di trovare referenti in ogni diocesi per un percorso di formazione sul problema. Sono interventi d’apparato che potranno forse avere efficacia sui tempi lunghi, ma che hanno ben poco a che fare col problema vero, quello dei fatti di ieri e di oggi, quello della confessione collettiva del peccato, quello del venire incontro con azioni concrete di ascolto e di riconoscimento dell’ingiustizia subita nei confronti di chi ha sofferto, magari in un lontano passato, per le violenze subite. E poi chi parteciperà a queste due iniziative? Le vittime saranno ascoltate? Abbiamo detto che senza una determinante partecipazione femminile si può fare del tutto a meno di interventi a livello centrale o diocesano di ogni tipo. Se non si rovescia la mentalità maschilista che trasuda da tutti i pori delle strutture della nostra Chiesa non se ne viene fuori soprattutto su problemi così delicati. E poi i tanti bravi preti, che sono in difficoltà per i comportamenti di certi loro confratelli e di molti dei loro vescovi, dovrebbero alzare la voce.
Roma, 15 novembre 2018 NOI SIAMO CHIESA
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Il decreto Salvini è un punto di svolta nell’equilibrio interno al governo e per ora la Lega sembra esercitare un’egemonia
di Alfiero Grandi
Il decreto Salvini è stato approvato dal Senato con voto di fiducia. Il voto di fiducia è servito per imporre l’approvazione di questo testo ai senatori 5 Stelle, al cui interno c’è forte malessere. Malgrado questo ricatto alcuni di essi hanno rifiutato di votarlo, con fondate e importanti motivazioni di merito. Il decreto Salvini è un testo di legge grave e preoccupante, che contiene rotture pesanti con importanti principi costituzionali, compromette quel tanto che era stato costruito per affrontare un problema epocale come le migrazioni che sono in gran parte fughe da guerre, feroci dittature, discriminazioni, torture, rischio della vita. Per di più questo decreto non riuscirà a realizzare neppure gli obiettivi che dichiara di voler raggiungere, malgrado metta in discussione diritti fondamentali delle persone, basta vedere i magrissimi risultati ottenuti sui rimpatri, dopo aver sparato cifre mirabolanti. Occorre attendere il voto definitivo della Camera per avviare la procedura che può portare a sottoporre le parti incostituzionali del decreto al giudizio della Corte e chiedere il rispetto della nostra Costituzione.
Da subito invece deve essere rafforzata un’azione di informazione, denuncia e iniziativa per sensibilizzare e organizzare una risposta forte, in modo da contrastare nel modo più ampio questo provvedimento. Non solo con il ricorso agli strumenti costituzionali ma preparando una larga mobilitazione in tutte le forme possibili, perché occorre contrastare in profondità cultura e politica che lo hanno ispirato. Molte e diffuse iniziative nel territorio nazionale possono contribuire a costruire una risposta di massa. È evidente che questo decreto fa parte di una strategia della Lega, che è iniziata con l’attacco alle navi delle Ong, che pure avevano il merito di aver salvato centinaia di migliaia di vite umane nel Mediterraneo, con l’ostracismo verso il sindaco di Riace, che aveva il merito di avere costruito un sistema innovativo di integrazione dei migranti, con l’incoraggiamento a iniziative regionali e locali che puntano a discriminare gli immigrati, da ultimo in Lombardia, e ad alimentare un clima di autentico respingimento, ignorando le loro condizioni, i loro diritti, elementi fondamentali di umanità e solidarietà.
Sono di grande rilievo e del tutto condivisibili le critiche dei senatori 5 Stelle che non hanno votato la fiducia al governo pur di non contraddire principi costituzionali e di civiltà. È grave che ora venga esercitata su di loro una pressione fino a metterli sotto accusa. Sotto accusa dovrebbe essere la sudditanza dei vertici 5 Stelle alla Lega. Va sottolineato che se questi senatori hanno potuto votare liberamente, fino ad astenersi dal votare la fiducia, è perché è tuttora in vigore l’articolo 67 della Costituzione che garantisce ai parlamentari la libertà di votare senza vincoli di mandato, secondo coscienza. Se i parlamentari non avessero questa garanzia costituzionale verrebbero ridotti a parte di un mero votificio, senza alcuna possibilità di esprimersi secondo convinzioni e coscienza. Il ricorso al voto di fiducia è un comportamento che in passato i 5 Stelle hanno duramente criticato e che oggi purtroppo adottano, contraddicendosi pesantemente, pur di difendere il patto con la Lega e per tenere in piedi ad ogni costo il governo, derogando perfino dal “famoso” contratto di governo e finendo per subire l’egemonia di Salvini e della Lega.
Perfino l’argomento caro ai 5 Stelle “né di destra né di sinistra”, che sappiamo essere destituito di fondamento, è stato gettato alle ortiche perché questo provvedimento ha una chiara impronta di destra, che purtroppo i 5 Stelle hanno subito. Infatti affronta i problemi legati all’immigrazione come un mero problema di ordine pubblico, instaura un sistema di detenzione, fuori controllo, con tempi raddoppiati, costruisce un sistema di regole per realizzare il massimo di respingimenti, anche sull’ordine pubblico regredisce verso strumenti e comportamenti sbrigativi e arroganti e questi non solo verso i migranti ma anche i cittadini del nostro paese. Questo decreto costruisce una legislazione discriminatoria ed egoista, contraria a principi fondamentali di solidarietà. L’impronta di destra del decreto Salvini è evidente e purtroppo i 5 Stelle hanno rinunciato a contrastarla, finendo con il subire un provvedimento odioso, discriminatorio e grave.
Il prezzo pagato con il ricorso al voto di fiducia è molto grave ed è del tutto inutile tentare di bilanciarlo con la proposta di bloccare la prescrizione dopo il primo grado di giudizio perché i guasti di questo provvedimento targato Lega sono troppo gravi. Inoltre l’accordo Lega-5Stelle sulla prescrizione ha un futuro del tutto incerto perché crea un collegamento con la più generale riforma del processo penale che rinvia la possibile entrata in vigore del blocco della prescrizione dopo il primo grado di giudizio al 2020. Come ha detto Davigo con una battuta fulminante, entrerà in vigore in un futuro troppo lontano, dopo la sua morte, mentre le norme targate Salvini sui migranti entreranno in vigore subito dopo l’approvazione.
Il tentativo di dividere gli argomenti di influenza politica tra i 2 partiti della maggioranza si sta rivelando una trappola per i 5Stelle, che pagano prezzi pesanti alla destra, e in un vantaggio per la Lega, che appare, e purtroppo è la forza egemone in questo governo. Quello che sembra sfuggire a Di Maio è che ogni provvedimento va giudicato per quello che stabilisce, pensare di riequilibrare in altri campi non porta lontano e il prezzo lo pagano tutto i 5Stelle. C’è ancora la possibilità di bloccare questa deriva alla Camera, bloccando o almeno cambiando il decreto Salvini altrimenti i 5Stelle saranno corresponsabili e pagheranno un prezzo politico e di credibilità pesante che andrà a tutto vantaggio della Lega, ben consapevole che un impegno che scatterà tra almeno un anno potrebbe non diventare esigibile.
Il decreto Salvini è un punto di svolta nelle politiche e nell’equilibrio interno a questo governo e purtroppo per ora la Lega sembra esercitare un’egemonia.
15 novembre 2018
La conclusione dell’iter di approvazione del nuovo Statuto dell’Unione della Romagna Faentina è stata commentata da esponenti del Pd con amnesie e con alcune affermazioni che non condividiamo.
Sarebbe stato più opportuno e veritiero riconoscere che gli ultimi mesi di lavoro – sia sul Documento generale di indirizzo (giunto alla sesta riscrittura!), sia per la “riforma” dello Statuto – hanno impresso modifiche sostanziali all’impianto originario, elaborato e preso a riferimento per lungo tempo senza alcun coinvolgimento delle minoranze e delle organizzazioni sociali e culturali del territorio. E che a presiedere la Commissione speciale incaricata di un compito non facile è stato Edward J. Necki, consigliere de L’Altra Faenza.
Il coordinatore del Pd della Romagna Faentina, Giorgio Sagrini, ha affermato che “L’obiettivo delle modifiche statutarie è di definire chiaramente, da un lato, i compiti dell’Unione per conto dei Comuni aderenti e, dall’altro, affidare ai singoli Comuni, ai Consigli comunali, il potere di indirizzo sulle tematiche di interesse sovracomunale e il potere di decisione su ogni atto relativo alla propria comunità, al proprio territorio, nel quadro delle scelte di programmazione condivise a livello di Unione”. Condividiamo questa impostazione perché noi – L’Altra Faenza, Mdp-Art.1 e le persone che hanno contribuito al lavoro di studio – e non altri l’abbiamo proposta e sostenuta in tutte le sedi in cui è stato possibile farlo.
Assieme ai tanti emendamenti alle precedenti versioni dello Statuto e del Progetto di riordino, abbiamo prodotto una nota politica che resta la bussola per ogni futura valutazione. Essa richiama con chiarezza l’esigenza di: 1) rispondere prima di tutto ai bisogni e ai diritti dei cittadini; 2) salvaguardare il ruolo delle assemblee elettive (Consigli comunali) quali espressione della volontà popolare; 3) adottare criteri di rappresentanza che assicurino la maggiore partecipazione democratica; 4) organizzare i lavori degli organi dell’Unione puntando ad un effettivo coinvolgimento di quanti ne fanno parte; 5) garantire pari opportunità a tutti i Comuni; 6) promuovere percorsi partecipativi effettivi, aperti alle realtà associative presenti nei territori, sulle scelte di rilevante interesse che competono all’Unione; 7) promuovere il positivo coinvolgimento del personale e delle loro rappresentanze sindacali.
Pur avviato in ritardo – e sotto la spinta e le proposte dei gruppi consigliari de L’Altra Faenza e di Mdp-Art.1 – il confronto senza preconcetti sul merito delle questioni da risolvere ha consentito di pervenire ad un risultato condivisibile. Poco conta ora intestarsene il merito: l’importante è definire un nuovo assetto delle istituzioni locali e dei servizi pubblici che tuteli e promuova il benessere e i diritti delle comunità amministrate.
Faenza, 11 novembre 2018
L’Altra Faenza – MDP-Art.1 Faenza
Non utilizziamo la retorica del 4 novembre per giustificare le guerre di oggi, magari chiamate missioni di pace. Pax Christi rinnova anche quest’anno l’appello a guardare la guerra dalla parte delle vittime.
Come ebbe a dire papa Francesco a Redipuglia, il 13 settembre 2014: “Qui e nell’altro cimitero ci sono tante vittime. Oggi noi le ricordiamo. C’è il pianto, c’è il lutto, c’è il dolore. E da qui ricordiamo le vittime di tutte le guerre. Anche oggi le vittime sono tante… Come è possibile questo? E’ possibile perché anche oggi dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, c’è l’industria delle armi, che sembra essere tanto importante!”
La Prima guerra mondiale è stata una vera strage, “un’inutile strage” come la definì papa Benedetto XV.
Tra le tante voci che si sono levate in questi giorni vogliamo esprimere la solidarietà di tutta Pax Christi al vescovo di Bolzano-Bressanone, Ivo Muser che ha scritto nella sua lettera pastorale: “Nessuna guerra è una vittoria In questi giorni in cui si ricorda, si riflette e si commemora, nessuno dovrebbe parlare di vittoria. I monumenti di ogni genere inneggianti alla vittoria, che rimandano a dittature e guerre, dovrebbero perdere la loro forza di attrazione una volta per tutte. Sarebbe un segno concreto e lungimirante se la piazza davanti al monumento alla Vittoria a Bolzano fosse rinominata in piazza dedicata alla pace, alla riconciliazione, alla comprensione, alla volontà di convivenza! Non si chiamano vittorie quelle che si raggiungono attraverso guerra, nazionalismo, disprezzo di altri popoli, lingue e culture. Alla fine di una guerra ci sono sempre e solo sconfitti!”
Ma furono tante le forme di dissenso alla guerra e di disobbedienza che, già nel 1915-18, maturavano nella popolazione civile e negli eserciti. Primordi di obiezione di coscienza.
Presentiamo e rilanciamo, proprio alla vigilia del 4 novembre, il dossier di Mosaico di pace di novembre: “Obiezione alla Grande guerra” a cura di Diego Cipriani e con interventi anche di Ercole Ongaro, Sergio Tanzarella, Luca Kocci e Giorgio Giannini.
(Informazioni e richieste: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. – 080-3953507)
Perché alla morte per guerra si può obiettare, ieri come oggi.