Sono qui stasera in piazza a Ravenna a manifestare in appoggio a Tsipras e per salvare l’Europa sostenendo il popolo greco. Mi auguro sinceramente e ardentemente che il NO prevalga e che i governanti europei, oramai chiaramente incapaci di una visione, incapaci di comportarsi da statisti, siano costretti a trattare un piano di aiuti alla Grecia che preveda un abbattimento, quanto meno parziale, del debito e consenta alla Grecia di vedere un possibile sbocco positivo ai suoi sacrifici che durano ormai da più di cinque anni. Tutti gli economisti, non solo quelli contrari al neoliberismo e perfino il FMI sostengono unanimemente che la Grecia non potrà MAI ripagare il debito quali che siano le misure di austerità o di crescita che verranno adottate.
Insomma è chiaro da che parte sto.
Ma non mi sentirei a posto con la mia coscienza, con le cose che vado dicendo da dieci anni per conto del Comitato in difesa della Costituzione e che ho cercato per più di trent’anni di comunicare ai miei studenti, se oggi, prima di sapere come la partita andrà a finire, non manifestassi pubblicamente le mie perplessità sull’uso che in Grecia si sta facendo dello strumento referendario.
Premetto che condivido sul piano politico la decisione di Tsipras di rivolgersi al corpo elettorale nel momento in cui si tratta di prendere una decisione storica che riguarda il futuro del suo Paese e che va ben oltre il mandato elettorale ricevuto dal suo partito. Syriza alle elezioni politiche del 2015 ha conseguito poco più del 36% dei voti ed è quindi ben lontano dal rappresentare la maggioranza assoluta dei greci; il governo di Tsipras inoltre ha una composizione assai eterogenea, frutto di una scelta tattica più che di un’alleanza strategica. In sostanza ritengo che Tsipras dal punto di vista politico abbia fatto una scelta giusta, molto rischiosa ma coraggiosa, e democraticamente fondata.
Ciò non di meno un referendum convocato dal capo del Governo, con una sola settimana di campagna elettorale, con un quesito abbastanza nebuloso e comunque vago ed impreciso, con attori politici esterni che influenzano abusivamente (o ricattano senza pudore) gli elettori, dalle banche chiuse, alla campagna elettorale diretta della
Commissione europea, alla quotidiana faziosissima campagna della grande stampa europea (basta leggere le cronache di Repubblica o ascoltare certe edizioni del Tg3!), beh di motivi per considerare un tale referendum poco consono ad una democrazia partecipativa e più vicino ad un rito del populismo dei nostri tempi ce ne sono davvero tanti!
Comincio col dire che in Italia un tale referendum sarebbe senza alcun dubbio incostituzionale, anzi anticostituzionale. Anche se il nostro capo del Governo, da mesi, va sbandierando il fatto che Lui farà fare un referendum sulla riforma della Costituzione, nel nostro ordinamento è previsto che solo il parlamento (la minoranza del parlamento) o i consigli regionali o 500 mila elettori, possano richiedere un referendum confermativo e solo su di una legge costituzionale già approvata con doppia votazione dai due rami del parlamento, sia pure soltanto a maggioranza assoluta.
Si possono fare i referendum abrogativi e qui solo i cittadini e non il Governo o il parlamento possono richiederli: loro hanno il potere di modificare le leggi con nuove leggi o decreti legge, e quindi non si possono rivolgere al popolo per farlo!
Men che meno è legittimo rivolgersi al corpo elettorale con quesiti generici, di orientamento ha detto qualcuno, nonostante le uscite estemporanee di qualche anno fa, ad esempio, della sen. Finocchiaro che ebbe a ventilare una consultazione del genere sulla forma di governo. E’ bene ricordarlo: proposte di questo tipo sono fuori dalla nostra Costituzione e, per realizzarle, richiederebbero prima una legge costituzionale di modifica della stessa. Ed allora non ne varrebbe la pena! Dunque solo chiacchiericcio.
Insomma il referendum nel nostro ordinamento è uno strumento a disposizione dei cittadini quando il parlamento (o “la politica” come si dice oggi) non li ascolta o non li rappresenta, non a disposizione di leader populisti a caccia di legittimazioni plebiscitarie del loro potere.
Ma questo vale per l’Italia, ed ogni paese ha la sua Costituzione e le sue regole. Non vi so dire se secondo la Costituzione della Grecia un tale referendum è corretto o meno. Il Presidente della Repubblica (che non è di Syriza) lo ha convocato, quindi, con tutta evidenza lo ha considerato conforme; il Consiglio di Stato, chiamato in causa da un ricorso promosso dalla destra, ha respinto il ricorso. Ricordo che la Costituzione greca del 1975, adottata dopo la caduta del regime fascista dei colonnelli, si è per larghe parti ispirata proprio alla Costituzione italiana, ma c’è da dire che nel testo costituzionale pochissime sono le norme che riguardano il referendum, che appare lì un potere del Presidente della Repubblica. Vi sono probabilmente altre leggi costituzionali od ordinarie che disciplinano la materia, e che io ora non sono in grado di consultare e probabilmente non sarei in grado di interpretare correttamente. Pertanto do per acquisito che il referendum sia secondo la Costituzione greca pienamente legittimo.
Voglio solo dire che non è quello il tipo di partecipazione che io vorrei nel mio paese. Un referendum che assomiglia ad un sondaggio, su di una materia imprecisa e con tempi inadeguati ad una vera consultazione democratica, sotto il ricatto di mezzo mondo: non è davvero ciò che io vorrei per il mio Paese e per l’Europa!
Alessandro Messina
3 luglio 2015